ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 18 febbraio 2021

Forma mentis

BORIOSI, OSCENI O SOLO INUTILI?

    Boriosi, osceni, inutili: perché prenderli sul serio? Il "sinistro" totalitarismo intellettuale e la ferrea dittatura che nessuno vuole vedere: i casi di Agueda Banon e Carmen Flores? sono inutili perché non hanno nulla da dire                                                                 di Francesco Lamendola  

 

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Non so se per caso avete visto la foto di Agueda Banon, portavoce di Ada Colau, sindaco ultraprogressista e ultramigrazionista di Barcellona dal 2015, o, come si diceva più modestamente un tempo, la sua addetta stampa. Intendiamo la foto che la ritrae in mezzo alla strada, con le gambe allargate ma il busto ben ritto, l’impermeabile aperto e la minigonna tesa quanto serve per fare la pipì sull’asfalto. Con la pozzetta che si allarga in terra ai suoi piedi e gli schizzi che ne increspano la superficie, per far vedere che è tutto vero, che non c’è trucco e non c’è inganno: l’elegantissima signorina si sta proprio svuotando la vescica, e lo fa con un magnifico sorriso sulle labbra aperte a mostrare l’intera dentatura, e accennando un gesto come di saluto, o forse di vittoria, con la mano destra alzata all’altezza della spalla.

 

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Águeda Bañon “responsabile delle relazioni sociali” della sindaca di Barcellona Ada Colau

 

Evidentemente questa geniale trovata ha lo scopo di mostrare che una donna moderna, una vera femminista dura e pura:

1) non ha bisogno di cercare, borghesemente, un gabinetto per pisciare, ma la fa dove le pare e piace, anche in mezzo alla strada (della serie: io so’ io, e voi non siete un c…);

2) ignora il comune senso del pudore e ignora anche le stupide convenzioni sull’abbigliamento intimo, per cui se ne va in giro senza indossare le mutandine, beninteso però con l’immancabile minigonna, in modo da imitare Sharon Stone in Basic instinct ogni volta che si siede al bar o un ufficio (tanto si sa bene che tutti i maschi sono guardoni, porci e depravati, lasciamoli sbavare e fantasticare, è quasi un’opera di beneficienza per quei poveri disgraziati);

3) l’orina è notoriamente una sostanza biodegradabile, che se ne andrà con la prima pioggia (a Barcellona, che come tutti sanno è la capitale della Scozia, piove sempre tantissimo, praticamente ogni giorno)  e quindi non si tratta di sporcare l’ambiente; del resto, sporchi sono solo i pensieri dei maschi borghesi perennemente in fregola;

4) la pisciata in piedi, per una donna, è la dimostrazione visiva del fatto che non c’è una sostanziale differenza fisiologica fra maschio e femmina, sono tutte invenzioni della cultura maschilista, e perciò diamo il buon esempio e finiamola con questa anacronistica faccenda che i maschietti fanno pipì stando in piedi davanti al water, alzando la tavoletta per non sporcarla, mentre le femmine si accucciano e la fanno stando sedute, dopo averla abbassata;

5) oltre a tutto questo, il magnifico gesto della suddetta signorina costituisce di per sé un’opera d’arte, e infatti lei si fregia di essere un’artista moderna, o meglio post-moderna; e se l’orinatoio di Marcel Duchamp era arte, e sia pure arte provocatoria, cosa ci può essere di più artisticamente provocatorio di una giovane donna che la fa in mezzo alla strada, senza neanche abbassarsi le mutandine, per il semplice fatto che non le porta (sperando che non abbia il ciclo)?

Cinque messaggi in una volta sola, in un unico gesto, con un’unica immagine – anche se c’è un’intera gallery di tal genere in rete, con gli sfondi architettonici più vari; andate a vedere per credere; cosa si potrebbe chiedere di più dalla vita?

Probabilmente vi starete chiedendo cosa significhi tutto questo discorso e dove intendiamo andare a parare, posto che non ci rivolgiamo a un pubblico di voyeurs ma di persone che nella loro vita hanno certo delle cose più importanti e interessanti da fare, che dilettarsi contemplando le artistiche foto di Agueda Banon o di altre sedicenti artiste, femministe, giornaliste, intellettuali impegnate e ultraprogressiste. È presto detto: vogliamo far riflettere chi ci sta leggendo che questo tipo di persone, ovviamente non solo donne, ma anche (bontà loro) simpatici maschietti, sono precisamente quelle che in questo momento storico non solo rappresentano la cultura, e sia pure per auto-elezione, ma anche quelle che si sono insediate nelle pubbliche amministrazioni e nella politica, fino ai più alti livelli, cioè fino ai rappresentanti parlamentari e ai ministri dei governi; vale a dire che sono quelle che attualmente ci stanno governando.

In un’altra città spagnola, Aguilar de la Frontera, un altro sindaco, donna pure questo, la comunista Carmen Flores, aveva ordinato la rimozione di una grande croce innalzata 80 anni fa davanti al locale monastero delle Carmelitane Scalze, col pretesto che si trattava di “una croce franchista”, in effetti per odio verso i simboli sacri del cattolicesimo. La sua malafede traspare dal fatto che, dopo la rimozione, la sindaca si è rifiutata di restituire la croce alle suore, che ne avevano fatto richiesta: evidentemente il problema non era che la croce fosse visibile allo sguardo di tutti, ma che ci fosse; e infatti ne ha ordinato la distruzione. Alle suore non è rimasto che far dipingere una identica croce sul muro esterno del convento, nel punto ove sorgeva la precedente. E che non si tratti di una psicosi antireligiosa, ma specificamente anticattolica, lo suggerisce il fatto che la gentile signora, nel suo ufficio, tiene in bella mostra un dipinto con il suo nome scritto in caratteri arabi, a beneficio degli immigrai islamici. A lei non frega niente di quel che sentono e che pensano i suoi concittadini professanti la fede cattolica; anzi vorrebbe dare il suo contributo affinché di loro sparisse, se possibile, anche il ricordo. Non gliene frega neanche del passato, della storia, della tradizione: conta solo ciò che lei pensa essere vero e giusto, non quello che possono pensare gli altri, specie se sono rimasti in ritardo rispetto al progresso. La morale della favola è che i cattolici non sono più graditi e non sono considerati più di casa in un Paese come la Spagna, dalle antichissime radici cattoliche, mentre gli immigrati professanti altre fedi sono graditi e benvenuti.

 

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Per troppo tempo la società si è abituata a lasciar decidere ad altri cosa è vero, cosa è bello, cosa è buono e cosa è giusto. Il risultato è che oggi vige un totalitarismo intellettuale che rende possibile l’asservimento di quasi tutti alle demenziali iniziative del governo per contenere una pandemia che non c’è; e intanto imporre una ferrea dittatura che c’è, eccome se c’è. Ma pare che nessuno la veda!

 

Potremmo fare un terzo esempio della forma mentis di tanti, troppi amministratori pubblici e di politici di questi ultimi anni, sempre di sesso femminile (ed è la realtà dei fatti, nel senso che non li abbiano scelti apposta. Tornando in Italia, prendiamo la nostra Monica Cirinnà, romana, classe 1963, senatrice del Partito Democratico, impegnatissima sul fronte dei “diritti” LGBT, prima firmataria della legge 76/2016 sulle unioni civili, anche fra persone dello stesso sesso, e promotrice del Disegno di legge S.59 contro le discriminazioni di genere. Animalista, vegana, è “famosa” per performances come manifestare per la strada con un grande cartello su cui i passanti possono leggere queste alate e gentili parole: Dio, patria, famiglia: che vita de merda, rese certo più simpatiche e leggiadre dalla preposizione in dialetto romanesco. Tale è l’idea, esibita e ostentata in luogo pubblico, che una senatrice della Repubblica Italiana ha dei tre capisaldi della tradizione, nei quali, piacciano o non piacciano, milioni di cittadini si riconoscono, e per i quali non pochi di loro, in un passato anche recente, hanno dato la vita. E quest’ultima riflessione ci conduce a chiarire meglio per quale ragione abbiamo ritenuto di accostare queste tre figure e questi tre episodi, apparentemente lontani sia nello spazio che nei contesti socioculturali. In realtà, il denominatore comune c’è, e a ben riflettere è anche abbastanza chiaro: il disprezzo della tradizione e del comune sentire; la mancanza di pudore, di decenza, di delicatezza, nei confronti di chi la pensa diversamente; la volontà di offendere, provocare, insultare le cose che sono più care al sentire di milioni di concittadini, in due Paesi - la Spagna e l’Italia – di antica matrice cristiana e cattolica.

 

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Boriosi, osceni, inutili: il "sinistro" totalitarismo intellettuale? Inutili perché non hanno, in buona sostanza, nulla da dire, e quel che dicono lo dicono in maniera noiosa!

 

Se poi ci spostiamo nell’ambito della cultura, della letteratura, del teatro, del cinema, delle arti figurative, il paesaggio è lo stesso. Non da oggi, né da ieri, ma ormai da decenni, al punto che ci siamo assuefatti e non cogliamo più la nota stridente, una miriade di personaggi volgari, narcisisti, boriosi, osceni e inutili ingombra il campo e lo tiene occupato, impedendo che figure nuove e, magari, animate da un diverso spirito e da un differente sentire, possano farsi avanti e avere accesso a quelle istituzioni e a quei canali “ufficiali” che favoriscono la visibilità degli autori e la diffusione delle idee, delle opere, dei dibattiti culturali. Prendiamo il caso di un giovane studente universitario il quale, pieno d’entusiasmo e di buona volontà, e consapevole dei sacrifici che i suoi genitori sostengono per pagargli le salatissime tasse universitarie, entri in aula e si disponga con il massimo zelo e con la massima attenzione ad ascoltare le lezioni dei suoi docenti di  letteratura, filosofia, storia dell’arte, eccetera. Novanta probabilità su cento, verrà indottrinato su autori la cui caratteristica principale è quella di avere in odio la tradizione, e di detestare Dio, la Patria e la Famiglia, ossia le tre cose più belle che hanno fatto grande la nostra civiltà e che hanno dato stabilità e coesione al mondo dei nostri nonni e dei nostri avi, anche in mezzo alle difficoltà materiali, alla povertà e alle terribili prove della guerra. Sentirà magnificare, senza la minima sfumatura di pensiero critico, le opere sublimi e il geniale pensiero di Pier Paolo Pasolini, Umberto Eco, Alberto Moravia: tutti validissimi e interessantissimi, tutti critici acuti della decadenza borghese, tutti ricchi di spunti rivoluzionari e di feconde contestazioni, tutti orientati in senso progressivo e progressista. E ad essi, senza dubbio, in molti atenei si aggiungerà il nome immancabile del grande pedagogista libertario, il prete don Lorenzo Milani. Quel povero studente non sentirà dire una sola parola di dubbio, di perplessità, rispetto a quanto hanno detto e scritto questi eroi della cultura moderna; per cui sarà portato a raffigurarseli come cavalieri senza macchia e senza paura, come cavalieri dell’ideale, e naturalmente come precursori di ulteriori rivoluzioni: il Concilio nel caso di don Milani, il ’68 in quello degli altri (anche se Moravia personalmente ha incassato la figuraccia di voler parlare agli studenti in assemblea, credendo forse d’essere acclamato come un Chomsky o un Marcuse, e doversene scappare via con la coda fra le gambe, fischiato a più non posso). Interessante e geniale, Umberto Eco? Un pallone gonfiato, noioso e ripetitivo, che sfrutta la padronanza linguistica per costruire all’infinito dei castelli di fumo, nei quali non si riscontra lo straccio di un’idea. Stimolante e acutamente provocatorio, Moravia? Via: scrive come un bambino delle elementari e quanto ai contenuti, ha un solo concetto da esprimere: il sesso senza amore, senza calore, senza nulla di nulla tranne la ricerca esasperata del piacere fisico; insomma, pornografia più che letteratura. Per giunta pornografia noiosa, in cui la ripetitività dei dettagli anatomici e fisiologici genera un senso di sazietà e disgusto. Lo stesso disgusto che si prova davanti alle esibizioni “artistiche” di Agueda Banon: e possiamo garantire che ci sono molte pagine di Moravia in confronto alle quali la pisciata in luogo pubblico della suddetta signora è uno scherzetto da educande. Pasolini? Un profeta della crisi, un penetrante osservatore e un coraggioso accusatore del malcostume politico e sociale dell’Italia in bilico fra gli anni del benessere e quelli della recessione? Ma per avere il diritto di denunciare e puntare il dito, bisogna avere le carte in regola quanto a coerenza: non ci si può impancare giudici se si zoppica male, anzi malissimo, nella propria sfera personale. Pasolini aveva questa coerenza, questa onestà intellettuale? Uno che, giovanissimo, ha aderito a quella ideologia ed è entrato in quel partito che gli aveva appena ammazzato il fratello, partigiano lui pure ma con la grave colpa, agli occhi dei comunisti, di non esser comunista? E che dire di un professore che fa del sesso coi suoi alunni poco più che bambini sul greto del fiume e si fa cacciare dalla scuola? Poi di uno scrittore che esalta la cultura delle borgate, dei marginali, dei ladruncoli, ma fino all’ultimo va a rimorchiare, la sera, i ragazzi di vita, pagandoli per le loro prestazioni? È un profeta, un maestro? Don Giuseppe Marchetti, che all’inizio aveva salutato con simpatia l’Academiute di lenga furlana, con la ruvida franchezza friulana certe cose non le mandava a dire, e la stima e l‘amicizia finirono. Un geniale regista? Ma proiettava sull’altro, sull’odiato nemico di destra, i suoi fantasmi e le sue aberrazioni, degne di un Gilles de Rais. In Salò o le 120 giornate di Sodoma rappresenta, sulla scia del Divino Marchese, i fascisti della Repubblica Sociale come degenerati e sadici che seviziano fanciulli d’ambo i sessi, debitamente incatenati e razzolanti a quattro zampe, per poi far mangiare loro le feci e infine mutilarli, massacrarli e abbandonarsi alla necrofilia. È rispetto della verità storica? È rispetto del nemico sconfitto? Non vi è qualcosa di sporco nel voler infangare l’altro, gettandogli addosso il proprio fango?

 

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Pasolini: un profeta, un maestro, un geniale regista?

 

Lo ripetiamo: boriosi, osceni, inutili. Inutili perché non hanno, in buona sostanza, nulla da dire, e quel che dicono lo dicono in maniera noiosa: perciò sono stati dei parassiti della società, hanno preso ma hanno dato meno che niente. Eppure sono stati spacciati dalla cultura dominante per grandi maestri, da mezzo secolo a questa parte, università in testa. Ma che altro aspettarsi da una università che utilizza le sudate tasse d’iscrizione per finanziare nobilissimi eventi “culturali” come i Gay Pride, affinché non manchi nulla, oltre al ridicolo e al grottesco, al totale appiattimento culturale e al servilismo nei confronti del potere del momento, con buona pace della vera cultura e del vero sapere, che sono sempre sorgenti di autonomia del pensiero e fierezza della propria libertà? A ben vedere, si tratta di un cedimento progressivo, e infine di una abdicazione, dell’intelligenza. Per troppo tempo la società si è abituata a lasciar decidere ad altri cosa è vero, cosa è bello, cosa è buono e cosa è giusto. Il risultato è che oggi vige un totalitarismo intellettuale che rende possibile l’asservimento di quasi tutti alle demenziali iniziative del governo per contenere una pandemia che non c’è; e intanto imporre una ferrea dittatura che c’è, eccome se c’è. Ma pare che nessuno la veda.  

 

Boriosi, osceni, inutili: perché prenderli sul serio? 

 

di Francesco Lamendola

 

http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/contro-informazione/lo-smemorato-siberiano/9921-boriosi-osceni-solo-inutili

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