Signore, ripulisci la tua casa!
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Domum Dei decet sanctitudo: Sponsum eius Christum adoremus in ea (dall’Ufficio Divino).
«Alla casa di Dio si addice la santità: in essa adoriamo Cristo, suo Sposo». La festa della dedicazione della basilica lateranense riguarda tutta la Chiesa; essa è infatti riconosciuta mater et caput omnium ecclesiarum. All’epoca dei miei studi, un professore contestò questa designazione della cattedrale del Papa, in quanto la Chiesa di Roma andava certamente considerata – bontà sua – capo di tutte le altre, ma non madre, titolo, questo, che sarebbe invece spettato alla Chiesa di Gerusalemme. Egli, però, non teneva conto del fatto che la primitiva comunità giudeo-cristiana, fiorita nella Città santa a partire dal giorno di Pentecoste, la abbandonò poco prima della sua distruzione, avvenuta nel 70 d.C., per poi scomparire nei decenni successivi. Col trasferimento di san Pietro da Antiochia nella capitale dell’impero, in realtà, il centro della cristianità era già stato fissato lì circa vent’anni prima. Da Roma, come spesso ricorda il Martirologio, il Principe degli Apostoli inviò numerosi discepoli, consacrati vescovi, in altrettante città, soprattutto dell’Italia settentrionale e della Gallia, a fondarvi delle Chiese locali con la loro predicazione.
La Chiesa romana, dunque, è realmente sia mater che caput, mentre quella di Gerusalemme, dopo la deportazione degli ebrei e la proibizione, da parte di Adriano, di rimettervi piede, rinacque come comunità di lingua greca; il Concilio di Calcedonia le concederà poi il titolo patriarcale per ragioni meramente onorifiche. I giudei, invece, non poterono ristabilirsi in essa se non nel VII secolo, in seguito, dapprima, all’occupazione persiana del 614, poi, soprattutto, alla conquista araba del 638, curiosamente riammessi proprio da coloro che nominalmente li odiavano a causa della “rottura” di Maometto con la comunità ebraica di Medina, alla quale era tuttavia appartenuto fino al 622, data del lancio (con quali denari?) del movimento politico-militare noto come Islam. Tralasciando qui le vistose falsificazioni storiche inculcateci dalla scuola, ci concentriamo sul significato che la festa liturgica del 9 novembre, anniversario della dedicazione della cattedrale romana, riveste per tutti i cattolici. In tal modo gusteremo la gioia di esser saldamente fondati sulla roccia e di abitare a buon diritto in quella santa dimora in cui siamo rinati alla vita eterna.
Fu papa san Silvestro I a consacrare solennemente la basilica eretta nel palazzo imperiale del colle Laterano, sul luogo in cui Costantino era stato da lui battezzato. Già in precedenza edifici prescelti erano stati dedicati al culto, ma in questo caso, per la prima volta, fu elaborato un apposito rito pubblico. Come altare fu collocata la cassa di legno (concava a somiglianza dell’arca dell’alleanza) che era stata utilizzata, per celebrare i divini misteri, da san Pietro e dai suoi successori, costretti dalle persecuzioni a spostarsi continuamente, ora nelle cripte, ora nelle catacombe, ora nelle case dei fedeli. Colpisce l’analogia con i tempi attuali, la quale aggiunge alla letizia della festa uno speciale motivo di esultanza, malgrado le difficoltà che sperimentiamo: stiamo infatti rivivendo qualcosa dell’epopea apostolica, quanto mai radicati nella casa che ci appartiene e da cui nessuno al mondo può espellerci, a meno che, spinti dall’esasperazione, non commettiamo un atto inconsulto che ci ponga automaticamente fuori della società visibile della Chiesa, dalla quale vanno piuttosto espulsi impostori, eretici e immorali.
Sento vieppiù fortemente che si avvicina il giorno in cui ciò avverrà manu militari. Nel frattempo, in attesa che il Signore intervenga mediante gli strumenti da Lui scelti, non lasciamoci distrarre dal compito che ci spetta. Alla casa di Dio si addice la santità. Questo vale certamente per l’edificio materiale, nel quale adoriamo il Signore e che, in virtù della consacrazione, è destinato al culto in modo esclusivo, per cui non è lecito svolgervi alcun’altra attività. Dato però che essa, come evocato dalla liturgia, ha uno sposo (ovviamente non in quanto costruzione, ma in quanto corpo sociale), ciò vale anche e soprattutto per noi, pietre vive che, aderendo alla somma Pietra angolare, compongono il tempio spirituale (cf. 1 Pt 2, 4-6). Ai fini della santificazione le prove sono estremamente efficaci, se vissute in spirito di sacrificio e di abbandono alla Provvidenza. Più ci facciamo santi con l’aiuto della grazia, più l’adorazione che rivolgiamo a Cristo nei luoghi sacri sarà autentica e feconda, cioè capace di estendersi a tutta l’esistenza e di ottenere grazie per noi e per l’umanità intera. La preghiera offerta con fede sincera e unita ad atti di carità e penitenza non è mai infruttuosa.
Un giorno, se arriveremo in Paradiso, saremo sopraffatti dallo stupore nel vedere i frutti delle nostre suppliche, sia quanto ai benefici che avranno impetrato, sia quanto ai mali da cui ci avran preservato. Chi ha l’impressione che la richiesta relativa alle elezioni americane sia rimasta inascoltata, tenga presente che la partita non è ancora chiusa e perseveri in essa. Non ho certamente alcuna intenzione di canonizzare Donald Trump, ma la vergognosa frode elettorale di cui è vittima e l’odio bestiale di cui è oggetto fan dedurre che la sua rielezione rappresenta un serio ostacolo sul cammino del nuovo ordine mondiale, cioè dell’instaurazione della peggiore forma di totalitarismo che la storia abbia mai conosciuto; con quella sovietica e quella cinese l’oligarchia globalista ha fatto solo prove preliminari secondo un modello da estendere al resto del pianeta. Non si tratta dunque di idealizzare una figura che ha comunque i suoi limiti e i suoi peccati, ma di implorare la Provvidenza – se è nei Suoi piani che ciò avvenga ora – perché sventi il progetto demoniaco portato avanti da secoli dai nemici di Dio e della Chiesa, i cui vertici vi sono oggi pesantemente coinvolti.
È proprio il mondo politico ostile a Trump che, tramite la mafia dei cardinali progressisti, ha posto sul soglio petrino un suo commesso, manifestamente eretico e scandalosamente ipocrita. Dichiarare che l’approvazione delle cosiddette unioni civili non modifica la dottrina è palese espressione di un’ipocrisia semplicemente stomachevole, che è già emersa in modo inequivocabile nella nomina a posti-chiave della Santa Sede di ecclesiastici di un’immoralità raccapricciante, come nel caso del Sostituto. Nessuno sa, però, che l’uomo di Santa Marta è direttamente coinvolto anche nel recente scandalo finanziario che ha portato alla brutale rimozione del cardinal Becciu. Un amico intimo di quest’ultimo ha saputo – evidentemente dall’interessato – che, di fronte a colui che gli contestava l’uso improprio di enormi somme di denaro, il porporato ha ribattuto che ogni singola transazione era stata da lui personalmente autorizzata, ventilando di rivelarlo ai giornalisti onde scoraggiare la punizione esemplare che ha subìto. A quel punto l’accusatore ha deciso di privarlo di tutti i poteri connessi al cardinalato, ma senza annullare l’obbligo del segreto…
Sarebbe costui il grande moralizzatore del Vaticano? Vedete che ci vuole proprio un condottiero che ripeta l’inaudito gesto di Napoleone, ma questa volta a buon fine. Quell’individuo va cacciato via con la forza, insieme con tutta la banda di pervertiti e di corrotti di cui si è circondato. Alla casa di Dio si addice la santità; alla sua sommità non possono rimanere quanti la infangano. Non essendo purtroppo mancati nel corso della storia, il Padrone ha ripetutamente fatto ricorso anche alle armi umane per ripulirla. Le nostre suppliche non sono certo vane: al momento opportuno ne vedremo gli effetti insperati. San Tommaso d’Aquino, insegnando che fin dall’eternità il Signore ha stabilito che certi eventi abbiano per causa le preghiere dei credenti, ci sprona ad elevarle con incrollabile fiducia. La fede ci fa scorgere ciò che ancora non si vede, la speranza ce lo fa affrettare, la carità ce lo fa pregustare. Chi può privarci di tali inestimabili beni? Nessuno al mondo, se non chi li perda da sé col peccato mortale. Perciò adoriamo lo Sposo nella Sua santa casa, che è anche la singola anima in grazia, e mettiamoci a Sua totale disposizione mediante la preghiera, l’azione e l’offerta.
Pubblicato da Elia
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