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giovedì 8 ottobre 2020

Il comunismo papale

Marcello Veneziani “Lenin e Mao più moderati del Papa”/ “Enciclica inno al comunismo”

Marcello Veneziani critica ferocemente l’ultima enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti”: “sembra inno al comunismo: Mao, Marx e Lenin erano più moderati”

    Papa Francesco ad Assisi per la firma dell'enciclica "Fratelli tutti” (LaPresse, 2020)

L’ultima enciclica di Papa Francesco “Fratelli Tutti”, presentata ad Assisi lo scorso 3 ottobre nei luoghi del Santo Poverello, non sembra aver convinto tutti i commentatori e studiosi: oggi su La Verità prima un articolo dell’ex n.1 Ior Ettore Gotti Tedeschi ma poi soprattutto lo scrittore Marcello Veneziani, vedono in maniera assai negativa l’invito del Pontefice alla fratellanza universale. 

«Se l’enciclica Fratelli Tutti di Bergoglio fosse davvero applicata, probabilmente sparirebbero Dio, la Chiesa e la cristianità come le abbiamo finora conosciute e ci sarebbe l’avvento del comunismo e l’abolizione della proprietà privata»: durissimo insomma Veneziani, che considera – per iperbole – «Marx, Mao e Lenin e il comunismo nostrano con Grillo e il reddito universale di cittadinanza» come una versione solo più «moderata del manifesto politico e ideologico di Bergoglio e della sua utopia ugualitaria». Addirittura Gotti Tedeschi sempre su La Verità definisce l’enciclica simile alla “Utopia” testo satirico di San Tommaso Moro che critica ferocemente l’idea di un mondo utopico dove tutte le religioni sono ammesse e uguali tra loro.

VENEZIANI-CHOC “L’ENCICLICA DEL PAPA? INNO AL COMUNISMO”

Marcello Veneziani riporta diversi passaggi del testo dell’enciclica dove, secondo la sua lettura critica, emergerebbe l’intento pan-pacifista o comunista del testo bergogliano: «‘non dare ai poveri parte dei propri beni è rubare ai poveri, è privarli della loro stessa vita, e quanto possediamo non è nostro, ma loro’ (paragrafo 119). In apparenza il Papa si rifà alla funzione sociale della proprietà, contemplata nella dottrina sociale della Chiesa, ma poi si spinge a ribadire che non è ‘assoluto e intoccabile il diritto alla proprietà privata». Non solo, è lo stesso Papa a ribadire nel paragrafo successivo «Il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione uni- versale dei beni creati, e ciò ha conseguenze molto concrete». La parafrasi critica di Veneziani ripeto, «migranti e poveri in bisogno potrà esigere che vengano espropriati o redistribuiti beni e proprietà private perché tutto appartiene a tutti». Andando oltre a Marx ed Engels, continua Veneziani, «L’utopia sottesa a tutto questo è il desiderio di “un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti”»; citando poi un altro passaggio del Papa, si legge il riferimento al diritto per tutti gli stranieri migranti – in attesa di progressi seri nella direzione di una migliore possibilità di vita nei propri Paesi d’origine – di «trovare un luogo dove soddisfare i bisogni suoi e della sua famiglia (il Papa auspica in seguito il diritto al ricongiungimento familiare) e realizzarsi pienamente come persona». Da ultimo, Veneziani critica ferocemente la mancanza di citazione di alcun fanatismo islamico o terrorista ideologico: «cita solo i… cristiani intolleranti, e in particolare quelli digitali (par. 46). Curiosa questa enciclica contro l’occidente cristiano». Nessuna citazione di San Giovanni Paolo II o di Benedetto XVI, bensì – a parte l’intero riferimento a San Francesco – «i neri Martin Luther King e Desmond Tutu e l’indiano Gandhi. Sembra una canzone di Jovanotti». La sentenza finale della critica di Veneziani è schietta e durissima: «La Chiesa è in declino, la fede tramonta e il Papa punta sulla rivoluzione planetaria e il comunismo globale. I suoi precetti possono giustificare ogni invasione, occupazione, espropriazione. Dio ci protegga dal comunismo papale». 

https://www.ilsussidiario.net/news/marcello-veneziani-lenin-e-mao-piu-moderati-del-papa-enciclica-inno-al-comunismo/2078943/

Il Papa che piace alla gente che piace

Quando fu eletto a capo di santa romana chiesa Bergoglio si presentò subito con le stimmate dell’assoluta novità: non solo era succeduto a un Pontefice ancora vivente che aveva dato per così dire le dimissioni, ma era anche il primo papa sudamericano, il primo che arrivava dai gesuiti e anche il primo a prendere il nome di Francesco, per sottolineare – si disse – la sua vicinanza al poverello di Assisi. Certo la cosa potrebbe sembrare piuttosto ingenua visto che adesso sappiamo, grazie alle oscure vicende del cardinal Becciu cui si legano anche intrecci massonici, che il vicario di Cristo aveva un conto personale di 150 milioni di euro, ma ad ogni modo l’inizio del pontificato fu segnata da una sorta di offensiva verbale in direzione della “modernità” comunque la si voglia intendere (chi sono io per poter giudicare? E via di questo passo), ma anche in direzione di un certa apertura alla critica del sistema neo liberista e alle sue ingiustizie. Certo erano solo parole, ma che fecero un certo scalpore presso la stampa di sistema come fossero affermazioni eretiche nei confronti della vera religione del capitale, soprattutto perché venivano da quello che era stato il cappellano dell’Argentina sotto dittatura militare e che aveva persino denunciato diversi parrocchiani e alcuni membri del suo stesso ordine come “comunisti”. In ogni caso si riteneva abbastanza imbarazzante che il Papa non si limitasse al progressismo dettato della cresocrazia e volto solo ai diritti della sfera individuale senza alcuna considerazione della socialità.  Ma erano persone di poca fede quelle che dubitavano: ben presto le prediche per ingraziarsi il popolo di Dio, rientrarono nell’ordine del giorno del sistema e sono ormai limitate a migrazione e ambiente, su cui ha prodotto un’ enciclica di carattere eminentemente politico . In un certo senso potremmo dire che è il Papa che piace alla gente che piace, quella che poi che interpreta le tendenze più reazionarie come progressiste e che ama l’accoglienza senza mai domandarsi chi crea le condizioni per le migrazioni.

Parallelamente il Papa ha mostrato una sempre maggiore lontananza dalla trascendenza, cosa che ha avuto il suo diapason con la conversazione di Bergoglio con Scalfari sulla divinità di Cristo. Sulla sostanza non è mai stata fatta chiarezza visto che il Vaticano ha parlato solo di “interpretazione” personale delle parole del Pontefice da parte del decano dei giornalisti italiani, ma non ha mai affermato con decisione che il capo della Chiesa cattolica crede nella divinità di Cristo, il che tutto sommato è piuttosto imbarazzante. Quella della trascendenza e dei valori non negoziabili è solo apparentemente di una questione teologica che divide il campo cattolico fra conservatori e progressisti, ma è in effetti un’adeguamento della Chiesa  alla cultura neoliberista che si esprime nella sua forma più popolare in quello che potremmo chiamare il sincretismo americano, ossia una forma di fede piuttosto vaga, un deismo di predicazione hollywoodiana ( vedi il neo culto di Pachamama)  che da una parte non può tollerare fedi che siano al di fuori delle logiche di mercato e dunque non contrattabili, ma d’altronde non può privarsi del tutto  degli oppiacei sociali forniti dalle religioni positive: si tratta dunque di laicizzare al massimo tutti i credi religiosi lasciandone l’aspetto dottrinale più idealtipico, ma privandoli di qualsiasi forza etica. Tutte le fedi religiose per loro stessa natura hanno un nucleo che non è possibile patteggiare a seconda delle vicende storiche e delle convenienze, ma è appunto questo che non è più tollerato dal nuovo ordine.

E’ tutto da vedere se tale trasformazione di cui Bergoglio è in senso proprio il Pontefice, dal nome del magistrato che nell’antica Roma si occupava dei ponti, è avvenuto per semplice contaminazione ed effetto dell’egemonia culturale o della adesione fattuale del cattolicesimo al capitalismo, oppure è stato in qualche modo “aiutato” come qualche documento pubblicato a suo tempo da Wikileaks e prodotti dal factotum di Hillary Clinton , John Podesta, potrebbe anche suggerire ( vedi qui ) mettendo in campo l’idea di una “primavera Vaticana”. Dopo pochi mesi dall’incubazione di questi progetti si ebbero le dimissioni di Benedetto XVI, lasciando perciò spazio ad ogni ipotesi. Ma che ormai l’agenda vaticana sia completamente sovrapponibile a quella del cosiddetto stato profondo, vaccinazioni obbligatorie comprese, è un fatto. In questo senso il “cedimento” del Vaticano alla Cina dando al governo dell’ex celeste impero la facoltà di accettare o indicare i vescovi (pratica peraltro diffusa in molte aree, Europa compresa, anche se non scritta) non è altro che il logico sviluppo di questa vicinanza tra i poteri globalisti e il Papa. E porta in Vaticano la guerra fra Trump e il deep state, il primo legato a un utopistico progetto di riportare la produzione in America, il secondo deciso a travolgere anche per via sanitaria ogni potere che ostacoli l’oligarchia. Ed è questa guerra per bande che ormai è la reale parte non negoziabile della dottrina vaticana.


https://ilsimplicissimus2.com/2020/10/08/il-papa-che-piace-alla-gente-che-piace/

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