ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 25 giugno 2021

Una statua eretta al culto del credo LGBT

L'ANALISI

"Modificare la Zan": il punto debole della nota vaticana

Bene ha fatto la Santa Sede ad appellarsi al rispetto del Concordato, male ha fatto nel chiedere solo qualche colpo di scalpello ad una statua eretta al culto del credo LGBT che invece dovrebbe essere abbattuta. La conferma di Parolin sulle reali intenzioni del Vaticano rivela che la partita della libertà è solo una conseguenza di un problema ben più grave: la verità sull'uomo che manca. 

Torniamo a parlare della nota sul Testo unico Zan consegnata dal segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati all'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede. Da ciò che è trapelato la nota rileverebbe che «alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall'articolo 2, commi 1 e 3 dell'accordo di revisione del Concordato». Ecco il testo di questi due commi limitatamente a ciò che interessa la discussione sul Ddl Zan: «La Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione»; «È garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».

Quindi se la Cei, in quanto conferenza dei vescovi d’Italia, si era sentita in dovere di intervenire in modo critico sul Ddl Zan, parimenti la Santa Sede, in quanto ente ecclesiastico fornito di personalità giuridica di carattere internazionale, ha voluto dire la Sua rivolgendosi non ai parlamentari, interlocutori privilegiati della comunicazione della Cei, bensì al governo italiano dato che è con quest’ultimo che ha stretto l’Accordo del 1984.

Il possibile vulnus lamentato dalla Santa Sede se il Ddl Zan diventasse legge riguarderebbe la libertà pastorale, educativa, di evangelizzazione e di pensiero in capo alla Chiesa e alle associazioni, organizzazioni ed enti cattolici. A tal proposito è pertinente l’intervento di Draghi di due giorni fa quando ha fatto riferimento alle garanzie del nostro ordinamento volte a mantenere fede al Concordato, non è pertinente invece il richiamo alla laicità dello Stato. Lo Stato italiano potrà pur essere laico – ma su tale termine in riferimento al nostro ordinamento giuridico occorrerebbe spendere qualche parola in più – ma ciò non comporta che non debba rispettare gli accordi presi con la Santa Sede e quindi tutelare la sua libertà di parola, di insegnamento, etc. Laicità non significa infedeltà agli accordi presi. In tal senso il governo non può lavarsene le mani dicendo che il Ddl Zan è affare esclusivo del Parlamento, ma dovrà vigilare affinchè ciò che ha deciso il Parlamento in piena autonomia non entri in rotta di collisione con gli accordi con la Santa Sede, ossia che il Ddl Zan non limiti la libertà della Chiesa. Tra l’altro il rispetto della libertà dei singoli e degli enti, anche di carattere religioso, è questione laicissima.

La strategia della Santa Sede che vede appellarsi all’Accordo di Villa Madama è sicuramente efficace ed ha una sua piena ragionevolezza, ma presenta almeno due punti deboli. Il primo, non imputabile alla nota, riguarda il famigerato bilanciamento giurisprudenziale tra libertà di espressione e tutela di una serie di diritti soggettivi come la reputazione, il buon nome, l’uguaglianza sociale che oggi trovano una loro traduzione nel divieto di discriminazione.

Dunque libertà di parola sì, ma fintantochè non si lede la dignità della persona o di gruppi di persone. Questo cosa vuol dire in merito alla nota della Santa Sede? Che il governo e il parlamento avranno gioco facile a sostenere che il varo del Ddl Zan non comporterà il mancato rispetto degli accordi del 1984 proprio perché la tutela della libertà di espressione in capo alla Chiesa rimarrà intatta e verrà punito solo l’uso di quella libertà che avrà carattere discriminatorio.

Anche prima della presentazione del Ddl Zan – così si argomenterà – la libertà dei cattolici, come di qualsiasi altro cittadino, non poteva essere considerata assoluta, infinita per estensione, ma trovava un limite nel rispetto della dignità altrui. Dunque i sostenitori della legge sulla cosiddetta omofobia risponderanno alla Santa Sede che nulla con il varo di questo Testo unico cambierà relativamente alla revisione del Concordato perché anche il Ddl Zan rispetta la libertà di espressione fintantochè questa non assume toni discriminatori. È esattamente il contenuto dell’art. 4 del Testo unico: «Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti».

Secondo punto debole della nota, imputabile, questa volta, alla nota stessa. Gli estensori della medesima hanno auspicato una semplice rimodulazione – questa è la parola usata – del Ddl Zan, così come già fece la Cei. Non solo, ma, dopo il polverone diplomatico e massmediatico a seguito della pubblicazione della nota, il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, che aveva approvato la nota, per tranquillizzare tutti, in una intervista rilasciata ieri ad Andrea Tornielli per Vatican News, dichiara esplicitamente: «vorrei precisare che non è stato in alcun modo chiesto di bloccare la legge. […] Anche la CEI, con la quale c’è piena continuità di vedute e di azione, non ha chiesto di bloccare la legge, ma ha suggerito delle modifiche. Così anche la Nota Verbale, si conclude con la richiesta di una diversa ‘modulazione’ del testo».

Come abbiamo più volte rilevato, queste proposte che mirano alla mera modifica del testo di legge non possono essere accolte. Non si deve chiedere una modifica in meglio di questo disegno di legge, bensì una sua bocciatura in toto, perché il Ddl Zan non è essenzialmente una buona legge che presenta poi accidentalmente alcuni aspetti censurabili, ma una legge intrinsecamente malvagia dal momento che equipara l’omosessualità e la transessualità a condizioni o realtà naturali come la razza, l’etnia, la nazione e la religione. Il giudizio di favore su queste due condizioni è confortato poi dal fatto che il Ddl Zan esige che omosessualità e transessualità vengano illustrate positivamente in tutte le scuole d’Italia.

Da ciò consegue che omosessualità e transessualità vengono elevate al rango di beni giuridici da tutelare (su questo aspetto, almeno in merito all’omosessualità, aveva fatto da apripista la legge sulle Unioni civili), vengono qualificate come condizioni giuridiche da garantire. Infatti il Ddl Zan tutela l’omosessualità e la transessualità, non tutela la dignità della persona omosessuale e transessuale. Facciamo un esempio per capirci meglio. Se Tizio dichiara che Caio «è un ignorante patentato come avvocato», il reato di diffamazione tutela Caio come persona, non come avvocato. La norma penale contro la diffamazione offre tutela alla persona, non all’avvocatura. Al Ddl Zan invece interessa promuovere l’omosessualità e la transessualità come condizioni giuridiche legittime e quindi come condizioni sociali da rispettare. Non importa tanto difendere le singole persone omosessuali e transessuali.

Quindi il punctum dolens di questo disegno di legge non riguarda innanzitutto il tema della libertà, importante sì ma come vedremo accessorio, bensì il tema della verità sull’uomo: il diritto, nel rispetto della legge morale naturale, non può riconoscere l’omosessualità e la transessualità. E dunque questo aspetto non può essere migliorato, ma solo rifiutato. A questa ratio della legge eticamente non accettabile, si accompagnano poi, a cascata, altri effetti negativi: in primis sicuramente la limitazione della libertà personale proprio perché l’intento dei proponenti è quello di imporre l’ideologia gender.

In conclusione, bene ha fatto la Santa Sede ad appellarsi all’Accordo di Villa Madama – non potendo entrare nel merito del contenuto morale di una legge perché si doveva muovere nell’ambito strettamente giuridico (diversamente avrebbe potuto fare la Cei) – male ha fatto nel chiedere solo qualche colpo di scalpello ad una statua eretta al culto del credo LGBT che invece dovrebbe essere abbattuta.

Tommaso Scandroglio

https://lanuovabq.it/it/modificare-la-zan-il-punto-debole-della-nota-vaticana

Ingerenza sì, ingerenza no. Il cortocircuito social che svela l’ipocrisia di Zan

C’è ingerenza ed ingerenza, signori: alcune vanno bene, anzi benissimo, ci mancherebbe. Altre invece no. É la teorizzazione politologica, oggettivamente originale, di Alessandro Zan, l’onorevole dem primo firmatario del ddl contro l’omobitransfobia, il quale - davanti alla nota diplomatica del Vaticano sulla minacciata libertà religiosa che comporterebbe la sua legge – ha reagito twittando il suo disappunto ed affermando che «non ci può essere alcuna ingerenza estera nelle prerogative di un parlamento sovrano».


Ora, a parte che il Vaticano si è mosso sulla base del vigente Concordato - e non suggerendo che norme debba o non debba varare il Parlamento italiano, bensì ponendo un problema di libertà religiosa -, è curioso che l’onorevole Zan, quasi folgorato sulla via del sovranismo, condivida con i suoi follower l’importanza delle «prerogative di un parlamento sovrano». La curiosità consiste nel fatto che lo stesso parlamentare, allorquando uno Stato sovrano agisca in difformità dalle sue idee, l’ingerenza non solo la tolleri, ma la plauda.


Lo prova l’entusiasmo con cui costui ha accolto la notizia della condanna internazionale dell’Ungheria, che con le sue leggi si è smarcata dalle sensibilità culturali Lgbt. «Bene che l’Italia abbia firmato, insieme ad altri 13 Paesi europei», sono state infatti le parole di Zan, «la dichiarazione di condanna verso l’approvazione in Ungheria della legge contro la comunità Lgbt».


Avete letto bene: lo stesso onorevole Zan che per una nota diplomatica del Vaticano, vergata peraltro in punta di diritto, agita lo spettro dell’ingerenza, esulta per una condanna internazionale all’autonomia legislativa dello Stato ungherese che ingerenza lo è davvero. La contraddizione è palese e non pare il caso di inferire, a questo punto, sulla traballante coerenza delle posizioni dell’onorevole del Pd.


Più interessante, invece, può essere ora riflettere sulla visione del mondo che quanti appartengono al movimento arcobaleno, o per esso simpatizzano, sposano. Costoro, infatti, a dispetto della bandiera multicolore che come noto hanno per simbolo, non concepiscono alcuna sfumatura, neppure mezza: le cose sono bianche o nere, e stop. Un dualismo che non ammette terze vie, alimentando il conflitto verso chiunque non sposi certe idee. Non condividi le istanze Lgbt o, più semplicemente, credi che i bambini abbiano diritto ad un padre ed una madre? Sei senza cuore, tifi per gli orfanotrofi (e pazienza se in Italia sono stati aboliti per legge 15 anni fa). Ritieni che si nasca maschi e femmine? Transfobico che non sei altro (e pazienza se la genetica racconta un’altra storia).


In questa Weltanschauung unilaterale e con robusti paraocchi, ecco che la stessa ingerenza nei confronti di uno Stato cessa di avere caratteri problematici ma diviene, anzi, auspicabile allorquando un Parlamento o un Governo assumono decisioni che, semplicemente, si discostano dal “sacro verbo” arcobaleno. Ebbene, questo, si badi, non è un problema di valori cattolici, Catechismo o note diplomatiche del Vaticano, ma di democrazia.


Nella misura in cui, infatti, iniziamo a sostenere che certe ingerenze, ecco, in fondo sono buone ed altre no, stiamo appoggiando una logica contraria alla libertà. Di più: ci caliamo in una prospettiva che lede il diritto a pensarla diversamente. Guarda caso, trattasi della medesima criticità che fior di giuristi hanno riscontrato nel testo del ddl Zan. Una legge che a parole contrasta le discriminazioni ma, nei fatti, discrimina se non addirittura criminalizza il pensiero. Chi avesse dubbi su tale contraddizione, si legga pure i tweet dell’onorevole Zan. Gli sarà, subito, tutto più chiaro.

24/06/2021 di Giuliano Guzzo


FIRMA ANCHE TU LA PETIZIONE CONTRO IL DDL ZAN PER LA LIBERTÀ DI PENSIERO


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.