Benedizioni gay e Vetus Ordo: doppiopesismo in Vaticano
Il Vaticano permette la benedizione Lgbt mentre limita la Messa in latino. In questa prassi c’è molta politica che prostituisce un sacramento evirandone un altro. Si favoriscono così coloro che fanno propaganda, discriminando gli umili. Si usa misericordia nel primo caso, mentre nel secondo estremo rigore. Infine, si legittima la sodomia e si delegittima l’Eucarestia senza troppe contestazioni. Ma sia nel primo sia nel secondo caso il cuore di Cristo sanguina.
Proviamo a mettere a confronto il fenomeno interno alla Chiesa tedesca delle benedizioni delle coppie gay e la probabile decisione della Santa Sede di dare una stretta alla facoltà di celebrare secondo il Vetus Ordo.
Nel primo caso si prostituisce una sacramentale, nel secondo caso si evira un sacramento, ossia nel primo caso si abusa di un sacramentale e nel secondo caso si impedisce una partecipazione al sacramento nella sua forma più piena. Nel primo caso abbiamo un nutrito gruppo di fedeli e sacerdoti che agiscono in netto contrasto con il giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede, ma nonostante questo Roma sembra addirittura approvare dato che ha trovato l’escamotage, indicato dal preside dell’Istituto Giovanni Paolo II, di benedire le coppie a rate: prima un membro della coppia poi l’altro. Nel secondo caso abbiamo un nutrito gruppo di fedeli e sacerdoti che agiscono secondo quanto disposto dal Motu proprio di Benedetto XVI, ma nonostante questo si vuole impedire a loro una scelta legittima. E dunque nel primo caso si benedice la disobbedienza, nel secondo caso si maledice l’obbedienza.
Nel primo caso si invoca la misericordia, nel secondo caso le si impedisce addirittura di presentarsi. Nel primo caso ci si apre al nuovo, nel secondo si chiudono i conti con il passato. Nel primo caso si difendono attori che hanno agito in modo chiassoso, provocatorio, rissoso, rabbioso e volgare. Nel secondo caso si attaccano soggetti che hanno sempre agito in modo silenzioso, mite, pacifico e nobile. Nel primo caso laici e sacerdoti coinvolti si sono vantati del loro atteggiamento rivoluzionario e scismatico nei confronti della Chiesa. Nel secondo caso laici e sacerdoti si sono sentiti sempre intimamente consolati dal fatto che agivano nel solco tracciato e indicato dalla Chiesa.
Ma tra benedizioni di coppie gay e la decisione di riporre nell’armadio della sagrestia la Messa in latino vi sono anche elementi di continuità. Sia nel primo sia nel secondo caso la lettera della legge – la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede e il Motu proprio – deve lasciare spazio ad un imprecisato spirito del Vangelo che è contro gretti rigorismi e pignolerie liturgiche e dottrinali. Sia nel primo sia nel secondo caso, comunque, è bene far guerra alla stessa lettera della legge, vera spina nel fianco del pontificato attuale, e il modo migliore per farlo è sostituire chi scrive le leggi: ecco il cambio radicale dei responsabili nelle posizioni apicali, tra cui, da ultimo, è da segnalarsi la nomina di Mons. Roche alla Congregazione per il culto divino (il cardinal Ladaria dovrà dar prova di equilibrismi politici raffinati se vuole rimanere a capo della Congregazione per la dottrina della Fede).
Sia nel primo sia nel secondo caso la continuità della Tradizione deve essere spezzata a favore del progresso, volto del nuovo sentire che in realtà è specchio fedele delle eresie di sempre. Sia nel primo sia secondo caso la decisione di Roma si incardina su valutazioni di carattere politico – mascherate da decisioni di carattere pastorale – non su valutazioni di carattere morale e teologico, cioè dottrinali, perché l’importante è arrivare alla meta: legittimare l’omosessualità, delegittimare l’Eucarestia senza creare troppe contestazioni sia in un caso che nell’altro.
Sia nel primo sia nel secondo caso il cuore di Cristo sanguina di dolore.
Tommaso Scandroglio
https://lanuovabq.it/it/benedizioni-gay-e-vetus-ordo-doppiopesismo-in-vaticano
DALL’HUMANAE VITAE AL RESPONSUM
Ribellioni di ieri e di oggi, ma a Berlino c’è chi è fedele
La ribellione al Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede presenta analogie con la macchina del fango scatenatasi, dal Sessantotto in poi, contro san Paolo VI per la coraggiosa Humanae vitae. Ma ci sono anche fedeli, come a Berlino, che cercano di riparare alle “benedizioni” ribelli e recitano il Rosario per chiedere a Dio di conservare l’unità della Chiesa.
Sabato, 29 maggio, ricorreva la memoria liturgica di san Paolo VI, il timoniere della barca di Pietro nelle acque tempestose del Sessantotto. La situazione odierna della Chiesa presenta non poche analogie con quella dell’epoca come si è visto dalle reazioni tedesche alla recente pubblicazione del Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede. Oggi come ieri, dal Nord soffia un vento di ribellione verso Roma talmente forte da evocare una parola che provoca sofferenza: scisma.
La macchina del fango contro papa Montini cominciò ad azionarsi proprio nel Sessantotto e continuò ad essere operativa fino a pochi mesi dalla sua morte. Il Pontefice lombardo era ben consapevole dell’origine degli attacchi personali che gli piombarono addosso dallo scoppio della contestazione e che s’intensificarono con la pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae (25 luglio 1968). Lo dimostrò nel corso dell’Angelus della Domenica delle Palme del 1976, quando si sentì costretto a smentire le “orribili e calunniose insinuazioni di certa stampa” fatte circolare sulla sua persona, spiegando ai fedeli che “questo e altri deplorevoli episodi hanno avuto pretestuosa origine da una recente dichiarazione della nostra Congregazione per la Dottrina della Fede circa alcune questioni di etica sessuale”. Un gesto sufficiente a testimoniare il coraggio di un Papa calato nella contemporaneità, ma ben determinato a difendere con le unghie e con i denti gli insegnamenti morali contenuti nel deposito della divina Rivelazione.
Anche all’epoca i grattacapi per Roma partirono da Oltralpe, con la mobilitazione di ampi settori del clero e del laicato cattolico nel “Maggio francese”. La contestazione si estese a macchia d’olio anche in casa di un Pontefice molto italiano, con l’avvio della stagione più intensa dei preti operai e delle comunità di base. L’uscita dell’Humanae vitae si collocò proprio in questo contesto, segnando i confini invalicabili di una Chiesa che si apriva alla modernità senza l’intenzione di lasciarsi inghiottire da essa. Quell’enciclica resta ancora oggi una grande testimonianza del coraggio dell’impopolarità, alla faccia di chi ama descriverne l’autore come un pauroso.
Le asprissime reazioni, interne ed esterne, che hanno caratterizzato la recente pubblicazione del Responsum della Cdf hanno molto in comune con quanto avvenne allora. La Chiesa è finita di nuovo nel mirino dell’opinione pubblica, mentre un pezzo di clero e di organizzazioni laicali hanno platealmente disobbedito a Roma con manifestazioni di protesta andate in scena all’interno degli edifici religiosi. Questi gesti hanno la pretesa di dimostrare una maggiore vicinanza nei confronti delle persone omosessuali, mentre in realtà non fanno altro che disorientarle per scopi principalmente ideologici. Non può esistere, infatti, un cattolicesimo su misura. Pur nella consapevolezza che, come scriveva il cardinale Giacomo Biffi, “la concezione cristiana ci dice che bisogna sempre distinguere il rispetto dovuto alle persone, che comporta il rifiuto di ogni loro emarginazione sociale”, chi invoca cambiamenti sulla questione delle benedizioni chiede semplicemente ciò che il Magistero ecclesiale non può fare. Esso, infatti, esiste per insegnare quella dottrina cristiana radicata nella Rivelazione divina contenuta nelle Sacre Scritture.
A differenza di quanto sostenuto da diversi teologi in Germania, Antico e Nuovo Testamento sono espliciti sul punto: anche l’illustre biblista e cardinale Carlo Maria Martini ricordava che “la preoccupazione principale delle Sacre Scritture è la tutela della famiglia e uno spazio sano per i figli, che in ogni caso vengono dalle coppie eterosessuali”.
In Germania la situazione sembra davvero esplosiva, con vescovi fedeli all’insegnamento di sempre che vengono pubblicamente contestati dai gruppi più progressisti del laicato cattolico e preti disobbedienti che utilizzano le chiese come teatro dei loro atti di ribellione. Ma ci sono anche fedeli che, volendo reagire di fronte a questi comportamenti disorientanti, hanno dato vita spontaneamente ad azioni di preghiera davanti alle parrocchie che hanno ospitato le benedizioni ribelli.
Da Berlino, ad esempio, ci arriva la segnalazione di un lettore di un Rosario pubblico recitato su un sagrato per chiedere a Dio di mantenere l’unità della Chiesa tedesca. Tra i cartelli sventolati durante questa contromanifestazione berlinese anche uno con su scritto: “Roma locuta, causa finita”.
Con la pubblicazione del Responsum, la Congregazione per la Dottrina della Fede si è limitata a ribadire ciò che la Chiesa, come ricordava Ratzinger, non può cambiare. Da allora non ha smesso di venire meno la pressione mediatica sul Vaticano per chiedere una marcia indietro e ci sono state anche le solite fonti anonime che hanno messo in giro la voce secondo cui Francesco sarebbe rimasto contrariato per l’uscita del documento. Uno scenario francamente improbabile, dal momento che nel Responsum è riportata nero su bianco l’approvazione papale al via libera finale. Non è da escludere che la circolazione di determinate indiscrezioni possa rientrare nel quadro dell’offensiva mediatica che ha messo la Chiesa nel mirino da due mesi a questa parte e che però ha un precedente rilevante ai tempi della pubblicazione dell’Humanae Vitae.
L’amletico, il contraddittorio, il mesto, il timido e pauroso - secondo gli appellativi attribuitigli da nemici e finti amici - Montini dimostrò il polso saldo del grande timoniere: con toni paterni, richiamò all’obbedienza i preti ribelli, sostituì i vescovi delle fughe in avanti e lasciò in eredità ai suoi successori un esempio per fermare le “aggressioni più radicali a verità sacrosante della nostra dottrina”. Oggi più che mai, di fronte ai venti di scisma e alle enormi pressioni a cui è sottoposta la Chiesa, è vivo il suo ricordo e quella testimonianza di coraggiosa impopolarità radicata nella verità che gli riconobbe l’allora cardinale Albino Luciani poco prima di succedergli sul trono di Pietro: «Qualcuno - disse il Patriarca di Venezia alla Messa in suffragio del Pontefice - ha detto che l’Humanae Vitae è stata un suicidio per Paolo VI, il crollo della sua popolarità e l’inizio di critiche feroci. Sì, in un certo senso, ma egli l’aveva previsto e con San Paolo si era detto: “È forse il favore degli uomini che intendo meritarmi, o non piuttosto quello di Dio?”».
Nico Spuntoni
https://lanuovabq.it/it/ribellioni-di-ieri-e-di-oggi-ma-a-berlino-ce-chi-e-fedele
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