ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 14 dicembre 2020

In quest’ora di agonia dell’ambiente ecclesiale

Deporre il Papa? Don Curzio Nitoglia. Perché Si È Giunti A Tanto.


Cari Stilumcuriali, un lettore del nostro blog ci ha invitato a leggere e a rilanciare un articolo dal titolo certamente provocatorio, tratto dal libro di don Curzio Nitoglia, “Deporre il papa?”. Ci è sembrato interessante proporvelo, anche in relazione alle polemiche seguite alla presentazione del libro di don Alessandro Minutella. Buona lettura. 


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Alcuni autori, di fronte al “caso Bergoglio”, soprattutto a partire dall’Esortazione apostolica Amoris laetitia (19 marzo 2016), hanno raccolto delle firme, lanciato delle petizioni per far deporre papa Francesco e far nominare un altro Papa.

Costoro si son posti il problema se si potesse deporre il Papa caduto oggettivamente nell’eresia materiale. La maggior parte ha risposto negativamente, appellandosi all’assioma Prima Sedes a nemine judicetur. Solo pochi autori hanno proposto, con una certa insistenza, l’opzione di deporre papa Bergoglio per nominarne un altro al suo posto, ma con poco successo e séguito.

Le Edizioni Radio Spada hanno pubblicato il libro Deporre il Papa? di don Curzio Nitoglia, riguardo questo problema pungente1.

Questo libro può aiutare il lettore a formarsi un’idea su ciò che i migliori teologi cattolici dicono riguardo all’ipotesi del Papa eretico ed eventualmente da deporsi. Infatti, queste pagine raccolgono quello che i teologi, i Padri ecclesiastici e i Dottori scolastici (sino a padre Reginaldo Garrigou-Lagrange) hanno scritto a riguardo dell’eventuale ipotetica eresia materiale di un Papa e della sua possibile deposizione da parte dell’Episcopato o del Collegio cardinalizio.

Il libro può tornare utile affinché il lettore possa studiare – con una certa facilità e senza dover far ricerche complicate e difficili – la dottrina esposta dai teologi, ma senza nessuna pretesa o volontà di “definire” né di “obbligare a credere”. 

La Prima Sede non sia giudicata da nessuno

Il Papa non può essere giudicato da nessuna autorità umana o ecclesiastica (Imperatore, Episcopato, Collegio cardinalizio) con un giudizio di valore canonico/giuridico, come se egli fosse un suddito di essa, poiché l’unico superiore del Papa è Gesù Cristo, di cui il Papa è Vicario immediato e prossimo e, quindi, il Romano Pontefice non ha nessun uomo (laico o anche ecclesiastico) al sopra di sé al di fuori di Gesù, che se è vero uomo è anche vero Dio.

Infatti, se l’ipotesi di un’eventuale mancanza di Fede separerebbe un Papa caduto nell’errore contro la Fede dal corpo della Chiesa e la mancanza della grazia santificante lo separerebbe dall’anima di essa; la Giurisdizione, invece, non ne verrebbe scalfita poiché essa riguarda il governo della Chiesa, che è una Società visibile e non può essere privata dell’autorità che la governa per la mancanza di grazia o di fede, che sono abiti soprannaturali, spirituali e invisibili, mentre il governo o la Giurisdizione di una Società visibile debbono essere visibili. Quindi il Papa ipoteticamente eretico non sarebbe membro vivo della Chiesa per mancanza di grazia, non farebbe parte del corpo della Chiesa per un suo ipotetico errore contro la Fede, ma ne sarebbe pur sempre capo visibile quanto al governo o alla Giurisdizione. (cfr. Domingo Bañez, In IIam-IIae, q. 1, a. 10, Venezia, 1587, col. 196; Ch.-R. Billuart, Cursus theologiae, III pars, Venezia, 1787, pp. 66; II-II pars, Brescia, 1838, pp. 33-34, 123 e 125; R. Garrigou-Lagrange, De Christo Salvatore, Torino, Marietti, 1946, p. 232).

L’Autorità di un Papa in atto è essenziale alla Chiesa

L’Autorità è l’essenza di ogni Società temporale e spirituale e, quindi, anche della Chiesa, che è una Società perfetta d’ordine spirituale, onde il Papa in atto (e non un Papa virtuale) non è accidentale, ma essenziale e necessario alla sussistenza di essa. Senza un Papa che regni in atto il Corpo mistico sarebbe simile a un corpo senza forma o anima, ossia morto. Essendo l’Autorità il principio di unità e di essere della Società, questa non sarebbe più una né esisterebbe senza Autorità. Quindi, il Papa non è accidentale, ma essenziale per la sussistenza della Chiesa (cfr. San Tommaso d’Aquino, C. Gent., IV, c. 76). Senza un Papa che regni in atto non sussisterebbe il Corpo Mistico. Il Papato virtuale, la Chiesa virtuale non sono compatibili con la divina Istituzione della Chiesa fondata da Cristo sulla persona fisica e realmente attuale di Pietro (e così per i suoi successori: i Papi, sino alla fine del mondo). 

È lecito informare il Pontefice dei suoi eventuali errori

Tuttavia è lecito portare un giudizio logico (soggetto, complemento oggetto e predicato) sugli atti del Papa; per esempio: «Pio XII (soggetto) ha definito (predicato verbale) l’Assunzione di Maria in Cielo (complemento oggetto)»; inoltre è parimenti lecito portare un giudizio logico su atti pastorali o esortativi, ma non dogmaticamente definitori e obbliganti, ad esempio: «papa Francesco (soggetto) ha insegnato esortativamente (predicato verbale) che anche i peccatori pubblici, i quali vogliono persistere nello stato di peccato grave, possono ricevere i Sacramenti dei vivi (complemento oggetto)»; oppure: «Giovanni Paolo II, seguendo la pastorale del Concilio Vaticano II, ha insegnato che l’Antica Alleanza non è mai stata revocata». Questi, infatti, sono solo giudizi puramenti logici, analoghi a “il cielo (soggetto) è (predicato verbale) blu (complemento oggetto)”, insomma sono una constatazione di un fatto e “contro il fatto non vale l’argomento” e non sono una sentenza giuridico/giudiziale e penale con valore canonico.

Il Concilio Vaticano I (DB, 1831) ha definito solennemente la dottrina del Primato del Papa, che ha sul gregge di Cristo un’autorità giurisdizionale o di governo, piena, suprema, universale, immediata e ordinaria sia per quanto concerne la Fede e i Costumi sia per quanto riguarda la disciplina2.

L’Episcopato non solo non è superiore al Papa, ma nemmeno è eguale a lui. Gli errori del Conciliarismo e del Gallicanesimo, che insegnano la superiorità del Concilio sul Papa e che la giurisdizione dei Vescovi deriva direttamente da Dio e non tramite il Papa, sono stati condannati dalla Chiesa (cfr. DB, 1322 e 1589) ed hanno ricevuto il colpo di grazia col Vaticano I. La Chiesa è stata fondata su Pietro come roccia primaria e fondamentale e il Papa quale successore di Pietro le è essenziale; l’Episcopato pure è di istituzione divina, ma subordinatamente al Papato. Ogni potere discende da Dio direttamente sul Papa e da questi sui Vescovi3. 

Conclusione

Il professor Cyrille Dounot nel suo libro La déposition du Pape hérétique (Parigi, Mare & Martin, 2019), al capitolo 7°, Paul VI hérétique? La deposition du Pape dans le discours traditionaliste (p.164), conclude così: “Dopo aver letto gli scritti degli Autori favorevoli alla deposizione del Papa ritenuto eretico, si constata uno scacco finale. Qualsiasi sia la via intrapresa per arrivare alla soluzione del problema, nessuna di esse è praticamente realizzabile. L’unica via percorribile sembra quella della visione soprannaturale, in cui le anime dei fedeli aspettano l’intervento dell’Onnipotenza divina. La teoria della deposizione di papa Paolo VI durante il suo Pontificato (la chiusura del Concilio Vaticano II nel 1965 e la promulgazione della Nuova Messa nel 1969), ha mostrato i suoi limiti e la sua incapacità pratica di giungere a una soluzione. Essa resta un’ipotesi molto difficile da mettere in pratica. […]. Si capisce che umanamente la situazione è inestricabile. Bisogna attendere che la divina Provvidenza, in un modo o in un altro, indichi la strada che permetta di uscire dall’impasse”. 

Perché si è giunti a tanto?

Secondo un teologo degli anni Cinquanta, don Pacifico Massi, una sorta d’istinto di conservazione sarebbe all’origine della preoccupazione di salvaguardare la Chiesa da possibili deviazioni di un Pontefice romano: “Le dottrine contrarie al Primato pontificio sono state originate dall’istinto di conservazione, operante anche nel corpo della Chiesa come in ogni ente vivente, contro l’eventualità di un Papa indegno, che conducesse la Chiesa alla rovina. Anche Juan de Torquemada sentì questo istinto, ma seppe conservare un sano equilibrio che non gli consentì di recedere dai retti princìpi, e neppure gli permise di tacere di fronte ad eventuali errori passati o ipoteticamente futuri dei Papi in un’acquiescenza passiva e colpevole”4. 

False soluzioni

Oggi si ripropongono alcune soluzioni di fronte alla situazione disastrosa in cui versa l’ambiente ecclesiale specialmente durante il Pontificato di Francesco.

Infatti mentre bisognerebbe a) conservare un sano equilibrio, senza rinnegare i princìpi della Fede ed inoltre b) non tacere davanti ad eventuali errori contro la Fede e i Costumi dei superiori – purtroppo ai nostri giorni – 1°) c’è chi ripropone la teoria conciliarista e vorrebbe far deporre il Papa, in quanto eretico, dall’Episcopato; 2°) chi asserisce che bisogna accettare i Decreti del Concilio Vaticano II obbligatoriamente anche se sono solamente pastorali, come pure l’insegnamento puramente “esortativo” di Francesco (cfr. Esortazione Amoris laetitia, 19 marzo 2016); 3°) infine c’è anche chi afferma la vera Dottrina cattolica, evitando i due errori per eccesso (Servilismo) e per difetto (Conciliarismo/ fine Apostolicità) come i due burroni, che stanno a destra e a sinistra della vetta di una montagna sulla quale si trova la vera soluzione “in medio et in culmine altitudinis et non mediocritatis / nel giusto mezzo di altezza e non di mediocrità” (R. Garrigou-Lagrange, De Revelatione, Roma, Ferrari, 1918). 

La sopportazione, quindi, non è l’unico rimedio. Infatti San Tommaso d’Aquino insegna che il cattivo prelato può essere corretto – privatamente e dottoralmente, ma non autoritativamente e giurisdizionalmente – dall’inferiore che ricorre al superiore denunciandolo, e se non ha un superiore umano (come nel caso del Papa), ricorra a Dio affinché lo corregga o lo tolga dalla faccia della terra” (IV Sent., dist. 19, q. 2, a. 2, qcl. 3, ad 2).

Certamente è necessario evitare l’errore (per eccesso di “obbedienza” indiscreta) che porta all’appiattimento o al Servilismo dei fedeli, dei Vescovi e dei Cardinali nei confronti di un Papa, che oltrepassa i suoi poteri, i quali sono limitati dal Diritto e dalla Rivelazione divini. Il Profeta li chiama “cani muti incapaci di abbaiare” (Is., LVI, 10). In questo caso è lecito e doveroso ammonire il Papa dell’errore o dell’abuso di potere che sta compiendo e abbaiare quali Domini canes (come fece San Paolo con San Pietro ad Antiochia, Gal., II, 11-14; At., XV, 13-215) e guardare in faccia la triste realtà senza nascondere la testa nella sabbia come fa lo struzzo o giudicare autoritativamente e giurisdizionalmente il Papa, il che equivarrebbe a negare praticamente il Primato di Giurisdizione del Papa e sarebbe pertanto almeno materialmente eretico. 

Come scriveva il Gaetano (Apologia de comparata auctoritate Papae et Concilii, Roma, Angelicum ed. Pollet, 1936, p. 112 ss.), citando il De regimine principum dell’Angelico (lib. I, cap. V-VI), il rimedio ad un male così grande come “un Papa scellerato” è la preghiera e il ricorso all’onnipotente assistenza divina su Pietro, che Gesù ha promesso solennemente. Infatti, il Dottore Comune insegna che normalmente i più propensi a rivoltarsi contro il tiranno temporale sono i “discoli”, mentre le persone giudiziose riescono a pazientare finché è possibile e solo come extrema ratio ricorrono alla “rivolta” contro il tiranno temporale. Quindi, il Cajetanus, conclude che se occorre aver molta pazienza con il tiranno temporale e solo eccezionalmente si può ricorrere alla rivolta armata e al tirannicidio, nel caso del Papa indegno o “criminale spirituale” (V. Mondello, La Dottrina del Gaetano sul Romano Pontefice, Messina, Arti Grafiche di Sicilia, 1965, p. 65) non solo non è mai lecito il “papicidio” e la rivolta armata, ma neppure la sua deposizione da parte del Concilio, che è inferiore al Pontefice Romano e quindi non lo può inquisire giuridicamente e deporre. Quindi si deve invitare a pregare per il “Pontefice scellerato” affinché Dio gli apra gli occhi o glieli “chiuda”. Per cui è lecito recitare l’Oremus “pro Pontifice nostro Francisco…”, come nominarlo al Canone della Messa affinché Dio provveda alla sua persona nel modo che Egli ritiene migliore (non siamo noi a dover suggerire a Dio quale esso sia), senza invalidare la Messa o cadere nel peccato di “Eresia e Scisma capitale”. 

Per quanto riguarda il dovere di non obbedire a ordini illeciti, anche se fossero dati dal Papa, sempre Valerio Gigliotti nel libro diretto da Cyrille Dounot, La déposition du Pape hérétique, (Parigi, Mare & Martin, 2019) al 2° capitolo, La chute du Pape: entre renonciation et déposition, scrive (p. 63) che il Cardinal Hostiensis Enrico da Susa6 nella Summa Aurea (lib. III, cap. 8, par. 4), nel XIII secolo, seguendo San Tommaso d’Aquino, “ammette la possibilità di riprendere pubblicamente il Papa, a certe condizioni ben definite, pur riaffermando con forza il principio inderogabile Prima Sedes a nemine judicatur”. Si tratta, in breve, di una correzione o ammonizione fraterna, professorale, dottrinale (come quella di San Paolo verso San Pietro ad Antiochia), ma non di un giudizio penale, giurisdizionale e giuridico portato sul Papa che non ha superiori umani, per cui, conclude il Gigliotti: “Si può solo pregare Dio per il Papa che errasse nella fede e chieder alla Chiesa celeste o trionfante di intercedere per lui, poiché né l’Imperatore, né il Clero (Episcopato/Cardinalato e Sacerdozio), né i fedeli hanno il potere superiore al Papa in modo di poterlo giudicare canonicamente. Quindi l’anima del Papa si trova solo nelle sue stesse mani e, se dovesse ostinarsi nell’errore senza poter essere giudicato canonicamente e deposto da nessuna autorità umana, e se morisse in questo stato cadrebbe sotto il severo giudizio di Dio, che solamente può giudicare penalmente il Papa essendo a lui superiore” (V. Gigliotti, cit., p. 64). 

Comunque lo stato in cui si trova la Gerarchia cattolica oggi non lascia ben sperare. Il male prodotto dal Vaticano II è talmente profondo, universale e infermamente preternaturale che solo Dio con la sua Onnipotenza può mettervi rimedio: “Abissus abissum invocat”.

In quest’ora di agonia dell’ambiente ecclesiale – prodotta dall’azione diabolica, che si è servita della giudeo/massoneria quale suo strumento principale, come quando Gesù nel Getsemani, il Giovedì Santo, disse ai Giudei che erano venuti a prenderlo: “Questa è l’ora vostra [del Giudaismo rabbinico/talmudico, ndr] e del potere delle tenebre [le forze infernali, ndr]” (Lc., XXII, 53) – cui seguirà immancabilmente la sua Risurrezione gloriosa e trionfante (come avvenne dopo la Passione e Morte di Gesù, di cui la Chiesa è la continuazione nella storia)7 occorre 1°) mantenere la Dottrina sempre insegnata dalla Chiesa e 2°) evitare gli errori a) per difetto (Conciliarismo/fine dell’Apostolicità della Chiesa di Cristo), che diminuiscono l’autorità del Primato papale; b) per eccesso (Servilismo), che ritengono il Papa sempre infallibile anche quando rinuncia all’assistenza infallibile dello Spirito Santo, non definendo dogmaticamente e non obbligando a credere per la salvezza dell’anima (come è avvenuto nel pastorale Concilio Vaticano II); infine 3°) oggi bisogna soprattutto continuare a fare ciò che la Chiesa ha sempre fatto (S. Vincenzo da Lerino, Commonitorium, III, 15) evitando di sbandare “a destra” o “a sinistra.

Pietro Palinuri

Marco Tosatti

14 Dicembre 2020 Pubblicato da  31 Commenti

https://www.marcotosatti.com/2020/12/14/deporre-il-papa-don-curzio-nitoglia-perche-si-e-giunti-a-tanto/

Don Minutella: "Bergoglio è il peggior nemico del cattolicesimo romano"



Don Minutella analizza in profondità la crisi della Chiesa definendo Bergoglio un "falso Papa" nominato al termine di una procedura non valida. "Mai come oggi abbiamo bisogno di figure forti e carismatiche in grado di difendere la vera fede e la vera dottrina anche a costo di pagarne un prezzo"


Apostasia verde. Ovvero come distruggere la fede e la Chiesa servendosi dell’ideologia ecologista

Quando, il 4 ottobre dell’anno scorso, nei giardini vaticani, i leader indigeni dell’Amazzonia offrirono preghiere per la Terra, in una strana cerimonia alla presenza del papa, il Vaticano spiegò che si trattava di una consacrazione a san Francesco del sinodo panamazzonico, che si sarebbe tenuto dal 6 al 27 ottobre. Numerosi cattolici, in tutto il mondo, restarono tuttavia turbati, perché la cerimonia sembrò caratterizzata da paganesimo e panteismo. Su una specie di tovaglia stesa sul prato c’era infatti la famigerata pachamama, all’epoca al suo esordio sulla scena, e c’erano altri idoli sui quali preferiamo sorvolare. E quando poi la medesima pachamama fu introdotta nella basilica di San Pietro e davanti a essa si pregò alla presenza del papa, turbamento e sconcerto furono ancora più diffusi e profondi. Mai era successo che un idolo pagano fosse portato sulla tomba di Pietro e di fatto venerato. Un atto che non pochi cattolici avvertirono come sacrilego, tanto da chiedere una riparazione, che però non c’è mai stata.

Certamente non tutti i cattolici nel mondo hanno letto l’enciclica Laudato sì’ né l’esortazione post-sinodale Querida Amazonia, ma le immagini relative a quei due fatti appena riportati le hanno viste in tanti, e in tanti hanno provato fastidio, tristezza, sbalordimento.

Ecco un caso in cui il sensus fidei, presente in tutti i battezzati in virtù dell’azione dello Spirito Santo, si è manifestato in modo chiaro. Ogni battezzato, pur senza avere una laurea in teologia o comunque una preparazione specifica, possiede infatti un istinto per la Verità che gli permette di distinguere la vera dottrina e l’autentica prassi cristiana, mettendolo in guardia da deviazioni e profanazioni.

Dunque non c’è da stupirsi se la “svolta verde” di papa Bergoglio, segnata appunto dalla Laudato sì’ e dal sinodo panamazzonico, ha ricevuto gli applausi del mondo, degli intellettuali mainstream, dei chierici à la page, della nomenklatura politico-culturale progressista, arciconvinta della propria superiorità rispetto a tutto e a tutti, ma ha lasciato quasi totalmente indifferente quel popolo cattolico al quale il papa tanto spesso si riferisce ma che, forse, egli non conosce poi tanto bene, dal momento che il popolo mostra di preferire la fede di sempre alle sollecitazioni di sapore ideologico.

Santa indifferenza, verrebbe da dire. Perché, se la “svolta verde” fosse stata presa sul serio, ora quel poco o quel tanto di fede cristiana che ancora è in circolazione avrebbe subito un colpo mortale.

Per rendersene conto consiglio la lettura di Apostasia verde (114 pagine, 10 euro), il saggio nel quale Matteo D’Amico, a partire proprio dalla Laudato sì’ e dal sinodo sull’Amazzonia, prende in esame l’ecologismo di papa Francesco arrivando alla conclusione che con esso si configurano di fatto un nuovo cristianesimo e un nuovo vangelo, ma nuovi per modo di dire, perché in realtà sono quelli dei tecnocrati (e dei massoni) che ben conosciamo: “Una religione sincretista, panteista, totalmente rinchiusa nell’immanenza del tempo storico, perfetto pendant ideologico del governo mondiale del quale la Chiesa si fa corifea e gioiosa annunciatrice, completamente svuotata di ogni sia pur vago riferimento a un fine soteriologico”.

D’Amico non usa giri di parole quando ricorda che il Nuovo Ordine Mondiale, per diffondersi e imporsi, ha bisogno della Chiesa. Ma non di quella tradizionale, non della Sposa di Cristo. Ha bisogno di una chiesa sfigurata, irriconoscibile, che sa solo farsi eco dell’opprimente narrativa imposta dai poteri da sempre anticristiani. E la Laudato sì’ e la Querida Amazonia sono i “libretti verdi” di questa Chiesa che non ha più bisogno dell’Incarnazione, che non predica la conversione delle anime a nostro Signore, non parla più di redenzione e di giudizio di Dio. Perché tutto ciò che conta è il qui e ora, l’unica conversione richiesta è quella all’imperante ideologia ecologista e l’unica redenzione, tutta umana, si ha quando si seguono i nuovi comandamenti del “rispetto ambientale”, compreso quello, neomalthusiano, che predica la riduzione drastica del numero di umani sul pianeta.

Si diceva prima che il buon fedele cattolico, magari confuso ma ancora non completamente deviato, avverte a pelle una non equivocabile puzza di bruciato quando gli vengono proposte certe immagini e sollecitate certe conversioni. Addentrarsi in questa nuova religione organica al Nuovo Ordine Mondiale è però necessario, perché l’operazione va smascherata.

Quello che D’Amico definisce “il piagnisteo ecologista del papa” non si preoccupa di prendere le distanze dalle presunte evidenze scientifiche circa i cambiamenti climatici. Semplicemente, le fa proprie, e da lì parte per delineare una teologia all’insegna del primato della natura sull’homo faber e sulla civiltà. Il panteismo segue a ruota, così come l’apertura di credito al governo mondiale unificato.

E se la Laudato sì’ prepara il terreno, nella Querida Amazonia il seme ecologista viene sparso a piene mani. Così ecco la terra come “luogo teologico”, come se un determinato territorio potesse diventare fonte di ispirazione della dottrina. Ed ecco la colpevolizzazione del cattivo Occidente e l’esaltazione dei buoni selvaggi, con affermazioni di sapore primitivista che forse potevano essere prese sul serio dagli hippies anni Sessanta ma che oggi suonano ridicole prima che inquietanti.

Ovviamente su queste basi la Chiesa non è più chiamata a insegnare alcunché ma solo a dialogare, non deve più esser maestra ma, al contrario, discepola, perché occorre che impari i nuovi elementi della rivelazione che Dio fornisce mediante certi territori (le “periferie”) e certe categorie umane (gli “scartati”).

Tra le varie manipolazioni operate dalla teologia verde va segnalata quella relativa al termine inculturazione: un vero e proprio ribaltamento, per cui la Chiesa non è più chiamata a predicare il Vangelo utilizzando strumenti idonei alla cultura alla quale si rivolge, ma deve assumere i contenuti di quella cultura. Il tutto espresso nel modo ambiguo tipico di Bergoglio, a base di “superare posizioni rigide”, “aprire processi”, essere “Chiesa in uscita”.

Difficile non aderire all’analisi del professor D’Amico quando dice che l’instrumentum laboris del sinodo amazzonico appare segnato da “una vera furia distruttrice dove a stento è celato l’odio per la Chiesa”. Lo si vede bene, per esempio, nei punti in cui il documento chiede di rendere i sacramenti accessibili a tutti superando “la rigidità di una disciplina che esclude e aliena”, così come quando suggerisce di ripensare la figura del sacerdote, per quanto concerne sia il celibato sia il ruolo della donna.

Non a caso, nel documento preparatorio del sinodo i riferimenti dottrinali e scritturali sono minimi, mentre ci si trova di fronte a un profluvio di rimandi ai testi di Bergoglio, “del quale si utilizza senza pudore il gergo, ripetendo pappagallescamente le sue tipiche espressioni”.

In conclusione – scrive D’Amico – non si può non osservare che tutto il documento Querida Amazonia, così come gli altri che lo hanno preceduto durante il sinodo per l’Amazzonia, manifesta un impressionante abbandono di ogni sentire autenticamente cattolico”. Il naturalismo dilaga senza freni, aggravato da un’adesione acritica ai dogmi dell’ideologia ecologista. Alla luce di tutto ciò, “la presente catastrofe dottrinale, morale e liturgica, umanamente parlando, non può che apparire come irreparabile”. Ma, grazie al cielo, la Chiesa, corpo mistico di Cristo, è nelle mani di Dio, “che stabilirà il momento in cui il suo volto deturpato tornerà a splendere in tutta la sua soprannaturale bellezza”.

Intanto, aggiungiamo noi, il fatto che il sensus fidei dei buoni cattolici, a dispetto degli sforzi dei chierici allineati, abbia già lasciato cadere nel dimenticatoio gran parte dei testi della “svolta verde” ci dà speranza, a conferma che lo Spirito Santo non ci abbandona.

https://www.radioromalibera.org/apostasia-verde-ovvero-come-distruggere-la-fede-e-la-chiesa-servendosi-dellideologia-ecologista/


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