Ora il ritorno di Marine Le Pen preoccupa Papa Francesco
A Papa Francesco non farebbe troppo piacere se Marine Le Pen vincesse le prossime elezioni presidenziali francesi del 2022. C’era da aspettarselo, ma le dichiarazioni che sono arrivate in questi giorni dal pontefice argentino hanno chiarito un concetto già supposto: Bergoglio non è un sostenitore dei nazionalisti, che percepisce soprattutto alla stregua di portatori sani del ripristino del nazionalismo novecentesco. Per l’ex arcivescovo di Buenos Aires: un pericolo agli equilibri pacifici dell’Occidente intero e non solo.
In queste ore, è arrivato una sorta di scambio al vetriolo tra la Le Pen e Francesco. Un confronto nato anche per via delle statistiche offerte dai sondaggi, che danno Marine Le Pen potenzialmente favorita per trionfare nella corsa all’Eliseo contro Emmanuel Macron. Gli istituti statistici – come spiegato in questo approfondimento di Money – stanno fornendo speranze ai lepenisti, al netto di un quadro politico molto complesso e del sistema del double ballot, che di solito finisce per favorire il candidato opposto alla Le Pen, per via dell’alleanza compatta di tutti quegli elettori che ritengono non presentabili o quasi per il contesto istituzionale.
L’ombra della pandemia sui governi
Che al corso odierno del Vaticano non piacesse il sovranismo era insomma chiaro da tempo: le elezioni americane svoltesi nel 2020, con il chiaro sostegno dei vescovi americani a Joe Biden in funzione anti-Trump, non sono state un indizio, ma la continuazione naturale di un atteggiamento che gli ambienti ecclesiastici hanno scelto per l’intera durata della presidenza trumpista e republicana. Nonostante la crisi complessiva del populismo, però, l’aria in Francia sta cambiando.
Fonti più disparate raccontano pure ad InsideOver di come molti francesi si stiano convincendo della reale possibilità che Marine Le Pen possa entrare all’Eliseo. Avrebbe contribuito, in caso, la gestione pandemica di Emmanuel Macron. E tutto lascia pensare che saranno molti gli esecutivi chiamati a dover rispondere della eccezionalità di alcune scelte compiute in questo periodo storico. Trump, per esempio, potrebbe e anzi dovrebbe aver pagato in termini politico-elettorali gli effetti indiretti della gestione pandemica. Chi non ha avuto responsabilità di governo sinora può essere favorito. Ma questa è solo una delle spiegazioni utili a capire il perché di tanto ottimismo attorno al Rassemblement National.
Il braccio di ferro Le Pen-Bergoglio
La vicenda è nata – come ripercorso dall’Ansa – quando il settimanale Obs ha citato una frase che papa Francesco avrebbe pronunciato: “Sono preoccupato per la crescita dei populismi. L’antidoto è un movimento popolare, ed ascoltare questo movimento. Bisogna opporre al populismo il popolarismo”. E Bergoglio avrebbe preso questa situazione parlando della situazione politica transalpina e riferendosi alla Le Pen. Poco dopo, il leader del Rn ha replicato a tono, sostenendo che il Papa debba limitarsi ad occuparsi della Chiesa. A questo punto del discorso, vale la pena sottolineare la natura laica dell’impegno della Le Pen, che si è sempre contraddistinta per essere sì sovranista, ma non pro life come Trump o come tanti esponenti del conservatorismo occidentale.
Dopo la sconfitta elettorale di Donald Tump, una vittoria per Marine Le Pen rappresenterebbe un incredibile ed inaspettato colpo di coda del sovranismo o del populismo, a seconda delle categorizzazioni in uso. Dal canto suo, una parte della Chiesa cattolica francese, con la base pro life in testa, non ha reagito bene alle varie chiusure operate nei confronti delle celebrazioni liturgiche durante la pandemia. Il quadro di partenza è molto simile a quello degli Stati Uniti del 2016, con le divisioni pronunciate ed un candidato outsider – ma neppure troppo – che è convinto di poter divenire maggioritario. “Un amico mi ha detto: ‘In Francia, avremo Marine Le Pen presidente’. Io non voglio essere sgradevole o dire al vostro Paese quello che deve fare. Ma è preoccupate”, avrebbe esclamato il vescovo di Roma. Una breccia sovranista in un’Europa che, almeno sino a questo momento, ha resistito all’avvento di quelli che in Santa Sede considerano estremismi susciterebbe “preoccupazione” nei sacri palazzi.
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Quella “pandemia ombra” che uccide i cristiani
Ci sono Paesi nel mondo in cui si continua ancora a perseguitare gli appartenenti alle minoranze religiose. In particolar modo sono le comunità cristiane a subire gli effetti delle ritorsioni. In questo contesto le donne sono le più vulnerabili perché rappresentano la parte più viva della comunità. Gli effetti della persecuzione si sono accentuati durante l’anno della pandemia, tanto che Porte Aperte Onlus ha parlato di “pandemia ombra”.
Gli effetti della pandemia
La pandemia da ormai più di un anno ha preso in mano le redini della vita di tutti. Un importante cambiamento che ha scosso la quotidianità e lo stile di vita: entrambe hanno subito una trasformazione non indifferente. Ma ci sono alcuni territori in cui questo cambiamento ha fatto sentire ancora di più i suoi effetti per via della gravità delle conseguenze. A mettere alla luce la drammatica situazione di alcune nazioni è il report annuale di Porte Aperte Onlus dal quale emerge che gli appartenenti alle minoranze religiose stanno subendo una persecuzione come mai vista prima d’ora. Violenza di genere, rapimenti e traffico di esseri umani hanno raggiunto numeri preoccupanti: le donne cristiane sono le vittime maggiormente colpite.
“La pandemia da Covid- si legge nel report – ha reso i vulnerabili ancor più vulnerabili, soggetti a persecuzione e opposizione durante i lockdown da parte delle loro stesse famiglie e comunità ostili alla loro fede. Il report – continua il documento – ha raggiunto il livello più alto di persecuzione che questo studio annuale abbia mai registrato negli ultimi 3 anni, con le donne che spesso affrontano un rischio potenzialmente più elevato rispetto agli uomini”.
Lo studio è stato eseguito principalmente sulle 50 nazioni sottoposte all’analisi della World Watch List e i dati registrati provengono dal personale e dai collaboratori di Porte Aperte che hanno operato sul campo raccogliendo le interviste di uomini e donne cristiani vittime di violenza per la loro fede, da analisti della persecuzione della stessa organizzazione, nonché da consulenti esterni.
La persecuzione verso le donne cristiane
Dando lettura al report c’è un elemento che non può non assumere un rilievo di particolare attenzione. Ovvero la differenza nella persecuzione contro le donne e quella che invece subiscono gli uomini. In quei Paesi dove le discriminazioni sono più importanti, approfittando della pandemia, non si è perso tempo a colpire i corpi delle donne per “danneggiare le comunità cristiane minoritarie e limitare la crescita della chiesa”. Ed ecco quindi che ancora una volta il sesso femminile è quello che rimane il più colpito in questa persecuzione senza fine. Particolare in questo contesto è quella forma di violenza sia fisica ma anche psicologica verso le donne che si sono convertite al cristianesimo: “Loro sono esposte- si legge nel report-a un maggior rischio quando, chiuse in casa con le proprie famiglie, possono subire abusi per aver abbandonato la religione di Stato o di famiglia per il cristianesimo”.
È cresciuto anche in modo significativo il traffico e lo sfruttamento di donne forzate in matrimoni o schiavitù sessuale. In altri Paesi, tra cui il Pakistan ad esempio, i lockdown hanno ridotto il numero di persone per strada, rendendo però allo stesso tempo donne e ragazze cristiane un bersaglio facile. Le stesse sono sottoposte continuamente a violenze e stupri. “Questa violenza- testimonia una fonte segreta di Porte Aperte – è una specifica arma di persecuzione, un mezzo per ferire le donne cristiane e traumatizzare le comunità”. C’è anche dell’altro. In Medio Oriente, in Nord Africa e nell’Africa Sub-Sahariana, gli estremisti ricorrono anche all’adescamento mirato, ai matrimoni forzati e ai rapimenti “come strumento per islamizzare ragazze e donne e impoverire la tormentata comunità cristiana”. Ed ancora: “In varie parti dell’Asia- si legge nel report – ragazze di famiglie cristiane povere vengono selezionate e mandate in Cina per matrimoni combinati, dove l’aborto selettivo ha portato a una carenza di giovani donne. Gruppi criminali in America Latina e leader del narcotraffico minacciano di morte le famiglie cristiane se rifiutano di cedere le loro figlie. Questo riduce al silenzio le chiese e i responsabili di chiesa che mettono alla prova l’effettivo dominio di questi gruppi sui loro villaggi”.
La persecuzione verso gli uomini
Se da un lato è la stessa Porte Aperte a ribadire più volte la vulnerabilità delle donne cristiane nei contesti più delicati, dall’altro è anche vero che la Onlus nei suoi rapporti ha sempre specificato come anche gli uomini delle minoranze religiose sono oggetto di persecuzioni. Una situazione che durante la pandemia è ancor di più peggiorata. Il motivo è presto detto: “Si assiste – si legge nel report – a discriminazioni economiche o reclusione riguardo agli uomini”. Ai cristiani cioè viene costantemente limitata la prospettiva di accedere a lavori di prestigio, in alcuni casi addirittura viene negata la possibilità stessa di avere un lavoro. E se è questo è stato vero per gli anni passati, a maggior ragione è stato riscontrabile durante la pandemia.
Le misure anti Covid in tutto il mondo hanno provocato gravi danni economici e hanno acuito le disuguaglianze. In quei Paesi dove i cristiani erano già discriminati, gli uomini hanno avuto sempre meno opportunità lavorative. Questo ha comportato maggiore vulnerabilità da parte delle famiglie, rimaste spesso senza reddito e dunque ancora più esposte alle discriminazioni. Ma non c’è soltanto il fattore economico nella persecuzione verso gli uomini cristiani. Nell’ultimo anno Porte Aperte ha annotato un incremento del 40% della coscrizione nell’esercito nei Paesi a maggioranza musulmana: “L’arruolamento forzato di uomini cristiani negli eserciti o nelle milizie – si legge nel report – è una delle forme di persecuzione in aumento”. Da non dimenticare poi la persecuzione fisica verso gli uomini: migliaia in tal senso gli omicidi segnalati in vari Paesi nel 2020.
Il fattore fede non riconosciuto come causa di persecuzioni
C’è poi un paradosso ancora più evidente nell’anno della “pandemia ombra”. Nonostante diverse forme di discriminazione e migliaia di casi di persecuzione, a livello internazionale il fattore fede non è riconosciuto come causa di vulnerabilità nei contesti più delicati. E forse anche questo elemento ha contribuito al dilagare nel 2020 dell’epidemia discriminatoria: “È ora che il fattore fede venga riconosciuto – ha dichiarato Helen Fisher, co autrice del rapporto di Porte Aperte – mentre l’etnia e il genere sono riconosciute come vulnerabilità nelle zone di conflitto, la fede individuale generalmente non lo è”.
In poche parole, in caso di persecuzione accertata si potrebbe riconoscere una violenza attuata solo su base etnica o di genere. Un cristiano o una cristiana ufficialmente potrebbero subire discriminazioni per la loro etnia o per il loro sesso, non invece per la religione professata: “Va assolutamente riconosciuta – ha commentato in tal senso nel rapporto il direttore di Porte Aperte, Cristian Nani – questa doppia vulnerabilità delle donne cristiane nei paesi dove già esiste una forma di persecuzione anticristiana: istituzioni, governi ma anche la stessa comunità cristiana globale deve esserne consapevole e usare ogni tipo di influenza possibile affinché il destino di queste nostre madri, figlie, sorelle, cambi”.
https://it.insideover.com/societa/quella-pandemia-ombra-che-uccide-i-cristiani.html?
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