Ma la Chiesa crede ancora alla potenza guaritrice della fede?
In Matteo leggiamo queste parole di Gesù: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni”. Parole, lo ripeto, di Gesù! Ma l’impressione è che la Chiesa ormai non creda più a questa interconnessione tra corpo e anima.
Abbiamo già citato Aldo Natale Terrin e il suo bel saggio Salute e salvezza. Riflessione fenomenologica sul compito terapeutico delle religioni in cui c’è una chiara denuncia dell’atteggiamento assunto dalla Chiesa. Nel saggio, Terrin fa risalire questa visione olistica dell’uomo alle soglie del Rinascimento, quando “ogni filosofia religiosa e umanistica dovette lasciare il posto alla prepotenza dei tecnocrati del corpo umano e in genere al positivismo della ricerca scientifica”, quel positivismo che dimostrò subito la sua radice nettamente antireligiosa.
Più avanti, Terrin afferma: “La religione cristiana deve confessare di aver forse concesso troppo credito alle scienze fisiche e alla scienza biomedica e di essersi alleata lentamente ma decisamente con una concezione meccanicistica e deterministica dell’esistenza”.
Quanto denunciato dallo studioso è in effetti sotto gli occhi di tutti. Avrete notato come, durante la vicenda Covid, la Chiesa abbia dimostrato di non avere nulla di significativo da dire o da fare, da un punto di vista religioso, per portare sollievo alle anime.
Eppure, l’idea dell’unione fra corpo e spirito è ancora viva e presente a livello popolare. Pensiamo ai milioni di persone che visitano i santuari mariani, Lourdes in primis, con la speranza della guarigione. Pensiamo ai tanti gruppi carismatici, cattolici e protestanti, le cui cerimonie spesso culminano in veri e propri riti di guarigione. La Chiesa stessa, del resto, ha ancora ben presente questo elemento, tanto che considera una prova certa di santità la guarigione miracolosa da qualche malattia. Tuttavia, tale realtà è messa da parte e tutta l’attenzione è spostata sugli aspetti sociologici e antropologici.
Nel passo del Vangelo di Marco letto durante la Messa (forma ordinaria) di domenica 27 giugno abbiamo una chiara testimonianza circa il Gesù guaritore: “In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: ‘La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva’. Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno”.
Vediamo qui che erano moltissime le persone che invocavano da Gesù un segno della sua potenza guaritrice. Ma leggiamo ancora: “Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: ‘Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata’. E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: ‘Chi ha toccato le mie vesti?’. I suoi discepoli gli dissero: ‘Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: chi mi ha toccato?’. Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: ‘Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male’”.
Ecco, una donna che aveva speso tutti i suoi soldi per andare dai medici si rivolge a Gesù. E questo accade tante volte anche oggi, nei santuari e nelle preghiere di guarigione che abbiamo già evocato. Ma la Chiesa crede ancora in tutto questo oppure i pastori pensano che la salvezza ci arriverà dalla conversione ecologica?
Leggiamo dal Vangelo di Marco: “Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: ‘Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?’. Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: ‘Non temere, soltanto abbi fede!’. E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: ‘Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme’. E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: ‘Talità kum’, che significa: ‘Fanciulla, io ti dico: àlzati!’. E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare”.
Guardate che cosa interessante: era talmente tanta la richiesta di guarigioni che Gesù si premura di non diffondere la notizia di quanto aveva fatto, altrimenti sarebbe stato sommerso dalle richieste. Inoltre, dopo una guarigione così miracolosa, non pronuncia pensieri spiritualizzanti, ma è molto concreto, e chiede che alla ragazzina sia dato qualcosa da mangiare.
Resto colpito quando vedo che negli ospedali cattolici (a Roma hanno spesso nomi di santi: san Camillo, san Giovanni, sant’Andrea e via dicendo) ormai la quasi totalità del personale medico e infermieristico ha una visione meccanicistica dell’uomo e della vita. Venendo meno il senso spirituale dell’esistenza, la salvezza è demandata alla scienza. Che però non può salvare neanche se stessa.
di Aurelio Porfiri
La salute, la salvezza e la crisi della fede
Nel libro di Aldo Natale Terrin, storico delle religioni, Il sacro off limits. L’esperienza religiosa e il suo travaglio antropologico, c’è un saggio, Salute e salvezza. Riflessione fenomenologica sul compito terapeutico delle religioni, che contiene riflessioni molto attuali, sebbene il volume sia del 1994. Parlo del legame tra religione e malattia, tra fede e guarigione.
Oggi ci sembra che queste due dimensioni siano separate, e anzi che le esigenze del corpo debbano sempre prevalere su quelle dello spirito. In proposito lo studioso osserva che la religione cristiana, «più legata al “progresso tecnologico” dell’Occidente e succube della dicotomia corpo/spirito – si è lasciata portare presto da altri principi e ha forse negletto troppo in fretta il compito terapeutico, che le era stato affidato in parallelo con la missione stessa di evangelizzare, limitandosi a pensare alla “salvezza dell’anima” e lasciando invece alla medicina di curare il corpo e tutte le malattie, considerate soltanto e in maniera corriva come un incidente dell’organismo umano, del corpo, omologato a sua volta a una semplice “macchina” in grado di guastarsi». Ma la malattia non è mai un fatto solo fisiologico, non riguarda mai soltanto l’organismo in senso meramente meccanico. La malattia è sempre manifestazione di qualcosa di più complesso, che denuncia «una disarmonia globale» nella persona.
Osservazioni che mi sembrano molto pertinenti. Se non c’è spirito, se tutto è corpo, allora l’approccio meccanicistico sembra l’unico ragionevole.
Mi sono occupato della questione in un libro, Sia l’uomo la tua frontiera. Lettera a un medico di famiglia , in cui affronto proprio questo aspetto della separazione fra medicina e spirito. Aldo Natale Terrin ci dice che salute e salvezza sono termini che hanno una stessa origine e che in principio condividevano lo stesso significato, separato soltanto più tardi. In latino abbiamo salus, che in effetti tocca entrambi gli aspetti del corpo e dello spirito. Ma non solo: «A questa visione – scrive Terrin – presta soccorso nella storia delle religioni anche il termine terapia che non è affatto un termine medico ma anzitutto “religioso”. Nella concezione classica degli antichi il concetto di therapeía indica anzitutto “un assistere”, uno “stare vicino”, un “prendersi cura” e si tratta di un termine che è molto vicino al concetto religioso e cristiano di diakonia». Ricordiamo quanto ci dice Mario Arturo Iannaccone parlando della nascita degli ospedali nel Dizionario elementare di apologetica, e cioè che essi nacquero in seno al cristianesimo, tanto che molti chirurghi erano chierici. Ricordiamo anche che nelle rogazioni, cerimonie per impetrare la protezione di Dio contro i flagelli e proteggere i raccolti, si chiedeva che «a peste, fame et bello, libera nos Domine». Insomma, si credeva che effettivamente esistesse una dimensione unica dell’essere umano di cui la Chiesa doveva occuparsi.
Nel bel dipinto di Carlo Saraceni San Carlo Borromeo comunica un appestato si vede il santo che con altri chierici si avvicina al letto di un malato di peste per portargli l’eucarestia. Ora, nessuno consiglierebbe oggi a un sacerdote di avvicinarsi a un malato di Covid senza le opportune protezioni, ma ancora crediamo che lo spirito è superiore alla materia?
Paolo VI, nella sua allocuzione conclusiva del Concilio Vaticano II (7 dicembre 1965) diceva che «per conoscere l’uomo, l’uomo vero, l’uomo integrale, bisogna conoscere Dio». Ma sembra oggi che divinizziamo l’umano.
La pandemia di Covid ci ha mostrato con ancora più forza a quale livello sia la crisi della fede, una fede che oramai è debitrice della scienza e non il contrario. Sembra di ascoltare il grido di Herman Hesse: «Non ho mai vissuto senza religione e non potrei mai vivere un singolo giorno senza di essa. Ma per tutta la mia vita ho fatto a meno della Chiesa. Questa ammirevole Chiesa cattolica è ai miei occhi degna di riverenza soltanto da lontano. Non appena mi avvicino odora, come tutte le istituzioni umane, di un forte odore di sangue, potere, politica e perdita di individualità. Io credo in una indistruttibile religione che è oltre, dentro e sopra le creature»”.
La Chiesa è divenuta oramai irrilevante. Eugenio Scalfari ha scritto: «Anche la scienza, a differenza della filosofia, cerca la verità ultima, non maneggiando idee, concetti, parole, ma usando numeri, formule, equazioni, potenze. La scommessa della scienza è di scoprire la chiave capace di aprire tutte le porte, fino all’ultima che custodisce il numero d’oro, la formula finale, la legge che chiarisce e svela l’ultima incognita. Ecco perché la Chiesa non si sente insidiata dalla scienza: perseguono infatti lo stesso obiettivo». Ma, come ribatte Roberto Buffagni nel Dizionario elementare del pensiero pericoloso, la verità, specie la verità ultima, è termine filosofico e non è oggetto della investigazione scientifica che si occupa di certezze verificabili.
Insomma, la Chiesa ha appaltato alla scienza la risposta ultima ai nostri perché. Nella Fides et Ratio (1998) Giovanni Paolo II esordiva così: «La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità». Risuona con sempre più forza quanto Gesù dice: «Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?».
Oggi l’anima, lo spirito, sono concetti utili per alimentare un mercato fiorente di filosofie e religioni alternative, ma hanno perso il posto d’onore, come fondamento cristiano, nel cuore della nostra civiltà.
https://www.aldomariavalli.it/2021/07/01/la-salute-la-salvezza-e-la-crisi-della-fede/
La Pachamama come Ostensorio. Accade a Guadalajara, in Messico.
1 Luglio 2021 25 Commenti
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, è proprio vero che la realtà supera la fantasia. Se avessi letto in un racconto distopico sulla Neo Chiesa che al posto dell’ostensorio si utilizzerebbe un’immagine di probabile origine pagana, beh, avrei pensato: ma l’autore esagera! Suvvia chi potrebbe mai pensare o fare una cosa del genere?
E invece è successo, e ancora succede, a Guadalajara, in Mexico, nella parrocchia di San Juan de Macias, gestita da un sacerdote spagnolo, Juan Pedro Oriol, a quanto mi dicono potentissimo, e a cui il cardinale Robles non sa dire di no su nulla.
Così la Pachamama-Ostensorio è stata utilizzata per la prima volta in un incontro con i giovani, e troneggia sull’altare maggiore, sotto il crocifisso.
Direi che non ci facciamo mancare nulla, no, di questi tempi?
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