ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 19 marzo 2021

“Un progetto esaurito”

“Non si può evangelizzare il mondo con una Messa che si rifà agli anni Sessanta del secolo scorso”. Un’analisi sincera

    Di recente padre Richard Gennaro Cipolla, ex pastore episcopaliano divenuto prete cattolico, si è rivolto con una lettera molto significativa al vescovo ausiliare di Los Angeles Robert Barron. Credo che sia interessante e istruttivo stare ad ascoltare padre Richard perché nella sua analisi, dedicata principalmente alla liturgia, tocca alcuni nodi decisivi, dei quali molti fedeli laici sono ormai consapevoli, mentre troppi vescovi continuano a ignorarli.

Padre Richard all’inizio del suo contributo rivolto al vescovo Barron scrive: “Sono un prete cattolico, che presto diventerà ottantenne. Sembrerebbe più prudente in questo momento della mia vita mettere da parte tutto ciò che minaccia la pace e l’equanimità a cui si dovrebbe tendere in questa fase della mia vita. Ma, ahimè, il mio corredo genetico dell’Italia meridionale non rende facile vivere una vita rilassata in questo momento in cui dovrei abbandonarmi alla contemplazione e al ricordo delle cose passate”.

Ma perché una lettera proprio a Barron?

Il motivo sta in un articolo (The Evangelical Path of Word on Fire) in cui Barron, schierandosi contro sia i cattolici liberali sia i tradizionalisti, sostiene di essere dalla parte del Concilio Vaticano II e di tutti i papi del post-Concilio, fino a Francesco.

Ricordando di aver spesso criticato il cattolicesimo che ha dominato negli anni dopo il Concilio Vaticano II, Barron dice: “Ho messo l’accento sul cristocentrismo in opposizione all’antropocentrismo, sul metodo teologico basato sulla Scrittura piuttosto che su quello fondato sull’esperienza umana, ho sottolineato la necessità di resistere alla riduzione del cristianesimo alla psicologia e al servizio sociale, per un recupero della grande tradizione intellettuale cattolica”.

In questa linea, racconta Barron, ispirato soprattutto da Giovanni Paolo II, “ho prodotto video su un’ampia varietà di temi teologici e culturali; ho realizzato documentari che trasmettevano la verità e la bellezza del cattolicesimo; ho predicato sulla Bibbia alla radio, alla televisione e su Internet; e alla fine ho sviluppato un istituto per la formazione dei laici”. Tutto ciò in risposta a quello che Barron definisce “cattolicesimo beige”, annacquato e sfumato.

“Sul liberalismo cattolico – afferma il vescovo – non ho mai cambiato idea e continuo a considerarlo, come dice il mio mentore, il cardinale Francis George, un progetto esaurito”. Tuttavia, Barron si dice convinto che anche il cattolicesimo conservatore sia inadeguato, perché “si rifugia in precedenti forme culturali di espressione della fede e le assolutizza”, rendendosi così incapace di incidere sul tempo presente e di coinvolgere la cultura in cui si trova ad agire.

A questo proposito, nell’articolo Barron denuncia: “Negli ultimi anni, all’interno del cattolicesimo americano è emerso un movimento ferocemente tradizionalista, che ha trovato casa soprattutto nello spazio dei social media. Ciò è avvenuto, in parte, come reazione allo stesso cattolicesimo beige che ho criticato, ma la sua ferocia è dovuta agli scandali che hanno scosso la Chiesa negli ultimi trent’anni, in particolare il caso McCarrick. Nella loro rabbia e frustrazione, in parte giustificata, questi cattolici tradizionalisti sono diventati nostalgici della Chiesa del periodo preconciliare e ostili verso lo stesso Concilio Vaticano II, papa Giovanni XXIII, papa Paolo VI, papa Giovanni Paolo II, e in particolare verso il nostro attuale Santo Padre”.

“La suprema ironia – scrive Barron – sta nel fatto che questi cattolici radicalmente tradizionalisti, nella loro resistenza all’autorità del papa e nella loro negazione della legittimità di un concilio ecumenico, hanno rischiato di uscire dai confini della Chiesa. Il loro non è certo un cattolicesimo beige, ma è davvero un cattolicesimo che si auto-divora. E forse intuendo questa contraddizione, sono arrabbiati con chiunque osi sfidarli”.

Dunque, dice Barron, la mia posizione è quella di chi dice un sonoro “no” sia al cattolicesimo beige che a quello auto-divorante. È la posizione di chi “sta con il Vaticano II, Giovanni Paolo II, papa Benedetto XVI, papa Francesco, il Catechismo del 1992, e ha come missione la Nuova evangelizzazione”. È la posizione di chi “non vuole né arrendersi alla cultura né demonizzarla, ma piuttosto, nello spirito di san John Henry Newman, vuole impegnarsi resistendo a ciò a cui si deve resistere e assimilando ciò che può, facendosi, come diceva san Paolo, tutto a tutti, per amore del Vangelo (1 Cor. 9: 22–23).

Secondo Barron, in conclusione, sia il cattolicesimo liberale sia quello di stampo tradizionalista sono “moribondi”. Ed ecco perché, spiega, ha cercato di collocare Word on Fire (il suo sito) “sulla via di un cattolicesimo evangelico, il cattolicesimo dei papi santi associato al Vaticano II, un cattolicesimo vivente”.

Ed ecco a questo punto la risposta di padre Richard Gennaro Cipolla.

“Seguo la tua carriera nella Chiesa da alcuni anni, con una buona dose di ammirazione per la tua posizione contro quello che chiami cattolicesimo liberale. San John Henry Newman, quel grande oppositore del liberalismo nella religione, approverebbe la tua battaglia contro il cattolicesimo beige. I tuoi numerosi video didattici mostrano chiaramente che comprendi il ruolo importante della Bellezza nella fede cattolica. Ovviamente sei un uomo di vera fede che ama la Chiesa”.

“Penso – prosegue Cipolla – che tu ti vedi come una via media tra cattolici conservatori e liberali. Ma devo avvertirti di non sposare alcuna via media, poiché lo stesso cardinale Newman ti metterebbe in guardia dalla sua esperienza con questo modo di pensare. Il problema non è il tuo matrimonio con un vigoroso cattolicesimo evangelico. Il problema è non solo che sei un figlio delle conseguenze del Concilio Vaticano II, ma anche e soprattutto che sei un prodotto del mondo novus ordo. La tua comprensione della liturgia, “il vertice verso cui è diretta l’attività della Chiesa”, si basa su una forma della Messa che è una rottura radicale con la Tradizione, un prodotto degli anni Sessanta, una forma che ha rilevanza solo per le due generazioni del post-Concilio. Sicuramente una delle ragioni del rapido calo della frequenza regolare alla Messa – in alcune diocesi meno del 15% – è che per tanti giovani uomini e giovani donne la Messa novus ordo non dice nulla rispetto a ciò che cercano spiritualmente. Stanno cercando il pane e il vino del paradiso, non il prodotto di un frullatore che sa di cibo per bambini”.

“Sei troppo giovane – dice padre Cipolla al vescovo Barron – per avere avuto qualche esperienza della Chiesa prima del Concilio Vaticano II. Avevi sei anni quando il Concilio finì. Eri un bambino piccolo quando i continui cambiamenti liturgici scuotevano la Chiesa, e avevi solo undici anni quando fu promulgato il Messale novus ordo di san Paolo VI e fu soppressa la Messa romana tradizionale che aveva almeno 1500 anni. Quel poco che hai sentito sulla Messa tradizionale è stato altamente filtrato da coloro che hanno accolto con favore la soppressione della Messa tradizionale e l’imposizione di una forma liturgica mai vista prima nella Chiesa cattolica. Ricordo abbastanza bene i catechisti che pensavano fosse loro dovere sopprimere ogni riferimento alla Messa tradizionale e alla fede nella Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia e negare che la Messa sia un vero e reale Sacrificio”.

“La tua è la generazione per la quale la liturgia tradizionale è stata cancellata. La cancel culture, di cui tanto si parla oggi, fu anticipata anni fa nell’immediato periodo postconciliare riguardo alla vita liturgica della Chiesa. Ma la cancellazione non può funzionare in una Chiesa collegata all’eternità e all’Eterno Dio. La scoperta della Messa romana tradizionale è stata un’esperienza spirituale sconvolgente nella mia vita di sacerdote: ha portato molti buoni frutti nel mio ministero e mi ha riempito di una gioia che nulla può togliere. I tanti seminaristi e giovani sacerdoti che sono attratti dalla Messa tradizionale sono fortunati in quanto appartengono a una generazione per la quale la Messa tradizionale non è stata annullata dall’autorità. Questi uomini, e anche molte donne, sia religiose che laiche, hanno trovato una perla di grande valore e questo li rende molto felici, spiritualmente felici”.

I più anziani, scrive poi padre Richard, hanno vissuto il crollo dell’educazione religiosa, degli ordini religiosi, del sacerdozio. La corruzione sessuale nel clero è stata solo una conferma: qualcosa è andato terribilmente storto negli anni successivi al Concilio Vaticano II.

L’evangelizzazione è la questione centrale, “ma, come sapeva papa Benedetto XVI, non puoi evangelizzare il mondo con una Messa novus ordo le cui radici e le cui motivazioni sono rinchiuse negli anni Sessanta del secolo scorso”.

“Io non sono – conclude padre Richard – un tradizionalista radicale. Sono un uomo felice che ama la Chiesa cattolica e il suo Signore e Salvatore Gesù Cristo. Mi rallegro che così tanti giovani seminaristi e sacerdoti scoprano da soli la bellezza e la profondità della Messa romana tradizionale. Mi rallegro che così tante famiglie cattoliche abbiano scoperto che cosa significhi il culto di Dio mentre lo sperimentano nella Messa romana tradizionale. Queste persone sono veramente evangeliche. Non assumono l’atteggiamento di quelli che dicono “abbiamo trovato ciò che ci piace e ciò che ci si addice e il resto della Chiesa può andare all’inferno”. Nient’affatto. Sono gioiosi e accoglienti e sono evangelici nel vero senso della parola”.

La conclusione di padre Richard è tutta da leggere. Scrive che andare a una tipica Messa parrocchiale cattolica, la domenica, molto probabilmente significa non trovare riverenza, umiltà e timore di Dio. Lì molto probabilmente vedrai un uomo, in piedi davanti a un tavolo, che sostiene di parlare a Dio mentre, chissà perché, sta di fronte alle persone a cui non sta parlando. Trovi un laico o una laica che fanno letture che spesso significano molto poco per chi ascolta. Ascolti musica tristemente mediocre e sentimentale che non può ispirare riverenza e soggezione. Ascolti una predica che consiste in battute per convincere la gente che ciò che viene detto non è serio.

“Monsignor Barron, penso che dovresti scrivere di meno e parlare di meno, uscire di più e incontrare persone. E per incontrare persone non intendo condurre conferenze e tenere discorsi importanti. Intendo ascoltare non solo i tuoi fan ma tutti gli uomini e le donne, di ogni condizione, e spero che ti avventurerai anche a sederti in coro in una parrocchia della tua diocesi che offra la Messa romana tradizionale”. Ma per fare ciò occorre mettere finalmente da parte, conclude padre Richard, i pregiudizi che risalgono alla metà del secolo scorso.

“Il grande vantaggio della Messa tradizionale romana è che puoi rilassarti. Non devi salire sul palco. Non devi tenere una predica brillante. Non devi rendere la Messa rilevante per i fedeli. Devi solo essere disposto a giocare nei campi del Signore”.

A.M.V.

Fonti: rorate-caeli.blogspot.comwordonfire.org

https://www.aldomariavalli.it/2021/03/18/non-si-puo-evangelizzare-il-mondo-con-una-messa-che-si-rifa-agli-anni-sessanta-del-secolo-scorso-unanalisi-sincera/? 

AL POSTO DI SEQUERI

Bordeyne, chi è il nuovo preside del “fu Istituto GPII”

Con il nuovo preside Philippe Bordeyne si completa il restyling, nel solco di Amoris Laetitia, dell’Istituto Giovanni Paolo II. Il teologo francese, a colpi di “discernimento”, si discosta dall’Humanae Vitae sulla contraccezione e promuove quell’etica della situazione che era già stata smascherata quasi settant’anni fa da Pio XII.

Fuori Pierangelo Sequeri e dentro Philippe Bordeyne, rettore dell’Institut Catholique di Parigi dal 2011. Per un quadriennio rinnovabile, monsignor Bordeyne, teologo moralista, 61 anni, si troverà a presiedere l’Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia, che ha così completato il suo restyling - leggi: colpo di stato - secondo la corrente stilistica di Amoris Laetitia. E, in effetti, Bordeyne era tra i 23 esperti del Sinodo sulla famiglia, facendo già chiaramente capire all’epoca quale sarebbe stata la svolta morale all’interno della Chiesa: le discernement pour tous.

Non che si abbia qualcosa contro il discernimento: tutt’altro. Il problema è che esso è diventato la testa d’ariete per sbriciolare la vita teologico-morale dell’uomo in miliardi di frammenti, tanti quanti sono gli esseri umani. In sostanza, la nuova morale “in uscita” si serve del discernimento per affermare che la norma morale vale ut in pluribus (il che è vero), ossia non è in grado di prevedere tutte le situazioni concrete della vita umana, ma dimentica poi di ricordare che esistono, sul versante “negativo”, degli atti che sono proibiti semper et pro semper. Il che, tradotto, significa che non si tratta più di scegliere la propria strada, tra quelle che portano al fine buono, modulare l’andatura, assumere i mezzi necessari, etc.; ma che è anche possibile uscire di strada, ben sapendo di finire in un burrone e rompersi l’osso del collo, purché lo si faccia in coscienza e dopo un lungo discernimento.

Alle porte del Sinodo sulla Famiglia del 2014, mons. Bordeyne metteva già avanti che l’idea di un cammino penitenziale sarebbe stata in qualche modo rimpiazzata dal “discernimento personale e pastorale” (vedi qui); un cambiamento eloquente, che rinuncia a promuovere una conversione nella persona, dal peccato alla grazia, a favore invece di un “aggiustamento” ben poco cristiano, ma che Bordeyne definisce invece come “realista”: «Il realismo di Francesco, il realismo del cristiano è quello di guardare cosa Dio sta facendo nella nostra vita [...]. Il papa dice: c’è bisogno di discernimento personale e pastorale per queste persone [...]. Non appelli di Dio impossibili! Non appelli di Dio a rimanere fedeli alla prima unione: sono vent’anni che è morta! Ma appelli di Dio oggi».

Il nuovo preside del “fu Istituto Giovanni Paolo II” ha dunque già deciso che Dio non è in grado di sorreggere la fragilità dell’uomo, che la grazia del sacramento del matrimonio si infrange di fronte alle debolezze umane. Anzi, che l’infedeltà umana è più forte dell’indissolubilità del matrimonio, al punto da fargli definitivamente il funerale. La misericordia del nuovo corso ecclesiale non è evidentemente abbastanza potente: dal “nulla è impossibile a Dio” si è passati al “Dio non chiede nulla di impossibile”, trasformando in questo modo la misericordia divina in una resa di fronte alla fragilità umana, il perdono che rigenera in giustificazione che scusa, e la conversione della vita in un adattamento alla nuova situazione: «Non si può chiedere alle persone l’impossibile - spiega ancora Bordeyne -. Non si può chiedere alle persone di separarsi, perché sarebbe una nuova caduta; si deve domandare loro di costruire l’avvenire insieme a Dio. Perciò si chiede loro di valutare la qualità di questa nuova unione». In questa prospettiva, il discernimento, senza condurre alla conversione, può però aprire la strada per la reintegrazione sacramentale, ovviamente «in certi casi».

È piuttosto evidente che questa impostazione morale assomiglia tanto a quella delineata criticamente ormai settant’anni fa da Pio XII (AAS, 1952, nn. 7-8, pp. 413-419) e battezzata come “morale di situazione”: «Il segno distintivo di tale morale è costituito dal fatto che essa non si basa in alcun modo sulle leggi morali universali, come ad esempio i Dieci Comandamenti, ma sulle condizioni o circostanze reali e concrete nelle quali si deve agire, e secondo le quali è la coscienza individuale a giudicare ed a scegliere. Questo stato di cose è unico ed è valido una sola volta per ciascuna azione umana. È per questo che la decisione della coscienza, affermano coloro che sostengono tale etica, non può essere dettata dalle idee, dai principii e dalle leggi universali». Il problema è che tale etica è sempre stata condannata dalla Chiesa, almeno fino all’attuale pontificato. Ora, invece, è in auge, mascherata da “morale del discernimento” e chi la sostiene ottiene incarichi, cattedre e presidenze.

A confermare ancor più chiaramente che mons. Bordeyne intende guidare la nave verso questa deriva, è la sua posizione sulla contraccezione (vedi qui). Constatando che tra l’insegnamento di Humanae Vitae e la pratica dei fedeli c’è sempre più distanza, occorre secondo lui domandarsi se si tratti «di semplice sordità ai richiami dello Spirito», oppure se non sia «il frutto di un lavoro di discernimento e di responsabilità nelle coppie cristiane sottoposte alla pressione di nuovi modi di vita». Il discernimento può dunque condurre ad un comportamento che contraddice la legge morale, senza farsi troppi problemi. Continua Bordeyne: «Le scienze umane e l’esperienza delle coppie ci insegnano che i rapporti tra desiderio e piacere sono complessi, eminentemente personali e dunque variabili secondo le coppie, ed evolvono nel tempo e all’interno della coppia. Davanti all’imperioso dovere morale di lottare contro le tentazioni dell’aborto, del divorzio e della mancanza di generosità di fronte alla procreazione, sarebbe ragionevole rimettere il discernimento sui metodi di regolazione delle nascite alla saggezza delle coppie».

È il De Profundis di Humanae Vitae, peraltro già celebrato sulla cattedra di Bioetica dell’Istituto da Maurizio Chiodi, chiamato da Vincenzo Paglia a dar man forte alla rivoluzione nel 2019. Bordeyne prospetta così una duplice via: quella «dei metodi naturali che implica la continenza e la castità potrebbe essere raccomandata come un consiglio evangelico, praticato dalle coppie cristiane o non, che richiede la padronanza di sé nell’astinenza periodica. L’altra via la cui liceità morale potrebbe essere ammessa, con la scelta affidata alla saggezza degli sposi, consisterebbe nell’usare dei metodi contraccettivi non abortivi. Se gli sposi decidono d’introdurre questo medicamento nell’intimità della loro vita sessuale, sarebbero incoraggiati a raddoppiare il loro mutuo amore. Quest’ultimo è il solo a poter umanizzare l’uso della tecnica, al servizio di un’ecologia umana della generazione». Insomma, la castità coniugale diventa come quella religiosa: un consiglio evangelico, a cui però non tutti sono tenuti. Anzi, chi invece opta per la nuova “via comune”, quella della contraccezione non abortiva, si troverebbe addirittura davanti alla straordinaria missione di umanizzare la tecnica...

Bordeyne dev’essersi perso nell’intricato reticolato di tracce mnestiche scavate dal suo continuo discernimento, se pensa che le sue affermazioni possano anche solo lontanamente apparire come uno sviluppo dell’insegnamento della Chiesa. Se magari, anziché perdersi dietro la complessità del rapporto tra desiderio e piacere, avesse dedicato il suo tempo a comprendere le dinamiche della tentazione e delle passioni, avrebbe capito quello che i piccoli secondo Dio sanno da tempo: che la lussuria ha molti volti e che la fornicazione e l’adulterio sono sempre peccato. Punto e basta.

Luisella Scrosati

https://lanuovabq.it/it/bordeyne-chi-e-il-nuovo-preside-del-fu-istituto-gpii

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.