Anthony Esolen, scrittore e docente universitario 

di Nicola Lorenzo Barile 

Trattando dell’origine delle due città, una di Dio e l’altra del mondo, alcuni «sostengono tuttavia che il politeismo e relative pratiche sacrali sono utili per la vita che verrà dopo la morte. Qualcuno poteva ribattere che noi avevamo confutato gli errori degli altri senza affermare le nostre verità. Per questo motivo io, ardendo dello zelo della casa di Dio, ho stabilito di scrivere i libri de La città di Dio contro questi insulti perché sono errori, (…) due infondate opinioni contrarie alla religione cristiana. Sebbene tutti i ventidue libri riguardino l’una e l’altra città, hanno tuttavia derivato il titolo dalla migliore. Perciò è stata preferita l’intestazione La città di Dio». Così scriveva Sant’Agostino all’amico firmino nel 426, riassumendone il contenuto. E per quanto riguarda la città del mondo, soprattutto quello moderno?

Se ne è occupato brillantemente Anthony Esolen, scrittore e professore in diverse università nordamericane, oltre che traduttore in inglese di classici della letteratura italiana come la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso (2000) e la Divina Commedia di Dante Alighieri (2002-2004), in una sua recente pubblicazione: Sex and the Unreal City. The Demolition of the Western Mind (Ignatius Press, San Francisco 2020).

Il libro, che nel titolo ammicca alla nota serie Sex and the City del canale HBO (1998-2004), è una raccolta di saggi originariamente apparsi sul sito Mere Comments, ispirati dalla comune convinzione che, se qualcosa non fa parte dell’universale eredità dell’uomo, essa è quasi certamente falsa, anzi di solito è una falsità, una bugia detta consapevolmente, così profondamente radicatasi nella mente della gente, che la si accetta come se fosse aria purtroppo cattiva da respirare. Dal punto di vista religioso, pertanto, l’uomo moderno non crede tanto in divinità che non esistono, quanto piuttosto in ciò che non è reale, cadendo di fatto adorando degli idoli, non tutti avidi di vite umane come Moloch, perché ci sono alcuni anche affascinanti, come ad esempio Dioniso, il dio greco dell’ebrezza. Non è questo, tuttavia, che interessa alla Sacra Scrittura, che non condanna gli idoli per la loro spietatezza o lascivia, quanto per il loro essere falsi e bugiardi. Dice infatti Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv, 14, 6) e non è un caso che il nome favorito da San Gregorio Magno (540 – 12 marzo 604) per Gesù fosse semplicemente Verità.

Tuttavia, i peccati sono reali, ma possono portarci ugualmente nell’irrealtà perché, nota Esolen, al centro di ogni peccato c’è essenzialmente l’abbracciare una menzogna: «Voi sarete come dei», mentì il serpente a Eva, quando lei ed Adamo erano già stati creati a immagine e somiglianza di Dio (Gn 3, 5), promettendo che sarebbero diventati divinità per mezzo della loro volontà o, cosa non so peggiore o più ridicola, per mezzo di un albero (quello della conoscenza del bene e del male). 

A differenza di quello commesso dai nostri progenitori, però, i peccati denunciati da Sex and the Unreal City sono «politici». Quando infatti si rivelò a Mosé, ricorda Esolen, Dio si identificò come Colui che è, ma scelse anche di incarnarsi nella storia: «Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi» (Es 3, 15). Noi, invece, ci allontaniamo dal Dio della storia per cadere in adorazione semplicemente del processo della storia, che si suppone debba portare a qualcosa di buono, anche se così non è sempre stato, come ci ricordano le sanguinarie dittature del secolo scorso e, più recentemente, nota con polemica Esolen, quell’Unione europea i cui principali obiettivi sembrano essere principalmente l’affermazione di aborto ed eutanasia.

Ora, i peccati «politici» non prevedono perdono: chi li commette, dice Esolen, è molto suscettibile, quasi afflitto da un permanente fuoco di Sant’Antonio, così che una banale carezza del corpo o un semplice turbamento dell’animo possono appiccare fuochi inestinguibili; pertanto, il versetto più adatto a loro è: «Non giudicate, per non essere giudicati» (Mt 7, 1), perché, in effetti, i cittadini di Sex and the Unreal City non fanno altro che giudicare. Quando si recano in chiesa, ad esempio, non lo fanno per cercare sollievo dai loro peccati ma, piuttosto, si sforzano di ignorarli, come se non fossero stati mai commessi: ripararli è un affare ben più serio che mettere un semplice like di condivisione.

Un altro bersaglio polemico di Sex and the Unreal City è la correttezza del linguaggio e il conseguente rifiuto di riconoscerne la funzione: ciò non significa, però, dubitare che il linguaggio abbia influenza su ciò che pensiamo; semplicemente, le cose vengono prima del nostro concetto su di esse. Noi, invece, siamo convinti che le parole possano quasi magicamente alterare le cose e, quel che è peggio, negare la Parola attraverso la quale tutte le cose sono state fatte, oltre che le cose in sé; ancora una volta: «Voi sarete come dei». Se, ad esempio, un uomo afferma di essere una donna e pretende che ci si rivolga a lui/lei come tale, non sta chiedendo di essere considerato per quello/a che sente realmente di essere, ma di entrare nella sua illusione o menzogna. Chi, in un lontano futuro, dovesse chiedersi come si sia potuto arrivare a questo punto, sappia che l’iniziale peccato di negare la bontà dell’essere uomo o donna si è manifestato inizialmente come negazione della nostra autentica natura e, successivamente, ha proseguito con l’affermazione che possiamo essere qualunque cosa abbiamo immaginato di essere.

L’irrealtà del movimento transgender dipende, per la sua esistenza, dall’ipotesi che la realtà dipenda dalle parole, così che chi le controlla, di fatto controlla l’universo, come se fossimo appunto divinità. In realtà, il movimento transgender, secondo Esolen, altro non è che una estensione menzognera del femminismo, alimentato dalla rivoluzione sessuale degli anni sessanta del secolo scorso, per il quale le donne e gli uomini non sono fatti gli uni per gli altri e i loro interessi divergenti, e con cui il movimento transgender concorda, aggiungendo il fatto che una donna può diventare un uomo o viceversa, o addirittura transitare fra un sesso e l’altro, come l’indovino del mito Tiresia.

C’è del fanatismo in questa separazione dalla bontà della realtà del nostro corpo e, a questo proposito, Esolen cita una significativa pagina del famoso romanzo di Arthur Koestler (1905-1983), Buio a mezzogiorno: «Satana, invece, è magro, ascetico e fanaticamente devoto della logica. Legge Machiavelli, Ignazio di Loyola, Marx e Hegel; è freddo e spietato verso il genere umano, per una specie di matematica misericordia. È condannato sempre a fare ciò che gli ripugna: a massacrare per abolire ogni massacro, a sacrificare degli agnelli affinché più nessun agnello sia sacrificato, a frustar la gente con lo knut affinché impari a non farsi frustare, a liberarsi d’ogni scrupolo in nome di una ben più alta scrupolosità e a sfidare l’odio del genere umano proprio per l’amore che gli porta… un astratto e geometrico amore».  

Essa descrive efficacemente il circolo vizioso dell’intellettuale moderno, che pretende da noi, pena il bando da qualsiasi dibattito, la rinuncia ad essere padri e madri, figli e figlie, mariti e mogli, vicini di casa e parte di una comunità, credenti e praticanti, secondo determinati riti, per darci in pasto a una visione del bene che non si coglie intuitivamente e di cui non si ha esperienza, dedotta, al contrario, da astratti principî, chiedendoci, di fatto, di non essere umani. Solo allora, o solo nella misura in cui ci conformiamo a questa posa, potremo siglare un contratto che detta diritti civili, punizioni e ricompense, abbellendo il tutto con una patina di impegno religioso e persino di pietà, ma senza il riconoscimento di istituti naturali anteriori come, ad esempio, la famiglia, retrocessa a scelta fra «stili di vita»: parola presa direttamente dall’economia di mercato. È, invece, ben disposto nei confronti di individui benestanti dotati e di buoni studi, che sanno bilanciare piacere e denaro, prestigio e potere, simpatizzanti di una forma di governo elaborata da studenti di Yale, per studenti di legge a Yale e cucita addosso pure a coloro i quali gli studenti di Yale frequentano.

Non passi inosservato il riferimento a una delle più rinomate università private nordamericane: Esolen ci vuole mettere in guardia contro la deriva del sistema educativo, ridotto sempre più a politica di parte e, dunque, sempre meno aderente alla realtà, comportandosi di fatto come la pubblicità, che macina profitti persuadendo i consumatori che vogliono ciò che non vogliono e devono volere ciò che non devono, grazie a slogans e bon mots a buon mercato come, rispettivamente, «valori interculturali», leadership, «competenze» e «apprendimento attivo» e «decostruzione» e «trasgressione», in un particolare linguaggio oscuro (l’educanto), con poche o nulle possibilità di incontrare la grande arte e poesia dell’occidente, per non dire la philosophia perennis di Aristotele o l’eros  con la passione per la saggezza e alla ricerca della sapienza di Platone e, naturalmente, la parola stessa di Dio, che li possano confermare nell’amore per la realtà.

Sex and the Unreal City vuole soprattutto combattere questo sprofondamento dell’educazione dei colleges nell’irrealtà, che Esolen ha pagato personalmente sulla sua pelle, quando venne allontanato dal cattolico Providence College per aver scritto un articolo contro la cultura delle «diversità», e approdare come Writer-In-Residence e Professor presso il «piccolo, ma realmente cattolico» Magdalen College of the Liberal Arts nel New Hampshire (2019), contento che i suoi studenti del secondo anno vadano per qualche tempo a Roma a studiare letteratura e arte, mai tanto pieni di sé e assurdamente seri da pensare che Michelangelo e Sant’Agostino non abbiano nulla da insegnare loro su ciò che è reale. 

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