ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 5 settembre 2020

Era scritto e previsto

Francesco I e il Vaticano III

La crisi religiosa che attraversano gli uomini di Chiesa non deve portare al pessimismo. Infatti come Gesù “solo la Chiesa ha parole di vita eterna” essendo essa il Corpo Mistico di Cristo. Quindi non dobbiamo temere e scoraggiarci: alla fine la Chiesa di Cristo risorgerà come Gesù risuscitò dal Sepolcro.
Oggi (v. l’intervista di Eugenio Scalfari a papa Bergoglio, Repubblica, 1° ottobre 2013), con papa Francesco I, assistiamo all’ultima scena dell’opera di “auto-demolizione” del potere sociale del Papato ad opera di un Papa. Ma questo era il piano della Massoneria: “un Papa secondo i nostri desideri, che non sia iscritto alla Setta, ma ne abbia lo spirito e faccia lui la Rivoluzione in cappa e tiara”.

Ogni giorno, parlando come dottore privato, in omelie alla sua messa privata, concedendo interviste e soprattutto agendo in maniera sovvertitrice dell’ordine e della dignità papale, papa Bergoglio colpisce ciò che dopo il Concilio Vaticano II, miracolosamente, era rimasto ancora in piedi. Egli vuole fare il Vaticano III senza indire un Concilio, nemmeno pastorale, sarebbe troppo dottrinale per il suo spirito pragmatista. Ciò che Küng, Schillebbeckx, Metz, Boff, Gutierrez, rimproveravano a Paolo VI e Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI (aver bloccato lo spirito del Vaticano II) è condiviso in pieno da Francesco I, il quale riprende la loro lamentela e asserisce di voler portare sino alle ultime conseguenze il Vaticano II.
San Paolo nella Seconda Epistola ai Tessalonicesi (II, 6-7) ha rivelato la venuta dell’Anticristo finale: “Voi conoscete Colui che lo trattiene, di modo che egli si manifesterà al suo preciso momento. Infatti il Mistero d’Iniquità già opera internamente. Solo quando Colui che ora lo trattiene verrà tolto di mezzo, allora l’uomo d’iniquità si manifesterà, ma il Signore Gesù lo ucciderà con un soffio della sua bocca”.
I Padri ecclesiastici interpretano questi due versetti in maniera unanime. L’Anticristo finale si manifesterà, ma vi è un “ostacolo”, un “katechon”, “Colui che lo trattiene”, che è il potere spirituale e sociale del Papato. Quando questo potere non avrà più la forza socialmente sufficiente per trattenere l’Anticristo, ma sarà stato ridotto ad influire solo sulle singole anime, allora questi apparirà, ma sarà ucciso da Cristo stesso, che veglia tutti i giorni sino alla fine sulla sua Chiesa. San Paolo lo chiama Mysterium iniquitatis, esso operava già nell’epoca in cui l’Apostolo scriveva (sono gli “anticristi iniziali”, che si manifesteranno durante il corso della storia). Ma al momento stabilito e permesso da Dio, quando il Papato dopo essere stato attaccato da tutti i fronti avrà perso, momentaneamente, la sua forza sociale di restaurazione, allora apparirà l’Anticristo finale. Il liberalismo che vuol ridurre il Cristianesimo a puro fenomeno individuale, negando la Regalità sociale di Cristo è uno dei pilastri della  “contro-chiesa” e apre le porte all’Anticristo finale.
Questi due versetti di san Paolo si applicano perfettamente a quel che sta succedendo oggi con Francesco I. È chiaro che  il Mistero d’Iniquità, operante segretamente durante la storia della Chiesa sin dall’epoca apostolica, si collega al Vaticano II ove, tramite la collegialità, l’ecumenismo e la libertà delle false religioni, la potenza sociale restauratrice ed antisovversiva del Papato e della Chiesa è stata scemata. A partire da allora pian piano si manifesta il Mistero d’Iniquità in tutta la sua ferocia (e lo vediamo oggi sotto i nostri occhi) sino al Regno dell’Anticristo finale, che Cristo annienterà.
Però non dobbiamo preoccuparci eccessivamente. Era scritto e previsto. Dio lo ha permesso per trarre dal male un bene maggiore. Dopo aver ultimato la sua Rivoluzione in cappa e tiara, apparirà l’uomo d’iniquità, ma Gesù lo annienterà. “Nolite timere pusillus grex, Ego vici mundum!” (Lc., XII, 32). La vittoria finale, dopo tante sconfitte intermedie, appartiene a Dio e alla sua Chiesa. E così sarà. “Verbum Domini manet in Aeternum!”.
Occorre sapere che papa Bergoglio si è formato alla scuola della filosofia della prassi marxista. Uno dei suoi principali autori è senz’altro Ludwig Feurbech che studiò filosofia a Berlino con Hegel. La sua opera più conosciuta è “L’essenza del cristianesimo” pubblicata nel 1847, nel 1851 pubblicò “Lezioni sull’essenza della religione” e nel 1857 “Teogonia” (l’origine di Dio). Morì il 13 novembre del 1872. Egli si inscrive appieno nel solco della filosofia moderna che è «antropocentrica: il suo centro di riflessione non è […] Dio, ma è l’uomo. Però sino a […] Feuerbach nessuno aveva spinto l’antropocentrismo sino al punto di negare Dio. […]. La tesi fondamentale di Feurbach è l’identificazione dell’uomo con Dio. […] Egli fa dell’uomo l’essere supremo, identificandolo con Dio». La nuova religione immanentistica e antropocentrica di Feurbach consiste nella «divina trinità nell’uomo, l’unità di ragione, amore e volontà»
Ora questo spirito lo si ritrova già nel Concilio Vaticano II e papa Bergoglio lamenta che dopo aver aperto le porte alla modernità il Vaticano si sia fermato un po’ e che abbia ritardato l’opera della Rivoluzione in cappa e tiara, ma che lui la porterà a termine.
Già durante “l’omelia nella 9a Sessione del Concilio Vaticano II”, il 7 dicembre del 1965, Papa Montini giunse a proclamare: «la religione del Dio che si è fatto uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Tale poteva essere; ma non è avvenuto. […]. Una simpatia immensa verso ogni uomo ha pervaso tutto il Concilio. […]. Noi, più di tutti, abbiamo il culto dell’uomo».
Inoltre papa Giovanni Paolo II ha affermato nella sua seconda enciclica (del 1980) “Dives in misericordia” n.° 1: «Mentre le varie correnti del pensiero umano nel passato e nel presente sono state e continuano ad essere propense a dividere e persino a contrapporre il teocentrismo con l’antropocentrismo, la Chiesa [conciliare, ndr] […] cerca di congiungerli […] in maniera organica e profonda. E questo è uno dei punti fondamentali, e forse il più importante, del magistero dell’ultimo Concilio». Ancora una volta non è l’interpretazione radicale del Concilio, ma è l’insegnamento stesso conciliare ad essere gravemente erroneo.
Vi è una lotta evidente, esplosa in tutta la sua virulenza durante il Vaticano II, tra la Chiesa di Cristo e la “contro-chiesa” o “sinagoga di satana” (Apoc., II, 9), che si serve della modernità immanentista per sovvertire la mentalità dei fedeli e dei chierici inclini al progressismo, i quali potranno diventare in futuro i capi della Sinarchia di una “contro-chiesa” infeudata alla “Repubblica universale” massonica e al “Tempio universale” giudaico, tramite l’ecumenismo, che dovrà portare alla riunione dei cattolici con i massoni o “fratelli” separati e ebrei o “fratelli” maggiori.
Tutto ciò è avvenuto mediante una silenziosa e sotterranea Rivoluzione religiosa (Concilio Vaticano II, 1962-65) e culturale (maggio 1968), non cruenta e militare, grazie alla quale l’uomo prenderà il posto di Dio per distruggere poi, nichilisticamente, l’uomo stesso quale animale razionale. Ma non basta, bisogna passare ora alla piena e perfetta realizzazione di quanto è stato posto in atto imperfetto nel Vaticano II con un Vaticano III fatto appena detto e non elaborato dottrinalmente.
Infine Bergoglio si accinge (e lo dice) al terzo ed ultimo passo, il quale è il traguardo finale che la “sinagoga di satana” si era prefissa da almeno 200 anni: la costituzione di un unico “Tempio universale” mediante l’ecumenismo, ossia un amalgama di tutte le religioni a scapito dell’unica vera religione, quella fondata da Gesù su Pietro ed i suoi successori. Purtroppo, avendo con il Modernismo infiltrato i propri suppositi nella Chiesa, la Setta infernale è riuscita a far compiere l’ultimo passo della Rivoluzione anti-divina proprio agli uomini di Chiesa, soprattutto durante e dopo il Concilio Vaticano II, che ha raccomandato pastoralmente l’Ecumenismo, la Libertà delle false religioni e la Collegialità, cioè propri quegli errori condannati costantemente dal Magistero dogmatico ed infallibile della Chiesa. La “rivoluzione in cappa e tiara” si è avverata nel 1965 e perdura ancor oggi, anzi con Francesco I è divenuta una valanga inarrestabile – tramite gesti, fatti e detti quotidiani non magisteriali, ma ampliati e globalizzati dai mass media – che solo l’Onnipotenza e la Giustizia di Dio potrà bloccare prime che giunga al compimento del Vaticano III.
La “contro-chiesa” sa che non può giungere al dominio del mondo senza avere corrotto anche il potere spirituale, che viene da Dio. Infatti non si può reggere e governare la Società civile se questa non è sorretta da quella soprannaturale. Stato e Chiesa debbono cooperare. La “contro-chiesa” ha combattuto la dottrina della cooperazione tra potere temporale e spirituale ed ha distrutto il potere temporale della Chiesa (che la aiutava a diffondere il Vangelo nella Società civile, senza essere infeudata a nessun potere umano) per sostituirvisi e diventare il nuovo “contro-potere” o la “demonio-crazia” preternaturale, che viene dal basso e dagli inferi e lotta contro la “teocrazia”. Oltre il potere economico, sociale e politico occorre avere nelle mani anche quello religioso, senza il quale tutto il resto vacilla e poi crolla. Avendo macchinato contro la vera Religione, la Sinarchia deve darci un surrogato di essa, una “contro-chiesa” ed una “contro-religione”. La religione non è qualcosa di posticcio o puramente accessorio che aiuta lo Stato a governare meglio, ma è essenziale al funzionamento del potere civile e al suo perdurare. La Chiesa lo ha sempre insegnato, la “contro-chiesa” lo ha capito e lo ha negato, ma ha sempre cercato di metterlo in pratica alla rovescia 1°) avversando la vera Religione, 2°) propinando agli uomini una falsa religiosità, rivelandosi vera “scimmia di Dio” come il diavolo (Tertulliano).
Questa è l’ora decisiva dello scontro tra due entità dal quale arriverà al suo completamento la “città del diavolo” oppure rinascerà la “città di Dio” (S. Agostino, De civitate Dei, XIV, 28).
Scalfari ha capito molto bene che senza una “contro-chiesa” (“Il Tempio”) la Setta (“La Repubblica”) non può riuscire a costruire un “super Governo Mondiale”, come senza la grazia divina l’uomo non può edificare la Civitas Dei o la Res Publica  Christiana.
Ora il problema ultimo da risolvere è sapere se la Sinarchia sia all’altezza di portare sino alle ultime conseguenze (la distruzione della Chiesa di Roma, fondata da Gesù su un solo Pontefice: Pietro) questa Sovversione annichilatrice nella Chiesa e della Chiesa. Possiamo rispondere con certezza: “sì, ma inutilmente!”. Infatti le membra della Chiesa sono umane, ma il suo principio è Cristo che l’ha fondata, il suo fine è Dio e il cielo verso cui tende, infine i suoi mezzi sono soprannaturali nella loro essenza: i Sacramenti, che conferiscono la vita soprannaturale. Contro questa realtà assistita divinamente perché fondata e istituita da Dio stesso, nulla può la Sinarchia, la “contro-chiesa” e la “sinagoga di satana”. Gesù lo ha promesso formalmente: “le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa!”(Mt., XVI, 18). “Ecco, Io sto con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20).
Certamente siamo arrivati alla frutta e al caffè, ma non si è fatti i conti con l’oste (il Padreterno) e i conti saranno più che salati, saranno infuocati. Solo un immane castigo, pari alla gravità dell’apostasia strisciante e pratica che viviamo sotto i nostri occhi. Monsignor Francesco Spadafora raccontava che nel suo paese d’origine vi era un cattivo prete, un certo don Antonio e i suoi fedeli esclamavano: “Povero Gesù Cristo in mano a don Antonio!”. Poi don Antonio morì e i fedeli dissero: “Povero don Antonio in mano a Gesù Cristo!”. È quel che succede adesso col ‘mistero d’iniquità’, il quale è arrivato quasi al suo zenit e tra poco sarà dissolto dal “soffio della bocca di Gesù”. “Poveri Vaticano II e III in mano a Gesù Cristo!”, possiamo dire noi, parafrasando il grande monsignor Spadafora.

Don Curzio Nitoglia (Fonte: doncurzionitoglia.wordpress.com

CAPIRE IL PAPA NON È FACILE. SPADARO LO RENDE PIÙ COMPLICATO.

Carissimi Stilumcuriali, mons. ICS ha letto l’anticipazione sul Corriere della Sera del lungo commento che la Civiltà Cattolica pubblicherà in data 5 settembre sullo stile di pontificato di papa Bergoglio. Ne ha tratto alcune riflessioni impietose, ma caritatevoli, che vi offriamo. Buona lettura.

§§§

Caro Tosatti, non deve esser facile per nessuno spiegare il pensiero di Bergoglio, ma certamente padre Antonio Spadaro ha il dono di confonderlo ancor di più.
Invito a leggere l’intervento di p. Spadaro sul Corriere della Sera di oggi giovedì 3 settembre, a pag. 20 (ieri per chi legge, N.d.R): “Francesco e le domande sulla Chiesa che cambia”.
Non è di facile lettura, essendo scritto in “gesuitico moderno”, non è agevole capirlo; diciamo che ci vogliono almeno un paio di riletture.
Poi bisogna andare da un altro gesuita per farselo spiegare.
Per esempio, leggerete: “Chi volesse porre nel pontificato di Francesco, un’opposizione tra conversione spirituale, pastorale e strutturale, dimostrerebbe di non aver capito il nucleo”.
Ecco lo stile è questo. Potrebbe qualcuno che ha studiato dai gesuiti aiutarmi a decifrare questa dichiarazione? Per esempio, cosa è conversione spirituale è chiaro, ma cosa è conversione pastorale? E strutturale? E cosa è, dove è, il nucleo? E’ la parte centrale più compatta di che? Dello spirito, della pastorale o della struttura?
Probabilmente Spadaro (che deve esser un cervello fino) cerca di spiegare che la riforma di Francesco è un processo spirituale che cambia però anche le strutture, e ciò è l’opposto dell’ideologia del cambiamento (boh?).
Spadaro lo spiega: l’ideologo è tentato di staccare la Chiesa dalla realtà, dalla storia. Ho capito! Spadaro finalmente ci sta spiegando “l’ideologia” del Papa, quella sul valore della realtà, anziché sul valore dell’idea che produce la realtà quale effetto.
In pratica si continua a confondere cause con effetti, fini con mezzi, ci risiamo.
Avevamo notato che il Papa ama parlare degli effetti prescindendo dalle cause, soprattutto lo abbiam notato nel suo magistero (Evangelii Gaudium e Amoris laetitia).
Ma Spadaro va oltre, dice che le posizioni ideologiche condizionano il famoso “discernimento” necessario, così ognuno si fa la sua verità di cui diventa prigioniero e così diventa impossibile “camminare insieme”.
Eccolo il dialogo ecumenico papalino-scalfariano. Ma per andare dove? Questo Spadaro non ce lo dice. Ci dice invece che non si tratta di capire chi ha ragione o torto (nel discernere), bensì di “come” lo si decide. Quindi si può dare ragione a chi ha torto, purché lo si faccia fraternamente, misericordiosamente, importante è camminare poi insieme.
Poi ancora Spadaro, sottilmente, lascia intendere  che è di fatto la capacità di capire la realtà che permette di discernere la volontà di Dio. In pratica l’invito messo fra le righe da Spadaro è che, affinché la chiesa, quale ospedale da campo, funzioni veramente, non deve farlo secondo la luce del Vangelo, ma grazie all’incontro con la realtà (“con le vittime di situazioni negative”).
Insomma non c’è la Verità, c’è la discussione sul discernimento del reale, ma senza stabilire chi discerne bene o male.
In pratica p. Spadaro lascia intendere che Papa Francesco non solo decide lui cosa è fede in Dio, ma anche quale è la volontà di Dio.
Dato il linguaggio “gesuitico moderno” potrei aver capito male qualche passaggio. Se ho errato le interpretazioni, urge una scuola di discernimento gesuitica.
Dato l’interesse che susciterà questa scuola e il numero di partecipanti, si raccomanda attenzione agli assembramenti, calche e code, secondo norme anti Covid.


Mons. ICS

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