Stop a Johnson&Johnson, altra crepa nel messianismo vaccinale
La Food and Drug Administration, l’ente americano per i farmaci, ha deciso la sospensione del vaccino Johnson&Johnson. La causa: le reazioni gravi, legate a coaguli di sangue, manifestatesi entro due settimane dalla somministrazione in sei donne di età compresa tra i 18 e i 48 anni. In Europa, l’Ema temporeggia sul nesso causale, come aveva inizialmente fatto con AstraZeneca. La realtà è che per i vaccini anti-Covid in commercio sono stati “bruciati” i tempi. Serve una migliore farmacovigilanza. E dall’Università del Queensland arriva un monito rispetto alla strategia vaccinocentrica.
Come per ogni vaccino per il Covid, anche per il prodotto della multinazionale americana Johnson&Johnson negli ultimi giorni, in coincidenza con l’approvazione dell’Ema e quindi dell’Aifa, era stato creato un clima di febbrile attesa. Alcuni aspetti di questo vaccino sembravano renderlo molto appetibile, a partire dal fatto che si tratta di un monodose, con un’unica somministrazione. Aggiungiamo il fatto che non è vincolato a fasce di età e, anche a seguito dello spostamento di AstraZeneca agli ultrasessantenni, sembrava essere il vaccino per la mezza età o addirittura per i giovani. In Europa erano attese nelle prossime settimane 200 milioni di dosi di questo vaccino.
Martedì, tuttavia, è arrivata la doccia fredda. La Food and Drug Administration, l’ente nazionale americano per l’autorizzazione e il monitoraggio dei farmaci, ha deliberato la sospensione delle somministrazioni di Johnson&Johnson con effetto immediato. La decisione è stata presa a seguito delle reazioni gravi sviluppatesi in sei donne di età compresa tra i 18 e i 48 anni nelle due settimane successive alla somministrazione del vaccino. Le reazioni erano legate a fenomeni di coagulazione sanguigna, come per AstraZeneca, che tra l’altro non è ammesso negli Stati Uniti.
L’annuncio del provvedimento americano avrà anche delle ripercussioni inevitabili in Europa. L’Agenzia europea per i medicinali ha dichiarato che “al momento non è chiaro se esista un nesso causale tra la vaccinazione con il farmaco contro il Covid-19 di Johnson & Johnson e i casi di coaguli di sangue”. Una formulazione che abbiamo già visto per AstraZeneca, prima che il 7 aprile scorso il comitato per la sicurezza dell’Ema dichiarasse che “i coaguli di sangue insoliti con piastrine basse” - la stessa reazione riscontrata in America che potrebbe essere collegata al vaccino di J&J - debbano essere elencati come effetti collaterali molto rari di Vaxzevria (il nuovo nome di AstraZeneca) e parlasse di un “legame” con il vaccino, pur ribadendo che “i benefici della vaccinazione superano i rischi ad essa connessi”.
L’allarme che in America è nato per gli effetti collaterali del vaccino J&J dovrebbe comunque portare ad alcune riflessioni. Qualcuno si chiederà se è normale che tutti i vaccini finora utilizzati diano queste reazioni avverse.
In condizioni normali, quando un farmaco deve entrare sul mercato ci sono dei tempi ben precisi da rispettare e dei lavori da pubblicare e sottoporre alla revisione del mondo scientifico. Tale procedura non è stata tenuta in considerazione per i vaccini in arrivo, con la giustificazione dell’emergenza. Per autorizzare un farmaco, occorre che il produttore presenti prove precliniche di laboratorio e prove cliniche su esseri umani, di fase 1 (prove di sicurezza e tollerabilità di varie dosi su volontari sani), fase 2 e 3 (prove su gruppi di volontari in cui si confrontano efficacia ed effetti avversi in gruppi trattati o col farmaco o col placebo).
Per i farmaci normali sono richieste anche prove di farmacocinetica, vale a dire dimostrazioni di dove si accumulano nel corpo e di quanto tempo vi rimangono prima di essere eliminati; i vaccini invece sono esentati dalla presentazione di queste prove, per cui non si conosce il destino del vaccino nel corpo in cui è stato iniettato. Le fasi 2 e 3 di solito sono separate perché la fase 3 è fatta con numero più grande di volontari. Con i vaccini, i gruppi che sperimentano la fase 2 e soprattutto 3 devono essere abbastanza numerosi da consentire di vedere una differenza nel rischio di contrarre la malattia. Inoltre, studi sulla sicurezza in piccoli numeri non sono predittivi di eventi rari, che possono essere rilevati solo in ampi studi di fase 4 condotti dopo l’immissione in commercio di un vaccino.
Si dovrebbero quindi continuare a monitorare attentamente i risultati e una migliore farmacovigilanza dovrebbe far parte dello sviluppo di qualsiasi vaccino. I tempi di esecuzione degli studi dipendono dalla velocità e dall’accuratezza con cui li si porta avanti, ovviamente. Nel caso dei vaccini anti-Covid, tutti gli esperti sostengono che i tempi sono stati straordinariamente accorciati rispetto alle normali fasi di studio di un vaccino, che normalmente richiedono da 5 a 10 anni. La pubblicazione su una rivista scientifica di un lavoro di ricerca sottoposto a revisione tra pari (peer review) non sarebbe strettamente necessaria per l’autorizzazione, ma è ovviamente fondamentale in casi come quello di cui stiamo parlando, per la sua rilevanza su tutta la popolazione mondiale e per permettere un confronto aperto e trasparente dei vari prodotti in competizione. Una tale procedura aperta e trasparente non sembra sia stata tenuta in considerazione per i vaccini in arrivo.
Un segnale di attenzione opportunamente critica alla tecnologia con cui sono sviluppati i vaccini è venuto nei giorni scorsi dal governo australiano, che, ancora prima della decisione degli Stati Uniti, aveva deciso di non acquistare il vaccino Johnson&Johnson in quanto basato, come AstraZeneca, su una tecnologia a vettore virale. Più esattamente, precisiamo noi, il vaccino Johnson&Johnson (Ad26) è coltivato in linea cellulare PER.C6 da feti umani abortiti, realizzati con Adenovirus non replicanti, che portano una sequenza RNA della proteina spike del virus del Covid-19.
Sempre dall’Australia viene un importante monito (subito ripreso in Gran Bretagna) da parte di un ricercatore, il professor Ian Mackay dell’Università del Queensland. Il modello da lui elaborato dimostra che il solo vaccino non può essere la soluzione del problema dell’epidemia. Esistono molti altri fattori di cui tenere conto. Il “messianismo vaccinale” va decisamente ridimensionato.
Paolo Gulisano
https://lanuovabq.it/it/stop-a-johnsonjohnson-altra-crepa-nel-messianismo-vaccinale
Pro Vita e Famiglia: Tutti i Vaccini Anti-Covid in UE Collegati a Feti Abortiti.
Carissimi Stilumcuriali, come sapete il mondo cattolico è da tempo scosso dal dibattito sulla liceità o meno di utilizzare vaccini che possano provenire da aborti volontari. Ci sembra interessante pubblicare questo comunicato-appello di Pro Vita e Famiglia, come contributo e arricchimento alla discussione. Buona lettura.
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Condanna all’uso di linee cellulari provenienti da feti abortiti per i vaccini e impegno a promuovere il cambiamento
Tutti i vaccini contro il Covid-19 attualmente in distribuzione nell’Unione Europea sono sviluppati, prodotti e/o testati con linee cellulari che provengono da un bambino abortito (40 o 50 anni fa):
– Pfizer: ha utilizzato nella fase di ricerca e di sviluppo del vaccino, nonché nella fase di test, la linea di cellule fetali HEK293, proveniente da una bambina sana abortita negli anni ‘70. (“HEK” sta per “Human embryonic kidney”; la cifra “293” indica che era l’esperimento n. 293 del Dott. Frank Graham, nel laboratorio olandese di Alex van der Eb).
– Astrazeneca: ha utilizzato la linea HEK293 nella fase di ricerca e sviluppo. Inoltre, la utilizza – in modo continuativo – nella fase di produzione del vaccino.
– Moderna: ha utilizzato, nella fase di ricerca e di sviluppo del vaccino, la linea di cellule fetali HEK293.
– Johnson & Johnson: ha utilizzato, nella fase di ricerca e sviluppo, e utilizza – in modo continuativo – nella fase di produzione del vaccino, la linea di cellule fetali PER.C6, derivante da un bambino sano abortito a 18 settimane.
A prescindere dalla questione sulla liceità, in determinate circostanze, della somministrazione e dell’uso di vaccini (anche anti-Covid-19) collegati a “materiale biologico” derivante da feti abortiti, è necessario condannare fermamente un sistema che sfrutta linee cellulari provenienti da feti abortiti nella ricerca, produzione o sperimentazione e che rischia – almeno nel lungo periodo – di incentivare ulteriori aborti o il ricorso a nuove cellule di feti abortiti. Inoltre, è doveroso rinnovare l’impegno a sollecitare le case farmaceutiche e gli altri organismi sanitari a produrre e distribuire vaccini pienamente etici.
Nell’ambito della Chiesa cattolica, la Pontificia Academia Pro Vita (in una dichiarazione del 2005,) ha affermato quanto segue:
«[…] the use of vaccines whose production is connected with procured abortion constitutes at least a mediate remote passive material cooperation to the abortion, and an immediate passive material cooperation with regard to their marketing. Furthermore, on a cultural level, the use of such vaccines contributes in the creation of a generalized social consensus to the operation of the pharmaceutical industries which produce them in an immoral way.
Therefore, doctors and fathers of families have a duty to take recourse to alternative vaccines (if they exist), putting pressure on the political authorities and health systems so that other vaccines without moral problems become available.
They should take recourse, if necessary, to the use of conscientious objection with regard to the use of vaccines produced by means of cell lines of aborted human foetal origin. Equally, they should oppose by all means (in writing, through the various associations, mass media, etc.) the vaccines which do not yet have morally acceptable alternatives, creating pressure so that alternative vaccines are prepared, which are not connected with the abortion of a human foetus, and requesting rigorous legal control of the pharmaceutical industry producers.
In any case, there remains a moral duty to continue to fight and to employ every lawful means in order to make life difficult for the pharmaceutical industries which act unscrupulously and unethically. […]
To summarize, it must be confirmed that:
[…]
– the lawfulness of the use of these vaccines [vaccines without an alternative which have moral problems] should not be misinterpreted as a declaration of the lawfulness of their production, marketing and use, but is to be understood as being a passive material cooperation and, in its mildest and remotest sense, also active, morally justified as an extrema ratio […]
– such cooperation occurs in a context of moral coercion of the conscience of parents, who are forced to choose to act against their conscience or otherwise, to put the health of their children and of the population as a whole at risk. This is an unjust alternative choice, which must be eliminated as soon as possible.»
La Congregazione per la Dottrina della Fede (Istruzione Dignitas Personae su alcune questioni di bioetica, approvata dal Sommo Pontefice Benedetto XVI il 20 giugno 2008) ha affermato quanto segue a proposito «dell’uso di “materiale biologico” umano di origine illecita»:
«n. 34. Per la ricerca scientifica e per la produzione di vaccini o di altri prodotti talora vengono utilizzate linee cellulari che sono il risultato di un intervento illecito contro la vita o l’integrità fisica dell’essere umano. […] L’uso degli embrioni o dei feti umani come oggetto di sperimentazione costituisce un delitto nei riguardi della loro dignità di esseri umani, che hanno diritto al medesimo rispetto dovuto al bambino già nato e ad ogni persona. Queste forme di sperimentazione costituiscono sempre un disordine morale grave.
«n. 35. Una fattispecie diversa viene a configurarsi quando i ricercatori impiegano “materiale biologico” di origine illecita che è stato prodotto fuori dal loro centro di ricerca o che si trova in commercio. L’Istruzione Donum vitae ha formulato il principio generale che in questi casi deve essere osservato: “I cadaveri di embrioni o feti umani, volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani. In particolare non possono essere oggetto di mutilazioni o autopsie se la loro morte non è stata accertata e senza il consenso dei genitori o della madre. Inoltre va sempre fatta salva l’esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna con l’aborto volontario e che sia evitato il pericolo di scandalo”.
A tale proposito è insufficiente il criterio dell’indipendenza formulato da alcuni comitati etici, vale a dire, affermare che sarebbe eticamente lecito l’utilizzo di “materiale biologico” di illecita provenienza, sempre che esista una chiara separazione tra coloro che da una parte producono, congelano e fanno morire gli embrioni e dall’altra i ricercatori che sviluppano la sperimentazione scientifica. Il criterio di indipendenza non basta a evitare una contraddizione nell’atteggiamento di chi afferma di non approvare l’ingiustizia commessa da altri, ma nel contempo accetta per il proprio lavoro il “materiale biologico” che altri ottengono mediante tale ingiustizia. Quando l’illecito è avallato dalle leggi che regolano il sistema sanitario e scientifico, occorre prendere le distanze dagli aspetti iniqui di tale sistema, per non dare l’impressione di una certa tolleranza o accettazione tacita di azioni gravemente ingiuste. Ciò infatti contribuirebbe a aumentare l’indifferenza, se non il favore con cui queste azioni sono viste in alcuni ambienti medici e politici.
[…] Va pertanto precisato che il dovere di rifiutare quel “materiale biologico” – anche in assenza di una qualche connessione prossima dei ricercatori con le azioni dei tecnici della procreazione artificiale o con quella di quanti hanno procurato l’aborto, e in assenza di un previo accordo con i centri di procreazione artificiale – scaturisce dal dovere di separarsi, nell’esercizio della propria attività di ricerca, da un quadro legislativo gravemente ingiusto e di affermare con chiarezza il valore della vita umana. Perciò il sopra citato criterio di indipendenza è necessario, ma può essere eticamente insufficiente.
Naturalmente all’interno di questo quadro generale esistono responsabilità differenziate, e ragioni gravi potrebbero essere moralmente proporzionate per giustificare l’utilizzo del suddetto “materiale biologico”. Così, per esempio, il pericolo per la salute dei bambini può autorizzare i loro genitori a utilizzare un vaccino nella cui preparazione sono state utilizzate linee cellulari di origine illecita, fermo restando il dovere da parte di tutti di manifestare il proprio disaccordo al riguardo e di chiedere che i sistemi sanitari mettano a disposizione altri tipi di vaccini. […]»
Nella recente “Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19, 21.12.2020” si afferma che:
“[…] l’uso lecito di tali vaccini non comporta e non deve comportare in alcun modo un’approvazione morale dell’utilizzo di linee cellulari procedenti da feti abortiti. Si chiede, quindi, sia alle aziende farmaceutiche che alle agenzie sanitarie governative, di produrre, approvare, distribuire e offrire vaccini eticamente accettabili che non creino problemi di coscienza, né a gli operatori sanitari, né ai vaccinandi stessi. […]
Nello stesso tempo, appare evidente alla ragione pratica che la vaccinazione non è, di norma, un obbligo morale e che, perciò, deve essere volontaria. In ogni caso, dal punto di vista etico, la moralità della vaccinazione dipende non soltanto dal dovere di tutela della propria salute, ma anche da quello del perseguimento del bene comune. Bene che, in assenza di altri mezzi per arrestare o anche solo per prevenire l’epidemia, può raccomandare la vaccinazione, specialmente a tutela dei più deboli ed esposti. Coloro che, comunque, per motivi di coscienza, rifiutano i vaccini prodotti con linee cellulari procedenti da feti abortiti, devono adoperarsi per evitare, con altri mezzi profilattici e comportamenti idonei, di divenire veicoli di trasmissione dell’agente infettivo. […]».
Le dichiarazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla liceità dell’uso/somministrazione di vaccini collegati all’aborto riguardano un comportamento possibile ai privati come extrema ratio, in gravi circostanze e in modo provvisorio. Tuttavia, la posizione pubblica dei cattolici – e di tutto coloro che considerano l’aborto un male intrinseco – dovrebbe essere di condanna contro l’uso di linee cellulari provenienti da bambini abortiti e comunque contro la sperimentazione implicante la distruzione di feti umani. È opportuno ricordare che tali sperimentazioni e pratiche biomediche sono realizzate in un contesto in cui: l’aborto è la prima causa di morte dell’essere umano; l’aborto viene erroneamente dichiarato (da Parlamenti, Corti e organismi internazionali) un “diritto umano” o parte dei “diritti sessuali e riproduttivi”; la personalità del nascituro viene ampiamente negata; il traffico di parti del corpo di bambini non nati ai fini della sperimentazione e della ricerca è – in certi ambiti – una triste realtà; le case farmaceutiche o i laboratori interessati non avrebbero verosimilmente alcuna remora a ricorrere a nuove linee cellulari o a organi di feti “freschi” se ve ne fosse il bisogno.
Per questi motivi:
– Condanniamo fermamente la produzione e lo sfruttamento di linee cellulari provenienti da bambini abortiti, anche al fine della ricerca, sviluppo e produzione di vaccini. Peraltro, l’uso di queste linee cellulari nella ricerca, produzione o sperimentazione rischia – almeno nel lungo periodo – di incentivare ulteriori aborti o il ricorso a nuove cellule di feti abortiti, e costituisce uno scandalo in quanto tende a normalizzare l’idea che l’embrione umano sia un oggetto sacrificabile e disponibile.
– È lamentabile che, per molti governi e organismi ufficiali, e persino per alcuni esponenti cattolici, la produzione e distribuzione di vaccini collegati (anche remotamente) con l’aborto non siano problematiche dal punto di vista morale, a prescindere dalla possibilità dell’uso degli stessi come extrema ratio in alcune circostanze.
– È degna di rispetto e considerazione la ripugnanza spontanea provata da molti cittadini davanti all’idea di ricorrere a vaccini (o altri prodotti farmaceutici) collegati in qualche modo a cellule di bambini abortiti.
– Difendiamo in linea di principio il diritto all’obiezione di coscienza contro vaccini (o altri prodotti) collegati a linee cellulari che provengono da bambini abortiti.
– Chiediamo ai produttori di segnalare chiaramente l’uso di questo tipo di cellule, e al legislatore di obbligare i produttori e distributori a fornire informazioni pubblicamente accessibili in merito. Chiediamo al legislatore di incentivare l’uso di cellule di origine non problematica nelle pratiche biomediche e – in ultima analisi – di vietare l’uso e la sperimentazione su cellule provenienti da aborti procurati.
– Sollecitiamo le case farmaceutiche e chi – in genere – si dedica alla sperimentazione e alla ricerca a trovare mezzi alternativi e a cessare lo sfruttamento di “materiale biologico” di origine illecita. Se tale sistema fosse destinato a persistere indisturbato – come sembra – i cittadini prolife potrebbero essere costretti a ricorrere a tutti i mezzi concretamente leciti finalizzati a mettere in crisi il sistema, inclusa un’obiezione di coscienza massiva e sistematica contro qualsiasi prodotto collegato a cellule provenienti da bambini abortiti.
Marco Tosatti
Progetto Speranza – aggiornamenti
(Un pezzo di copia/incolla)
Corriere della Sera:
Policlinico, dentista 26enne in rianimazione dopo 15 giorni dalla vaccinazione con AstraZeneca
Ricoverata in prognosi riservata per una trombosi cerebrale. «È cosciente e risponde alle cure». L’ospedale: caso borderline per la tempistica
Una ragazza di 26 anni è ricoverata da ieri in rianimazione al Policlinico di Milano. È in prognosi riservata per una trombosi cerebrale. Si era sottoposta al vaccino di AstraZeneca 15 giorni fa. La ragazza, che lavora in uno studio dentistico a Milano (una delle categorie per cui la vaccinazione è obbligatoria), è cosciente
Corriere della Sera :
Rugby, Massimo Cuttitta morto di Covid, il gemello Marcello: «In tre giorni ho perso lui e la mamma»
Il campione di rugby, 54 anni, è stato piegato dal Covid. Il fratello ha giocato con lui nella Nazionale: «
“Ci sentivamo quattro volte al giorno, era felice perché era riuscito a far vaccinare la mamma [il Corriere tace che era stato vaccinato anche l’ex campione] Poi cosa sia successo non è spiegabile, la mamma positiva e subito dopo lui. Sono entrati in ospedale ad Albano Laziale insieme, i medici hanno fatto tutto il possibile, ma non sono più usciti».
https://trib.al/H8zAQhU
Sardegna Live
Morto per trombosi diffuse dopo il vaccino. Coincidenza o conseguenza?
Trombosi fulminante per militare di 58 anni sardo. La Procura dispone autopsia per possibile legame tra il decesso di Pierpaolo Impagliazzo e la somministrazione del vaccino AstraZeneca.
Fatti e Avvenimenti :
Palermo. Anziana muore dopo una settimana che aveva fatto il vaccino Astrazeneca.
Procura apre inchiesta | Fatti & Avvenimenti Fatti e Avvenimenti
Una donna di 75 anni, nella mattinata di domenica scorsa è morta. Inutili i tentativi dei medici di rianimarla.
Le figlie: “Guidava e usciva da sola per fare la spesa. Il 6 aprile aveva ricevuto la prima dose di AstraZeneca nell’hub della Fiera del Mediterraneo. E’ tornata stanca a casa e noi abbiamo inizialmente attribuito il suo stato alla giornata faticosa”.
“Ancora giovedì – aggiungono le figlie – era uscita da casa, ma da venerdì ha iniziato a stare peggio. Sono stati contattati il medico di famiglia e la guardia medica e le sono stati prescritti alcuni farmaci, ma la situazione non migliorava. Domenica mattina abbiamo chiamato il 118. I sanitari hanno tentato di rianimarla, ma non c’è stato nulla da fare. Alle 11 è morta”.
Milazzo, muore bambina di 11 mesi in ospedale. La Procura apre un fascicolo
La piccina, di solo 11 mesi, era stata sottoposta lo scorso 6 aprile a vaccinazione obbligatoria. Rientrata nella sua abitazione di Terme Vigliatore, la bambina avrebbe avuto febbre alta e i genitori genitori hanno richiesto l’intervento del 118. La piccola è stata trasportata al pronto soccorso dell’ospedale “Fogliani” Milazzo nel corso della tarda serata di sabato, dove sarebbe stata visitata, le sarebbero stati prescritti dei farmaci e quindi dimessa.
Le condizioni della bambina, dopo qualche ora dal rientro a casa, però sarebbero peggiorate e alle prime luci dell’ alba di domenica, è stato richiesto un secondo intervento del 118, che è stata nuovamente portata in ospedale a Milazzo. Ma dopo poco l’arrivo al nosocomio milazzese la piccola è morta.
Germania, “Shock: sette uomini deceduti di Covid nonostante fossero pienamente vaccinati “
(pfizer) wochenblick.at/schock-sieben-…
Il Covid non è mai stato un problema sanitario, né i vaccini la cura:
https://twitter.com/UEFrance/status/1381535687934103556
https://www.maurizioblondet.it/progetto-speranza-aggiornamenti/
Rilancio uno stralcio di un articolo di The Difender che riporta un aggiornamento degli effetti collaterali connessi a vaccini anti COVID-19 negli USA. L’articolo è di Megan Redshaw e ve lo propongo nella mia traduzione.
I dati rilasciati oggi dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) sul numero di effetto collaterali e decessi riportati al Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS) in seguito ai vaccini COVID hanno confermato che i numeri sono ancora in aumento, ma non sono emerse nuove tendenze.
VAERS è la procedura principale per la segnalazione di reazioni avverse ai vaccini negli Stati Uniti. I rapporti presentati a VAERS richiedono ulteriori indagini prima che una relazione causale possa essere confermata.
Ogni venerdì, VAERS rende pubblici tutti i rapporti di lesioni da vaccino ricevuti al sistema per la settimana precedente. I dati di oggi mostrano che tra il 14 dicembre 2020 e il 1 aprile, un totale di 56.869 eventi avversi sono stati segnalati a VAERS, tra cui 2.342 morti – un aumento di 93 rispetto alla settimana precedente – e 7.971 danni gravi, in aumento di 245 nello stesso periodo.
Dei 2.342 decessi segnalati a partire dal 1° aprile, il 28% si è verificato entro 48 ore dalla vaccinazione, il 19% entro 24 ore e il 42% in persone che si sono ammalate entro 48 ore dalla vaccinazione.
Negli Stati Uniti, al 1° aprile erano state somministrate 153,6 milioni di dosi di vaccino COVID. Questo include 71,3 milioni di dosi del vaccino di Moderna, 78,2 milioni di dosi di Pfizer e 3,4 milioni di dosi del vaccino COVID di Johnson and Johnson (J&J).
I dati VAERS di questa settimana mostrano che:
- Il 19% dei decessi era legato a disturbi cardiaci.
- Il 55% dei deceduti erano uomini, il 43% erano donne e i restanti rapporti di morte non includevano il sesso del deceduto.
- L’età media dei deceduti era di 77,5 anni e il decesso più giovane era un 18enne. Ci sono alcuni decessi segnalati in bambini sotto i 18 anni, ma questi rapporti contenevano errori.
- A partire dal 1° aprile, 379 donne incinte hanno segnalato eventi avversi legati ai vaccini COVID, comprese 110 segnalazioni di aborto spontaneo o parto prematuro.
- Dei 620 casi di paralisi di Bell riportati, il 61% dei casi sono stati riportati dopo le vaccinazioni Pfizer-BioNTech – quasi il doppio di quelli riportati (37%) dopo la vaccinazione con il vaccino Moderna. Quindici casi (2%) di paralisi di Bell sono stati riportati con J&J.
- Ci sono state 72 segnalazioni di sindrome di Guillain-Barré con il 57% dei casi attribuiti a Pfizer, il 43% a Moderna e il 6% al vaccino COVID di J&J.
- Ci sono state 16.876 segnalazioni di anafilassi con il 50% dei casi attribuiti al vaccino COVID di Pfizer, il 44% a Moderna e il 7% al vaccino J&J.
Secondo il sito web del CDC, “il CDC segue ogni rapporto di morte per richiedere ulteriori informazioni e saperne di più su ciò che è accaduto e per determinare se la morte è stata un risultato del vaccino o non correlato”.
L’8 marzo, The Defender ha contattato il CDC con domande sui decessi e le lesioni segnalati relativi ai vaccini COVID. Abbiamo fornito una lista scritta di domande su come il CDC conduce le indagini sui decessi segnalati, lo stato delle indagini sui decessi riportati dai media, se sono state fatte autopsie e lo standard per determinare se una lesione è collegata a un vaccino in via causale.
Abbiamo anche chiesto se gli operatori sanitari stanno segnalando tutte le lesioni e i decessi che potrebbero essere collegati al vaccino COVID, e quali iniziative educative sono in atto per incoraggiare e facilitare una segnalazione corretta e accurata.
Ventidue giorni dopo un rappresentante della Task Force Vaccini del CDC ha risposto dicendo che l’agenzia non aveva mai ricevuto le nostre domande – anche se gli impiegati con cui abbiamo parlato più volte hanno detto che i loro addetti stampa stavano lavorando alle domande che avevamo inviato. Abbiamo fornito nuovamente le domande e richiesto una risposta entro il 7 aprile. Ad oggi, il CDC non ha risposto nonostante i nostri ripetuti tentativi di follow-up.
Di Sabino Paciolla|
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