ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 25 giugno 2021

Proseguono i rumors non smentiti

Iniziati gli Attacchi al Vetus Ordo. Prima ancora che il Papa (indebolito) parli…


Carissimi Stilumcuriali, un affezionato amico di Stilum Curiae ci ha inviato questa riflessione a largo raggio sulla situazione della Chiesa, sulle minacce verso il Summorum Pontificum e l’effetto negativo che su tutto questo potrebbe avere il caso De Mattei – Viganò. E chiede una riconciliazione fra i due. Anche se mi sfuggono i termini del contenzioso; e c’è da chiedersi perché questi attacchi personali avvengano proprio nel momento in cui la difesa della cultura della tradizione nella Chiesa ha trovato – in maniera certo insospettabile e imprevedibile – una voce così forte e autorevole, che riesce a farsi ascoltare anche al di fuori delle usuali conventicole. Grazie a Eques Fidus per il suo contributo, e buona lettura.

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24 giugno, festa di San Giovanni Battista

 

In questi giorni, abbiamo assistito a diverse diatribe riguardo lo scontro venutosi a creare tra il prof. Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto, e mons. Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti. Ebbene, non entro nel merito della questione (non avendo mai avuto particolare interesse, o simpatie, per tale Cesare Baronio ed il suo blog), però vorrei far notare come questi scontri siano a vantaggio dell’attuale pontificato ma sono contrari all’unità di noi cattolici legati alla Santa Messa promossa da papa San Pio V.

Andiamo con ordine: negli ultimi mesi, il pontificato di Francesco (apparentemente monolitico ed inarrestabile) ha subito una pesante battuta d’arresto, che verte in particolar modo su tre punti: 1) la limitazione del Motu Proprio “Summorum Pontificum” promulgato da Benedetto XVI, con il passaggio da un regime permissivo ad uno indultivo; 2) lo scisma tedesco, con le dimissioni farlocche del card. Marx; 3) le limitazioni ai movimenti laicali, che sono potenti gruppi a favore (o contro) il papato sin dai tempi del post-Concilio (e, in particolar modo, dal pontificato di Giovanni Paolo II, che diede loro sin troppo potere, specie ai neocatecumenali).

Queste azioni, che hanno portato a reazioni più o meno dirette anche da parte di coloro che, storicamente, hanno sempre incoraggiato la rivoluzione ecclesiastica portata avanti dalla metà degli anni Sessanta ad oggi (vedasi, ad esempio, l’articolo del 14 giugno di Melloni, potente membro della “scuola di Bologna” e sostenitore della prima ora di Bergoglio), sono il chiaro segnale di un pontificato che non ha saputo cementare alleanze ed amicizie, combattendo una sola guerra alla volta, ma che è riuscito a scontentare un po’ tutti (i modernisti non marciando con loro abbastanza speditamente nelle loro “riforme” dal sapore rivoluzionario e protestante, tutti gli altri non confermando i fratelli nella Fede ma spargendo ad ampie mani confusione ed errori) senza fare contento nessuno.

A questo, poi, si aggiunge anche la missiva diplomatica inviata in Parlamento in merito al Ddl Zan (decreto in sé liberticida ed anticostituzionale), a fare da ciliegina sulla torta, tanto che oggi troviamo un pontificato sempre più diviso (oltre che divisivo), con Bergoglio progressivamente sempre più solo, abbandonato anche da coloro che, fin dal famigerato 13 marzo 2013 (ma anche da prima, in certi casi), gli giuravano eterna fedeltà.

In tutto questo, inoltre, non si può negare lo scalpore provocato dal vescovo di Digione, mons. Minnerath, di cacciare su due piedi i membri locali della Fraternità Sacerdotale San Pietro (FSSP), rifiutandosi di incontrarne i rappresentanti, con l’ordine di abbandonare la porzione di Chiesa a loro affidata entro i primi giorni di settembre. Mons. Minnerath, in realtà, ha provocato un vulnus alle manovre per l’imposizione del nuovo regime che Francesco, o chi per lui (penso a qualche suo più o meno fedele luogotenente o clone, come mons. Roche prefetto del Culto Divino), voleva imporre ai fedeli che vivono in modo pienamente lecito la fede cattolica seguendo la Tradizione tridentino-gregoriana: infatti, tale anticipazione dei tempi potrebbe aver mostrato anche agli scettici cosa succederà con una involuzione del “Summorum Pontificum” (il quale, peraltro, non è mai stato pienamente applicato, vedasi ad esempio Palermo con mons. Lorefice tanto per avere un esempio nostrano), con intere famiglie ed istituti religiosi costretti a sbaraccare nel minor tempo possibile per assecondare i capricci di vescovi che odiano al Messa “di sempre”.

Ebbene, la reazione organizzata, soprattutto dei cattolici dalla Francia e dagli Stati Uniti d’America (nei quali la cosiddetta “forma straordinaria” è veramente esplosa, molto di più che da noi), contro tale provvedimento potrebbe essere devastante: d’altronde, direbbero, non a torto, gli insorti, se eminenti preti e vescovi si sono sempre rifiutati di dare seguito al “Summorum Pontificum”, perché mai dovremmo dar retta noi a certe disposizioni?

Non solo: chi ci vieta, se ci viene proibito di vivere la Fede genuinamente cattolica attraverso la Santa Messa dei nostri padri, di chiudere definitivamente i rubinetti al Vaticano, sempre più in crisi finanziaria (con un deficit che viaggia verso i 50 milioni di euro, se già non l’ha superato, che per uno Stato così piccolo non è cosa da poco)? Una reazione concertata, seria e compatta volta ad ottenere non solo la revoca definitiva di ogni regime indultivo e la piena applicazione del “Summorum Pontificum” (anche da parte di quei vescovi che si oppongono a tutt’oggi strenuamente dal concedere anche solo una chiesa dove poter celebrare la Messa promulgata da San Pio V), ma anche il passaggio da un regime permissivo ad uno di promozione a scapito del Novus Ordo: immaginatevi le conseguenze! Gli effetti sarebbero catastrofici per il pontificato di Bergoglio: senza più soldi, costretto ad ammettere di essere a capo di uno Stato dove si spende (molto) più di quel che si riceve, impossibilitato a chiedere aiuto ai propri (ex) amici, egli sarebbe costretto a cedere ai ricatti della parte tedesca (il che implica lo scisma) o alle imposizioni dei cattolici “tradizionali” francesi e (soprattutto) americani.

Capite, quindi, che la situazione, volta a rivangare vecchi o a forgiare nuovi rancori tra tutti quei cattolici che sono uniti dal Messale del ’62 (e anche del ’55, perlomeno in certi casi come la Settimana Santa pre-bugniniana), è un assist tremendo proprio ad una cosa che tutti noi, spero, non vogliamo: la limitazione del “Summorum Pontificum” in vista, in futuro, di una sua totale abrogazione e, poi, una volta “irreversibilmente” (come piace dire a Bergoglio) chiusi i laici ed i chierici fedeli a tale rito nelle riserve indiane indultive, chiudere dapprima i seminari ex-Ecclesia Dei (così da impedire la formazione di nuovi sacerdoti “tradizionali”) e poi definitivamente abolire il Rito romano tradizionale!

Se pensate che questa visione sia troppo pessimistica e che questo non verrebbe mai attuato, dato che finirebbe per favorire quei gruppi, come la Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX), la cui posizione canonica è quantomeno opaca, non cogliete il punto: per quanto, ad esempio, la FSSPX possa essere favorita da tali cose sul breve periodo (una vasta maggioranza dei fedeli legati alla Messa “di sempre”, qualora si trovassero costretti a scegliere tra non partecipare mai più a questa o andare dai “lefebvriani”, sicuramente opterebbero per la seconda possibilità), in realtà anch’essa verrebbe danneggiata da un eventuale divieto, per i cattolici, di assistere al rito pre-Bugnini. In realtà, un divieto totale (ancorché imposto progressivamente) della Messa tridentino-gregoriana porterebbe ad una forte riduzione o, forse, persino alla sparizione della stessa sul lungo periodo.

D’altra parte, una reazione concertata e seria, trasversale a varie Nazioni, che unisca anche gruppi che a malapena si sopportano (ma che, in vista del loro totale annientamento, si troverebbero obtorto collo a dover andare d’accordo ed a collaborare insieme) tramite (pesanti) pressioni economiche, proteste, manifestazioni, petizioni ed interventi giuridici di vasta portata (comprese investigazioni, private e non, a lungo raggio sulla cosiddetta “mafia di San Gallo”, che temo farebbero tremare parecchie ginocchia), sarebbe il peggiore scenario possibile per il “nuovo corso Vaticano”. La cosa migliore, per costoro, è sfruttare il fatto che a molti “tradizionalisti” non pare il vero di voler aver ragione a tutti i costi; non solo, la litigiosità tra i vari gruppi (che a volte sfocia, purtroppo, in vero e proprio odio) è foriera di continue divisioni che impediscono azioni concertate veramente incisive! Per questo motivo, sarebbe bene che le diatribe tra mons. Viganò ed il prof. De Mattei cessassero il prima possibile; non solo, sarebbe bene che coloro che non ne sono direttamente coinvolti si astengano di intervenire a supporto dell’uno o dell’altro, per evitare una spirale di nuove divisioni che di certo non può che far godere personaggi come Grillo, Melloni e quant’altri.

Mi permetto, da semplice fedele laico, di invitare il prof. de Mattei e mons. Viganò a riconciliarsi, o quantomeno ad accantonare i loro dissidi in vista del bene superiore: la posta in gioco è alta, e nei prossimi mesi potremmo trovarci tutti schiacciati dal tallone indultivo se non collaboriamo e restiamo uniti, agendo di concerto, facendo ciascuno secondo le proprie possibilità e le qualità che Dio ci ha donato, pregando e digiunando gli uni per gli altri. Se voi, che avete accesso a uomini e mezzi grazie alla vostra influenza, non agirete di concerto assieme a tutti gli altri, indebolirete la catena che potrebbe portare alla revoca di provvedimenti restrittivi contro la Messa “di sempre”, per cui tanto vi siete battuti.

Vi esorto a considerare il bene della Chiesa e dei vari gruppi per cui, bene o male, il “Summorum” è la vita; la posta in gioco per i preti e noi laici che vogliamo Dio è veramente alta, e non ci possiamo permettere divisioni inutili. Forse dietro lo pseudonimo di “Cesare Baronio” si cela davvero un tale che fotografa i “matrimoni” gay, o forse no; in ogni caso, dinanzi alla tempesta che incombe (tra Ddl Zan ed interventi distruttivi della Santa Sede), queste questioni appaiono quantomeno secondarie. Anzi (e qui mi rivolgo a tutti i laici come me), al massimo possono insegnarci a confidare solo in Dio e a non dare troppa corda a coloro che dicono di essere gli unici depositari della Tradizione cattolica: solo la Chiesa lo è. Cerchiamo di esercitare la carità gli uni verso gli altri e, quando sarà il momento, uniamoci, mettendo da parte i rancori ed i dissapori personali che spesso non hanno basi dottrinali! Restiamo uniti e lottiamo assieme, come fratelli in Cristo!

EquesFidus

Marco Tosatti

25 Giugno 2021 Pubblicato da  6 Commenti

https://www.marcotosatti.com/2021/06/25/iniziati-gli-attacchi-al-vetus-ordo-prima-ancora-che-il-papa-indebolito-parli/

«Messa in latino, contributo all'unità dei cristiani»

 «La diffusione della Messa in forma straordinaria non può fermarsi: è il segno della rinascita del sacro nei cuori. Ed è un contributo all'unità dei cristiani, soprattutto gli Ortodossi». La Bussola intervista don Nicola Bux, mentre proseguono i rumors su una cancellazione del motu proprio Summorum pontificum: «Visto il target di chi frequenta la cosiddetta Messa in latino, giovani e convertiti, le parole del Papa sulla rigidità di chi è attaccato alle forme del passato sono una contraddizione».

 

Proseguono i rumors non smentiti dalla Santa Sede sulla volontà di Papa Francesco di introdurre restrizioni alla libertà di celebrare la Messa tridentina. La Bussola ne parla con il teologo don Nicola Bux.

Don Nicola, che cosa pensa di queste voci insistenti?

Sicuramente è innegabile un contesto di avversione al rito romano antico che denota una crisi di fede. In un saggio del 1959 Joseph Ratzinger osservava che la Chiesa sta diventando «una Chiesa di pagani, che chiamano ancora sé stessi cristiani ma che in realtà sono diventati da tempo dei pagani». Che succederebbe se un patriarca ortodosso ricusasse il rito bizantino? Il paradosso è che questo accade mentre il papa postula un “regime sinodale”, come si usa dire, nel quale l’intera Chiesa dovrebbe avventurarsi, cominciando dalle periferie.

Papa Francesco si scaglia spesso contro i “cristiani rigidi”. Paradossalmente, l'atteggiamento recente di una parte del Vaticano nei confronti dei cattolici tradizionalisti non tradisce una certa eccessiva rigidità contro di loro?

Cosa si deve intendere per rigidità? fermezza di adesione alla dottrina della fede e della morale? Sappiamo che a lui non piace l’identità in genere e quella cattolica in specie. Ha scritto che preferisce il pensiero incompleto, ovvero fluido, quindi debole. Così va a farsi benedire la virtù della fortezza, quindi la fermezza. Ricorda Newman che in questo periodo, «la tradizione divina affidata alla Chiesa infallibile fu proclamata e conservata molto più dai fedeli che dall’episcopato». 

Quando Papa Ratzinger promulgò il documento, il patriarca di Mosca Alessio II si congratulò con il Pontefice. In un'intervista rilasciata ad Andrea Tornielli il 29 agosto 2007, il capo supremo dell'ortodossia russa affermò che «il recupero e la valorizzazione dell'antica tradizione liturgica è un fatto che noi salutiamo positivamente».

Le Chiese Ortodosse conservano questo senso della Tradizione, che la Chiesa cattolica arricchisce col Magistero. Infatti, il patriarca russo riteneva l’atto di Benedetto XVI un contributo all’unità dei cristiani, che riceve linfa proprio dalla tradizione custodita: l’effetto è la resistenza alle persecuzioni, grazie alla fermezza della fede, che si alimenta proprio alla liturgia. Le storia delle Chiese orientali, impedite dal Comunismo ad esercitare la missione, hanno resistito grazie alla liturgia tradizionale assiduamente celebrata. Una liturgia di ferro e non di caucciù – come scrisse Civiltà Cattolica nel 2000 – è quella che può resistere e trasmettere la fede. Lo abbiamo visto anche durante il contagio da Covid19. Ben venga dunque la “rigidità”, ovvero la fortezza per l’attuale resistenza dentro e fuori la Chiesa.

L'antico Rito romano e le liturgie di tradizione bizantina hanno caratteri comuni?Avendo studiato, insegnato e celebrato il rito bizantino, posso dire che gli studenti ortodossi si ritrovavano più nella forma del rito romano antico che in quella nuova post-conciliare, proprio perché hanno non pochi caratteri comuni: per esempio la preparazione del sacerdote e l’offertorio, in una parola il senso del sacro. Il punto è che pochi conoscono la liturgia bizantina: per esempio, non hanno mai visto la prepa
razione e la vestizione del sacerdote, o anche il suggestivo rito dell’offertorio. Chi invece conosce queste due fasi nel rito romano antico, e poi accede al bizantino, subito s’accorge delle somiglianze e capisce le ragioni del compiacimento del patriarca.

L'eventuale abolizione del Motu Proprio Summorum Pontificum avrà ripercussioni sul dialogo ecumenico con le Chiese orientali separate della comunione con Roma?Da uno sguardo all’ecumenismo attuale, non sembra che si muova qualcosa, al di là degli abbracci e dei sorrisi. Quello che Lei ricorda è vero, ma proprio la Chiesa russa mostra “rigidità” dottrinale e morale, almeno in alcuni aspetti. Papa Francesco, in un briefing giornalistico ad alta quota, ebbe a lodare la tradizione liturgica degli Orientali; poco tempo dopo, indicò tra le tentazioni, “il ripiegamento che va a cercare nelle forme del passato le sicurezze perdute; e la pretesa di quanti vorrebbero difendere l'unità negando le diversità, umiliando così i doni con cui Dio continua a rendere giovane e bella la sua Chiesa...”  (Discorso alla 66 Assemblea generale della Cei, 19 maggio 2014). Non so a chi si riferisse, visto che il target di coloro che frequentano la Messa nella forma straordinaria è composto prevalentemente da giovani, e che l’unità e la diversità sono costituite da tradizione e innovazione: dunque si contraddisse. Quel che è certo è che i convertiti sono attratti dall’antica liturgia; e che dire delle numerose vocazioni sacerdotali e religiose che ne scaturiscono?

Il Motu Proprio del 2007 ha prodotto una certa riconciliazione liturgica, consentendo di coesistere pacificamente ecclesiastici e laici che pregano secondo la tradizione liturgica più remota ed ecclesiastici e fedeli che seguono i riti riformati dopo il Vaticano II. Perché interrompere questa pace liturgica?

Il legame tra il sensus fidelium e il magistero si trova in maniera particolare nella liturgia. L’espressione spesso ripetuta da papa Francesco sentire cum Ecclesia: sentire, provare e percepire in armonia con la Chiesa, ha bisogno di un’aggiunta: di tutti i tempi. Benedetto XVI disse in Francia, che aveva inteso favorire la comunione e la pace nella liturgia, col Motu Proprio Summorum Pontificum. Se oggi si proibisce quanto fino a ieri era considerato sacro, chi assicura, che ciò che oggi insegna la Chiesa rimanga vero anche domani? Nella sacra liturgia è in gioco la fede, e "In materia di fede i battezzati non possono essere passivi”

Il Motu Proprio Summorum Pontificum viene universalmente considerato come uno dei principali atti di governo di Papa Benedetto XVI. Abolire questo suo documento giuridico non rappresenterebbe una violenza morale contro un anziano così illustre e - almeno a parole - così stimato anche da tanti presuli e porporati?

Il Motu Proprio Summorum Pontificum sottintende il fatto che i soggetti del sensus fidei sono i membri della Chiesa che celebrano un «culto razionale» e che accettano il ruolo della ragione illuminata dalla fede nelle loro convinzioni e nelle loro pratiche. Nella Chiesa odierna, invece, c’è chi intende il culto divino un intrattenimento umano, a sfondo sociologico. Siamo davanti a un culto irrazionale. Ecco il dissenso sulla liturgia. Poi, prescindendo dalle inchieste che dimostrano il continuo inesorabile sviluppo della forma straordinaria del rito romano, non si deve dimenticare che nella storia della Chiesa spesso non è stata la maggioranza, ma piuttosto una minoranza a vivere autenticamente la fede a renderle testimonianza. Il pericolo odierno è che la Messa, la spiritualità, diventino antropocentriche e finiscano per farci celebrare noi stessi, come è avvenuto tra i protestanti. La diffusione della forma straordinaria, come ogni vera riforma, è inarrestabile come il mare, è il segno della rinascita del sacro nei cuori. In questo Ratzinger è stato preveggente. La “riforma della riforma” è la ripresa di quella brace che covava sotto le ceneri di una liturgia antropocentrica.

Simone Ortolani

https://wwwlanuovabq.it/it/messa-in-latino-contributo-allunita-dei-cristiani

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