ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 1 marzo 2021

Un nuovo catechismo

 Il vero contagio è quello della disperazione

Abano Terme è una località termale in provincia di Padova, sulle pendici dei Colli Euganei, che è sempre vissuta delle attività legate al turismo e alla salute. Da un anno a questa parte è una città fantasma. Sabato scorso un ragazzo di vent’anni si è ucciso buttandosi dal terzo piano di un albergo abbandonato. Sotto gli occhi della sua mamma che lo inseguiva, impotente. Era depresso.

Un nostro figlio è morto gridando nel vuoto il suo dolore. Mille e mille altri nostri figli soffrono in silenzio dentro le mura di casa, da reclusi. Oppure in transito in qualche altro luogo sterile e sterilizzato, ad accesso controllato e in rigoroso regime d’emergenza. Entro orari tassativi è concessa una pausa d’aria, purché senza respirarla, l’aria, perché resta obbligatorio indossare ovunque il bavaglio senza soluzione di continuità. Come è obbligatorio, per esempio, rispettare il senso unico pedonale per le vie del centro, dove una fitta segnaletica e posti di blocco delle forze dell’ordine stanno a significare la cogenza del precetto e incutono la dovuta soggezione ai peripatetici, nuova categoria criminologica posta sotto speciale sorveglianza. E comunque, è vietato stare vicini – nella bozza dell’editto prossimo venturo si legge: «al fine di mantenere il distanziamento sociale, è da escludersi qualsiasi altra forma di aggregazione alternativa». È bene ripetere: qualsiasi-altra-forma-di-aggregazione-alternativa.

Di fatto, è dunque vietato giocare, stare insieme, passeggiare liberamente, alzarsi dal posto e sgranchirsi le gambe, è vietato innamorarsi se non tenendosi tutto dentro il cuore, o affidando brandelli di sé all’attrezzo digitale. Niente ritrovi, niente festine, niente abbracci, un grottesco simulacro di scuola.

Come si può non soffrire? È impossibile. C’è chi si fa forza e in qualche modo cerca di reagire a una realtà opprimente, chi si rinchiude nel suo bozzolo e magari gli pare di starci pure bene, chi piange. Chi si fa del male. Che prezzo immane pagheremo per questo feroce esperimento sociale quando, cessata la sbornia mediatica indotta per ottundere i cervelli, verrà davvero il tempo dei bilanci? 

Amministratori, voi che fate a gara per ideare vessazioni inedite, ce l’avete una vaga percezione di cosa state infliggendo ai nostri giovani? “Educatori”, voi che, impegnati e compunti, esortate gli alunni a praticare la “resilienza” come chiedono i manuali di (ri)educazione civica, riuscite per un attimo a pensare al disastro umano di cui vi state rendendo complici? Procedete come automi, esecutori implacabili di ordini insensati, dispensatori a vostra volta di ordini inventati, in un crescendo di demenza senza fine. Ma davvero non vedete come il vento di follia da cui vi lasciate trasportare a corpo morto lasci dietro di sé una scia di tristezza quando non di disperazione, e molte più vittime di quelle causate dal microbo nefasto? Pensate forse che di questo danno immane non sarete chiamati a rispondere? 

EDUCAZIONE CIVICA E RESILIENZA Il monstrum, che porta il nome bello e rassicurante di “educazione civica”, sta velocemente radicandosi come un parassita rampicante nel cuore degli insegnamenti curricolari, succhiando ore e linfa e senso alle discipline fondamentali: è stato congegnato con tempismo strabiliante per entrare in vigore al momento giusto, in piena palingenesi pandemica. 

Non è altro che un nuovo catechismo – abbracciato con slancio anche dalle parrocchie, in sostituzione di quello scaduto – funzionale a instillare e progressivamente cementare nelle teste degli scolari, attraverso una serie di formulette rituali, i nuovi comandamenti dettati sul monte Davos e scritti nelle tavole della legge “umanitaria” che va sotto il nome di Agenda 2030: quella che dà titolo a tutti i libri di testo della nuova supermateria. È il manuale del bravo cittadino obbediente, conforme, ligio all’autorità. Si fa presto, così, a plasmare eserciti di soldatini modello, scandendo a ritmo totalitario i dogmi del civismo di regime, e insieme alimentando la paura e i sensi di colpa, e ancora demonizzando e reprimendo sul nascere ogni impulso di insubordinazione: l’insopprimibile bisogno di appartenere a un gruppo in cui riconoscersi esercita sui giovani una pressione potente e quasi invincibile. Basta minacciare l’ostracismo, e il gioco è fatto.

Una delle parole d’ordine del decalogo è la famosa “resilienza”, che fino a poco tempo fa era una proprietà dei materiali e stava a indicare, dal latino resilio (salto indietro, rimbalzo), la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. 

Ultimamente il termine va di moda in senso traslato, a significare l’attitudine di un individuo, o di un sistema, di adattarsi a una condizione negativa o traumatica. Piace alla gente che piace, soprattutto agli psicologi e ai sociologi, alle soubrette televisive e ai presidenti incaricati, perché suona bene e permette di darsi un tono di elevazione culturale a buon mercato, mentre fornisce a chi lo sfoggia la prova incontrovertibile di essere à la page. Un noto influencer e deejay, tale Gianluca Vacchi, se lo è fieramente tatuato sulla pancia. Sgarbi, dopo il discorso di Draghi al Senato, che lo ha ripetuto dieci volte dieci, ha detto che si tratta di neologismo «usato solo dagli incapaci, dai cretini, dagli ignoranti». 

Ma sbaglierebbe chi lo liquidasse come mero fenomeno di folklore linguistico, perché in realtà è ben di più: è strumento di una manovra di persuasione collettiva per cui, in presenza di radicali cambiamenti per la loro vita, le persone vanno educate ad adeguarvisi senza opporre alcuna resistenza e, ancor prima, senza tentare di comprendere cosa davvero accada, ad opera di chi, e perché. In pratica, la gente deve convincersi che la virtù risiede nel saper sviluppare in ogni circostanza un indefinito spirito di adattamento, in modo che lo sforzo sia rivolto sempre e solo verso se stessi, a prescindere dal tipo di cambiamento, dalla sua genesi e dalla sua bontà: non deve essere contemplata l’opzione di contrastarlo e superarlo, nemmeno quando implichi imposizioni palesemente ingiuste, dissennate, distruttive. E così, a scuola, bisogna programmaticamente scoraggiare ogni velleità di pensiero autonomo e alternativo, che rischi di indurre qualcuno a non subire supinamente i comandi diramati dalla centrale.

PROTOCOLLO SCOLASTICO VENETO Il Veneto laborioso ed efficiente è un laboratorio di eccellenza per testare il tasso di resilienza della popolazione. Possiede un governatore nominato per acclamazione, e un inveterato rispetto per le istituzioni. Vige, qui, un nuovo protocollo per la gestione dell’epidemia nelle scuole. Lo ha elaborato l’autorità sanitaria sottoforma di linee guida e poi la regione lo ha imposto alle scuole di ogni ordine e grado, asili esclusi, senza nemmeno recepirlo con un qualche genere di provvedimento formale. Il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica, dunque, è diventato legislatore. Congratulazioni.

Ebbene, questo protocollo prevede che, alla presenza di un caso di positività, anche se riguarda un soggetto asintomatico e quindi verosimilmente non contagioso (lo dice pure Fauci), scatta il tamponamento di massa, tramite convocazione allo stadio, curva sud (non è una boutade), di tutta la classe. Cioè, non solo dei contatti stretti, individuati secondo i criteri stabiliti tenendo conto della pletora di stringenti misure di sicurezza imposte agli scolari e ai docenti (mascherine sempre, rigoroso distanziamento, igienizzazione, finestre aperte, divieto di scambio di materiali, eccetera eccetera). No. Tutto il repertorio di restrizioni è di fatto vanificato dalla trovata del “contatto scolastico”, categoria inventata per far partire in automatico per classi intere la giostra dei tamponi seriali e l’eventuale quarantena. 

Tutti allo stadio per il trattamento, tutte le volte che si verifichi un presupposto che è ormai fenomeno corrente, normale, persino fisiologico.

È stato costruito un marchingegno perfetto per sottomettere le famiglie, senza eccezioni, a un ciclico rituale, che testimoni la partecipazione corale alle sacre liturgie della nuova religione terapeutica la quale, come ogni religione che si rispetti, richiede offerte.

Se poi la conversione non fosse spontanea, scatta la minaccia. Sì, perché il testo redatto dalla autorità sanitaria onnipotente, e recepito con atto di fede dalla autorità amministrativa, prevede che, nell’ipotesi residuale in cui qualcuno rifiuti il tampone – com’è nel suo diritto costituzionalmente garantito in materia di trattamenti sanitari –, lo stesso SISP, «oltre a porre in quarantena i contatti scolastici senza test di screening», valuti «le strategie più opportune per la tutela della salute pubblica, inclusa la possibilità di disporre la quarantena per tutti i contatti scolastici (a prescindere dal test di screening)». Tradotto: ti passa per la testa l’idea di non far tamponare tuo figlio con le modalità zootecniche prescritte? Sappi che possiamo scatenarti addosso una cinquantina di genitori infuriati, ti avvertono le istituzioni provvidenti, quelle stesse che organizzano compulsivamente progetti contro il bullismo nelle scuole.

Ricapitolando: un manipolo di signori senza arte né parte, che non sa nemmeno cosa sia il diritto e ne brandisce a vanvera le parole, in virtù della divisa che indossa si permette di tenere sotto schiaffo una popolazione fatta di bambini, di giovani, di famiglie, di lavoratori, attraverso la forza e l’intimidazione. La tragedia vera è che le vittime, per lo più, incassano, sacrificando all’idolo sanitario ogni bene e ogni libertà.

C’È CHI STA PAGANDO E CHI PAGHERÀ Le greggi stanno dimostrando una docilità probabilmente insperata al loro stesso mandriano. Il terreno è già pronto per la soluzione finale, verso la quale accorreranno in molti, dietro il miraggio del ritorno a una normalità i cui connotati vengono nel frattempo via via ridefiniti. 

Non tutti però sono disposti a offrire i propri figli come vittime sacrificali al nuovo feticcio terapeutico. E chi vede il disegno in controluce non si arrenderà facilmente.

Se può ancora darsi che qualche povero teledipendente sia convinto della narrazione ufficiale diffusa a reti unificate – gli stessi media che esercitano una censura serrata contro qualsiasi voce dissonante – è difficile, ormai, credere alla buona fede di chi ricopre posizioni di potere; impossibile pensare che lorsignori ignorino come centinaia di medici onesti e intraprendenti stiano onorando l’antico giuramento e curino la gente in casa con farmaci sicuri, di lungo corso, che hanno il solo effetto collaterale di essere innocui ed economici. Impossibile che non sappiano che il Covid si sconfigge a domicilio e che è entrato a far parte, come era per l’influenza stagionale oggi miracolosamente scomparsa, della nostra quotidianità. Impossibile che non vedano i danni incommensurabili che il Covid pigliatutto ha provocato, numeri alla mano, col sottrarre l’assistenza ai malati di altre più gravi patologie, che muoiono come le mosche per carenza di cure. Vergognoso che facciano finta di non accorgersi della barbarie che le procedure dell’emergenza portano con sé, della solitudine siderale dei vecchi e dei malati, della sofferenza dei giovani segregati nella prigione dei sensi e criminalizzati se sognano di evadere.

Nulla ha senso nello scenario apocalittico che da un anno stiamo subendo, come tante comparse involontarie di un osceno film dell’orrore. Basterebbe essere in tanti a resistere ai ricatti e a obbedire alla legge, quella vera, che riconosce e garantisce le libertà fondamentali e sta lì proprio per proteggere quelle libertà dagli abusi degli apprendisti tiranni.

Ma, intanto, quel nostro figlio si è buttato dal terzo piano di un albergo diroccato sotto gli occhi di sua madre. Intanto ai nostri figli viene di giorno in giorno sottratto un pezzo di vita. Gliene stanno graziosamente lasciando qualche boccone che sa di medicina, sotto stretto controllo dell’autorità, in alternativa al trasferimento armi e bagagli nell’inferno della finzione virtuale in via di rapido consolidamento nel dicastero di Colao.

Finché arriverà il momento in cui la verità, autoevidente, diventerà contagiosa e soppianterà altri contagi. E allora tutti quelli che l’hanno pervicacemente calpestata, al riparo di un sistema criminale che si crede imbattibile, saranno chiamati in fila per uno a pagare il conto.

Elisabetta Frezza

https://www.ricognizioni.it/il-vero-contagio-e-quello-della-disperazione/

Solo noi possiamo liberare noi stessi

 


Domani  è l'anniversario del primo Grande Confinamento dell'Italia e degli italiani dopo il focolaio localizzato a Codogno nella bassa lodigiana. A dire il vero, dovrebbe essere il 29 febbraio 2020, data palindroma che segna quell'anno bisesto-funesto che mai dimenticheremo per il resto dei nostri giorni, ma questo mese è di 28 giorni. E quel che è peggio,  siamo punto e a capo. In un anno, quand'anche accettassimo la narrativa covidiota, hanno fatto di tutto per non voler curare l'epidemia, vietando farmaci che guariscono, ma che hanno il difetto di costare poco (idrossiclorochina, eparina, cortisonici). Si doveva arrivare con ogni mezzo ai vaccini. Hanno dato protocolli farlocchi e inesistenti per i malati a domicilio, e non vere cure domiciliari. Hanno curato rozzamente e con lunghe estenuanti attese  ai pronto-soccorsi, i colpiti. In molti casi sono morti durante l'attesa del codice Cup. Hanno impedito di fare le autopsie ai deceduti di Bergamo. Li hanno prontamente cremati perché non rimanesse nulla di loro per un'eventuale ricerca autoptica. Oltre, ovviamente,  ad aver straziato il cuore dei loro cari che non ne hanno potuto piangere le spoglie. E il criminale Speranza e la sua banda del cosiddetto CTS, se ne sta ancora lì, imperterrito.  Mentre il boiardo di stato Arcuri è riuscito ad avere un altro mese di proroga, grazie anche all'oppofinzione leghista-forzista. Draghi, dopo aver fatto finta di ventilare che non si sarebbe più servito di strumenti come i  famigerati DPCM, ora li sta usando "copiando" addirittura Conte. Complimenti per la creatività! Una "griffe" d'alta Finanza come la sua, spesa per copiare l'Avvocaticchio di Volturara Appula?  Del resto, Draghi è l'uomo che non ha nemmeno bisogno di parlare. 
Fa pure ridere a crepapancia la mesta Gelmini che si vanta di aver ottenuto la possibilità  di "dare lo spazio-tempo necessario" di avvertimento, affinché le famiglie e le imprese si possano organizzare. Pensate un po' che progresso!  Si viene avvisati delle chiusure lunedì invece che il venerdì alla vigilia del weekend. Come dire: vi tortureremo solo al mattino, perché poi di notte rischiate di rimanere svegli. Siamo pur sempre a quell'odioso "vi sarà consentito", di contiana memoria.  Per chi non l'avesse ancora capito, gli Italiani ne hanno le tasche piene di segregazioni, confini e lockdown vari, siano essi monocolore (l'arancione uguale per tutti),  sia mediante il risiko regionale dei colori che muta da una settimana all'altra.
Ma questi fino a che non hanno ucciso l'ultimo gelataio (da lunedi in Lombardia dovrà vendere il suo gelato solo d'asporto e niente più coni o coppette alle famigliole), l'ultimo barista e l'ultimo ristoratore, non sono soddisfatti. Glielo ordina Schwab e il suo Grande Reset.  E figuriamoci, dopo aver constatato che con la primavera anticipata  e le giornate che si allungano, questi poveracci hanno guadagnato un po' di quattrini! Sai come rosicano! Li vogliono falliti subito. 
Al ladro, al ladro! All'evasore, all'evasore! Assembramento, assembramento! Chiudere tutto, chiudere tutto! 
Per dispetto a questi ipocriti farisei, ho consumato tanti di quegli aperitivi come  in tutta la mia vita non ho bevuto mai: gialli, rossi, arancioni, un po' come le regioni imprigionate dai loro stramaledetti colori. Con patatine, con stuzzichini, con noccioline....
Riprendiamoci la Vita, la vera vita. Riprendiamoci la Libertà, tutta la libertà  che ci hanno sequestrato. Solo noi possiamo salvare noi stessi e la nostra amata Patria. Non possiamo più andare al ristorante, al cinema, a teatro, non possiamo più viaggiare né incontrare amici. Riprendiamoci la Bellezza.  I talebani del BLM nostrani non ci concedono nemmeno più di visitare il Cenacolo di Leonardo o la Primavera di Botticelli. Sta scritto: non di solo pane vive l'uomo, perciò non possiamo accontentarci solo di cibo. Sperano di mettere gli artigli sozzi e acuminati sulle nostre opere, sulle nostre pinacoteche dove quel servo di Franceschini ha messo solo tedeschi e inglesi, quali custodi dei nostri tesori 
(non si dipinge per tenersi arte in casa, ma per vendere e vendere presto e con profitto, peccato contro natura - scriveva Ezra Pound).  
Riprendiamoci la Salute, quella  che vi vogliono togliere con ogni mezzo. Negare la ginnastica, la palestra, le piscine e il nuoto che è   una delle principali attività aerobiche, vivamente indicato anche in caso di traumi alle articolazioni, lo sci e  tutti gli altri sport....  è un crimine. Chiudere le persone in casa, impedendo l'esposizione solare  in modo da far crollare il sistema immunitario, è un'altra delle loro ignobili torture. Così com' è miserabile sevizia vietare una buona e sana respirazione mediante l'uso obbligatorio della mascherina.  La loro paranoide concentrazione sul virus coi loro bollettini martellanti di TeleCovid h 24 (ora ci sono pure le "varianti") , ha impedito di curare e prevenire tutte le altre patologie. Non finirò mai di ripetere che si può perdere la salute per la libertà (vera salvezza dello spirito) , ma non si può perdere la libertà per un concetto di  salute basato sulla clausura e sui quattro salti del canarino in gabbia: becchime, saltelli sull'assicciola, becchime e gabbietta. 
La  ribellione, la disobbedienza civile e organizzata deve poter cominciare proprio a partire dalla data del 6 marzo, che - guarda caso - dovrebbe segnare l'inizio della chiusura generalizzata per tutta la Penisola,  proprio come l'anno scorso. Non rispettiamola più. Abbiamo già atteso anche troppo. 

Giorno di S. Leandro
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