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venerdì 7 maggio 2021

La “strategia della distrazione” ?

Mascarucci: Perché stiamo con Viganò contro gli inganni del Vaticano II.

Carissimi Stilumcuriali, l’amico Americo Mascarucci ci offre questo commento alla recente intervista che l’arcivescovo Carlo maria Viganò ha rilasciato a Radio Spada. E lo condividiamo alla vostra attenzione e riflessione. Buona lettura.

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Perché stiamo con Viganò contro gli inganni del Vaticano II

E’ ormai evidente come monsignor Carlo Maria Viganò sia un personaggio scomodo tanto per i bergogliani che per i nostalgici del pontificato di Benedetto XVI, avendo in pratica “preso le botte” da ambo le parti e sempre per aver denunciato la corruzione e le malefatte dei sacri palazzi. Ma soprattutto non si perdona a monsignor Viganò l’insistenza nel denunciare il grande inganno del Concilio Vaticano II che è all’origine di tutti i disastri che la Chiesa sta conoscendo oggi con il pontificato di Bergoglio. Nella lunga intervista concessa agli amici di Radio Spada e riproposta da Stilum Curiae, Viganò riprendendo anche le tesi già espresse in parte nella prefazione a Galleria Neovaticana di Marco Tosatti, è tornato ad insistere sul grande inganno insidiatosi nella Chiesa per colpa del Concilio Vaticano II e dai suoi testi ambigui e artificiosamente contraffatti dai progressisti e dai loro periti, per rendere la Chiesa ingovernabile e soprattutto per fare in modo che fossero facilmente interpretabili in chiave modernista. Come fa sistematicamente Bergoglio.

Un vero capolavoro (in senso diabolico ovviamente) cui i conservatori non sono riusciti, o non hanno voluto porre rimedio, accontentandosi di poter godere di una discutibilissima ermeneutica della continuità. Spiace per quelli che ritengono inutile discutere del Concilio Vaticano II, ma noi non ci stancheremo mai di sostenere monsignor Viganò nel suo nobile tentativo di svelarne i diabolici inganni e nell’invocare una presa di coscienza della Chiesa per tornare alla sana dottrina. Viganò, che i media mainstream ricordano di citare soltanto quando c’è da denigrarlo quale nemico di papa Francesco (e gli va dato atto di essere stato l’unico che con la richiesta pubblica di dimissioni di Bergoglio per il caso McCarrick ha creato un terremoto mediatico dentro e fuori la Chiesa) e che può godere soltanto del sostegno di Stilum Curiae, Radio Spada, la Verità di Belpietro, di Aldo Maria Valli e pochissimi altri blog, ha la grave colpa di ricordare come Benedetto XVI, che pure è agli antipodi rispetto a Bergoglio, non sia stato capace di affrontare la questione durante gli anni del suo pontificato e anzi abbia continuato a seguire il Concilio rispetto a tanti errori oggi debordati con l’attuale pontificato: l’ecumenismo su tutti e il dialogo con il mondo luterano, con tanto di riconoscimenti all’opera del riformatore tedesco; poi il tentativo di rimarginare la ferita con la Fraternità San Pio X liberalizzando il rito tridentino ma di fatto sottoponendo il ritorno dei seguaci di Marcel Lefebvre nella Chiesa all’accettazione del Concilio Vaticano II. E in più monsignor Viganò ha anche il grave torto di denunciare come Ratzinger sia stato tutt’altro che lungimirante nella scelta dei propri collaboratori.

Dice Viganò; “Molti atti di governo di Benedetto XVI sono in linea con l’ideologia conciliare, della quale il teologo Ratzinger è da sempre strenuo e convinto sostenitore. La sua impostazione filosofica hegeliana lo ha portato ad applicare lo schema tesi-antitesi-sintesi in ambito cattolico, ad esempio considerando i documenti del Vaticano II (tesi) e gli eccessi del postconcilio (antitesi) componibili nella famosa “ermeneutica della continuità” (sintesi); né fa eccezione l’invenzione del Papato emerito, dove tra l’essere Papa (tesi) e il non esserlo più (antitesi) si è scelto il compromesso del rimanerlo solo in parte (sintesi)”.

Oggi ci troviamo con il paradosso di un Enzo Bianchi, massimo profeta del progressismo post conciliare, esiliato e ridotto al silenzio da un Bergoglio che pure interpreta alla perfezione il ruolo del pontefice “demolitore della dottrina cattolica” da Bianchi sempre auspicato. I motivi che hanno spinto papa Francesco ad esiliare l’ex priore, ovviamente non c’entrano nulla con le sue posizioni ai limiti dell’eresia ma sono collegabili a vicende tutte interne alla Comunità di Bose e alle lotte di potere fra la vecchia guardia (Bianchi) e la nuova (Manicardi e compagni); ma rimane il fatto che l’ex ragioniere amico e allievo di Kung ha goduto in passato anche della stima e dell’appoggio di Benedetto XVI che, non soltanto non ha mai preso provvedimenti nei suoi confronti per le posizioni molto controverse sul catechismo della Chiesa cattolica, il culto mariano, la natura divina del Cristo uomo e via dicendo, ma lo ha addirittura voluto come esperto nel sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. L’uomo giusto al posto giusto insomma (e inutile sottolineare che si tratta di purissima ironia).

Mi è stato obiettato che papa Benedetto (che sia chiaro gode della mia stima e che io comunque preferivo di gran lunga a Bergoglio) non poteva fare un repulisti di tutti i modernisti perché il suo compito era quello di favorire l’unità della Chiesa. Ma se non poteva effettuare un repulisti in piena regola, era necessario che promuovesse Bianchi riconoscendogli comunque autorità teologica? Che ricevesse in Vaticano Hans Kung riconoscendogli piena legittimità di interlocutore invece di trattarlo per ciò che era realmente, ovvero un eretico? Che definisse la dottrina di Lutero “perfettamente cristocentrica” nell’incontro di Erfurt del settembre 2011, contraddicendo la visione della beata Maria Serafina Micheli che lo vide bruciare all’inferno?

Quindi, a costo di far sbraitare i fedelissimi del papa emerito, ha ragione monsignor Viganò nell’affermare: “Malauguratamente le devianze ecumeniche non cessarono nemmeno con Ratzinger, e con esse l’ideologia conciliare che le giustificavano. L’abbandono di Benedetto e l’avvento di Bergoglio continuano ad aprire gli occhi a moltissime persone, soprattutto ai fedeli laici”. Questo senza nulla togliere alla grandezza del teologo e senza negare il suo tentativo nobilissimo di contrastare il relativismo, il nichilismo e tutte le nefaste dottrine laiciste oggi entrate nella Chiesa. Anche grazie al Concilio e ai sostenitori dell’ermeneutica della continuità che nel tentativo di arginare gli errori, hanno comunque legittimato il male.

Un’ultima considerazione: come ho scritto già in altre occasioni è doveroso che la Chiesa faccia piena luce sulla validità delle dimissioni di Benedetto XVI (lo chiede anche Viganò) e si dica con chiarezza una volta per tutte che il papa è soltanto uno. Ma sono altresì convinto che non si verrà mai a capo di questa vicenda perché Benedetto XVI non racconterà mai come stanno realmente le cose. Non lo farà perché manca della necessaria lucidità per farlo. Mi chiedo come si faccia a riconoscere il vero Ratzinger in una simile dichiarazione sul presidente americano Biden: «È vero, è cattolico e osservante. E personalmente è contro l’aborto. Ma come presidente, tende a presentarsi in continuità con la linea del Partito democratico… E sulla politica gender non abbiamo ancora capito bene quale sia la sua posizione» (dall’ultima intervista a Massimo Franco). Un Ratzinger che parla un simile linguaggio “politicamente corretto”, davvero possiamo considerarlo lucido se paragonato al Benedetto XVI che tuonava contro il relativismo etico e non accettava compromessi e contraddizioni fra impegno politico e fede? E come conciliare la tesi delle dimissioni invalide che di conseguenza renderebbero invalidi tutti gli atti posti in essere da Bergoglio in quanto “papa illegittimo”, con le benedizioni impartite dall’emerito ai cardinali (illegittimi?) nominati dal suo successore al termine di ogni concistoro? Anche questo rientra nella “strategia della distrazione” che Ratzinger praticherebbe per depistare i suoi nemici?

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