Una delle accuse più spesso rivolte ai cattolici è che siamo “intolleranti”. Il mondo ci chiama intolleranti perché non accettiamo tutto ciò che la gente fa senza fare domande o protestare. È un’ironia un po’ amara che se si vuole vedere la vera intolleranza, basta osare opporsi al mondo su uno dei suoi temi preferiti del giorno!
Un articolo di padre Charles Fox, pubblicato su Catholic World Report, nella mia traduzione.
Giotto, Ultima Cena 1303-05, particolare
Una delle accuse più spesso rivolte ai cattolici è che siamo “intolleranti”. Il mondo ci chiama intolleranti perché non accettiamo tutto ciò che la gente fa senza fare domande o protestare. È un’ironia un po’ amara che se si vuole vedere la vera intolleranza, basta osare opporsi al mondo su uno dei suoi temi preferiti del giorno!
A volte, anche quando le accuse sono fondamentalmente sbagliate, contengono comunque un fondo di verità. In questo caso, è vero che Dio non ha creato la Chiesa solo perché fossimo tolleranti con gli altri. La tolleranza ha un posto in questo mondo, ma Dio non ha creato la Chiesa – non ci chiama a – perché sia semplicemente tollerante verso le altre persone; ci chiama ad amarle.
Avete mai avuto una persona nella vostra vita che avete semplicemente tollerato? Forse un membro della famiglia o un amico che avete perdonato per qualcosa che vi ha fatto, ma che non siete mai andati oltre il semplice sopportarlo? Ecco cos’è la tolleranza, semplicemente sopportare le persone – non è una cosa negativa, ma non è nemmeno una cosa molto buona.
Dio ci chiama ad amare perché è quello che Dio fa: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16). Nella seconda lettura della sesta domenica di Pasqua, San Giovanni ci dice: “Amati, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio”. Nel Vangelo designato per la stessa domenica, Gesù dice: “Come il Padre ama me, così anch’io amo voi”.
Dio non ha mai, per un solo millisecondo, semplicemente “sopportato” noi. Il suo amore è la ragione stessa della nostra esistenza. L’amore di Dio è ciò che ci dà la nostra identità, la nostra dignità e il nostro destino. Non c’è nulla di buono che abbiamo che non sia in qualche modo il risultato dell’amore di Dio per noi.
Allo stesso tempo, mentre l’amore di Dio è costante e incondizionato, il suo amore ci chiama ad essere migliori di come siamo oggi. C’è un detto che dice: “Dio ci ama proprio dove siamo, e ci ama troppo per lasciarci lì”. Amore e verità vanno sempre insieme. L’amore non mente mai. In questo senso, l’amore può essere un po’ fastidioso, una seccatura, come qualsiasi adolescente vi direbbe volentieri in un momento o in un altro riguardo ai suoi genitori. Dio non ci “lascerà semplicemente in pace”, e non ci mentirà sui nostri peccati, sul nostro bisogno di pentimento e conversione, sulla nostra totale dipendenza da Lui per tutto.
Il mondo ci mentirà. Il mondo rende la vita tutta incentrata su di te, dicendoti che puoi fare tutto ciò che vuoi, che dovresti sentirti libero di fare tutto ciò che il tuo cuore desidera, che ogni differenza è solo una “diversità”, indipendentemente da come queste differenze si accordino con la volontà di Dio, con il Suo piano per noi.
È qui che ci mettiamo nei guai con il mondo. La gente ci accusa di “odio” perché non mentiamo sull’amore di Dio, sull’amore a cui ci chiama. Non mentiremo e faremo finta che il piano di Dio non significa nulla in questo mondo. Non mentiremo e metteremo da parte il Suo insegnamento, ignorando il suo giusto ruolo nel dirigere le nostre vite, dal modo in cui trattiamo il nascituro, al modo in cui riconosciamo e onoriamo il matrimonio, al modo in cui trattiamo i poveri, i malati e gli anziani. La vita non riguarda solo noi; riguarda Dio e il Suo piano per la Chiesa e per tutta l’umanità.
Attraverso le Scritture, il Signore rivela che il Suo amore è per ogni persona e che non discrimina ingiustamente nessuno quando si tratta di unirsi alla Sua Chiesa e di diventare uniti a Gesù Cristo. Uno degli elementi più belli della nostra fede cattolica è vederla espressa in ogni luogo e cultura del mondo. Il Vangelo trova veramente una casa ovunque ci siano persone che ascoltano la parola di Dio e credono in Lui.
Dio ci ama tutti, desidera che ogni persona sia salvata (1 Tim 2,4), e ci manda a condividere il Vangelo con ogni persona (Mt 28,19; Mc 16,15). Lui chiama, ma anche noi dobbiamo rispondere alla Sua chiamata, sia quando accettiamo la fede per la prima volta, sia durante la nostra vita. Ricordate, Gesù dice:
- “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama” (Gv 14,21);
- “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore” (Gv 15,10);
- “Voi siete miei amici se fate quello che vi comando” (Gv 15,14).
Gesù ci ama più di quanto possiamo immaginare, ma il modo in cui viviamo la nostra vita è importante per Lui. Dobbiamo dirgli “sì” con i nostri pensieri, parole e azioni, anche quando è più difficile. Ed è così che dobbiamo amarci l’un l’altro – fermamente, incondizionatamente, totalmente, ma non con un falso amore che ci farebbe alzare le spalle di fronte al peccato. Proprio perché amiamo, vogliamo il meglio per gli altri. Vogliamo che conoscano e amino Gesù. Vogliamo che vivano una buona vita, che si salvino, che vadano in paradiso!
Naturalmente, non possiamo mostrare questo tipo di amore impegnativo facendo gli assillanti, o i prepotenti, o affermando le nostre opinioni come se fossero la verità del Vangelo. Questo non è amore. E non amiamo sentendoci, e tanto meno agendo, come se fossimo migliori delle altre persone. La prima cosa che so del peccato è che sono un peccatore!
Il grande apostolo dell’Irlanda, San Patrizio, inizia la sua autobiografia spirituale, la Confessio, con le parole: “Io sono Patrizio, un peccatore, il più rozzo degli uomini”. Nella mia vita, ho imparato molto sul peccato attraverso l’insegnamento, la lettura e l’osservazione, ma prima ho imparato il peccato per esperienza! Ed è nel conoscere le profondità della mia peccaminosità che arrivo ad apprezzare la stupefacente grandezza dell’amore di Dio per me, e poi divento pronto a condividere questo amore con gli altri.
L’amore di Dio ci diventa presente nel modo più potente che possiamo sperimentare qui sulla terra nella Santa Eucaristia. Ogni volta che il Corpo e il Sangue di Gesù vengono offerti nel Santo Sacrificio della Messa, anche noi offriamo a Dio le nostre stesse vite. Questa offerta include il nostro impegno ad amare le persone come le ama Cristo, anche a costo dei nostri corpi e del nostro sangue. In questo modo, il mondo vedrà in noi non solo la tolleranza, ma l’amore ardente di Gesù Cristo, un amore che non si fermerà finché tutti coloro che Dio chiama non saranno uniti a Lui, adorando un solo altare e condividendo un solo destino celeste.
Di Sabino Paciolla
https://www.sabinopaciolla.com/perche-il-mondo-ci-accusa-di-intolleranza/
La posta in gioco nella legge Zan
Mi rifiuto di commentare fedezscanzi&stracci vari, più contorno di pascale, anche se sono stati il Tema della Settimana. Mi rifiuto di entrare in quel teatrino della minchiocrazia che è la tv, con strascico social. L’indice auditel è stato ormai sostituito dall’indice idiotel, col relativo minchiometro. Non voglio partecipare e nemmeno assistere al derby permanente tra teste di c. e pezzi di m., allestito per il ludibrio e la rieducazione del pubblico vedente ma non pensante. Voi direte che un giornalista si deve occupare di tutto quel che succede o di cui si parla, in alto o in basso. Se è così, pazienza, non consideratemi giornalista, non è una perdita grave per la categoria e nemmeno per me; non ho mai avuto orgoglio di appartenere alla categoria, me ne farò una ragione.
Vivo con crescente disagio, largamente condiviso dalla gente comune, questo clima generale; e la deriva squallida del dibattito pubblico e dell’agenda politica, televisiva e parlamentare di questi giorni. Al disagio unisco una crescente estraneità e la voglia di chiamarsi fuori, di scrivere d’altro, come cerco di fare. Allargare e innalzare la vista, gli orizzonti, la qualità delle riflessioni. E pazienza se il bacino d’ascolto si riduce.
La tendenza prevalente è invece inversa: sostenere fideisticamente un tema, una campagna, per esempio sull’omotransfobia, allestire la cassa di risonanza e ridurre l’avversario al punto più estremo e più basso. La battuta di un politico di terza fila, la gaffe fuori onda, fuori posto, fuori contesto diventano IL Tema e sostituiscono la vera posta in gioco.
A pontificare, a ergersi a maestri ex cathedra in tv, a cui si accodano come seguaci anche i leader di partito, sono influencer, testimonial e patacche che sono l’espressione più scadente, più ignorante del circo multimediale, benché abbiano followers; il populismo esecrato in politica, vige in ambito social-televisivo. Scambiano per idee i loro tatuaggi, si fingono trasgressivi ma esprimono opinioni conformi al Potere Globale e ai suoi dogmi e riducono il dissidente a caricatura becera. Discettano di cultura e valori senza averne il minimo sentore. E si credono perfino vittime se con la massima risonanza mediatica, col massimo sostegno partitico, col massimo profitto personale, esprimono queste “scomodissime denunce”.
Una volta si diceva: “sutor, ne ultra crepidam”, ovvero “ciabattino non giudicare cose che vanno più su della scarpa”. E invece, sembra che il requisito principale per parlare ai più sia proprio quello. Una distorsione del principio egualitario. Si può essere tolleranti con gli ignoranti e si possono sopportare pure gli arroganti. Ma gli ignoranti arroganti non si reggono.
Ma parliamo della legge Zan e non dei suoi testimonial; quella legge che è una mina sul percorso del governo presentata proprio da coloro che accusano l’altro versante di creare strappi e rotture nella maggioranza. Riassumo la critica sul piano dei principi.
Per prima cosa queste leggi speciali in favore di minoranze uccidono il fondamento delle leggi: l’universalità delle norme. La legge, lo dicono anche i muri dei tribunali, è uguale per tutti; non può fare discriminazioni, non si adatta a tempi e gruppi di pressione. Se compio una violenza, un’offesa o un sopruso devo pagare indipendentemente da chi sia io o la vittima. Poi sarà il giudice ad accertare eventuali aggravanti e attenuanti nel caso specifico o trattandosi di minori, vecchi o disabili, categorie oggettivamente fragili.
La seconda cosa, forse più grave della prima, è che la realtà, la natura e la civiltà cedono il passo alla soggettività volubile. Non c’è un criterio oggettivo come la natura, l’evidenza della realtà, la scienza o la civiltà e le sue tradizioni per stabilire le identità e le differenze sessuali; ma sono io, il sovrano assoluto a decidere chi sono e chi voglio essere, a che genere voglio appartenere. È la fine della civiltà e dei suoi fondamenti, comunitari e naturali. È lo spirito del ’68 che, appassito, si fa legge. Dopo aver negato i doveri per il primato assoluto dei diritti, si riducono i diritti a desideri soggettivi e mutanti.
Ne discende, terzo effetto, che si delegittima la famiglia dopo averla declassata a unione tra le altre. Dico la famiglia di sempre, in cui nascono i figli, naturale prima che tradizionale, civile prima che cristiana, presente in ogni società. Viene trattata come un residuo tossico di epoche pregresse, un avanzo putrefatto di società primitive e reazionarie, un ingombro di cui liberarsi. La tutela prevista per la famiglia – anche dalla nostra Costituzione – ritenuta la struttura naturale e culturale su cui si fonda e si perpetua una società, slitta a favore delle unioni d’altro tipo e le loro conseguenze (adozioni, mutazioni genetiche, maternità surrogate, uteri in affitto, ecc.).
Infine, la legge Zan, colpendo reati già previsti dal nostro ordinamento giuridico, tra violenze, denigrazioni e abusi, ha solo una ragion d’essere, di tipo psicologico, correttivo e vessatorio: esercita intimidazione psico-sociale su chi ha idee, opinioni, consuetudini difformi rispetto al Nuovo Canone Corretto. E lascia un’inquietante zona grigia, soggetta alle pressioni minatorie e alle interpretazioni giudiziarie, più o meno ideologiche, tra l’odio o il disprezzo verso omo e trans e la libera critica a comportamenti, modelli, egemonie, ideologie, lobbies. Nasce la legge del Sospetto che colpisce i non-conformi, favorisce la delazione, come nei regimi giacobini e dispotici. E dà un ombrello alla denigrazione inversa verso i non conformi (ne ho avuto recente, personale esperienza, diffamato da un sito gay per un articolo di cui non ero autore).
Se dici che la legge affronta casi di violenza che sono poche decine all’anno, peraltro punibili a norma di leggi già vigenti, allora ti rispondono che il problema non sono i reati ma una mentalità diffusa; allora si conferma che la legge vuol colpire una mentalità, un’opinione, non i singoli fatti accaduti. Legge liberticida.
Infine una postilla politica. Un governo di unità nazionale, con un premier super partes, dovrebbe cercare una mediazione tra la legge Zan e quelle che si propongono dal versante opposto. Con la precisa clausola che se non si trova un punto di convergenza non si fa una legge divisiva in piena emergenza, con un governo istituzionale. Pensate che succederà?
MV, La Verità 9 maggio 2021
http://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-posta-in-gioco-nella-legge-zan/
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