IL CASO TRUMP
«Liberi, finché lo dico io». La "socialcrazia" è un problema
Se un soggetto privato, di natura aziendale e commerciale, privo di legittimazione democratica e investitura popolare, interviene a gamba tesa nel godimento di diritti garantiti dagli ordinamenti giuridici nazionali e internazionali, significa che bisogna interrogarsi seriamente sulla natura della Rete e sulle regole necessarie per impedire altre prove di forza da parte dei giganti del web. Il caso Trump, bloccato da Facebook e Twitter, apre a un dibattito sul ruolo dei social. Censori o pubblicitari? Guardiani o editori? Anche un'autority sarebbe un rischio, però il fenomeno va affrontato con equilibrio virtuoso.
Nelle democrazie sono le leggi a garantire e limitare le libertà. La comunità internazionale si ispira a dichiarazioni solenni che riconoscono i diritti inviolabili dell’uomo, come la libertà d’espressione, che è propedeutica alla fruizione di molti altri diritti di libertà.
Nel web, per lungo tempo celebrato come il regno delle vere libertà, si stanno verificando restrizioni, limitazioni e censure che a lungo andare rischiano di contaminarne fortemente il carattere democratico.
Il caso più eclatante si è verificato l’8 gennaio, con la decisione di Twitter e Facebook di sospendere i profili attraverso i quali il presidente uscente degli Stati Uniti, Donald Trump interagiva con i propri follower. Da lì una escalation di polemiche e di reazioni che, a prescindere dal colore politico, hanno messo in evidenza l’ambiguità del ruolo dei social nelle dinamiche della libertà d’espressione. Si tratta di guardiani e censori delle opinioni difformi da quelle dominanti o di soggetti privati pienamente rispettosi della libertà d’espressione e interessati solo ai risvolti commerciali e pubblicitari del traffico che si genera sulle loro piattaforme?
Il dibattito è solo agli inizi, ma ieri si sono registrate alcune autorevoli prese di posizione che contribuiranno a scaldarlo non poco.
Tutto è iniziato con le dichiarazioni di alcuni analisti che hanno accusato Trump di aver beneficiato, per la sua ascesa al potere, di fake news veicolate proprio attraverso i social. Inoltre, alcuni suoi avversari hanno sostenuto che l’assalto dei suoi sostenitori a Capitol Hill, a Washington, fosse partito proprio da quelle false notizie.
Ma a prescindere dal colore politico, in Europa e nel resto del mondo autorevoli esponenti di governo si sono schierati contro Facebook, Twitter e gli altri giganti del web. Tanto più dopo la chiusura, avvenuta ieri, di Parler, la piattaforma social utilizzata in prevalenza dai fan di Trump e dai militanti di destra. Il social era finito offline dopo che era stato escluso da Apple, Google e Amazon.
Il nodo della questione è proprio l’affidamento a soggetti privati delle chiavi della libertà d’espressione, che è il sale delle democrazie. Di qui anche la necessità di un inquadramento giuridico delle piattaforme, sul piano delle responsabilità e della liceità di alcune condotte. Da più parti si auspica l’introduzione di un controllo “imparziale” sui contenuti, una sorta di authority che possa delimitare il perimetro dei diritti degli utenti, sottraendo ai gestori delle piattaforme ogni sorta di vigilanza. Ma anche questa ipotesi presta il fianco ad accuse di irreggimentazione delle opinioni.
A detta dell’alto rappresentante Ue, Joseph Borrell, «occorre poter regolamentare meglio i contenuti dei social network, rispettando scrupolosamente la libertà di espressione, ma non è possibile che questa regolamentazione sia attuata principalmente secondo regole e procedure stabilite da soggetti privati».
Anche il cancelliere tedesco Angela Merkel si dissocia da quanto fatto dai social nei confronti di Trump. «È possibile interferire con la libertà di espressione, ma secondo i limiti definiti dal legislatore, e non per decisione di un management aziendale -ha spiegato in conferenza stampa il suo portavoce, Steffen Seibert - Questo è il motivo per cui il Cancelliere ritiene problematico che gli account del presidente americano sui social network siano stati chiusi in maniera definitiva».
Anche il commissario europeo per il mercato interno, Thierry Breton, ha espresso la sua "perplessità" per la decisione delle piattaforme di bandire il presidente americano, Donald Trump, dai social network "senza controllo legittimo e democratico" e ha rilanciato i progetti europei per regolamentare i giganti del web.
«Il fatto che un Ceo possa staccare la spina dell'altoparlante del presidente degli Stati Uniti senza alcun controllo e bilanciamento è sconcertante –ha detto Breton- Non è solo una conferma del potere di queste piattaforme, ma mostra anche profonde debolezze nel modo in cui la nostra società è organizzata nello spazio digitale».
Il nodo della responsabilità giuridica delle piattaforme sta dunque venendo al pettine. Rifiutano il ruolo di editori, ma allora non possono e non devono neppure censurare le opinioni o chiudere gli account sulla base di una valutazione dei contenuti postati dagli utenti. L’ambiguità va risolta, visto e considerato che il concetto di fake news, di incitamento all’odio e alla violenza va applicato di volta in volta e dunque non può essere preso come parametro oggettivo per censurare per sempre un account.
Se un soggetto privato, di natura aziendale e commerciale, privo quindi di legittimazione democratica e investitura popolare, interviene a gamba tesa nel godimento di diritti garantiti dagli ordinamenti giuridici nazionali e internazionali, significa che bisogna interrogarsi seriamente sulla natura della Rete e sulle regole necessarie per impedire altre prove di forza da parte dei giganti del web.
Bisogna introdurre, attraverso un sistema di pesi e contrappesi, un equilibrio virtuoso tra libertà d’impresa, libertà d’espressione e altri diritti della personalità garantiti dagli ordinamenti giuridici nazionali e internazionali. Peraltro l’Ue ha già fatto sapere che intende occuparsi al più presto della regolamentazione giuridica dei social media, contemperando le esigenze e le aspettative di tutti, evitando l’anarchia ma anche le censure antidemocratiche.
Ruben Razzante
- IL GOP SCARICA TRUMP, MA IL GOLPE E' A SINISTRA di Benedetta Frigerio
https://lanuovabq.it/it/liberi-finche-lo-dico-io-la-socialcrazia-e-un-problema
I pifferi dell’Impero
La Censura Politica dei Padroni dei Social. Basta Privilegi, Sono Editori.
12 Gennaio 2021 4 Commenti
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il prof, Francesco Agnoli ha pubblicato su L’Occidentale un articolo molto chiaro e completo sulla questione che stiamo vivendo in questi giorni, e cioè la censura che alcuni social media stanno esercitando nei confronti di chi non è allineato al paradigma progressista e globalità En passant posso notare che da due o tre giorni decine di followers di Stilum Curiae su Twitter sono scomparsi. E lo stesso accade per altre voci non politicamente corrette. Buona lettura.
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In questi giorni negli Usa, un Paese che ha il mito della libertà di espressione, i due colossi social, Facebook-Instagram e Twitter, hanno censurato il presidente uscente Donald Trump. Non è la prima volta che succede.
In campagna elettorale il New York Post, uno dei più grandi giornali americani, aveva pubblicato alcune notizie molto gravi nei riguardi di Hunter Biden, figlio di Joe: facebook e twitter reagirono censurando lo scoop, facendo intendere si trattasse di una fake news.
Così non era: abbiamo saputo infatti, dopo le elezioni, che la notizia era vera.
Così infatti il quotidiano Repubblica il 9 dicembre: “Hunter Biden, figlio del presidente eletto Joe Biden, è sotto indagine per presunte irregolarità o reati di natura fiscale. Biden Junior è già stato al centro di controversie e scandali, in particolare per gli affari realizzati in Ucraina e in Cina, sfruttando il ruolo del padre quando questo era il vice di Barack Obama”.
Cosa sarebbe successo se la notizia sul figlio di Biden fosse circolata prima delle elezioni presidenziali? Biden avrebbe vinto ugualmente?
Non possiamo saperlo, anche se qualcosa si può immaginare.
Ma che imprenditori privati possano censurare grandi giornali come il New York Post e il presidente americano votato quasi dalla metà degli americani, ha sollevato molti dubbi. Anche personalità di sinistra, come Massimo Cacciari, Roberto Saviano, Stefano Fassina ed altri (per restare in Italia), si sono chiesti se ciò non sia pericoloso per la libertà di opinione. La rete si è riempita di domande: perché il dittatore cinese non viene censurato, e il presidente americano sì?
Perché i social pubblicano di tutto, ma poi scendono in campo, politicamente, prima e dopo un’elezione?
Il problema giuridico è semplice. Le piattaforme social godono di un grande privilegio: non sono considerate editori come gli altri, e questo le mette al riparo da processi per diffamazione, calunnia…
Per intenderci: se il Corriere della Sera pubblica qualcosa di errato e diffamatorio contro qualcuno, questi ha il diritto di portare editore ed autore dell’articolo in tribunale. Con Facebook e Twitter no! Ma se questi colossi poi decidono cosa pubblicare e cosa no, allora diventano editori come gli altri: perché solo loro godono di impunità? Perché costoro sono legittimati a fare “politica”, senza però nessun controllo né sul loro modo di privilegiare la diffusione di certi temi rispetto ad altri né sull’uso che fanno dei dati che raccolgono sui singoli cittadini? Ancora: è opportuno un regime di quasi monopolio, quale che sia il comportamento dei monopolisti?
Anche Davide Casaleggio ha espresso la sua perplessità: “Fino ad oggi Facebook, come molti altri social network, si è qualificata come piattaforma software indipendente, ma oggi forse dovrebbero qualificarsi come società editoriale prendendosi quindi la responsabilità di tutto quello che viene reso pubblico e specificando in ogni occasione perché un post è tollerato e un altro no. Se Putin o Xi Jinping dovessero fare dichiarazioni contro gli interessi statunitensi o quelli del social media, sarà Zuckerberg a decidere se è il caso di censurarli?”.
La questione era dibattuta ben prima della vicenda Trump – sia per motivi fiscali (https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/14/le-tasse-pagate-in-italia-dai-giganti-web-amazon-11-milioni-di-euro-google-57-milioni-facebook-23-mln-netflix-6-mila-euro/5965917/), sia perché perché tra i giganti della Silicon Valley c’è chi, per entrare nel mercato cinese, si è piegato ad assecondare e facilitare la censura di Pechino a danni dei suoi cittadini, dimostrando così più attenzione ai guadagni che al resto – ma gli ultimi fatti hanno scatenato l’ira di milioni di persone, non solo negli Usa, che si sono sentite sorvegliate, controllate, manovrate, da due giganti dagli immensi profitti e senza regole.
Un giornalista italiano che vive in Florida, con un grande seguito tra gli italiani interessati alle vicende politiche e tecnologiche Usa, Roberto Mazzoni, ha invitato i suoi fans a lasciare facebook per telegram ed altri social (vedi: https://mazzoninews.com/), mentre Elon Musk ha scritto in un post di lasciare Whatsapp, di proprietà di Facebook, per Signal (https://rumble.com/vcm2f1-9-1-2021-perch-abbandonare-whatsapp-e-passare-a-signal-mn-75a-ripubblicato.html).
In generale, in questi giorni, in tutto il mondo molti stanno abbandonando Facebook, Instagram, youtube ecc. per Telegram, Parler, MeWe, Rumble… Tanto che questi mezzi, meno conosciuti, sono andati in sovraccarico.
E’ una “battaglia per la libertà”, dicono i critici di Mark Elliot Zuckerberg e Jack Dorsey.
Vedremo cosa succederà: può darsi che un maggior pluralismo nei social media possa giovare a tutti, ed evitare che singoli cittadini che possono “controllare” a loro piacimento una marea di notizie, possano influenzare troppo politica ed economia.
E’ un’altra faccia, se vogliamo, delle critiche ad Amazon, il negozio mondiale di Jeff Bezos, che, per il suo strapotere, fa paura a molti.
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Benedetta De Vito Smaschera il Pifferaio di Hamelin e i Pifferai di oggi…
12 Gennaio 2021 2 Commenti
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum curiae, vi invito a leggere con l’attenzione che merita questo spumeggiante articolo di Benedetta De Vito sui pifferai di ieri e soprattutto di oggi, e sui pericoli che il loro suono accattivante nasconde. Buona lettura.
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Le mie scorribande letterarie mi hanno sempre portato a scoprire scrittori e scrittrici di rango, dalla penna d’oro, spesso dimenticati dalla grande onda della cultura progressista. Spaziavo, in primavera di germoglio, scoprendo fiori profumati che riempivano i miei pezzi e che mi insegnavano a scrivere, indicandomi la via per uno stile tutto mio. Per l’esame da professionista ho scritto “I gatti di Gasparo Gozzi e le patate di Giampiero Talamini”, un piccolo saggio nato dall’incontro mio con il divertentissimo scrittore veneziano (che in pochi conoscono e che vi invito ad assaggiare) e il cadorino (dimenticato) che fondò il Gazzettino. Il primo racconta, con stile prelibato, dei gatti di Venezia, il secondo delle patate che, in tempo di guerra, stipava al giornale e distribuiva agli affamati. Va bene, arrivo all’osso, e basta girare in danza intorno come una falena. E l’osso duro è che, nei miei viaggi letterari, ho incontrato una scrittrice inglese davvero di prim’ordine eppure lasciata in un canto. In arte si chiama Mrs. Molesworth e ha scritto deliziosi libri per bambini (buoni anche per un palato adulto come Peter Pan) e storie di fantasmi raffinate, alla Henry James. E tra tutti uno che parla del Pifferaio magico.
Lo incontrò, lei bambina, il pifferaio magico e, ne ebbe paura. Per poi scoprire che il suo babau era soltanto un simpatico musicista di strada. Non così quello raccontato dai Grimm che si ispirano, pare, a una storia davvero accaduta (e misteriosa) a Hamelin in Germania. Non stupisce che la figura del pifferaio incantasse il gesuita Athanasius Kircher che, si dice, abbia inventato la lanterna magica…
Ed eccomi arrivata all’osso di questo breve articolo e al protagonista, anzi al villain: il pifferaio di Hamelin. Come ricorderete, per aver di certo letto la breve storia raccontata dai fratelli Grimm. il pifferaio magico, giunto in un villaggio pieno di topi, lo libera, chiedendo in cambio, d’accordo con le autorità, un mucchio d’oro. Liberato il paesino dai ratti, il pifferaio (che par buono e non lo è) passa all’incasso. Al diniego ricevuto, dando fiato al suo piffero malefico, ipnotizza tutti i bambini del paese, dai quattro anni in su, che, danzando e ridendo, lo seguono per essere poi inghiotti da una roccia senza porta di una montagna nei dintorni del paese. Che, scrivono i Grimm, si chiama Poppenberg. Solo tre ragazzini si salvarono: un muto, un cieco e un terzo che era tornato di corsa a casa a prendere la giacchetta. Di questi tre redivivi avrei da dire ma la finisco qui.
Ed ecco come descrivono i Grimm il pifferaio quando torna per vendicarsi: “vestito da cacciatore, con un volto terribile e con uno strano cappello rosso in testa”. Un cappello, immagino io, a cresta di gallo, forse, come s’usava nel Medioevo mettere in capo al Demonio. E che poi è il copricapo dei Jolly delle carte da gioco e poi di Jocker. Nella stupenda basilica di Farfa, benedettina, nell’affresco sul fondo della Chiesa, dove si raffigura l’inferno, il diavolo è un grande, spaventoso gallo. Il gallo che sembrò cantare, gioioso, quando San Pietro rinnegò il Signore per ben tre volte…
Il cerchio si stringe ed ecco i ragazzini, risucchiati dal magico suono, rapiti e scomparsi. I due volti del Demonio, dunque, che, per tentarci, mostra sempre il volto roseo della mela (porta via i topi) e non quello marcio che non si vede (porta via i bambini). Ancora adesso, e mi par di vederci giusto, il pifferaio magico di Hamelin si porta via la nostra gioventù, ipnotizzandola non con un rozzo flauto, ma con le sue armi stregate che sono scientifiche, virtuali, informatiche e chi ha altri aggettivi per dir bene li usi.
Le note del piffero sono le serie tv di Netflix, i videogames, i like di Instagram e così via. L’istruzione a distanza, che è, secondo me, un male a tutto tondo perché i ragazzi hanno bisogno del cuore e dell’anima di chi insegna e non solo di una figurina piatta su uno schermo, abitua i ragazzi a star ore e ore davanti a un video (che porta via i topi dell’ignoranza), pendendo per così dire dalle sue labbra virtuali. I frutti vengono poi quando il pifferaio, smesso il sorriso e i panni bicolori (cioè allegri) torna in forma di cacciatore e di lusinga, con il suo cappellaccio color sangue e a volte sono davvero dolori.
Ho pensato al pifferaio ascoltando le imprese (e i successi) telematiche della graziosa nipotina di una amica che, su internet, vende menzogne al chilo, guadagnando sulle bugie e in esse involtolandosi finché un giorno il pifferaio magico tornerà, chiedendole il conto. Ho pensato al pifferaio magico quando vedo mio figlio trascorrer delle ore a combattere contro mostri che vivono nel computer e prender un voto basso agli esami per colpa di quei tiranni virtuali…
Ho pensato al pifferaio magico, che respira sotto l’arcobaleno di Satana, leggendo della tragedia del bimbo napoletano che si è buttato dalla finestra, inseguendo i consigli di un perfido personaggio incontrato, così sembra, su internet, il cui nome somiglia molto al termine inglese per dire arcobaleno e che, a guardarlo, è simpatico e inquietante insieme. Il quale, lo immagino, gli indicò l’arcobaleno fuori dalla finestra, come un ponte su cui camminare. Il volto ridente nasconde quello perfido. Come il clown It. Come il pifferaio magico dei fratelli Grimm. E mentre concludo questo breve scritto che invita noi adulti a vigilare sui nostri ragazzi che, nel mondo senza Dio, sono facili prede, mio marito mi informa che, nell’ultimo mese, nella derelitta Roma del lockdown e dell’abbandono, molti ragazzini hanno tentato di uccidersi, inseguendo, di certo, il loro personale pifferaio magico….
Se si aggiunge che nel 2021 gli aborti, in tutto il mondo, sono stati 42 milioni, così leggo sulle statistiche, ci si chiede dove andremo a finire con la moltiplicazione dei pifferai magici, i quali abitano internet e il mondo reale in allegra, malefica libertà. Siamo noi adulti, con la preghiera e la vigilanza, i chiamati a proteggere i nostri figli dai suoi attacchi, ma dobbiamo toglierci la benda e armarci della santa armatura che ci potrà imprestare solamente San Michele Arcangelo…
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