Aborto in Argentina, esame di coscienza per i vescovi
Il parlamento argentino approva la legge sull'aborto promossa dal presidente Fernández che si è vantato di essere «un cattolico che non ritiene l'aborto un peccato». Il lavoro coraggioso del laicato cattolico celeste non ha trovato da parte della gerarchia ecclesiale, ormai ininfluente, il sostegno necessario. E anche l'assenza di messaggi in prima persona, e pubblici da parte del Pontefice argentino, ha avuto il suo peso
Nella Repubblica Argentina, durante il pontificato di un Papa argentino che non ha ancora visitato la sua patria come successore dell’Apostolo San Pietro, è appena stata approvata la legge abortista che finisce per rendere legale, giuridicamente, un vero e proprio genocidio in atto già da tempo nel Paese.
L’esecutivo guidato da Alberto Fernández («sono un cattolico che crede che l’aborto non sia un peccato» ha detto) ha ribadito le ragioni di “salute pubblica” per giustificare la presentazione del progetto di legge abortista.
Per un’analisi dettagliata, conviene tenere a mente ciò che ha detto l’Associazione per la promozione dei diritti civili (Prodeci):
«Questa legge disconosce la scienza della biologia umana ed è moralmente e giuridicamente aberrante per vari motivi. Il primo perché è contrario a qualsiasi criterio etico l’uccidere un essere umano innocente e indifeso. Il diritto alla vita è di ordine naturale e anteriore a qualunque tipo di riconoscimento legale, perché il legislatore non ha alcuna facoltà di negoziarlo. Secondo, perché vìola clamorosamente il nostro ordine costituzionale e risulta inconciliabile con il quadro giuridico che riconosce l’esistenza di una persona come diritto dal momento del concepimento. Allo stesso modo si violentano le costituzioni provinciali che riconoscono esplicitamente il diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale. Questo progetto di legge ha preteso di promuovere anche l’indottrinamento a favore dell’aborto attraverso l’educazione sessuale integrale, che implica un asservimento ideologico da parte di moltissime realtà educative».
Detto questo, è necessario fare una considerazione sul ruolo della Chiesa Cattolica in Argentina a proposito della battaglia a favore o contro la legge appena licenziata. In questo caso dobbiamo distinguere tra la azione del laicato cattolico e quella della gerarchia ecclesiastica.
I laici cattolici, soprattutto a partire dal 2018, si sono gettati in trincea per difendere la vita dei nascituri imparando a abbattere le differenze di temperamento in favore di una causa comune. Hanno coordinato gli sforzi, ognuno secondo le proprie competenze, trasformandosi in un fronte compatto. Lo hanno fatto assieme anche agli Evangelici e con tanti uomini di buona volontà.
In cambio non hanno ricevuto un messaggio concreto e diretto di incoraggiamento né di appoggio da parte del Papa. Si è ripetuto lo stesso schema che abbiamo visto nel 2018, a differenza però del risultato del voto. Non è ragionevole pensare che con lettere private rivolte a “terzi” si potesse convincere un presidente, una vice-presidente e i deputati e i senatori a votare per il fronte celeste (il colore utilizzato dal fronte pro life).
È ragionevole pensare che senza un messaggio in prima persona e pubblico, si possa dire che è stato fatto tutto il possibile? Senza neppure una parola all’Angelus domenicale?
Per quanto riguarda la Conferenza Episcopale Argentina (CEA), secondo il consolidato stile di “dialogo democratico”, sembra ormai Sara Kay catapultata nel mondo orwelliano di 1984 (come se il personaggio dei fumetti inconsapevole di tutto fosse gettata in un mondo tenebroso e dittatoriale ndr.).
Tanto più che, esattamente come la classe partitocratica argentina, la Cea rappresenta sé stessa e non l’autentico popolo di Dio che ogni giorno, in ogni ora, in ogni minuto, in ogni istante, lascia la vita sul campo di battaglia sotto il comando dei suoi capi naturali e con l'aiuto spirituale di tanti bravi sacerdoti e pochi vescovi che parlano il linguaggio del Vangelo e non quello del mondo.
Sembra che la Conferenza Episcopale Argentina non si renda conto che la sua influenza, tanto nella classe politica come tra i fedeli cattolici, sia ogni volta più insignificante. Non si deve essere un genio per comprendere una delle ragioni, evidente tra tanti esempi, sta nelle sue dichiarazioni: come il movimento hippie, hanno predicato pace e amore però non il Vangelo. È un po’ che nelle sue dichiarazioni si è perso il dovere di rifondare il Paese in Gesù Cristo.
Tuttavia, siamo obbligati a continuare a combattere la buona battaglia e a non cessare di sperare. Come ha affermato la pulzella d’Orleans: «A noi tocca la lotta e a Dio la vittoria».
Germán Masserdotti
- LA VITTORIA DELLE LOBBY di Luca Volontè
Il presidente dell’Argentina, Alberto Fernandez, lo aveva promesso e l’ha mantenuto. L’Argentina ha ora la legge sull’aborto. Fernandez in Vaticano aveva detto al card. Parolin: “Ne ho già parlato e manterrò la mia parola. La mia parola non è di riaprire un divario tra il verde e il blu. La mia parola è di dare alle donne che vogliono abortire la possibilità di farlo legalmente e di aiutare coloro che vogliono avere figli. Questo è il mio lavoro”.
Della legge sull’aborto in Argentina e della reazione dei vescovi ce ne parla questo articolo del Catholic News Agency che vi propongo nella mia traduzione.
Dopo che il Senato argentino ha legalizzato l’aborto nelle prime ore di mercoledì 30 dicembre, la Conferenza episcopale argentina ha rilasciato una dichiarazione in cui accusa la leadership politica del Paese di essere lontana dal sentimento del popolo e si impegna a continuare a lavorare “con fermezza e passione nella cura e nel servizio della vita”.
Il disegno di legge a lungo dibattuto per legalizzare l’aborto presentato dal presidente Alberto Fernandez (ne abbiamo parlato qui) per mantenere una promessa di campagna elettorale è stato finalmente approvato in Senato con 38 voti a favore, 29 contrari, 1 astensione e 4 assenze dopo 12 ore di dibattito. Il progetto di legge è stato precedentemente approvato dalla Camera.
Secondo un sondaggio del novembre 2020 condotto dall’istituto di sondaggi indipendente Giacobbe & Asociados, il 60% degli argentini si è opposto alla legge, mentre solo il 26,7% è stato favorevole. Ma la legge, una delle più permissive al mondo e senza paragoni nella regione, è stata fortemente sostenuta dai media, dai personaggi televisivi e dagli influencer.
“Questa legge che è stata votata approfondirà ulteriormente le divisioni nel nostro Paese”, hanno detto i vescovi. “Deploriamo profondamente la lontananza della leadership dai sentimenti della gente, che è stata espressa in vari modi a favore della vita in tutto il nostro Paese”. L’Argentina ha visto infatti le più grandi marce pacifiche pro-vita della sua storia, ma sono state per lo più ignorate dalla stampa locale.
“Siamo certi che il nostro popolo continuerà sempre a scegliere tutta la vita e tutte le vite. E insieme al nostro popolo continueremo a lavorare per le autentiche priorità che richiedono un’attenzione urgente nel nostro Paese”.
I vescovi hanno anche detto che, pur concentrandosi sulla legalizzazione dell’aborto, il governo ha fallito “i ragazzi e le ragazze che vivono in povertà in un numero sempre più allarmante, i numerosi abbandoni scolastici, la pressante pandemia di fame e disoccupazione che colpisce molte famiglie, così come la drammatica situazione dei pensionati, che in queste ore vedono ancora una volta violati i loro diritti”.
Infine, la dichiarazione ha espresso gratitudine a “tutti i cittadini e ai legislatori che hanno difeso la cura per tutta la vita”.
Di Sabino Paciolla
Se Padre Pio sapesse dei confessionali chiusi a casa sua
Un cartello "Confessioni sospese" compare a San Marco in Lamis, mentre nella vicina San Giovanni Rotondo il sacramento della Riconciliazione è sospeso “fino a nuova disposizione”. «Sono misure che abbiamo preso a causa del covid», dicono dal convento, «però, se vuole, oggi un frate c'è per un'ora». Il tradimento della confessione nel luogo dove San Pio da Pietrelcina si è letteralmente immolato, consumandosi per assolvere i peccati e sanare il cuore di migliaia di fedeli.
Nel santuario di San Matteo Apostolo di San Marco in Lamis è comparso un cartello che informa della sospensione delle confessioni. «Per ragioni precauzionali». La pandemia deve essere davvero tragica nel paese dove il premier Giuseppe Conte ha fatto il liceo. Invece dalle cronache locali veniamo a scoprire che il sindaco è molto soddisfatto dato che i contagi sono scesi vertiginosamente passando da 258 a 74 in poche settimane. Ciononostante, nella cittadina pugliese si è pensato che la confessione in presenza potesse essere una pericolosa fonte di trasmissione.
Si vede che l’illustre cittadino ha lasciato un’impronta della sua "autorevolezza". Precauzionale non confessare i propri peccati? E che è, la confessione dal maresciallo?
Ma senza spostarsi più di tanto, si scopre che anche a San Giovanni Rotondo confessarsi è impossibile o per lo meno molto proibitivo per queste feste natalizie: CONFESSIONI: NON DISPONIBILE FINO A NUOVA DISPOSIZIONE recita la scritta sul sito del convento scritta in stile prefettizio. Porte sbarrate anche qui nei confessionali.
Pensi a San Giovanni Rotondo e pensi a San Pio da Pietrelcina. Pensi a San Pio da Pietrelcina e pensi al suo confessionale, il luogo pubblico dove il padre era più presente nel corso della giornata. Esercitava con doni mistici fuori dal comune il Sacramento della penitenza e non lasciava al penitente adito ad ambiguità. I libri raccontano tantissimi aneddoti della sua capacità di leggere dentro i cuori. Padre Pio credeva così tanto nella confessione tanto da consigliarla almeno una volta a settimana perché «una stanza, per quanto possa essere rimasta chiusa, necessita di una spolverata, almeno una volta alla settimana».
Ma il confessionale di Padre Pio oggi è visitato solo come attrattiva turistico-religiosa per i pellegrini che salgono lassù a toccare i suoi luoghi. È un luogo non più vivo, così come la sua stola, le sue suppellettili, la sua cella, che si possono vedere al piano superiore la Chiesa grande. Tutto a San Giovanni Rotondo ormai parla di Padre Pio, anche gli splendidi mosaici di Rupnik nella nuova Basilica dove il ciclo della sua vita è narrato specularmente a quella di San Francesco. Tutto ma non il suo lascito primario: la penitenza come abbraccio del Padre.
Al telefono con la Bussola, dal convento una gentil signorina ci risponde che «le confessioni sono sospese per il covid, ma che… in realtà un padre si può trovare in sala accoglienza, oggi dovrebbe esserci dalle 16 alle 17.30. Di solito ne abbiamo almeno cinque o sei. In questo periodo ce n’è solo uno». E neanche a orario fisso. Insomma, se proprio proprio non riesci a non aspettare per confessarti, un padre lo si trova. Bontà loro.
Abbiamo già scritto dell’errore fatto da alcune diocesi, su invito della Penitenzeria apostolica, di ricorrere alle assoluzioni generali in occasione di questa pandemia. Una decisione che, non essendo sul Titanic alle prese con un iceberg, non è motivata da nessuna ragione che sia razionale. Sembra piuttosto una scusa per togliere anche alla Confessione la sua dignità sacramentale e farla rientrare nell’alveo dei servizi liturgici comuni: da mettere o togliere a piacimento.
Ma qui, nel cuore della penitenza, dove l’anima in ginocchio per decenni si è ritrovata abbracciata al padre grazie a un santo con le stimmate, fa davvero male scoprire che è stata tradita. E con essa anche il povero San Pio, che oggi non può neanche rivoltarsi nella tomba dato che è esposto appena sotto quei confessionali chiusi, alla venerazione dei fedeli.
La pandemia ha causato a San Giovanni Rotondo grandi problemi di afflusso di pellegrini. Da un anno ormai solo un terzo degli alberghi sono aperti. Chiudere i confessionali sembra così essere la pietra tombale su un luogo santo dove il Cielo e la terra si sono ricongiunti grazie all’azione di un povero cappuccino e una metafora della situazione socio ecclesiale di oggi: confessionali e alberghi vuoti, fanno il convento povero. Non siamo sul Titanic per la pandemia, ma per la mancanza di sguardo divino. In questo sì, la sospensione delle confessioni in uno dei santuari più visitati d’Italia, è la punta dell’iceberg di un gigantesco problema di fede.
Andrea Zambrano
https://lanuovabq.it/it/se-padre-pio-sapesse-dei-confessionali-chiusi-a-casa-sua
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