“Mi diceva di mettere il viso nel suo grembo”. Così il fondatore di Schönstatt educava le sue suore
È uscito in questi giorni in Germania il primo dei due volumi che la storica della Chiesa Alexandra von Teuffenbach dedica agli abusi di potere e di sesso compiuti decenni fa su tante sue suore dal fondatore del movimento apostolico di Schönstatt, p. Josef Kentenich (1885-1968), del quale è tuttora in corso la causa di beatificazione:
Questo primo volume ricostruisce e documenta la vicenda di alcune suore e di una in particolare, di grande spicco, tutte vittime del fondatore.
Alexandra von Teuffenbach lo riassume per sommi capi nella lettera riprodotta più sotto.
Il secondo volume, invece – ricco di documenti inediti scoperti dall’autrice negli archivi della congregazione vaticana per la dottrina della fede, aperti da poco alla consultazione degli studiosi –, tratterà più specificamente della visita apostolica compiuta a Schönstatt nel 1951, su mandato della Santa Sede, dal gesuita Sebastiaan Tromp (1889-1975), conclusasi con l’allontanamento di p. Kentenich.
Un’anticipazione dei fatti che il visitatore apostolico accertò durante quell’indagine, e di ciò che ne conseguì, è in questi post di Settimo Cielo:
> Padre padrone. Il fondatore del movimento apostolico di Schönstatt abusava delle sue suore (2.7.2020)
> Il fondatore di Schönstatt non fu mai riabilitato. Questa lettera di Ratzinger ne è la prova (3.8.2020)
Anche p. Eduardo Aguirre, il postulatore della causa di beatificazione di p. Kentenich, da alcune settimane ha avuto a disposizione per la prima volta le carte della visita apostolica conservate in Vaticano. Ma ancora a metà ottobre, nel riferire sui suoi lavori, ha ammesso di non essere riuscito a leggere i rapporti di p. Tromp, perché in latino – si è giustificato – e scritti a mano con calligrafia troppo minuta.
Quando li avrà letti e studiati, dovrà trarne le conseguenze.
Ma lasciamo la parola all’autrice del libro.
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Gentilissimo dott. Magister,
il 2 luglio di quest’anno lei ha ospitato su Settimo Cielo la lettera in cui attestavo che p. Josef Kentenich (1885-1968), fondatore del movimento di Schönstatt e delle suore mariane, aveva abusato in vario modo delle sue suore. Ora ho pubblicato in Germania il primo di due libri su questo argomento, che tratta principalmente della vita di suor Giorgia Wagner (1905-1987). Il secondo libro si occuperà invece della visita apostolica inviata nel 1951 a Schönstatt dalla Santa Sede.
Suor Giorgia, o Giorgina come si chiamò dal 1962, fu mandata giovanissima dal fondatore in Cile per espandere l’opera, cosa che fece con grande successo. Ma quando dopo la seconda guerra mondiale, nel 1947, p. Kentenich visitò il Cile, abusò di lei e la depose da superiora provinciale.
Dopo molti mesi, in una lettera straziante, suor Giorgia descrisse alla superiora generale, più che l’abuso, gli effetti che esso aveva prodotto. Raccontò come avesse cercato di opporsi ai soprusi di p. Kentenich, che però le diceva: “Il ‘Vater’ può farlo!” (in tedesco per indicare un religioso si utilizza la parola “Pater”, ma Kentenich si faceva chiamare “Vater” come un padre di famiglia). Questo è anche il titolo del libro: “Vater darf das!”. Ed ecco qui alcuni brani della lunga lettera, che può far comprendere la profonda ferita subita da quella donna:
“Cara suor Anna, […] nella mia lettera [precedente] ti ho espresso la mia grande angoscia interiore, […] ma non ho osato dire nulla perché volevo proteggere la persona del p. Kentenich. […] Poi però non ce l’ho fatta più a tenermi tutto dentro e l'ho detto al nostro padre confessore, in confessione. Non sapevo quali sarebbero state le conseguenze, eppure ora sono contenta perché so che quei miei sentimenti non erano sbagliati. Il rifiuto e la paura di p. Kentenich sono cresciuti in me […] e mi sono resa conto che siamo tutti schiavi di fronte a lui e che nessuno è completamente libero con lui. Alcune sorelle mi hanno fatto dei commenti riguardo a quando siamo con p. Kentenich e siamo completamente sotto la sua magia e il suo potere. Perché ci tratta in questo modo? […] Perché predica la più bella verginità, sia spirituale che fisica, e si permette tutto con noi?
“Cara suor Anna, […] ci è permesso parlare con lui solo stando in ginocchio. Poi ci prende entrambe le mani e ci tira molto vicine a sé. Lo ha fatto ripetutamente con me. Così si entra a stretto contatto con il suo corpo. Quando l'ha fatto la prima volta, quando ci siamo salutati, quando ero da sola con lui, avevo delle preoccupazioni, ma non ho osato dirle subito. Ma quando sono stata di nuovo con lui, gli ho chiesto se ciò non fosse contro il nostro spirito di castità. Mi ha rassicurato dicendo: ‘Il ‘Vater’ può farlo!’. E così è andato avanti e ogni visita, ogni incontro con lui era lo stesso, e la mia angoscia interiore cresceva sempre di più.[…] Cara suor Anna, posso dirti con la massima sincerità che non ho mai avuto su questo nulla di cui accusarmi, ma ora dubito della purezza di tutti. È perché p. Kentenich è anche un uomo? O tutto in lui è soprannaturale? O come dovrei capirlo? […]
“Mi diceva che se volevo imparare a dipendere totalmente da lui a livello spirituale, avrei dovuto esercitarmi chiedendogli tutto quello che dovevo fare. Per esempio se dovevo cambiare la biancheria intima, o andare in bagno o cambiare l’assorbente. Sorella Anna, […] non riconosco più il padre. Perché lo fa? Se solo potessi dirti che cosa ho provato dentro quando mi ha attirato a lui in quel modo, e poi ha detto, causandomi la più grande sofferenza: ‘Beh, ora puoi dare al padre un abbraccio spirituale, fallo’… La sua faccia era radiosa proprio nel momento in cui mi aveva resa completamente impotente e piccola. [...] Ho sofferto tremendamente nell'ultimo anno. Se non avessi avuto fede, sarei stata disperata o sarei impazzita”.
Conosciuta la lettera, p. Kentenich non negò nulla, ma definì in pubblico suor Giorgia “posseduta”, intimandole di ritrattare. In seguito la definì malata di gotta, di tiroide, di “menopausa”. L’ultima accusa fu di essere una malata psichiatrica. Successivamente, soprattutto ad opera di altri religiosi pallottini vicini a Kentenich, si procedette alla criminalizzazione di questa donna e del suo confessore (che le aveva suggerito di scrivere a Roma) insinuando l’esistenza di un loro rapporto non lecito.
Suor Giorgia sopportò la vita in quella comunità per altri tredici anni, e come tutte quelle che si opponevano agli abusi di p. Kentenich, venne isolata. Il vescovo di Treviri dell’epoca parlerà poi di un vero martirio di queste suore.
Nel 1962, assieme ad altre tre consorelle e con la benedizione del vescovo di Treviri, partì per la Bolivia. Questa suora che p. Kentenich e i suoi confratelli avevano definita malata, posseduta e che avevano criminalizzata, morì nel 1987 a Sucre, lasciando un ordine religioso fiorente, da lei fondato, un policlinico, un ospedale dermatologico, una scuola. Il lutto della Chiesa locale, dell’arcivescovo e cardinale José Klement Maurer (1900-1990) e di tutta la popolazione fu la grande ed eloquente testimonianza della forza e del coraggio di questa donna, che era riuscita a superare ogni difficoltà, rimanendo salda nella fede cristiana, nella propria scelta vocazionale e nella speranza in Dio. Pochi mesi prima della sua morte suor Giorgina Wagner scriveva: “Dio, l’amore infinito, ci conduce e ci sorregge. A questo Amore dobbiamo consegnarci tutte e fare noi stesse quello che possiamo. Così non dobbiamo temere nulla”.
Oltre al resoconto della vita di questa suora, il libro contiene testimonianze giurate inviate alla diocesi di Treviri tra il 1975 e il 1990 e lettere di numerose altre suore che descrivono abusi fisici e sessuali, ma soprattutto psichici e spirituali. Tra queste la testimonianza di suor Gregoria, in un appunto manoscritto redatto in terza persona, perché la suora ancora dopo trent’anni non era riuscita a superare quello che le era accaduto. La consorella suor Mariosa che ne accolse la confessione come pure un professore dell’università di Vallendar ne attestarono l’autenticità:
“La suora aveva peccato e lo comunicò al p. Kentenich come suo confessore. Per questo dovette inginocchiarsi davanti a lui e chiedergli una punizione. Lui pretese che si sdraiasse sulla sedia, per poterla picchiare. Prima le chiese ripetutamente se voleva togliersi le mutande. Spinta da una angoscia interiore, la sorella ubbidì e si sdraiò sulla sedia. Dopo che le fu permesso di alzarsi, p. Kentenich ripetè di nuovo la stessa cosa. La suora dovette prima mettergli in mano un righello che era sulla scrivania, perché sembrava volesse picchiarla con quello. Poiché la sorella in seguito scrisse a p. Kentenich rifiutando questa forma di punizione, successivamente, in varie occasioni, si dovette di nuovo sdraiare sopra la sedia davanti a p. Kentenich”.
Suor Mariosa aggiunse a questa testimonianza:
“Quando la suora in questione andò con la sua angoscia dalla cofondatrice e superiora generale dell'epoca, suor Anna, […] ricevette questa risposta: ‘Gregoria, nell'armadio ci sono mucchi di lettere di suore su questo argomento’”.
Suor Mariosa fu essa stessa oggetto di ciò che facilmente si può ritenere un abuso psichico:
“Quando [p. Kentenich] capì quanto amavo il mio padre biologico e quanto era importante per me, mi ordinò di mettermi sotto il tavolo, in ginocchio davanti a lui. Dovevo guardarlo e dovevo dirgli: ‘Padre, padre mio’. Quando si accorse di quanto mi era difficile e mentre ancora stavo sotto il tavolo, mi distrusse moralmente: inveì contro di me, dicendo che ero marcia e depravata, che avevo meritato di essere picchiata, che ero una orribile Eva, che avrei dovuto essere richiusa, e molto altro, che ora, dopo quasi trent’anni, non ricordo più con le parole esatte.
“Con un cuore così ferito e sanguinante pretese l’esame di figliolanza. Mi chiese: ‘A chi appartiene la figlia?’. La mia risposta fu: ‘A Dio’. Allora disse, in modo così violento che ne ebbi paura: ‘Al padre!’. Io dovetti ripeterlo. Mi chiese ancora: ‘Che cosa può fare il padre con la figlia?’. Io ero così distrutta psichicamente che non seppi rispondere. Diede lui stesso la risposta e io dovetti ripeterla: ‘Tutto quello che il padre vuole’. Dopo sono corsa nel bosco dietro alla casa degli esercizi e mi sono nascosta tra i rovi, tanto mi sentivo cattiva e marcia. Non sopportavo più di vedere alcun essere umano”.
Un’altra suora scrisse:
“Ho partecipato spesso alle conferenze domenicali tenute da p. Kentenich e anche alle sue conferenze nei ritiri annuali. Ero spesso delusa. P. Kentenich scherniva spesso qualcuna delle sorelle durante le sue conferenze. Non avevo idea che si potesse fare una cosa del genere. In una conferenza disse una cosa così: ‘Il padre (con ciò intendendo se stesso) ha ferito la figlia. Il suo cuore sanguina. Ma il padre può farlo. Il padre è tutto. La figlia non è niente. Il padre è Dio per la figlia. Il padre sa tutto. Il padre può e deve sapere tutto. Guai a tenere nascosto qualcosa al padre. Dalla porta del cielo la rimando indietro’. Ha parlato spesso in pubblico così e in modo simile.
Due sorelle, entrambe suore, scrissero questa loro esperienza:
“Una di noi ha vissuto questo: doveva inginocchiarsi davanti a lui e avrebbe dovuto dirgli ‘padre’. Quando esitò e lui ripeté la sua richiesta, ancora senza avere risposta perché lei la sentiva contraria ai suoi sentimenti, lui le dette gomitate finché lei – anche se con riluttanza – fece ciò che lui le aveva ordinato. L’altra visse una cosa diversa: le fu detto di inginocchiarsi davanti a lui, che era seduto su una sedia, e di mettere il viso nel suo grembo”.
La maggior parte della documentazione riportata nel libro è costituita dalle testimonianze giurate inviate a Treviri per la causa di beatificazione di p. Kentenich, tuttora in corso.
Appare assurdo che la diocesi di Treviri, con il suo attuale vescovo Stephan Ackermann – che ricopre anche la carica di responsabile per i casi di abuso sessuale per conto della conferenza episcopale tedesca –, non ponga fine al proposito del movimento di Schönstatt di portare agli onori degli altari, quindi come modello di santità da seguire per ogni cristiano, un uomo come p. Kentenich.
Alexandra von Teuffenbach
Settimo Cielo
di Sandro Magister 02 nov
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