"Scure" del Papa sui cardinali: nuova scossa nei Sacri Palazzi
Papa Francesco ha deciso di equiparare le procedure giudiziarie in Vaticano: ora anche i cardinali ed i vescovi verranno processati da un Tribunale della Santa Sede (e non da una Cassazione "speciale")
Scambiarlo per un gesto mediatico può essere un'operazione semplice, ma più di qualcosa di sostanziale c'è: l'ultima riforma del Papa in ordine di tempo ha equiparato erga omnes la procedura giudiziaria in Vaticano. La novità principale è una: i cardinali e i vescovi, grazie ad un Motu Proprio del pontefice verranno processati attraverso le stesse modalità previste per chi cardinale o vescovo non è. Si insedia così una visione nuova dello status dei porporati e degli alti prelati. Ruoli che in un certo senso vengono "normalizzati".
Si tratta in ogni caso del venir meno di una condizione del tutto singolare. Qualcuno dirà della messa in discussione di un altro pezzo della tradizione ecclesiastica, ma tant'è. Prima dell'avvento di Jorge Mario Bergoglio, quando un cardinale (o un vescovo) era sottoposto ad un processo presso la Santa Sede in funzione di un'accusa riguardante l'ambito penale, veniva processato da una corte "atipica". Se non altro perché alla testa della Cassazione giudicante era seduto un altro cardinale. Al netto di ogni considerazione possibile sulla ormai vecchia regola procedurale vaticana, è possibile intravedere nella scelta di Papa Francesco un'altra mossa simbolica (neppure troppo) per scuotere la Curia di Roma, che nel frattempo si prepara alla riforma della Costituzione apostolica. Si attende una revisione complessiva delle logiche curiali. Ad oggi, però, la nuova Costituzione apostolica è solo ventilata. E ormai è da tempo che il C9 sta lavorando.
Buona parte della motivazione di base espressa dal Santo Padre per far comprendere l'equiparazione della procedura giudiziaria ruota attorno al concetto di eguaglianza: "Secondo la Costituzione conciliare Lumen Gentium – viene fatto presente nel Motu Proprio – nella Chiesa tutti sono chiamati alla santità e hanno ugualmente la bella sorte della fede per la giustizia di Dio; infatti, 'vige tra tutti una vera eguaglianza riguardo alla dignità e all'azione comune a tutti i fedeli nell'edificare il Corpo di Cristo'". Non può esistere, per la linea del regnante, uno status così peculiare. I cardinali ed i vescovi non possono essere considerati "diversi" dinanzi alla giustizia. A ben vedere, non un segnale di poco conto. E in questo senso, per Bergoglio si è resa opportuna una omologazione tra tutti coloro che fanno parte in qualità di consacrati dell'Ecclesia.
C'è comunque un "però". Un limite che Bergoglio non ha voluto infrangere. Il canonista Rosario Vitale ha circoscritto così questo cambiamento: "Il Supremo Legislatore, con il Motu Proprio in questione, ha di fatto, equiparato - da un punto di vista strettamente giudiziario - gli alti Prelati a tutti i fedeli, riprendendo il principio del can. 208 C.I.C., il quale stabilisce che: 'inter christifideles omnes […] vera viget quoad dignitatem et actionem æqualitatis'". In buona sostanza quanto espresso dal Papa, e cioè che l'uguaglianza è misura d'insieme. A rimanere invariata, però, è la necessità del consenso del Santo Padre a procedere col giudizio. Nel momento in cui il successore di Pietro optasse per non dare vita ad un processo, insomma, nessuna eccezione sarebbe possibile. Oggi come allora. Rivoluzione sì, quindi, ma mitigata da una regola di conservazione della datata tradizione. Vitale spiega come in realtà i cambiamenti siano due: "Uno abrogativo dell’art. 24 della Legge CCCLI del 16 marzo 2020 circa l’Ordinamento giudiziario e l’altro in modifica dell’art. 6 della Legge medesima". E quindi "Il Supremo Legislatore aggiunge ai già presenti tre commi dell’articolo un quarto, che sottrae al Tribunale di ultima istanza, la riserva di giudizio sui Cardinali e Vescovi — fuori dai casi previsti dal can. 1405 §1 C.I.C. — così che anch’essi siano soggetti al giudizio del Tribunale ordinario dello Stato". Cioè la questione del giudizio dinanzi ad un Tribunale del Vaticano.
Tutto questo - come premesso - avviene in un contesto di attesa. La riforma della Costituzione apostolica, per quanto alcuni commenti provenienti dalla Santa Sede abbiano ridimensionato la portata delle novità che starebbero per essere apportate, potrebbe modificare nel profondo le logiche curiali e la composizione gerarchica delle Congregazioni. Viene sussurrata, ad esempio, una riduzione delle facoltà ascritte alla Congregazione per la Dottrina della Fede, mentre a trovare uno spazio d'azione maggiore potrebbe essere la Segreteria di Stato. Ad oggi sono supposizioni o ricostruzioni, ma è chiaro che la riforma del Papa sta iniziando a coinvolgere anche la vita "politica" nel senso alto all'interno delle mura leonine.
Francesco Boezi
Papa Francesco e i cambiamenti chiave nella Curia romana
Versione in italiano della mia analisi per l'agenzia polacca KAI, pubblicato lo scorso 27 aprile. L'originale polacco si può trovare qui.
Il Cardinale Robert Sarah ha lasciato l’incarico da prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (in pratica, il ministero della liturgia della Curia romana) lo scorso 20 febbraio. Da allora, il posto di prefetto è rimasto vacante, e si attende presto la nomina di un successore. È con questa nomina che partirà il ricambio generazionale della Curia Romana. È, questo, l’anno della transizione definitiva.
La Curia altro è l’insieme di organismi e dicasteri che aiutano il Papa nel governo della Chiesa universale e della Chiese particolari. Si tratta del gabinetto di governo della Santa Sede. Attualmente, funzioni e compiti degli organismi di Curia sono regolati da una costituzione apostolica, la Pastor Bonus, promulgata da San Giovanni Paolo II nel 1988. Una costituzione apostolica, per chi non lo sapesse, è un documento di grandissima rilevanza, emanato dal Papa in persona quando si tratta di pronunciamenti magisteriali o di atti che necessitano di una certa solennità.
Per arrivare alla riforma di Giovanni Paolo II c’erano voluti venti anni di studi e commissioni, partendo proprio dalle riforme di Paolo VI che avevano fatto seguito al Concilio Vaticano II. Alla fine, si era arrivati a strutturare la Curia in Congregazioni e Pontifici Consigli, vale a dire, in termini laici, in “ministeri con portafoglio” e “ministeri senza portafoglio”. Le Congregazioni sono sempre guidate da un Cardinale, i pontifici consigli da un cardinale o un arcivescovo. Devono comunque avere dignità episcopale, perché lavorano in comunione con il Papa.
Giovanni Paolo II aveva strutturato una Curia con la Segreteria di Stato, nove congregazioni, 11 pontifici consigli, tre tribunali. Benedetto XVI aggiunse un pontificio Consiglio. Papa Francesco sta riscrivendo la Costituzione, ma intanto ha già cominciato a mettere in pratica parte della riforma.
Attualmente, la Curia è composta da: due Segreterie (la Segreteria di Stato e la Segreteria per l’Economia), nove Congregazioni, tre dicasteri, cinque pontifici consigli. A questi si aggiungono altri uffici, commissioni, e organismi come la Prefettura della Casa Pontificia e l’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Papa.
Ci saranno ulteriori modifiche, ed è attesa a breve la promulgazione della costituzione Praedicate Evangelium, che sostituirà la Curia come era stata disegnata da Giovanni Paolo II. Nel frattempo, Papa Francesco ha già cominciato a ridisegnare la Curia a sua immagine e somiglianza.
Considerando prefetti, presidenti, segretari e i capi delle tre sezioni della Segreteria di Stato, e i vicari del Papa per la diocesi di Roma e dello Stato di Città del Vaticano, ci sono 32 incarichi di vertice. Di questi, 23 sono di persone nominate da Papa Francesco. In tre casi anche i predecessori erano stati nominati da Papa Francesco: il prefetto del Dicastero della Comunicazione Paolo Ruffini era stato preceduto da monsignor Dario Edoardo Viganò; il Prefetto della Segreteria per l’Economia, padre Antonio Guerrero Alves, era stato preceduto dal Cardinale George Pell; il segretario della Segreteria generale del Sinodo, il Cardinale Mario Grech, era stato preceduto dal Cardinale Lorenzo Baldisseri.
Per i suoi cambiamenti, Papa Francesco ha quasi sempre atteso che la persona da sostituire raggiungesse o superasse i 75 anni di età, che è l’età in cui tutti i vescovi sono tenuti a presentare la rinuncia. Non ci sono state, alla fine, vere e proprie rimozioni. In alcuni casi, Papa Francesco, come hanno fatto tutti i Papi, ha lasciato la persona nel suo incarico al di là dei 75 anni. Lo ha fatto con il Cardinale Sarah, che ha lasciato un po’ prima del compimento dei 76 anni. Ora, il fatto che la posizione di Prefetto del dicastero sia rimasta vacante fa comprendere che molto cambierà.
Oltre al Cardinale Sarah, ci sono cinque congregazioni i cui prefetti hanno già superato i 75 anni: la Congregazione per la Dottrina della Fede, la Congregazione per l’Educazione Cattolica, la Congregazione per le Chiese Orientali, la Congregazione per i Vescovi, la Congregazione per il Clero. A queste, si aggiunge il Governatorato dello Stato di Città del Vaticano, il cui presidente e segretario generale sono già in età della pensione.
Papa Francesco probabilmente intende attendere la promulgazione definitiva della riforma della Curia per fare gli ultimi spostamenti. Per esempio, la Congregazione per l’Educazione Cattolica andrà ad assorbire il Pontificio Consiglio della Cultura, presieduto dal Cardinale Gianfranco Ravasi, che ha già 79 anni: facile pensare che non ci saranno cambiamenti finché il nuovo dicastero non sarà stabilito. In altri casi, ci saranno forse dei sensibili cambiamenti nell’organizzazione, e sembra essere il caso della Congregazione per il Culto Divino.
Questo perché Papa Francesco ha voluto, prima di scegliere il successore del Cardinale Sarah, inviare una ispezione interna. Non c’è stata notizia ufficiale di questa ispezione, non è stata pubblicata su un bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, perché si tratta, appunto, di una questione che riguarda il dicastero stesso. Ispettore è stato nominato il vescovo Claudio Maniago, presidente della commissione liturgica della Conferenza Episcopale Italiana che ha supervisionato le nuove traduzioni del Messale. Ed è stata una ispezione, raccontano, molto breve, di pochi giorni, già terminata.
Non si sa cosa scriverà Maniago nel suo rapporto, si sa solo che nella bozza della nuova costituzione è stato aggiunto, tra i compiti del dicastero, il compito di supervisionare il rinnovamento liturgico secondo i canoni del Concilio Vaticano II. Una dizione, tra l’altro, abbastanza vaga, che non lascia pensare a cambiamenti sostanziali nella struttura.
Ovviamente, Maniago è stato considerato tra i possibili candidati a prendere il posto del Cardinale Sarah. Gli indizi vanno, però, in altre direzioni. Anche se poi, gli indizi non fanno mai una prova. E testimoniano che il Papa sta guardando con attenzione a tre personaggi (due vescovi e un cardinale) per tre posizioni chiave, e una di queste è proprio quella di prefetto della Congregazione per il Culto Divino.
Il 14 gennaio, Papa Francesco ha infatti ricevuto in udienza privata il vescovo Francesco Vittorio Viola di Tortona. Il 10 febbraio, Papa Francesco ha ricevuto il Cardinale Blaise Cupich, arcivescovo di Chicago. L’1 marzo, il Papa ha invece ricevuto il vescovo Robert Prevost, di Chiclayo (Perù), che è un missionario agostiniano nato negli USA.
A tutti, Papa Francesco avrebbe chiesto una disponibilità a lasciare gli incarichi diocesani per essere trasferiti in Vaticano. Non è detto che questo significhi che saranno davvero nominati. Ma ci sono diverse ragioni per cui la loro chiamata a Roma sia probabile.
La prima è che Papa Francesco potrebbe così formare una Curia a sua immagine e somiglianza. Il Papa non andrebbe a scegliere persone che già si sono formate a Roma, ma persone da fuori, che dunque potrebbero portare una mentalità nuova, secondo i desideri del Papa.
La seconda è che il Papa porterebbe a Roma dei suoi fedelissimi. I tre devono a Papa Francesco tutta la loro carriera ecclesiastica, visibilità, responsabilità e, nel caso di Cupich, persino il cardinalato. Non andrebbero mai contro le decisioni del Papa, e difficilmente farebbero pubblicamente emergere delle situazioni critiche.
Papa Francesco ha mostrato una particolare predilezione per questi prelati. Il Papa ha conosciuto il vescovo Viola ad Assisi, durante il suo primo viaggio nella città del santo di Assisi nel 2013, quando questi era presidente della Caritas. Lo ha inviato a Tortona, diocesi molto particolare e difficile in Italia, perché i suoi confini toccano tre diverse regioni. Lo ha incluso come membro della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Il Cardinale Blaise Cupich è diventato l’uomo di riferimento del Papa negli Stati Uniti. Ne rappresenta la visione contrapposta alla linea dei “cultural warriors”, ha anche palesemente contestato uno statement della Conferenza Episcopale USA sul nuovo presidente Joe Biden, cattolico di nome ma democratico nelle scelte, e dunque promotore di politiche pro-choice e di ideologia gender. Papa Francesco ha incluso il Cardinale Cupich come membro della Congregazione dei Vescovi e della Congregazione per l’Educazione Cattolica.
Il vescovo Robert Prevost, missionario agostiniano, è vescovo della diocesi di Chiclayo in Perù dal 2015, ma è nativo di Chicago. In maniera inusuale per un semplice vescovo, si ritrova ad essere membro sia della Congregazione per i Vescovi e della Congregazione per il Clero.
Quali sarebbero gli incarichi cui sarebbero destinati i tre? I rumors a Roma sostengono che per il vescovo Viola sia pronto un posto nella Congregazione per il Culto Divino, come prefetto al posto del Cardinale Sarah.
Il Cardinale Cupich è sempre stato giudicato in procinto di prendere la responsabilità della Congregazione per i Vescovi. Potrebbe invece prendere la Congregazione per il Clero al posto del Cardinale Beniamino Stella, che resterà in carica fino al compimento degli 80 anni il prossimo agosto. Il vescovo Prevosto dovrebbe invece diventare prefetto della Congregazione dei Vescovi.
Se queste nomine dovessero concretizzarsi, sarebbero segnali precisi di un cambio di rotta. Papa Francesco dimostra così di avere un piano a lungo termine, e di averlo sempre avuto. Oltre ai cambiamenti in Curia, il Papa ha fortemente modificato il Collegio Cardinalizio, con sette concistori in sette anni (un numero enorme, se si considera che Giovanni Paolo II ne convocò 9 in 27 anni), e potrebbe farlo ulteriormente, anche allargando la base elettorale.
La Chiesa dopo Francesco sembra così diventare una Chiesa completamente dal volto di Francesco. Una Chiesa meno istituzionale, che nelle idee di Francesco significa una Chiesa più missionaria. Una Chiesa meno legata a Roma, che nelle idee di Francesco significa una Chiesa meno cortigiana. Ma si è davvero sicuri che l’istituzione e Roma fossero ostacoli, alla missione? Davvero non si può considerare in nessun modo che fossero invece un sostegno alla missione?
Pubblicato da Andrea Gagliarducci
https://vaticanreporting.blogspot.com/2021/05/papa-francesco-e-i-cambiamenti-chiave.html#more
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.