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venerdì 27 novembre 2020

Pensare prima di parlare

Tradizionalismo liberale: è un rischio reale?


Cari amici di Duc in altum, ricevo dal professor Roberto de Mattei questo contributo che sottopongo all’attenzione di tutti. Subito dopo il testo di de Mattei, pubblico anche l’articolo di Corrado Gnerre dal quale de Mattei prende spunto. 

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In un articolo su I Tre Sentieri  il professor Corrado Gnerre ha coniato il termine di “tradizionalismo liberale” per descrivere un nuovo fenomeno che si diffonde nella blogosfera. L’ossimoro del professor Gnerre, che accosta due termini apparentemente contrari, non è infondato e merita una riflessione.

Il liberalismo è, come si sa, l’errore che pone la libertà individuale come bene supremo dell’uomo e che, applicando all’ordine morale e civile i princìpi filosofici del naturalismo, emancipa l’ordine temporale da quello spirituale. Il cattolicesimo liberale del XIX e del XX secolo ha cercato un’impossibile conciliazione tra i princìpi del liberalismo e quelli della Chiesa cattolica. Il tradizionalismo del secolo XX rappresenta a sua volta l’antitesi del cattolicesimo liberale, a cui oppone l’ideale della Regalità sociale di Cristo.

Di fronte all’inaspettata pandemia che ha caratterizzato il 2020, la reazione di alcuni tradizionalisti è stata quella di negare la realtà del fatto e poi, costretti dall’evidenza, di attribuire il coronavirus a un oscuro complotto. Ora, la possibilità che il virus sia stato prodotto in laboratorio e che da questo sia uscito, deliberatamente o involontariamente, esiste, ma non è stata ancora provata. Se così fosse, tutto lascia credere che la responsabilità dell’accaduto debba essere attribuita alla Cina comunista che sta conducendo una guerra economica, informatica, psicologica, e forse biologica, contro l’Occidente. Chi avanza con prudenza questa ipotesi collega la pandemia alla diffusione nel mondo degli errori e del comunismo, “una lotta freddamente voluta, e accuratamente preparata dell’uomo contro «tutto ciò che è divino» (Pio XI, Divini Redemptoris), annunciata dalla Madonna a Fatima nel 1917 come castigo per i peccati dell’umanità.

Il “tradizionalismo liberale” si riferisce invece a una pluralità di teorie cospiratorie, alcune più ragionevoli, altre decisamente fantasiose, il cui nucleo comune è l’idea secondo cui la pandemia fa parte di un piano di limitazione della libertà, nato in Occidente e imposto da forze occulte che mirano all’asservimento dell’umanità. L’asse dialettico del ragionamento è la contrapposizione libertà-totalitarismo, cara all’ideologia liberale, che rifiuta per principio ogni limite all’espansione della libertà umana. L’origine di questa ideologia è la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo del 1789, che attribuisce all’uomo la possibilità di fare tutto ciò che vuole, anche a proprio danno, ignorando o negando ogni legge morale, con il solo limite di non recar danno alla libertà altrui.

In realtà la libertà non è illimitata, ma deve essere sottomessa alle leggi dell’ordine naturale cristiano. L’essenza del totalitarismo non sta nell’idea di limite e neppure nell’uso della forza, ma in quell’uso disordinato della forza che diventa cieca violenza, perché svincolata da riferimenti morali. In una parola, la radice del totalitarismo è il disordine, la confusione tra il bene e il male, tra ciò che può o non può essere fatto. La libertà è relativa, anche perché ha bisogno di limiti per canalizzarsi, orientarsi al suo fine e raggiungerlo più efficacemente. L’idea che limitare la libertà significhi comprimerla, presuppone una falsa idea di libertà: una libertà assoluta per la quale ogni limite, in quanto tale, costituisce un elemento negativo. Ma se la libertà non è assoluta, il limite deve essere inteso come il fattore positivo che ne permette lo sviluppo e la perfezione. Per questo la dottrina sociale cattolica oppone all’individualismo liberale la nozione di un bene comune fondato sulla legge naturale cristiana.

Si cade nel tradizionalismo liberale ogni volta che si protesta contro la limitazione della libertà, senza riferirsi a un ordine di valori che rende illegittima la costrizione. Se, ad esempio, un governo chiude le chiese o pretende di intervenire nella vita privata delle famiglie, viola l’ordine naturale e la resistenza è legittima e doverosa, ma se quel governo impone regole sanitarie, come l’uso delle mascherine o del distanziamento sociale, svolge il suo compito, che è quello di anteporre il bene comune dei cittadini alla loro libertà individuale, e chi protesta cade, senza rendersene conto, nell’errore liberale. Dalle misure sanitarie possono certamente derivare gravi conseguenze negative sul piano economico e psicologico, ma la responsabilità di questi danni vanno primariamente attribuita alla malattia e non al governo. Non bisogna confondere la causa con l’effetto. E se la nostra visione del mondo non è liberale, ma autenticamente cattolica, una pandemia, come una guerra o un terremoto, va attribuita come causa prima a Dio, da cui dipende tutto ciò che avviene, al di fuori del peccato. Le sciagure collettive sono castighi per i peccati dei popoli sia che Dio, per infliggere questi castighi, si serva come cause seconde degli angeli, come nel caso dei terremoti, sia che si serva degli uomini, come nel caso delle guerre e delle rivoluzioni. E un velo di mistero avvolge tuttora le cause seconde del castigo in corso.

Naturalmente gli agenti rivoluzionari cercano di manipolare la pandemia ai loro fini, e questa manipolazione va combattuta, ma ignorare che questi eventi, come ogni sciagura collettiva, siano sempre un castigo divino, ha il sapore della blasfemia liberale. Bisogna inoltre guardarsi dall’affermare con certezza ciò che non si è in grado di provare. Pretendere di dimostrare che il lockdown è imposto perché esiste un progetto totalitario, e che esiste un progetto totalitario perché viene imposto il lockdown, è come dire che in Italia c’è Roma, perché Roma sta in Italia. In termini di logica aristotelica e tomistica questo si chiama una fallacia argomentativa. E allora dobbiamo concludere che il paradosso del tradizionalismo liberale è solo apparente, mentre il rischio dell’annebbiamento delle intelligenze è una reale conseguenza del castigo del coronavirus.

Roberto de Mattei

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Ci mancava anche il “tradizionalismo liberale”!

Visto che l’articolo sulla catechesi di padre Livio (clicca qui) e il riprendere l’articolo della Spanò 
da radiospada.org (clicca qui) hanno suscitato alcune perplessità e anche dei commenti polemici 
(c’è finanche chi ha scritto che io avrei ormai abbandonato la Tradizione), mi sento in dovere di 
ritornare sul alcuni punti e fare delle precisazioni.

Parto da un dato che penso possa unire tutto il mondo che ruota intorno alla difesa della Tradizione Cattolica, ovvero quello che sta accadendo -ahinoi- alla Chiesa e al Cattolicesimo da diversi decenni a questa parte, cioè l’aver cambiato totalmente il paradigma dell’Annuncio: dalla salvezza dell’anima alla salvezza del corpo, unito all’inopportuna compromissione con il mondo. Un cambio di paradigma che ha portato di fatto ad una completa dimenticanza dei veri peccati (per non dire del peccato in quanto tale) con la nascita di “nuovi peccati”. Oggi -per esempio- se qualcuno non fa bene la raccolta differenziata, sente di non avere la coscienza completamente a posto; e poco ci manca che il confessore, invece di chiedergli altre cose, gli chieda per l’appunto cose di questo tipo.

Duole dirlo, ma questi giorni stanno mostrando come anche il cosiddetto tradizionalismo (parola che non gradisco dal punto di vista semantico) sta facendo la stessa cosa. Essere per la Tradizione vuol dire essere per la Verità, ma la verità con la V maiuscola, quella Verità che coincide con Dio e con la sua perennità. Da ciò ne consegue la difesa della dottrina di sempre, della morale di sempre, della liturgia di sempre. Su questo ognuno di noi verrà primariamente giudicato.

E invece cosa sta accadendo al mondo tradizionalista? Che anch’esso sembra aver cambiato il paradigma. La preoccupazione, con profusione della massima energia, non è più quella di difendere la Dottrina (a riguardo possono andare bene anche i padre Livio di turno che tengono a  ribadire la loro completa accettazione delle linee pastorali di papa Francesco, Amoris Laetitia annessa), bensì quella di lottare donchisciottescamente contro ipotetici complotti che si nasconderebbero dietro norme illiberali di igiene sanitaria, così come dietro i mulini a vento, per il personaggio di Cervantes, si nascondevano pericolosi giganti.

Il tutto a servizio del progressismo stesso: ad una Chiesa tutta preoccupata di acconciarsi sul mondo, ecco un tradizionalismo tutto preoccupato a scongiurare chissà quale metamorfosi sociale e soprattutto chissà quale privazione delle libertà individuali, come se tali libertà fossero la primaria bussola di riferimento. Non bastava il cattolicesimo liberale, ci voleva anche il tradizionalismo liberale! Ma tant’è, in questo mondo scombinato, in cui due uomini o due donne possono figliare, dove dire “mamma” o “papà” è da criminali, in cui un Papa (da Papa legittimo) può dire che Dio non è cattolico (per cui non si capisce perché si dovrebbe essere cattolici se Dio non lo è)… la perdita del principio di non-contraddizione sembra essere a 360 gradi, toccando tutti.

Ma allora questo vuol dire che i complotti non esistono? Che chi ama la Tradizione non deve far sua anche una sana Teologia della Storia? Certamente, ma “sana”. Sottolineo “sana”! “Sana” vuol dire prima di tutto “pensata” con dati alla mano e selezionando le fonti.

Ma “sana” vuol dire anche e soprattutto capace di leggere i pro e i contro di determinati fenomeni. Certamente il male, nella sua reale personificazione demoniaca quanto nella sua altrettanto reale consistenza occulta e settaria (vedi la o le Massonerie), può approfittare di tutto per raggiungere il suo scopo. In Teologia Spirituale c’è un classico esempio: se hai il mal di testa, non è detto che sia stato il demonio a fartelo venire (anzi), ma certamente il demonio può approfittare di questo tuo stato di afflizione, che ti rende certamente più debole, per condurti dove lui vuole.

Ecco dunque la necessità della virtù della Prudenza (indispensabile virtù cardinale) nella valutazione dei fatti storici. Virtù della Prudenza che obbliga a pensare prima di parlare, a pensare prima di postare (mi riferisco ai social), pena due effetti negativi. Il primo: non individuare esattamente dove davvero si nasconda il nemico. Il secondo: rendersi poco credibili  e così far pensare all’interlocutore di turno: ah questo era colui che diceva quella sciocchezza che può si è rivelata non vera…

A questo poi si aggiunge un’altra cosa che ho anche detto nel mio articolo sulla catechesi di Padre Livio, ovvero che questa spasmodica ricerca dei “cattivoni” (che pur esistono, ma che non possiamo sempre sapere quando e come agiscano) fa sfuggire la verità del castigo. Un castigo che si sta palesando nella penalizzazione di un stile di vita che conosciamo quale fosse (c’è stato anche qualche tradizionalista che quasi si doleva per la chiusura delle discoteche!) e che ancora dimostra la perenne verità del noto adagio: la farina del diavolo… va tutta in crusca.

Per non parlare di chi si rammarica di non poter uscire fuori del proprio comune e che pur coltiva l’amore per i secoli passati e per quelli della societas christiana medievale, ben sapendo che allora, quando scoppiavano le epidemie, le città si chiudevano per mesi e mesi.

Insomma una cosa è certa, è che, al di là di ciò che ci riserverà il futuro, quando andremo davanti a Dio saremo giudicati da come avremo difeso la Verità di cui sopra, cioè quella con la “V” maiuscola… e non certo ipotesi storiografiche più o meno bizzarre.

Corrado Gnerre

https://www.aldomariavalli.it/2020/11/27/tradizionalismo-liberale-e-un-rischio-reale/

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