ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 18 aprile 2021

L’alleanza tenue ma ancora vitale che lega la Francia alla Madonna

Le querce per Notre Dame e l’anima del mondo


    C’è qualcosa nella cattedrale di Notre Dame di Parigi che stupisce e affascina persino nella post-modernità in cui viviamo. Anche nel suo attuale stato così danneggiato, l’edificio bruciacchiato attira l’attenzione del mondo. L’autenticità della cattedrale ha prevalso sui tentativi di restaurarla mediante brutali riprogettazioni moderniste che l’avrebbero deturpata.

Tutti siamo rimasti come paralizzati quando la guglia e il tetto sono bruciati e crollati in quel fatidico 15 aprile 2019. In quel giorno il mondo ha pianto, poiché sembrava che qualcosa dell’anima della Francia fosse andata perduta. Infatti, da tutto il mondo sono arrivate condoglianze e sostegno finanziario.

Ora, mentre le prime querce per la ricostruzione vengono selezionate, il mondo guarda con ansietà. Questo non è un progetto ordinario; tocca l’anima cattolica della Francia e del mondo.

Il grande interesse per il processo di ricostruzione fa presente l’enorme potere della Chiesa sulle anime. Nonostante la crisi apocalittica della fede all’interno della Chiesa, oggetti come Notre Dame interrogano il vuoto superficiale della postmodernità odierna. I poveri orfani metafisici di questo secolo perduto bramano la bellezza, la profondità e la sublimità che solo la Chiesa può offrire.

Sfortunatamente, gli esponenti progressisti della Chiesa sprecano questa opportunità e sproloquiano in modo spaventoso su banalità riguardanti la giustizia sociale che non attraggono più nessuno, rifiutandosi di vedere quanto la Chiesa sia attraente quando rimane fedele a sé stessa e alla sua tradizione.

La ricostruzione di Notre Dame illustra questa verità. Curiosamente, tutti i grandi miti della modernità sono caduti davanti a essa, come era giusto che accadesse. Notre Dame sconfigge la menzogna marxista che definisce la Chiesa come “l’oppio del popolo”. Il popolo francese si è schierato a difesa della cattedrale medievale, insistendo affinché fosse ricostruita così com’era.

Ha rifiutato i disegni modernisti e ha chiesto a gran voce una Notre Dame “à l’identique”, identica a prima. E l’autorità pubblica ha dovuto piegarsi alla schiacciante volontà popolare dando il via libera al progetto medievale “arretrato”.

Notre Dame sconfigge il secolarismo militante. La politica della laicité della Repubblica francese ha sempre mostrato un’ostilità ufficiale nei confronti della Chiesa. Tuttavia, i funzionari del governo sono apparsi diligentemente alla cerimonia di selezione delle querce che si è tenuta con grande clamore. Questi amministratori pubblici, purtroppo non i vescovi, sono coloro che hanno compreso la necessità di riempire l’occasione di simbolismo, sfarzo e significato.

Così, contrariamente allo spirito materialista dei nostri tempi, questo progetto architettonico diventa un evento metafisico, assumendo una dimensione che va oltre le conoscenze fisiche e tecniche dei costruttori e che fa appello a un mondo pieno di simboli, principi e idee che conferiscono alle cose significato e contesto e connettono l’umanità a Dio.

Tutti hanno percepito che qualcosa di storico e importante stava accadendo durante quella cerimonia di selezione degli alberi nella foresta. Forse non fu molto diversa la selezione originale di querce tenutasi otto secoli prima…

I francesi si sono uniti ai rappresentanti del governo e ai forestali nella cerimonia, che si realizzava tra le imponenti querce che si ergono da centinaia di anni nella leggendaria foresta di Bercé, un tempo foresta della corona, nella regione della Loira. L’albero ufficiale “numero uno” era alto più di trenta metri, meticolosamente scelto per svolgere il suo ruolo in questa favolosa impresa.

Così, querce provenienti da ogni regione della Francia riceveranno un sacro destino nell’amata cattedrale. La metà degli alberi giungeranno da terreni demaniali e il resto da donazioni private. C’è una lodevole competizione tra le regioni francesi per fornire gli alberi necessari. Tutti vogliono contribuire liberamente alla causa. Arrivano offerte gratuite di querce anche da altri Paesi, poiché tutti desiderano far parte della storia.

Notre Dame sconfigge i “verdi”. Le obiezioni “di bandiera” sono state rapidamente superate e tutto si è limitato all’assenza alla cerimonia dei rappresentanti del movimento ecologico. Il restauro ad alto contenuto di carbonio dovrebbe essere un obiettivo naturale per i fanatici della Terra, ma sanno bene che l’umore nazionale è contro di loro. Un totale di mille querce giganti sono state scelte con cura e sono state abbattute durante il mese di marzo, ma nessun eco-attivista verrà trovato incatenato a un albero.

L’uso di questi alberi numerati individualmente verrà ordinato al servizio di Dio e dell’uomo. Essi devono misurare più di un metro di larghezza ed essere alti più di trenta metri. La raccolta deve essere effettuata rapidamente a marzo in modo che la linfa e una eccessiva umidità non possano danneggiare il legname. Una volta tagliati, gli alberi saranno essiccati per dodici-diciotto mesi prima del loro uso nella ricostruzione.

Notre Dame può superare gli ostacoli che si presentano perché non si tratta di un semplice restauro, ma di un’opera di amore e dedizione. Rappresenta la continuità di qualcosa di speciale che i francesi vogliono che si conservi ben oltre le loro vite. In effetti, i falegnami che lavorano al progetto ritengono che il tetto in quercia perdurerà almeno altri otto o dieci secoli, superando di gran lunga la durata dell’acciaio o del cemento.

“Questo è un progetto che riguarda l’intera Francia”, ha detto il generale Jean-Louis Georgelin, a capo dei lavori di restauro, correttamente segnalando che questo progetto tocca l’essenza della Francia. Questa conclusione è l’unica cosa che può spiegare perché il restauro di Notre Dame ribalta così tanti miti moderni. Il progetto coinvolge molto più di un edificio o mere espressioni di alta conoscenza e genialità.

Esso si basa sulla potente influenza della Chiesa che, con la grazia di Dio, suscita grande entusiasmo. In fondo in fondo, il restauro di Notre Dame rappresenta l’alleanza tenue ma ancora vitale che lega la Francia alla Madonna, alla quale fu dedicato l’edificio sacro.

Il restauro è anche una lezione per i cattolici: grandi cose sono possibili quando viene mantenuto un pur piccolo legame con la Madonna. I fedeli e il clero devono credere in questo potere che potrebbe cambiare tutto.

Ecco perché il restauro deve estendersi oltre la ricostruzione delle strutture di quella chiesa e riconquistare i cuori e le menti alla Fede. La Francia deve ricostruire la casa della Madonna e implorarla di tornare come regina. Quando ciò accadrà, il futuro della Francia sarà assicurato.


di John Horvat

FonteReturn to Order, traduzione a cura di Fatima oggi

https://www.aldomariavalli.it/2021/04/14/le-querce-per-notre-dame-e-lanima-del-mondo/

Benedetto XVI, Notre Dame e la sua lotta per una fede non umana

Quando la cattedrale di Notre Dame a Parigi è stata avvolta dalle fiamme di un incendio, il 15 aprile 2019, diverse persone si sono ritrovate intorno alla cattedrale, nelle piazze, nelle strade, inginocchiate a pregare. Tutte a guardare quel punto di riferimento di Parigi che era preda delle fiamme, tutte a rendersi conto che dietro quella meraviglia architettonica c’era un cuore, e che quel cuore era un qualcosa di più grande che qualunque mente umana potesse concepire. Ed è a quel cuore che ha sempre guardato la teologia di Benedetto XVI.

Quasi per una ironia del destino, il Papa teologo che costruiva discorsi come le cattedrali compie gli anni il giorno dopo l’anniversario dell’incendio di Notre Dame. Benedetto XVI ha oggi 94 anni, è stato più tempo Papa emerito che Papa, e continua a vivere la sua vita di preghiera, di fede, di riflessione, in quello che è un tempo di intercessione. Non conta quanto la voce di Benedetto XVI si sia fatta flebile a causa dell’età che avanza. Conta che il suo pensiero, lucido, è ancora fermo, saldo e punto di riferimento costante. È anziano, Benedetto XVI, ma il suo pensiero resta giovane. Resta giovane perché è come il cuore della cattedrale di Notre Dame: punta dritto verso Dio.

D’altronde, Benedetto XVI lo disse, entrando nella cattedrale di Parigi durante il viaggio in Francia del 2008: “Eccoci nella chiesa-madre della diocesi di Parigi, la cattedrale di Notre-Dame, che s’innalza nel cuore della città come segno vivo della presenza di Dio in mezzo agli uomini”.

Va esplorato, questo legame di Benedetto XVI con Notre Dame, perché racconta molto di chi fosse il Papa emerito, ci permette ancora di più di riconoscere quel pontificato nascosto che in pochi ricordano. Nascosto non perché fosse occultato alla vista, ma perché semplicemente così essenziale da risultare invisibile agli occhi, come direbbe Il Piccolo PrincipeEssenziale perché tutto il linguaggio e il pensiero di Benedetto XVI puntavano ad una sola cosa: cercare di raccontare la fede, e la teologia che cerca di spiegare la fede e la dottrina della fede, con gli occhi di Dio. Perché per Benedetto XVI non c’era bisogno di una fede umana. C’era bisogno di una fede che riconoscesse il fatto di essere di origine divina.

Mentre, a due anni dall’incendio di Notre Dame, si magnifica il cantiere internazionale, si guarda all’opera dell’uomo in quella che sembra essere una ricostruzione laica della spiritualità medievale, fa bene ricordare quando il Cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, andò a concludere il ciclo di Conferenze di Quaresima nella Cattedrale di Notre Dame. Era il 2001.

Di cosa aveva parlato in Joseph Ratzinger? A tre anni dalla Dies Domini di Giovanni Paolo II, il Cardinale Ratzinger parla dell’importanza della domenica, perché la domenica come giorno della Resurrezione e l’Eucarestia come incontro con il Risorto formano tutt’uno. E allora ci si deve centrare sulla domenica, perché fermandosi per Dio, Dio diventa di nuovo per noi il punto di partenza e di arrivo nel tempo.

Questo non lo si comprende “quando fai esperienza della Chiesa solo attraverso riunioni o scartoffie”, e il riposo “diventa oggetto di fastidio perché o diventa oggetto della nostra azione oppure come qualcosa di imposto, di estraneo. Conosciamo la Chiesa dall’interno solo quando sperimentiamo la sua trascendenza, quando il Signore entra in lei e ne fa la sua casa e noi siamo improvvisamente fratelli e sorelle. Questo è il motivo per cui la Sacra Festa dell’Eucarestia è così importante”.

Sono parole che sono una critica al funzionalismo, alla Chiesa fatta di azioni sociali, ma poco di Parola del Vangelo vissuta.

Quello che cerca Benedetto XVI è una fede più divina, non più umana. E questo deve rispecchiarsi anche nella liturgia. Perché – disse Ratzinger a Notre Dame – “non facciamo la liturgia da soli. Non stiamo inventando qualcosa come comitati di partito o presentatori televisivi. Il Signore sta arrivando. La liturgia è cresciuta, da quando Cristo e gli apostoli, nella fede della Chiesa, noi vi entriamo, non lo facciamo. Solo così si può parlare di festa e di festa come anticipazione della futura libertà indispensabile all'uomo. Potremmo anche dire che è dovere della Chiesa offrirci di vivere questa festa. La festa è nata nel corso della storia dell'umanità come un evento religioso ed è impensabile senza la presenza del divino. È qui che trova la sua vera grandezza, dove Dio diventa veramente nostro ospite e ci invita al suo pasto”.

Viene da pensare a Notre Dame, alla necessità continua di ricordare che si tratta di un edificio di culto, non di un Museo come in molti vorrebbero credere. Notre Dame, la cui anima rimase anche quando la chiesa era abbandonata, trasformata in un tempio della ragione, quasi demolita. Eppure risorta, grazie a un geniale architetto, Viollet le Duc, e a un opera immortale, Notre Dame de Paris di Victor Hugo.

Notre Dame non è risorta perché è un capolavoro architettonico, ma perché la sua anima era sempre lì, intatta. Una anima che ha permesso anche di ritrovare intatte le reliquie dopo l’incendio, e persino di trovare un modo di ricostruire l’antichissimo orologio della cattedrale.

Anche la radio della diocesi di Parigi ha il nome di Notre Dame. Il Cardinale Ratzinger viene intervistato da quella radio il 6 novembre 1992, dopo essere stato a tenere una conferenza all’Accademia di Scienze Morali e Politiche. L’intervista, trasmessa il 12 novembre 1992, racconta un altro pezzo di Benedetto XVI come spesso non lo (ri)conosciamo. Già il titolo dell’articolo di riassunto è indicativo: “Una immagine non conforme”.

Scrivono i redattori: “Si dice che sia rigido, ma accetta le domande con molta delicatezza. È responsabile della dottrina della Chiesa, ma parla solo di fede. Il cardinale Ratzinger confonde chi lo incontra: l'immagine non corrisponde al personaggio”. 

Ma è la continuazione dell’articolo a colpire: “La sua funzione di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede suggerisce che egli è unicamente il guardiano della rettitudine del pensiero cattolico. Ma si definisce più come il difensore della fede dei poveri e dei deboli. ‘Solo una certa classe sociale’, dice, ‘ha accesso agli strumenti di comunicazione. Non tutti i cristiani hanno questa possibilità di farsi ascoltare: i semplici cristiani che amano la Chiesa e che vivono il Mistero non hanno accesso a questi strumenti di comunicazione. La congregazione è la voce di queste persone ‘.” 

Il ruolo di “guardiano della fede” non è un ruolo di potere o di censura. Certo, ammette Ratzinger a volte c’è una forma di censura, quando la Congregazione deve “dire, ad esempio, che un pensiero non è più una riflessione sulla fede ma una filosofia specifica, incompatibile con la fede. È davvero una forma di censura ... Ognuno può pensare liberamente ciò che vuole, ma nessuno può affermare che questo pensiero deve essere la fede della Chiesa”. 

Ma il punto centrale è che il lavoro del prefetto è un lavoro per i poveri. Non è un guardiano della dottrina, ma un difensore della fede dei semplici. Tutto questo rovescia completamente i paradigmi. Ma li rovescia perché Benedetto XVI vive in maniera rovesciata rispetto il mondo, che è poi invece il modo cattolico di vedere le cose.

In quella intervista del 1992, Ratzinger sottolinea che la Congregazione lavora anche per l’unità della Chiesa. Ma questa “si può realizzare solo intorno al contenuto di Dio, e non dato da noi”.

E ancora. il Catechismo della Chiesa Cattolica “non è un manuale morale”, perché il cristianesimo “non è un moralismo, ma un dono, un incontro un evento”, è “Dio che c parla, che prende l’iniziativa, che dà la grazia di rispondere e la luce per assumersi le nostre responsabilità”.

Ratzinger affrontava anche il problema di un altro documento della CongregazioneSu alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione, accolto male perché considerato un ostacolo all’ecumenismo. Una lettura “un po’ superficiale”, commentava il Cardinale Ratzinger, frutto di una incomprensione che lui faceva risalire proprio ad una visione distorta della natura della Chiesa, perché noi vediamo la Chiesa come un'associazione unicamente umana. La Chiesa è un dono di Dio, una comunione nel mistero ”.

Se non vediamo Benedetto XVI da questa prospettiva, non comprendiamo nemmeno a fondo il suo pontificato. Lo rendiamo un pontificato politico, ne pieghiamo il senso alla nostra lettura della storia. Ma il bello di Benedetto XVI è che lui non ha cercato di piegare tutto al suo modo di leggere la storia. Ha semplicemente cercato di vivere la fede.

Oggi, a 94 anni, Benedetto XVI è più vivo che mai. Il suo pensiero è sempre da scoprire perché si basa proprio su Dio, che è sorgente inesauribile. Non può essere incasellato in nessuna corrente. Resta lì, a 94 anni, e resterà sempre.

Come resterà il cuore di Notre Dame, la cattedrale di Parigi che non ha perso la sua anima. E che non la perderebbe nemmeno se fosse rasa al suolo.

Ad multos annos, Benedetto XVI

Pubblicato da Andrea Gagliarducci 

https://vaticanreporting.blogspot.com/2021/04/benedetto-xvi-notre-dame-e-la-sua-lotta.html#more

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