«La fede dei martiri e dei confessori come quella dei cristiani citati qui (cristiani perseguitati sotto il comunismo in Cecoslovacchia, Romania, Ungheria, Unione Sovietica – ndt) è molto lontana dalla religione terapeutica dei quartieri residenziali della classe media, dalle prediche nelle congregazioni politicizzate di Sinistra e di Destra, dal messaggio di salute e ricchezza delle Chiese del “Vangelo della prosperità”. Queste e altre forme deboli della fede si inceneriranno rapidamente di fronte alla minima persecuzione. Il pastore Wurmbrand (torturato nelle carceri della Romania comunista – ndt) ha scritto che ci sono due tipi di cristiani: “quelli che sinceramente credono in Dio, e quelli che altrettanto sinceramente credono di credere in Dio. Li distingui dalle loro azioni nei momenti decisivi”. Il genere di cristiani che saremo nel tempo della prova dipende dal genere di cristiani che siamo oggi. E non possiamo diventare il genere di cristiani che abbiamo bisogno di essere per trovarci preparati al momento della persecuzione se non conosciamo storie come queste, e se non le portiamo nei nostri cuori.
(…)  Riscoprire il valore della sofferenza è riscoprire un insegnamento centrale del cristianesimo storico e vedere chiaramente il cammino del pellegrino percorso da ogni generazione di cristiani a partire dai Dodici Apostoli. Non c’è niente di più importante di questo quando si costruisce la resistenza cristiana al totalitarismo imminente. Significa anche dichiarare se stessi una specie di selvaggi nella cultura di oggi – anche all’interno di una certa cultura di chiesa. Richiede anche di contrapporsi a gran parte del cristianesimo oggi popolare, che è diventato un vuoto culto di autoaiuto il cui scopo principale non è di coltivare la discepolanza (di Cristo – ndt), ma di sradicare le proprie ansie personali. Ma rifiutarsi di vedere la sofferenza come un mezzo di santificazione significa consegnarsi, secondo la fulminante espressione di Aldous Huxley, al “Cristianesimo senza lacrime”».

(Rod Dreher, Live not by lies, Sentinel 2020, p. 156. Traduzione dall’inglese a cura di Rodolfo Casadei, dalla cui bacheca Facebook questo brano è stato tratto)