ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 14 aprile 2021

Un classico delle rivoluzioni

Quando la Chiesa sceglie Giuda




Dietro la scrivania dello studio personale di papa Francesco sono posti una fotografia, che ritrae un capitello della basilica romanica di Santa Maria Maddalena a Vézelay, in Borgogna, dove, secondo una certa interpretazione, il Buon Pastore porterebbe sulle spalle il suicidato Giuda, e un dipinto donatogli da un francese, il quale, dopo aver letto il libro di Bergoglio, Quando pregate dite Padre Nostro (2018), ha deciso di raffigurare Gesù nudo che abbraccia e accarezza il viso di Giuda morto, disteso a terra e ricoperto da un panno rosso, colore richiamante il sangue di Cristo. 

Questo dipinto è stato pubblicato in prima pagina il 1° aprile scorso, Giovedì Santo, dall’Osservatore Romano, con il titolo Giuda e lo scandalo della misericordia. La Tradizione della Chiesa ha sempre spiegato che Giuda, con il suo disperato atto finale, non si è salvato, perché non ha creduto nella possibilità del perdono divino e della relativa salvezza attraverso lo scandalo della Croce.

San Paolo non parla di scandalo della misericordia, ma della Croce, solo attraverso la quale ci si può convertire, si può cambiare vita, rinascere nello Spirito e, dunque, arrivare alla misericordia di Dio: «La parola della Croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio… è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani» (1 Cor 1,18-23).
Dal Concilio Vaticano II in poi il peccato è diventato non strumento di Satana, ma una chance.

Quando la Chiesa di Roma sceglie Giuda per dire che Cristo non si è preso i nostri peccati sulla Croce, ma è si è «fatto peccato» per salvare tutti, indistintamente, significa che si è davvero luteranizzata.
Le pagine dei Padri della Chiesa sono ricche di rimandi alla sorte definitiva di Giuda, già annunciata nel Vangelo. È Cristo stesso che giudica: «Il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!”. Giuda, il traditore, disse: “Rabbì, sono forse io?”. Gli rispose: “Tu l’hai detto» (Mt 26, 24-25).

San Giovanni Damasceno afferma: «[…] esistono, da parte di Dio, due diversi tipi di abbandono: quello pratico, cioè educativo; e l’abbandono assoluto, fonte della disperazione. Il primo comporta, per chi lo subisce, raddrizzamento, salvezza, gloria sia per suscitare negli altri emulazione e imitazione, sia per la gloria di Dio. L’abbandono assoluto, per contro, avviene quando, sebbene Dio abbia compiuto ogni cosa per la salvezza di una persona, costei continua nondimeno a rimanere insensibile ed incurante del proprio destino, anzi inguaribile; e viene perciò abbandonata, come Giuda (Mt 26, 24-25), all’estrema rovina. Ci sia dunque propizio il Signore, preservandoci da tale abbandono» (Esposizione della fede ortodossa, 2, 29).

Capovolgere l’ordine dei fattori e stravolgere i principi è un classico delle rivoluzioni. Così, si prende un capitello romanico, privo di fonti storiche che diano testimonianza del soggetto e di quale significato ad esso relativo lo scalpellino dell’epoca volesse comunicare, interpretando il tutto a proprio piacimento senza nessun aggancio con la fede cattolica di sempre. «Nessuno dunque, vi scongiuro, conservi in sé pensieri cattivi, ma purifichiamo», dice san Giovanni Crisostomo, «il nostro cuore: siamo templi di Dio, infatti, se siamo puri. […] Rifletti per quale motivo si è immolato: di quali misteri ti sei privato, o Giuda!» (Omelie sul tradimento di Giuda, 2, 6).
Come contraddire i Padri della Chiesa senza contraddire le fondamenta della Chiesa stessa?

Ad accompagnare le preferenze iconografiche e “misericordiose” del Papa che invita a guardare a Dio come se non chiedesse nulla a chi ha compiuto il male, in questa Pasqua 2021 c’è stato anche il recupero di un’omelia del Giovedì Santo 3 aprile 1958 di don Primo Mazzolari (1890-1959), «il parroco di Bozzolo precursore del Concilio Vaticano II» (come scrive Vatican News), omelia dal titolo Ma io voglio bene anche a Giuda che il Pontefice ha citato in più occasioni, dove il sacerdote progressista, aperturista, liberalista, protestantizzante, dichiara errori dottrinali eclatanti.
Il giudizio di Cristo è messo assolutamente da parte per dar spazio soltanto al proprio sentire soggettivo: «[…] io voglio bene anche a Giuda, è mio fratello Giuda. Pregherò per lui anche questa sera, perché io non giudico, io non condanno; dovrei giudicare me, dovrei condannare me. […] Giuda avrà sentito che il Signore gli voleva ancora bene e lo riceveva tra i suoi di là. Forse il primo apostolo che è entrato insieme ai due ladroni. Un corteo che certamente pare che non faccia onore al figliolo di Dio, come qualcheduno lo concepisce, ma che è una grandezza della sua misericordia».
Parole da brivido, che negano i Vangeli: «tra i suoi di là» (Giuda che entra in Paradiso) «insieme ai due ladroni»… Gesù, sul Calvario e sulla Croce, ha promesso il Paradiso ad un ladrone… I desiderata di don Mazzolari e di tutti coloro che giustificano le proprie colpe senza esame di coscienza e senza conversione nel Crocifisso non si pongono né al servizio della Verità cattolica, né della Sposa di Cristo, né del bene delle anime, accarezzando e vezzeggiando i peccati come fossero fragilità ineludibili e negando così all’uomo la possibilità di fare la sua parte per essere emendato e salvato attraverso il preziosissimo sangue di Nostro Signore.

Don Primo Mazzolari si è fatto interprete della cosiddetta «Chiesa dei poveri» dal sapore marxista, della libertà religiosa, del pluralismo, del pacifismo, del «dialogo con i lontani», quel dialogo che ha portato la Chiesa a dimenticare la propria identità, tutte istanze presenti nel pensiero modernista e neo-modernista, che ha fagocitato teologi e clero nel XIX e XX secolo fino a intossicare le alte gerarchie della Chiesa contemporanea.

Le prediche del prete cremonese e i suoi scritti vennero censurati dall’autorità ecclesiastica e il quindicinale Adesso (al quale collaborò il pedagogo rivoluzionario don Lorenzo Milani, 1923-1967), da lui fondato nel 1949, fu chiuso nel 1951; mentre nel luglio dello stesso anno gli venne imposto il divieto sia di predicare fuori diocesi senza autorizzazione, sia di pubblicare articoli senza una previa revisione dell’autorità ecclesiastica.
Il quindicinale riprese le pubblicazioni a novembre, ma egli dovette lasciare l’incarico di direttore, continuando a scrivere alcuni articoli sotto pseudonimo, attirando comunque nuove sanzioni: nel 1954 gli fu imposto il divieto assoluto di predicare fuori dalla propria parrocchia e il divieto di pubblicare articoli riguardanti temi sociali.
Nel novembre di tre anni dopo, l’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini (1897-1978), futuro Paolo VI – che chiuse il Concilio con queste parole: «La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? uno scontro, una lotta, un anatema? poteva essere; ma non è avvenuto. […] anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo», 7 dicembre 1965) –, lo chiamò a predicare nella propria diocesi e nel febbraio del 1959 papa Giovanni XXIII (1881-1963) lo ricevette in udienza privata, salutandolo pubblicamente come «Tromba dello Spirito Santo in terra mantovana», una tromba che ha contribuito a far entrare il fumo di Satana nella Chiesa, lo stesso fumo mortifero che respirò Giuda, il traditore per eccellenza.

di Cristina Siccardi



Pubblicato su Corrispondenza Romana



Francesco, papa della chiesa cividiana mondialista,
agli antipodi del cattolicesimo




L’occupante il trono pontificio, Francesco, si è rivolto alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale nel loro incontro di primavera, chiedendo una «governance mondiale» alla luce del COVID-19, sostenendo con forza i vaccini universali e lamentando «il debito ecologico».

La sua lettera è l'ultima di una serie di atti recenti in cui Francesco si è allineato con le società mondialiste impegnate in programmi anti-cattolici.

La lettera è stata inviata tramite il Cardinale Peter Turkson, Prefetto del dicastero della Santa Sede per la promozione dello sviluppo umano integrale, alla riunione di primavera 2021 della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale (FMI) tenutosi on line dal 5 all’11 aprile.

Datata 4 aprile, la lettera menziona Dio una sola volta, nell’ultima riga.

In cambio, Francesco si è concentrato sulla richiesta di un sistema di governo mondiale che implementerebbe un nuovo ordine sociale globale, basato su politiche di cambiamento climatico e vaccinazione universale.

«Governance mondiale»

Facendo riferimento alla «pandemia di Covid-19», Francesco ha dichiarato che «il nostro mondo è stato costretto ad affrontare una serie di gravi e interconnesse crisi socio-economiche, ecologiche e politiche»

L’occupante il trono pontificio si è rivolto alla Banca mondiale e al FMI, sperando che la loro riunione fornisca la base per il riordino degli affari mondiali: «Auspico che le vostre discussioni contribuiscano a un modello di ‘recovery’ in grado di generare soluzioni nuove, più inclusive e sostenibili a sostegno dell’economia reale, aiutando gli individui e le comunità e realizzare le loro aspirazioni più profonde e il bene comune universale».

Francesco ha ripetuto l’affermazione che il Covid «ci ha ricordato ancora una volta che nessuno si salva da solo» e quindi «occorre elaborare nuove e creative forme di partecipazione sociale, politica ed economica».

Citando la sua recente enciclica Fratelli tutti, definita blasfema da Mons. Carlo Maria Viganò, Francesco ha ricordato che la «fiducia» è «la pietra angolare di tutte le relazioni».

Egli ha esortato le due istituzioni finanziarie a favorire tali relazioni e ad impegnarsi «costruendo ponti e immaginando progetti inclusivi a lungo termine».

Francesco ha anche rinnovato il suo appello frequente ad un cambiamento di paradigma nella politica mondiale, dicendo: «rimane urgente un piano globale in grado di creare istituzioni nuove o rigenerare le esistenti, in particolare quelle della governance mobiale, e contribuire a costruire una nuova rete di relazioni internazionali per promuovere lo sviluppo umano integrale di tutti i popoli».

Uno dei principali effetti del governo mondiale sarebbe alleviare l’onere del debito di tanti Paesi «che può aiutare le persone a svilupparsi, ad avere accesso ai vaccini, alla salute, all’istruzione e al lavoro».

Un debito ecologico con la natura stessa

«Né possiamo trascurare  un altro tipo di debito: il ‘debito ecologico’ che esiste soprattutto tra il Nord e il Sud del mondo. Siamo infatti indebitati con la natura stessa, nonché con le persone e i Paesi colpiti dal degrado ecologico indotto dall’uomo e dalla perdita di biodiversità»

Queste parole sembrano riecheggiare i sentimenti espressi dal mondialista fondatore del Forum economico mondiale, Klaus Schwab, la cui proposta anticattolica del “Great Reset” è sostenuta da una focalizzazione su un’agenda finanziaria verde, come quando menziona il «ritiro dei sussidi ai combustibili fossili», e un nuovo sistema finanziario basato su «investimenti» che facciano progredire «l’uguaglianza e sostenibilità», e la costruzione di una infrastruttura urbana «verde».

Schwab, il FMI e un gran numero di banche più influenti del mondo (compresa la Banca Mondiale) si sono già impegnate ad applicare l’agenda verde della grande reinizializzazione e sembrano pronti a fare del rispetto di queste politiche verdi un criterio di accesso ai finanziamenti futuri.

Francesco ha già segnalato la sua vicinanza con Schwab, inviando un discorso al WEF per quattro volte durante i suoi otto anni di pontificato, e permettendo una tavola rotonda annuale del Vaticano a Davos, il luogo della conferenza annuale del WEF in Svizzera.

Francesco ha anche fatto riferimento al “bene comune”, ma per distorcerne il significato, collegandolo alla finanza e a una forma di fraternità laica del tipo descritto in Fratelli Tutti.

«Qui rinnovo mio appello ai capi di governo, alle imprese e alle organizzazioni internazionali affinché lavorino insieme per fornire vaccini a tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi»,  «abbiamo particolarmente bisogno di una solidarietà vaccinale giustamente finanziata, perché non possiamo permettere che la legge del mercato abbia la precedenza sulla legge dell’amore e sulla salute di tutti».

La sottomissione all’agenda mondialista

La lettera di Francesco non è una grande sorpresa, poiché l’84enne argentino ha rafforzato significativamente i suoi legami di lunga data con gruppi e organizzazioni mondialiste, come le Nazioni Unite (ONU) e il WEF.

Recentemente si era già appellato ad un «nuovo ordine mondiale» sostenendo che il «dramma dispendioso» della «crisi» di COVID-19 sarebbe peggiore della perturbazione causata dalle misure COVID nel mondo.

In questa occasione egli ha anche affrontato il tema della salvezza, considerandolo ancora una volta con una comprensione puramente terrena, e collegando la salvezza al nuovo ordine mondiale e all’attenzione alle politiche verdi: «Il cammino verso la salvezza dell’umanità passa attraverso la creazione di un nuovo modello di sviluppo, che punta indiscutibilmente sulla coesistenza dei popoli in armonia con il creato».

A questo fine, Papa Francesco ha lanciato la sua iniziativa con l’ONU e con le imprese mondialiste al fine di promuovere  un nuovo «sistema economico» del capitalismo e di assicurare la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU. Fra l’altro le associazioni debbono promuovere «stili di vita sostenibili», «l’eguaglianza dei sessi» e la «cittadinanza mondiale», mentre vengono promossi «i servizi della salute sessuale e riproduttiva».

di Pierre-Alain Depauw


Pubblicato su Medias Presse Info





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