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martedì 1 dicembre 2020

Ed eccoci arrivati al «Ce lo chiede l’Europa»

Attacco alle Messe di Natale, ora arriva dall'Unione Europea

Le linee guida anti-Covid della Commissione Europea chiederanno agli Stati membri di proibire le Messe di Natale o comunque di celebrarle con un numero minimo di fedeli. Una ingerenza sempre più pesante, avallata finora anche dalla CEI, anche se qualche vescovo - vedi mons. Camisasca - avverte la minaccia alla libertà religiosa. Ma ora si guarda alla risposta da papa Francesco, finora in aperto sostegno dei governi che impongono i lockdown. E i cui interventi sono usati negli Stati Uniti da Jeffrey Sachs - da anni tra i principali consiglieri di Santa Marta - per sostenere la chiusura delle chiese.


Ed eccoci arrivati al  «Ce lo chiede l’Europa». Ora è infatti la Commissione Europea a raccomandare a tutti gli Stati membri della UE di non far celebrare le Messe di Natale. Non solo la discussa Messa di mezzanotte, ma proprio tutte le Messe di Natale. È quanto anticipato ieri in una bozza circolata a Bruxelles del documento che verrà ufficialmente presentato domani 2 dicembre e che rappresenta le linee guida per gestire Natale e Capodanno in modo da minimizzare i rischi di contagio del Covid.

“Stay Safe Strategy” (Strategia per stare sicuri) si chiama il documento e, secondo quanto diffuso ieri sera, c’è la raccomandazione agli Stati di valutare di «non permettere la celebrazione delle messe». E in ogni caso si chiede di «considerare di evitare cerimonie religiose con grossi assembramenti, sostituendole con iniziative online, in tv o alla radio». Nel caso i governi insistessero a consentire la celebrazione delle Messe con popolo, dovranno essere garantiti posti in cui le famiglie possano isolarsi, distanziate dalle altre persone, e comunque dovranno essere proibiti i canti.

Ormai diventa difficile negare che siamo di fronte a un attacco gratuito contro le Messe e contro ogni presenza cristiana visibile. In diversi paesi in queste settimane le Messe con i fedeli sono state sospese, e laddove sono celebrate – come in Italia – ci sono misure perfino esagerate per evitare contatti pericolosi. E a Natale vigerebbero le stesse misure, per cui l’allarme della UE è del tutto fuori luogo, tanto più che le chiese non sono mai state segnalate come luogo di focolai.

È l’ennesima prova che la vera questione in gioco nella disputa delle Messe non è la salute dei cittadini, ma la libertà religiosa; è l’evidenza dell’ingerenza dello Stato (che sia nazionale o europeo poco importa) nella vita della Chiesa. E di fronte alla tiepida o inesistente (dipende dai paesi) reazione dei vescovi lo Stato osa sempre di più. Con l’intervento della Commissione Europea l’asticella si alza ancora o, meglio, il guinzaglio si accorcia ancora per le Chiese. E anche se le linee guida in uscita non sono vincolanti, restano però una formidabile arma di pressione politica.

Cosa farà adesso il nostro presidente del Consiglio Giuseppe Conte che, tra l’altro, era stato tra i più insistenti a chiedere le linee guida della Commissione? E cosa diranno quei vescovi che hanno fin qui liquidato con sufficienza le polemiche sull’anticipo della Messa di Mezzanotte? L’ultimo è stato monsignor Giancarlo Bregantini, che a Repubblicadopo aver affermato che per la CEI non c’è assolutamente problema ad anticipare le Messe, ha detto che «il Natale sobrio e solidale che si preannuncia quest’anno è il vero Natale». E chissà perché “un Natale ognuno per sé” dovrebbe essere più solidale. Ad ogni modo ora la Commissione Europea si dà da fare per rendere ancora più sobrio il Natale dei cattolici. Saranno contenti alla CEI? Vedremo oggi che è prevista la riunione del Consiglio Permanente.

Intanto però anche in Italia c’è qualche pastore che comincia ad alzare la testa. Ieri sera il vescovo di Reggio Emilia, monsignor Massimo Camisasca, intervenendo a Quarta Repubblica (Rete4), è stato molto chiaro. Dopo aver ironizzato sul virus che è più contagioso a mezzanotte che non alle 20, ha detto: «Io come cittadino sono attentissimo a ciò che lo Stato mi chiede e voglio assolutamente salvaguardare la salute mia e quella dei miei fratelli. Però nello stesso tempo non voglio uno Stato che entri a regolamentare quello che la Chiesa deve decidere. Quindi ci deve essere su questo punto una forte attenzione sui significati simbolici, culturali e di fede di ciò che la Chiesa vive».

Dunque il tema della libertà religiosa, e in particolare della libertà della Chiesa, è stato finalmente posto da un vescovo italiano. Probabilmente altri vescovi pensano la stessa cosa, ma ora gli occhi sono puntati soprattutto su Santa Marta. Finora il Papa, infatti, è stato il principale sostenitore dell’obbedienza piena ai governi che impongono i lockdown. Lui stesso ha già annullato la tradizionale cerimonia dell’8 dicembre in Piazza di Spagna e, sebbene non sia stato ancora reso pubblico il programma delle celebrazioni natalizie, si dà per scontato che ci sarà una presenza minima di fedeli. Del resto anche nelle anticipazioni dell’ultimo libro in uscita (“Ritorniamo a sognare”) bacchetta severamente quanti hanno protestato contro le misure di lockdown.

Ora le linee guida della Commissione Europea potrebbero generare qualche imbarazzo, vista la richiesta così esigente di rinunciare totalmente alle Messe con fedeli. O forse no: negli Stati Uniti infatti, l’approccio di papa Francesco al tema Covid e lockdown – messo in grande evidenza dal New York Times, che ha pubblicato come editoriale la parte del libro che affronta il tema – è servito proprio per sostenere la decisione dello Stato di New York di chiudere le chiese e gli altri luoghi di culto. Guarda caso è stato Jeffrey Sachs, l’economista ONU campione dello sviluppo sostenibile, che da anni è diventato un vero e proprio guru in Vaticano, a scrivere le cose più velenose contro i giudici della Corte Suprema che hanno bocciato il provvedimento di New York in nome della libertà religiosa.

Sachs, in un lungo articolo scritto per la CNN, se l’è presa soprattutto con il nuovo giudice voluto da Trump, Amy Coney Barrett, che ha cambiato gli equilibri della Corte Suprema, e pretende che sia la scienza (ma quale?) a determinare le decisioni. Se la scienza dice che chiudere le chiese serve a salvare delle vite, non c’è libertà religiosa che tenga, dice Sachs. Peccato che l’equazione chiudere le chiese=salvare vite sia tutta da dimostrare. Ma è interessante notare come Sachs citi a suo favore papa Francesco che ha accettato la quarantena «puntando sulle messe online».

E nel brano ripubblicato dal New York Times, dice ancora Sachs, il Papa «chiarisce che il bene comune ha la precedenza sui semplicistici appelli alla “libertà personale” nelle proteste contro le giustificate misure di salute pubblica». Per la parte che ci interessa, la visione di Sachs è che, una volta che la scienza ha chiarito cos’è il bene comune, i leader religiosi, devono unirsi ai politici e agli scienziati nel promuoverlo. Religioni ancelle del potere, insomma. E possiamo stare sicuri che Sachs sta in Vaticano esattamente con lo stesso scopo; così si spiegano ad esempio l’enciclica Laudato Si’ e il convegno sull’Economia di Francesco (entrambe con la consulenza decisiva di Sachs), che vanno proprio in questa direzione.

Usare gli argomenti di papa Francesco per giustificare la chiusura delle chiese: ci sarebbe bisogno di una risposta chiara da parte vaticana. Forse le linee guida della Commissione Europea saranno l’occasione giusta per far uscire la Santa Sede dall’ambiguità.

Riccardo Cascioli

https://lanuovabq.it/it/attacco-alle-messe-di-natale-ora-arriva-dallunione-europea

Per Natale poche palle - Il Controcanto - Rassegna stampa del 30 Novembre 2020

Non solo Conte e Speranza, anche Von Der Leyen è preoccupata per il Natale che può dare il via alla temuta "terza ondata". Su Repubblica consigli decisivi per limitare i danni. Per Rampini in America non ci sono stati brogli e Trump vaneggia. Sul Fatto invece parla un certo Caffo, "filosofo pessimista" (come i suoi lettori). Anche i "travagliati", con soli 10 anni di ritardo, si accorgono adesso che l'austerità fa male all'economia. Ben arrivati

Vox Italia Tv

https://www.youtube.com/watch?v=hRPKovcL--s

"A Natale solo messe online". Così l'Europa vuole umiliare Papa Francesco


Se Francesco Boccia voleva fare nascere Gesù bambino prematuro, vietando la Messa alla mezzanotte del Natale, Ursula von der Leyen vorrebbe non farlo nascere del tutto. Secondo la clamorosa bozza circolata ieri sera del documento «Remain safe strategy», l’Unione europea ha intenzione di chiedere ai governi membri di non fare celebrare in presenza i fedeli alle liturgie delle feste natalizie. L’indicazione rivolta anche al governo italiano è quella di «non permettere la celebrazione delle messe», chiedendo di trasmettere solo on line o in radio e tv ogni liturgia. Un documento che non ha ancora i crismi della ufficialità, ma che punta a sottrarre a Papa Francesco e alle chiese cristiane i fedeli nei giorni del Natale. Non è la sola indicazione contenuta nelle linee guida della commissione guidata dalla von der Leyen a entrare a piedi uniti nell’intimo dei cittadini del vecchio Continente, perché si chiede anche di stabilire regole sulle frequentazioni familiari sia nel giorno di Natale che in quello di Capodanno, stabilendo un numero massimo di commensali presenti a pranzo o cena e arrivando a chiedere perfino che gli invitati a tavola siano gli stessi sia per il cenone natalizio che per festeggiare l’arrivo del nuovo anno.

Questa invasione nella vita della Chiesa, delle famiglie e delle singole persone è ancora più sorprendente se paragonata alla timidezza della commissione europea nel regolare la vita economica degli stessi paesi membri, compito che invece è chiamata legittimamente a fare. Non un rigo ad esempio sulla richiesta arrivata dal governo italiano di uniformare le scelte per le vacanze sulla neve, in modo da non creare una impropria concorrenza fra Paesi durante l’emergenza sanitaria. Lì si aveva paura dell'Austria che di chiudere le sue montagne e le sue piste da sci non aveva alcuna intenzione, a meno di ricevere dalla stessa Unione europea non un ristoro (quella è la mancia ridicola inventata da Giuseppe Conte in Italia), ma un indennizzo al 100% del Pil che verrebbe meno con la chiusura delle feste sulla neve. L’Europa è dunque timida, timidissima, di fronte alle esigenze di portafoglio, ma incurante di quelle dello spirito. È il suo peccato originario, ben narrato dalla ostinazione nel negare le proprie radici quando si discusse di Costituzione europea. Ed ha un po’ l’atteggiamento dei vigliacchi, che fanno la voce grossa con i deboli e si ammutoliscono di fronte ai forti (non una parola, non un’indicazione generica c’è stata in tutti questi mesi ad esempio su altre celebrazioni e adunanze religiose). Credo che in questo caso sbaglino i loro calcoli, perché è impensabile che la voce della Chiesa si ammutolisca di fronte a questa prepotenza, e sono sicuro che quella infelice e grottesca indicazione ai governi sparirà nelle prossime ore dal documento finale e ufficiale. Ma il solo fatto che sia apparsa in una bozza è grave.

Sono passi di questo tipo che offrono benzina inutile ai falò dei complottisti, a chi sostiene che questa sostanziale dittatura sanitaria che stiamo vivendo abbia non la ragione, ma il solo pretesto nella diffusione del virus. Non credo che queste proteste siano del tutto infondate: in Italia come in Europa è scarsissima la trasparenza sulle scelte adottate in questi mesi, quasi mai motivate come fossero un ghiribizzo del potere in carica verso cui i cittadini sono sempre più sofferenti.

Lo avevo scritto a proposito della querelle sulla Messa di mezzanotte del Natale: quale è mai il motivo sanitario della sua anticipazione? Si pensa che alle 20 o alle 21 parteciperebbero meno fedeli che ad ora tarda? Su che basi? E che evidenza c’è stata fin qui sui contagi durante le funzioni religiose per dovere stringere la libertà di fede? Dai dati che consulto ogni settimana nessuna, al contrario di quelli sui contagi a scuola che per lungo tempo invece l’esecutivo aveva testardamente negato. Quando il governo italiano è in difficoltà a motivare quello che non sembra spiegabile, solitamente scarica la responsabilità sugli «scienziati» che avrebbero suggerito loro quelle regole. Posso dirlo, non avendo mancato la lettura di un solo verbale del comitato tecnico scientifico (Cts) nonostante la grave tardività delle pubblicazioni: è una bugia. Quasi mai il Cts ha proposto le regole dure inserite nei vari dpcm di Conte o nei decreti di Roberto Speranza: sono stati sottoposti loro dei testi su cui spesso la valutazione è stata: «questo forse non sarebbe necessario, ma se voi per prudenza così volete fare, non ci opporremo». Altre volte invece - come è accaduto sulla scuola e sui trasporti - le regole sulle riaperture non erano affatto condivise dagli scienziati, ma il governo ha fatto come voleva. Credo che anche sul Natale stia avvenendo così. Ma i verbali di questi giorni non volendo essere affatto trasparenti li leggeremo se va bene a febbraio, quando parleremo di altro. Un dubbio però mi è venuto scorrendo i testi degli ultimi documenti svelati, quelli compresi fra il 7 e il 14 ottobre scorso. Non si parlava ancora di Natale, ma del nuovo dpcm di chiusura di Conte. Lì si raccomandava di evitare feste e di «ricevere persone non conviventi di numero superiore a 6 nelle abitazioni private». Secondo il governo era una richiesta dei soliti scienziati. Invece questo è il loro verbale: «Il Cts, condividendo il principio ispiratore improntato alla massima precauzione connesso alla limitazione degli assembramenti nei luoghi chiusi, PUR IN ASSOLUTA ASSENZA DI EVIDENZE SCIENTIFICHE, prende atto del numero indicato dallo schema del Dpcm». Stessa identica formula a proposito della scelta del dpcm di limitare a un massimo di 30 persone la partecipazione ai ricevimenti connessi alle cerimonie civili e religiose: nessuna evidenza scientifica in quel numero massimo. Quindi prepotenze. Piccole e grandi, ma di cui si deve chiedere conto.

Franco Bechis 01 dicembre 2020a


Immacolata, il Covid interrompe la tradizione: il Papa non andrà in Piazza di Spagna
A causa della pandemia, il Santo Padre compirà un atto di devozione privato senza recarsi presso la Colonna di Piazza Mignanelli

da Damiano Mattana 
Non si terrà la consueta cerimonia in onore dell’Immacolata in Piazza Mignanelli, a Roma. Papa Francesco, per la prima volta, non andrà al monumento dedicato alla Madonna per deporre la corona di fiori e pregare ai suoi piedi A riferirlo, un comunicato della Sala Stampa Vaticana: “Il prossimo 8 dicembre Papa Francesco compirà un atto di devozione privato, affidando alla Madonna la città di Roma, i suoi abitanti e i tanti malati in ogni parte del mondo”. Una scelta, quella di non recarsi in Piazza di Spagna, dovuta alla pandemia da coronavirus in corso, così “da evitare ogni rischio di contagio provocato da assembramenti”. L’ennesimo appuntamento cancellato da un virus che continua a divorare scampoli di quotidianità.
 
La tradizione dell’Immacolata
Una storia lunga quella della colonna dell’Immacolata, eretta l’8 settembre 1857 da 220 vigili del fuoco. Gli stessi che, ogni anno, pongono la corona floreale sul braccio teso della Vergine. Non a caso la posizione della colonna è stata decisa dinnanzi all’ambasciata di Spagna. Il Paese, infatti, fu decisivo nella definizione del dogma dedicato all’Immacolata Concezione e risalente al 1854. Quasi dodici metri, basamento di marmo e colonna di marmo cipollino, sormontata da una statua bronzea della Vergine. Un monumento fra i più noti del centro di Roma, di fondamentale importanza per la cristianità. A innalzarlo Ferdinando II delle Due Sicilie, con immediata consacrazione al dogma.

La tradizione dei fiori risale a quasi un secolo dopo, sotto il pontificato di Pio XII, che fece depositare un mazzo ai piedi della colonna ogni 8 dicembre. Dal Pontificato successivo, quello di Giovanni XXIII, iniziò la tradizione della consegna a Maria delle rose bianche, con preghiera nella Basilica di Santa Maria Maggiore.

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