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lunedì 12 luglio 2021

L’odio nei confronti di Dio

MALATTIA DELL'UOMO MODERNO

    La malattia dell’uomo moderno si chiama parricidio. L’uomo moderno è "Parricida" perché, rifiutando Dio, pretende di sbarazzarsi di Colui dal quale ha ricevuto l’esistenza e oggi la sua condizione somiglia a quella di un pazzo                                                                                                  di Francesco Lamendola  

 

 

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Oggi si parla di mutazione antropologica con riferimento al Nuovo Ordine Mondiale, al Great Reset e ai malvagi piani dei sedicenti illuminati riguardo al Transumanesimo, ovvero alla creazione di una realtà post-umana derivante dall’innesto di nanotecnologie nell’organismo biologico degli esseri umani, in modo da controllarli a distanza e impiantare nella loro mente pensieri, ricordi e sentimenti che non sono realmente loro, ma prodotti da una sorgente esterna, al fine di trasformarli in poveri esseri privi del libero arbitrio e perfino della coscienza della propria identità, in sostanza delle creature artificiali che di umano rivestiranno ormai solo l’apparenza. 


Tutto ciò è inquietante, anzi decisamente spaventoso; tuttavia si dovrebbe tener presente che l’epoca del Transumanesimo non è qualcosa di futuro, per quanto prossimo; e non è neppure iniziata qualche mese o qualche  anno fa, per esempio con la grande menzogna della pandemia del Covid-19. No: il progetto del Transumanesimo, e più in generale la grande mutazione antropologica che prelude all’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale, iniziano almeno sei o sette secoli fa: con l’avvento della civiltà moderna, dunque con l’Umanesimo.

In altre parole, l’uomo o moderno è già il prodotto di una mutazione rispetto alla creatura chiamata uomo. Per gli evoluzionisti, ciò è perfettamente normale; ma per chi non crede alle favole dell’evoluzionismo, si tratta di un evento assolutamente eccezionale, unico, e del tutto anormale, che è la manifestazione di una grave patologia. L’uomo moderno è gravemente malato: questo lo sa bene egli stesso, e infatti basta dare un rapido sguardo alla poesia, alla letteratura, al teatro, alle arti figurative, all’urbanistica, alla musica moderne, per capire al volo non solo che l’uomo moderno è malato, ma che nel proprio intimo sa benissimo di esserlo, anche se non riesce nemmeno più a immaginare, per se stesso, una sorte diversa. In un certo senso, non se ne reputa degno: sta male e sa di stare male, eppure accetta la propria condizione patologica come qualcosa che va accettata, perché non è pensabile di potersene liberare: essa ormai fa parte di lui, e togliere la malattia equivarrebbe a togliere se medesimo. Naturalmente non è vero: la malattia, qualunque malattia, è un’afflizione che colpisce l’uomo, e ciò vale anche per le malattie interne, quelle dell’anima; ma qui appare in piena luce un altro aspetto essenziale della mentalità moderna: la superbia. Nella sua immensa superbia, l’uomo moderno non prende neanche in considerazione la possibilità di aver sbagliato qualcosa nel costruire la sua cosiddetta civiltà; di conseguenza, se pure sviluppa la consapevolezza di essere malato, non è disposto in alcun modo ad ammettere che la sua malattia sia talmente grave, antica e diffusa da avere a che fare con tutto il suo modo di essere, di vivere, di pensare e di sentire; in altre parole: con tutto ciò che egli è diventato, avendo scelto d’imboccare la strada che ha imboccato.

 

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La malattia dell’uomo moderno si chiama parricidio!

 

Eppure c’è un nome preciso per indicare la malattia di cui soffre, e che è diventata quasi una cosa sola con lui: parricidio. La civiltà moderna nasce dal progetto di escludere Dio dalla vita dell’uomo; di negare il bisogno di Dio da parte dell’uomo; di rifare il mondo come se non Dio, ma l’uomo, ne fosse il signore e, in un certo senso, addirittura l’autore. Sì: l’uomo moderno crede, in qualche modo, di essere il creatore del proprio mondo: è talmente superbo che finge di non vedere la realtà del proprio statuto ontologico di creatura; preferisce cullarsi nell’idea che le cose esistono da se stesse e che a lui, a lui solo, spetta il merito di aver dato loro un certo ordine, se non altro scoprendo una serie di leggi fisiche e mettendo a punto una tecnologia capace di sfruttarle. Che poi si tratti di una tecnologia intrinsecamente maligna, per non dire diabolica, di cui il fungo di Hiroshima è il segno visibile, ma che in tutte le sue manifestazioni rivela una terribile tendenza al male, appunto perché nasce da un orgoglio luciferino e nega il dovuto rapporto filiale con il Creatore, è cosa cui non riflette, perché, se lo facesse, sarebbe costretto a mettere in discussione tutte le sue scelte, tutte le sue certezze, tutto ciò di cui va tanto orgoglioso.

L’uomo moderno è parricida perché, rifiutando Dio, pretende di sbarazzarsi di Colui dal quale ha ricevuto l’esistenza, e, insieme ad essa, tute le cose che il mondo gli offre; e la sua cattiva coscienza lo spinge a voler nascondere le tracce del delitto, inventandosi tutta una serie giustificazioni pseudo razionali per spiegare a se stesso che egli non solo non deve nulla ad alcuno, ma che ha ogni ragione d’essere fiero di quel che ha fatto e continua a fare, pur essendosi venuto a trovare in una situazione complessiva che non era poi tanto favorevole: come dire, che Dio non aveva fatto il mondo poi tanto bene, così da consentirgli di sviluppare adeguatamente tutte le sue potenzialità. Pertanto, l’uomo moderno ha dovuto farsi carico di questa insufficienza del creato, di questa debolezza del piano di Dio, di quel Dio che egli ha deciso d’ignorare, mettendosi così in competizione con Qualcuno del quale a parole nega l’esistenza, ma al tempo stesso si vanta di non essergli debitore di alcunché, se non delle catene che si è trovato ai polsi, e dalle quali ha saputo, con le sue sole forze, liberarsi. Pertanto, la condizione dell’uomo moderno somiglia a quella di un pazzo che dichiari di essere il solo inquilino della casa ove abita, ma nello stesso tempo si mette a parlare a voce alta con qualcuno, forse un abusivo, che deve essersi intrufolato da qualche finestra, da qualche abbaino, e la cui presenza gli sfugge ogni volta che tenta di afferrarlo. Un pazzo che parla da solo, negando di parlare con chicchessia: un po’ come il ciclope Polifemo, il quale ai suoi compagni gridava che Nessuno lo aveva accecato, suscitando la loro ironia e inducendoli a credere che doveva essere vittima di una formidabile ubriacatura.

 

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L’uccisione di Dio? Come dice Nietzsche: Dio è morto, e sapete chi l’ha ucciso?, siamo stati voi e noi!

 

La ragione naturale mostra chiaramente all’uomo che egli non può essersi fatto da sé, così come le cose non possono essere venute all’esistenza da sole. Tutto ciò che esiste, esiste perché vi è una causa al suo esistere, e ciò rinvia ad una Causa Prima che è all’origine di tutto l’esistente. Non  è necessaria la genialità speculativa di un Aristotele per arrivare a tale conclusione: è sufficiente la ragione naturale così come è stata data in dono ad ogni essere umano, anche il più incolto e superficiale. Eppure l’uomo moderno ha concentrato i propri sforzi, sin dall’inizio, nella confutazione delle prove razionali dell’esistenza di Dio: si veda la polemica di Gaunilone contro sant’Anselmo d’Aosta; e più in generale tutti i filosofi che hanno creduto di aver liquidato le cinque prove classiche di san Tommaso d’Aquino, solo perché hanno costruito dei sofismi che vanno benissimo nell’atmosfera rarefatta, artificiale e vagamente surreale che ristagna nelle aule universitarie, veri e propri tempi della superbia intellettuale moderna, ma non trovano alcun riscontro nel mondo reale, dove le chiacchiere dei professori stanno a zero e il semplice buon senso ci rende coscienti che, se esiste una casa, esiste anche l’architetto che l’ha progettata; se esiste una città, esistono degli uomini che l’hanno costruita; e se esiste il mondo, esiste il Creatore del mondo, perché diversamente nulla esisterebbe e di nulla si potrebbe parlare, perché nulla sarebbe e dunque neppure noi esisteremmo. Questa è la realtà delle cose; e il fatto che gli uomini moderni abbiano dedicato tanti sforzi a smantellare le prove dell’esistenza di Dio per poi passare alla fase successiva, quella in cui si sono limitati a ignorare la Sua esistenza, come se la cosa non li riguardasse affatto, attesta chiaramente quale sia la colpa originaria della quale si sono macchiati: l’uccisione del loro Padre celeste, l’uccisione di Dio. Come dice Nietzsche: Dio è morto, e sapete chi l’ha ucciso?, siamo stati voi e noi.

Gesù Cristo ci ha messi in guardia contro la tentazione di crederci i padroni del mondo, o peggio, di voler diventare i padroni del mondo, uccidendo il vero padrone, che è il suo Creatore, e facendo sparire in qualche modo le tracce che indicano il loro atroce delitto, che è al tempo stesso una usurpazione. Infatti voler escludere Dio e atteggiarsi a padroni del mondo equivale non solo a essere, metaforicamente, gli assassini del proprio Padre, ma anche dei ladri senza vergogna, perché si pretende di essere i legittimi proprietari di qualcosa che appartiene ad un Altro. Gesù ci ha messi in guardia su ciò, con la sua insuperabile plasticità e chiarezza, e al tempo stesso con un vivo senso drammatico (perché di un dramma si tratta, in effetti, anzi di un dramma cosmico), con la parabola dei vignaioli omicidi  riportata da tutti e tre i Vangeli sinottici. Rileggiamola nella versione di Matteo,  21, 33-46:

 33Ascoltate un'altra parabola: c'era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: «Avranno rispetto per mio figlio!». 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: «Costui è l'erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!». 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d'angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. 44Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato».
45Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. 46Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

Sì: e la parabola è diretta, in prima istanza, ai giudei di quel tempo, ai capi dei sacerdoti e ai farisei, in seconda istanza è rivolta agli uomini tutti, e specialmente, crediamo, agli uomini di questo nostro tempo. Ladri, usurpatori e assassini del proprio padre: tali sono i crimini degli uomini moderni. Anche se sono stati ricacciati al fondo della coscienza, essi premono sull’anima e provocano un costante malessere: nemmeno l’individuo più scellerato e più indurito nel male riuscirebbe a seguitare la sua vita come nulla fosse, dopo essersene macchiato. Ladri, perché si sono impadroniti di ciò che non è loro, ma hanno ricevuto solamente in usufrutto; usurpatori perché rivendicano titoli di proprietà inesistenti, e fondano il loro diritto sulla menzogna e l’impudenza; infine assassini, perché non hanno esitato a levare la mano contro il proprio Padre, Colui al quale devono tutto, cominciando dalla loro stessa esistenza. Certo, la creatura non può uccidere il Creatore; tuttavia può ripudiarlo, disconoscerlo, disprezzarlo: questo sì lo può fare, usando pessimamente il libero arbitrio che gli è stato dato per scegliere fra il bene e il male.

 

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L’uomo moderno è "Parricida" perché, rifiutando Dio, pretende di sbarazzarsi di Colui dal quale ha ricevuto l’esistenza e oggi la sua condizione somiglia a quella di un pazzo!

 

Dunque, la situazione è questa. L’uomo moderno, che ha voluto liberarsi di Dio, è stato costretto a ucciderlo, simbolicamente s’intende. Tutto il suo rancore verso la figura paterna, che ora sta toccando il livello estremo con il diffondersi a macchia d’olio dell’ideologia gender, ovviamente creata e supportata dal malvagio potere finanziario che vuole attuare il Nuovo Ordine  Mondiale, non è che il riflesso di quest’odio antico, tenace, originario: l’odio nei confronti di Dio, derivante dal fastidio di dover ammettere la propria condizione creaturale e la dipendenza da Lui dell’uomo, soltanto ospite e non già padrone del creato, e sia pure ospite privilegiato, perché fatto a immagine del suo Creatore. Il parricidio, però, gli pesa sulla coscienza, più di quanto non creda o non sia disposto ad ammettere: uccidere il proprio genitore non è uno scherzo, neanche per il più incallito dei criminali. E come avviene nelle anime accecate dalla superbia, che aggiungono sempre nuove menzogne e sempre nuove nefandezze alla prima, solo per non dover riconoscere la propria colpa e non dover fare atto di ravvedimento, così l’uomo moderno ha deciso d’insistere e perseverare caparbiamente nel male, sempre di più e sempre peggio, per non dover fare i conti con quella prima, atroce colpa della quale si è macchiato, e se ne è macchiato nel momento stesso in cui ha costruito il malvagio castello della modernità: l’assassinio del proprio Padre.

Ma quel Gesù che disse al Padre, mentre lo inchiodavano in croce: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno, mostra anche la sola via d’uscita da questo dramma: l’umiltà e il pentimento.

 

La malattia dell’uomo moderno si chiama parricidio 

di Francesco Lamendola

 


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