Cattolici europei al 90% non vanno più in chiesa e il Vaticano precipitato in “guerre tra bande”. La spiegazione di Mons. Bux e una domanda: cosa significa davvero “essere cattolici”?
Oggi, degli amici mi hanno segnalato due contributi pubblicati di ieri sera, in riferimento alla situazione contingente in Vaticano e non solo. Il primo è un post su Facebook: “Guerre tra bande” e il secondo è un “Focus” di Francesco Boezi sul ilGiornale.it: “La vera ‘guerra’ nel Vaticano: il caso che scoperchia tutto”. Attenta lettura e buona riflessione. E va ricordato che non si deve essere d’accordo o in disaccordo con quello che si legge, per far funzionare il cervello (premettendo che un cervello c’è e che le sinapsi sono funzionanti).
«Guerra tra bande – Con il caso Becciu si rinnova la narrativa del papa riformatore contro la curia irriformabile. I padroni del discorso e i loro discepoli ci presentano sempre lo stesso schema, la stessa “lotta di classe” tra un papa buono, rappresentante della volontà popolare più genuina, e una cerchia di vescovi e cardinali attaccati ai loro privilegi. Ora è bene ricordarsi che questa curia irriformabile non è composta da tradizionalisti amanti dei pizzi e dei merletti, delle reliquie e dei titoli ecclesiastici, ma è fatto nella totalità da prelati progressisti o ultraprogressisti: sono ben 60 anni ormai che in Vaticano se non sei eretico non puoi entrare. Il famoso McCarrick per esempio – quello degli abusi sessuali – super amico di Bergoglio, era il capo dei progressisti americani. Becciu di cui ora si parla tanto per la questione dei soldi, è focolarino, tutto ecumenismo e dialogo interreligioso. Bertone del quale non si parla più, ma che viene ricordato come un uomo dell’istituzione, era ecumenista e progressista. Insomma la lotta interna in Vaticano non è tra riformatori buoni e irriformabili cattivi, ma tra eretici progressisti che hanno il potere ed eretici progressisti che lo perdono per qualche delitto o perché non vanno più bene al capo. È una guerra tra bande rivali che si contendono il potere, e lo fanno in tutti modi: dai soldi dati per far arrestare il rivale, alla fuga di notizie per far cadere qualcuno dall’incarico; dalle punizioni per aver criticato il capo, ai licenziamenti senza spiegazioni, è tutto un susseguirsi di vicendevoli sgambetti. Tutto è permesso a quanto pare in questa mega rissa, nessun colpo è escluso… il progressista si sa, è inclusivo (Ettore Romani – Facebook, 3 ottobre 2020, ore 21.37).
La vera “guerra” nel Vaticano: il caso che scoperchia tutto
Dopo il caso di Becciu, si scatena il conflitto tra ratzingeriani e bergogliani. La disputa è antica: ecco chi la combatte
di Francesco Boezi
ilGiornale.it, 3 ottobre 2020, ore 21.22
Il caso Becciu sembra diventare ogni giorno che passa qualcosa di più. Perché a prescindere dalla singola “cacciata”, quello che sta accadendo tra le mura leonine fornisce assist a ricostruzioni complessive su quali siano le “guerre” presenti in Vaticano. Perché di “guerra” si sta parlando. “Ho sentito il cardinale Becciu, ma credo che si questa vicenda sia meglio non fare commenti” ha detto di recente il cardinale e segretario di Stato, Pietro Parolin. Il motivo dell’allontanamento non è tanto chiaro. O meglio, più di qualcosa è emerso, ma Becciu si sta difendendo dalle accuse. E un conto è quello che può essere accaduto, ossia quello che viene ventilato o ipotizzato, un altro quello che è davvero accaduto.
Non sembra sia previsto un processo in cui Becciu possa replicare a quanto gli sarebbe stato contestato dal pontefice argentino: ovvero il peculato. Non dovrebbe quindi esserci alcun luogo né momento in cui emergano i fatti e il cardinale possa smentire le accuse. Il condizionale è d’obbligo, ma mentre scriviamo il caos scaturito da questo fulmine a ciel sereno per piazza San Pietro non si è ancora dipanato. Tutto ruota attorno all’Obolo di San Pietro ed alla sua gestione. Becciu avrebbe destinato alcune somme a società riconducibili a suoi familiari: questo è il succo delle accuse non confermate. In queste ore, poi, è emerso persino che alcuni denari potrebbero aver finanziato coloro che accusavano il cardinale George Pell di abusi in Australia. A riportarlo, tra gli altri, è stato Il Corriere della Sera. Pell, dopo un lungo processo, è stato del tutto scagionato. Becciu e Pell rappresentano, in estrema sintesi, i due poli attorno cui si è sviluppata in questi anni la “guerra” per il modus operandi da preferire sulla situazione dei conti in Vaticano. I sospetti, quindi, sembrano allargarsi. Becciu però smentisce. Ma come ha fatto il Papa a ricevere queste informazioni, vere o false che siano?
Monsignor Perlasca, stando a quanto riportato in questi giorni dall’Adnkronos, avrebbe avuto un ruolo nella cacciata di Becciu. Perlasca, infatti, avrebbe riportato a Jorge Mario Bergoglio le informazioni che avrebbero portato alla perdita dei diritti cardinalizi per Becciu. L’agenzia sopracitata, su Perlasca, scrive anche quanto segue: “Protagonista suo malgrado del terremoto in Vaticano che ha portato alle “dimissioni” del cardinale Angelo Becciu è monsignor Alberto Perlasca, ex braccio destro di Becciu all’epoca in cui era Sostituto agli Affari generali come capo ufficio amministrativo della prima sezione della Segreteria di Stato, già indagato per peculato in concorso con Gianluigi Torzi e Raffaele Mincione in relazione all’investimento di 454 milioni di euro derivanti, secondo gli investigatori vaticani, dalle donazioni dell’Obolo di San Pietro”. L’intreccio è complesso, ma Papa Francesco avrebbe trovato in Perlasca un confidente importante. Una voce che avrebbe rivelato i motivi per cui Becciu, dopo un’udienza privata, si è dimesso. Così usa la formula: le dimissioni sono formalmente di Becciu, ma le cose non stanno così: è Bergoglio che ha deciso. Diverso e difficile è comprendere se quanto raccontato da Perlasca, sempre in via presuntiva, corrisponda al vero o no.
Trattasi non solo della gestione di soldi (quelli dell’Obolo di San Pietro): in questa storia, che è tutta da dimostrare, contano anche gli equilibri interni. E questa è forse una delle poche certezze di questa vicenda. Il cardinale Angelo Becciu non è più il prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Ma Becciu non era un tradizionalista, un conservatore o un oppositore dell’ex arcivescovo di Buenos Aires: Becciu è sempre stato considerato un “bergogliano”. Non solo: il porporato sardo, avendo perso i suoi diritti cardinalizi, non prenderà parte al prossimo Conclave. Un unicum o quasi nella storia del diritto canonico, qualcosa che Jorge Mario Bergoglio non aveva ancora disposto. Un cardinale, insomma, che rimane tale, ma che viene privato delle facoltà che la stessa porpora conferisce. Gli addetti ai lavori non possono lasciar passare un avvenimento così: in molti, tra giornalisti e commentatori, cercano di comprendere in queste ore se ci sia dell’altro attorno a questa vicenda.
La versione di Bux
Mons. Nicola Bux ha collaborato con Joseph Ratzinger anche durante il pontificato del tedesco. Bux è insomma una voce che se ne intende di “cronaca vaticana”, per quanto i suoi interessi siano soprattutto teologici. Abbiamo deciso di domandare al monsignore cosa stia succedendo nella Chiesa cattolica: “La Chiesa – premette il presbitero – sta attraversando la crisi della fede, conseguenza della penetrazione del principio marxista: la prassi (cioè la pastorale, ndr) precede la verità. Si tratta di un “errore metafisico e antropologico” secondo Karol Woityla, che stiamo pagando caro. La crisi morale è conseguenza della crisi di fede. Tuttavia, come ha detto il Card. Ruini, ha sempre meno rilevanza il cattolicesimo politico di sinistra, che occupa le élite, le curie e le sacrestie: non esprime più la gran parte dei cattolici, praticanti e non. Bisogna supplicare il Signore affinché non faccia andare avanti l’autodemolizione della Chiesa cattolica. Cosa dobbiamo fare? Proclamare sempre la verità. Così avrebbe reagito san Girolamo, che era nella Curia Romana ai tempi di papa Damaso: col suo temperamento ardente, assai suscettibile, che riusciva a temperare con la penitenza”.
Bux pretende che sul caso Becciu le sue valutazioni non vengano scorporate. Ne fornisce anche alcune teologico-culturali, ma c’è spazio anche per una disamina complessiva del momento vissuto in Santa Sede: “In Vaticano sono sette anni di disastro: dopo gli abusi sessuali siamo a quelli finanziari. Il vertice della Chiesa è scomparso sotto il Covid, il papa non è più visibile perché non può viaggiare e non può ricevere i fedeli. Al suo posto, gli ecclesiastici che dicono con mite fermezza la verità sono diventati i riferimenti autorevoli della Chiesa”. La portata della questione, insomma, è bella pesante. Veniamo al caso Becciu. Cosa sta succedendo? “La vicenda del card. Becciu è atipica, in quanto l’affaire è stato reso pubblico dal Papa in anticipo sull’Espresso: sembra concordato prima. È noto che il Papa ha un rapporto preferenziale con Repubblica, di cui fa parte l’Espresso. La sporcizia sale e, nell’opinione pubblica internazionale, trascina la Chiesa con i suoi uomini sempre più in basso. In aggiunta – continua Bux -, deve far riflettere che, l’ex Sostituto, sia stato scelto come tale dall’allora segretario di stato, il card. Bertone, di cui sono note le responsabilità; anche se, dopo la rinuncia di Benedetto XVI, è Francesco che gli dà in tutti questi anni nuovi incarichi sì da operare a tutto campo, senza che nessuno, dal vertice alla base, abbia battuto ciglio, tranne il Card. Pell e forse qualcun’altro”. Per comprendere ulteriori elementi, dunque, bisognerebbe forse guardare anche ai “correntismi” presenti in Vaticano.
Becciu come “guardiano della rivoluzione”
Becciu, come abbiamo anticipato, era uno stretto collaboratore di Jorge Mario Bergoglio. Non era conservatore come il Cardinale Gerhard Ludwig Müller, che non è stato riconfermato alla Congregazione per la Dottrina della Fede o tradizionalista come il Cardinal Raymond Leo Burke, che è stato escluso dalla Congregazione per i vescovi e da altre realtà ecclesiastiche. Becciu, chiediamo a mons. Bux, non era un uomo fidato di Francesco? “Effettivamente – argomenta Bux – è strano che il papa non ne sapesse nulla e l’abbia nominato (Becciu, ndr) delegato per l’Ordine di Malta e poi messo a capo della Congregazione per le Cause dei Santi. Perché ora Becciu preferisce il silenzio? Ha in serbo dossier? Quanto al papa: si può anche pensare che non sia facile scegliere i collaboratori, tuttavia quanto sta accadendo, è conseguenza del criterio psicologistico oggi prevalente, a cominciare dai seminari: esso è diventato il criterio decisivo per la scelta di un candidato all’episcopato, come al sacerdozio, al posto del criterio teologico. La sociologia e la psicologia sono scienze empiriche che si distinguono in base alla loro origine che sta nell’ateismo o nell’agnosticismo”. Dunque? “Invece, si dovrebbe ricorrere a S.Tommaso che, per individuare un vero pastore, offre questo criterio: ‘quando incombe il pericolo del gregge ogni pastore spirituale deve affrontare il sacrificio della vita corporale’. Succede invece, come per la Cina, che chi si preoccupa di questioni decisive per la fede cattolica, non viene considerato. Quando si disprezzano i testimoni della fede che hanno pagato con il sangue la loro fedeltà alla Chiesa e al papa, viene vanificata la Croce di Gesù Cristo: questo non è senza conseguenze per la Chiesa”. Forse Bux, in questo passaggio, si riferisce al Cardinale Zen, che è contrario all’accordo tra la Repubblica popolare cinese e il Vaticano per la nomina dei vescovi e che, giunto a Roma per incontrare Francesco, non è stato ricevuto dal pontefice argentino.
La questione del processo
Di processo a Becciu per ora non si parla, ma non è detto che in Santa Sede stiano evitando l’argomento. Conviene attendere. Un processo – dice ancora Bux – “sarebbe doveroso, dato che si invoca la trasparenza. Molti si chiedono se al Card. Angelo Becciu non dovesse essere concessa la possibilità di un giusto processo; invece è stato privato di tutti gli incarichi. Il sopruso ha preso il posto del diritto. Joseph Ratzinger ebbe a ricordare che il papa non è un monarca assoluto, ma è, come i credenti, tenuto all’obbedienza alla Parola divina e alla Tradizione, ed è garante di questa obbedienza. La situazione in Vaticano ricorda gli ultimi anni dell’Unione Sovietica, quando si invocava la Glasnost: ma il regime era al crepuscolo”.
Quelle di Bux, era immaginabile, sono parole forti. Bux approfondisce la sua analisi, facendo presente come alcune argomentazioni utili per chiarire lo stato delle cose odierne della Chiesa siano presenti in un’opera a firma di un cardinale olandese: “Nel suo recente libro-intervista a cura di Andrea Galli, il Cardinale Willem Jacobus Eijk, osserva che la Chiesa è caduta in una delle più profonde crisi di fede della sua storia e non si trova oggi nella posizione migliore per trasmettere la fede alla società. Molti laici e molti pastori sono confusi riguardo ai contenuti della fede”. E la soluzione quale sarebbe? “Solo dopo aver messo in ordine la propria casa, la Chiesa sarà di nuovo davvero capace di evangelizzare il mondo. Ecco, “mettere ordine” significa mettere Dio al primo posto, dando a lui il giusto culto; chi manipola la liturgia, manipola facilmente anche la morale. Tuttavia, deve passare questa generazione, ma – afferma Eijk – rimarranno nella Chiesa “coloro che credono, che pregano, che hanno un rapporto personale con Cristo”.
Altre teste cadranno?
Dicono che giri una “lista nera”. Una “black list” composta da chi avrebbe deluso il Papa. E che quindi altre “teste” potrebbero “cascare”. Dopo quella di Becciu, s’intende. Corrisponde al vero, Monsignor Bux? “Tutto è possibile, perché un regno diviso in se stesso… Una parte della Chiesa fa lo stesso gioco di chi sostiene l’immigrazione di massa e l’islamismo radicale, e colpevolizza chiunque difende la propria cultura, le frontiere e la civiltà. Prima la Chiesa era il più grande ostacolo a ciò e al marxismo ateo. Per questo è stato deciso che andava demonizzata e distrutta dall’interno. Obiettivo che sembra raggiunto, a guardare un certo mondo ecclesiale. Questo pontificato, poi, anche tra i suoi sostenitori è considerato intellettualmente debole nella qualità dell’insegnamento e destabilizzante, e da non pochi laici ritenuto ideologico e senza impronta carismatica”.
Ecco la critica attesa: “I cattolici europei al 90% non vanno più in chiesa, non pochi sacerdoti difettano della più elementare ortodossia e talora della morale. Si può parlare di bancarotta. Ma nessuno dei cortigiani e degli opportunisti potrà scamparla: non tanto per la provenienza del denaro dall’Obolo di san Pietro, dai Fondi CEI ecc., e nemmeno per il fatto che Becciu aveva già suscitato sospetti sulle operazioni da lui condotte, fino all’immobile di Londra, ma per essersi opposto alla legge antiriciclaggio voluta da Benedetto XVI e aver fatto allontanare il Presidente IOR Gotti Tedeschi e il defunto Card. Nicora”. E quindi cosa dovrebbe fare la Chiesa cattolica per Monsignor Bux, già collaboratore di Benedetto XVI? Bux conclude, sostenendo che la Chiesa debba tornare ad occuparsi di Catechismo e di Dottrina cattolica. Se non altro perché c’è chi vorrebbe sapere – afferma – cosa significa davvero “essere cattolici”.
Parla Enrico Crasso: fondi dell’Obolo anche in hedge fund
“I fondi dell’Obolo di San Pietro venivano gestiti dalle banche, anche in hedge fund. Lo sapevano tutti. Ora però il revisore generale del Vaticano (Alessandro Cassinis Righini, ndr) sostiene che questi fondi erano vincolati ad opere caritatevoli. Ma alle banche non l’hanno mai detto!”.
È quanto sostiene Enrico Crasso, 72 anni, romano, residente nel Canton Ticino, gestore per ventisette anni del patrimonio riservato della Segreteria di Stato con Credit Suisse, poi Sogenel e Az Swiss, in una intervista al Corriere della Sera rilasciata nei suoi uffici a Lugano.
“Quando Becciu chiese il finanziamento per il palazzo di Londra, presentò una lettera del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, in cui si diceva che Becciu aveva i pieni poteri per mettere a leva l’intero patrimonio della Segreteria. Il palazzo è stato comprato mettendo a garanzia parte delle gestioni patrimoniali”, afferma Crasso.
“Dalle nostre gestioni, anche come Sogenel e Az Swiss, la Segreteria ha sempre guadagnato, coprendo pure i costi dei prestiti. Sui 300 milioni la media 2014-2019 è di un rendimento del 3-4% annuo. Eravamo giudicati per i rendimenti finanziari, non anche sulla parte immobiliare”.
Crasso riferisce la sua versione su altre due vicende. “Alcuni investimenti me li indicavano direttamente loro”, afferma in riferimento alla Segreteria di Stato. “Per esempio, abbiamo preso quote nel fondo inglese Eos perché erano amici di monsignor Alberto Perlasca (allora capo dell’ufficio che gestisce l’Obolo di San Pietro, ndr). Una volta mi arrivò l’indicazione di investire 30 milioni in Mikro Kapital: fa prestiti alle piccole imprese, un dossier proveniente da un importante studio legale milanese e portato in Segreteria dal capo di Mikro Kapital, Vincenzo Trani (presidente della Camera di Commercio Italo-Russa, ndr). Lo analizzo: avevano 250 milioni di patrimonio in gestione a sette anni, il bond rendeva l’8%”. E dunque “informammo Perlasca che al massimo si potevano investire sei milioni. E così avvenne. Anche il bond sottoscritto per il film su Elton John non era un segreto. Ma sapete quanto renderà? Il 13,5% a fine di quest’anno. Men in Black invece non ha soddisfatto le attese”.
Quanto al finanziere angolano Antonio Mosquito, che propose a Becciu di investire 200 milioni di dollari del Vaticano in una piattaforma petrolifera offshore, “era il 2012, allora gestivo poco, 30-40 milioni di euro”, racconta Crasso”. Fui chiamato da Becciu, che vedevo per la prima volta e che avrò visto in tutto cinque o sei volte. Mi diede l’incarico di fare una verifica professionale sulla proposta di Mosquito. Ne parlai con la mia banca, ma alla fine da Londra mi indirizzarono a Raffaele Mincione, che non conoscevo, come finanziere esterno che operava in materie prime. Ricordo un incontro in Segreteria, aprile 2014, con l’intera famiglia Mosquito. Spiegai che senza garanzie da parte loro non potevamo fare il finanziamento. Venne chiamato Becciu, che disse semplicemente ‘mi dispiace’ a Mosquito. La cosa finì lì, senza alcuna pressione”.
“Non ho mai preso né dato soldi, o tangenti, a nessuno. Il cardinale Giovanni Angelo Becciu? Non ha mai fatto pressioni e non c’è alcun suo conto riservato della famiglia che noi abbiamo gestito o alimentato. Io ho cominciato a lavorare con il Vaticano nel 1993, sempre facendo i loro interessi. E cosa raccolgo oggi? Solo macerie”, afferma Crasso.
Il fondo maltese Centurion (50 milioni della Segreteria), gestito da Crasso, fra l’altro ha fatto diventare il Vaticano socio di Lapo Elkann e del film su Elton John. “In Segreteria conoscevano Centurion e sapevano molto bene degli investimenti con Lapo e nel film. Ma dopo il vostro articolo di dicembre sul Corriere mi dissero che il Santo Padre aveva dato indicazione di liquidare il fondo. E adesso lo stiamo chiudendo”.
Fonte: Askanews
https://www.aldomariavalli.it/2020/10/04/parla-enrico-crasso-fondi-dellobolo-anche-in-hedge-fund/
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