Green pass e controllo sociale: c'è un vescovo in Francia
Il coraggio del vescovo di Bayonne, Marc Aillet, che ha scritto ai fedeli per denunciare il regime di discriminazione, di sospetto e di controllo reciproco che verrà creato con l'introduzione del lasciapassare.
I vescovi italiani: così pronti (perlomeno, alcuni di loro) a intervenire a gamba tesa nel dibattito politico sul problema dei migranti e persino ad alzare la voce non appena un politico osi prendere in mano il Rosario; così timidi e titubanti a dire qualcosa di molto lontanamente cattolico sul ddl Zan; del tutto non pervenuti di fronte alla più grande discriminazione del dopo guerra: quella “sanitaria”.
Non che da altre parti lo scenario sia più roseo; e forse è per questo che la presa di posizione del vescovo di Bayonne (Francia sud occidentale), monsignor Marc Aillet, acquista ancora più rilevanza e nel silenzio attuale risuona come una vox clamantis in deserto.
Nella sua lettera a tutti i fedeli della diocesi di Bayonne, Lescar e Oloron, del 23 luglio scorso, Mons. Aillet decide di parlare, condividendo i sentimenti e la perplessità di tanti “esseri pensanti” che in questi mesi di pandemia e campagna vaccinale hanno potuto confrontarsi con il loro vescovo. Una rarità. Ormai si sente tutto e il contrario di tutto, soprattutto dalla bocca di quei medici che sono a tutti gli effetti diventati delle soubrette, nel senso etimologico della parola. La spinta mediatica e legislativa, riconosce Aillet, ha di fatto generato in molte persone «una situazione di stress psicologico e morale».
Il vescovo di Bayonne rileva come «l’obbligo del pass sanitario non cessi di interrogare molte persone, inclusi i rappresentanti eletti di ogni forza politica, sul regime di discriminazione, di sospetto e di controllo reciproco che verrà creato in questo modo». Si prospetta una pericolosissima «“discriminazione” tra vaccinati e non vaccinati, che incita gli uni a colpevolizzare gli altri, a marginalizzarli e a condannarli praticamente ad una morte sociale. Da entrambe le parti, accade che si spinga sulla molla della paura o si finisca nell’irrazionalità».
Di fronte a questa follia collettiva, ad una divisione che sta distruggendo i rapporti familiari, d’amicizia, di lavoro e persino i rapporti fraterni tra cristiani, il vescovo di Bayonne avverte il dovere di invitare «alla calma, nel più grande rispetto di tutti, qualunque sia la vostra opinione, rifiutandovi di stigmatizzare quanti fanno una scelta diversa».
Mons. Aillet mette in chiaro che l’importanza della sicurezza sanitaria di una nazione non può costringere alcuno «ad agire contro la propria coscienza. Perché qui è in gioco proprio la libertà di coscienza». La tutela di questa libertà fondamentale riposa innanzitutto sulla possibilità di accedere ad una informazione ampia e vera. Lo stesso vescovo testimonia a riguardo che l’Accademia per la vita della sua diocesi «mi ha permesso di scoprire una quantità di informazioni sull’epidemia mondiale [...] e sui mezzi consigliati per eradicarla, che non sempre vengono portati alla conoscenza pubblica dai grandi media».
Con fine umorismo, Mons. Aillet dichiara di limitarsi a porre delle domande, come Macron aveva dichiarato di attendersi dalla Chiesa. Il 9 aprile 2018, il Presidente francese aveva infatti tenuto un discorso al Collège des Bernardins davanti a tutti i vescovi della Chiesa francese. Macron aveva caldeggiato l’episcopato a contribuire al bene della società francese sollevando interrogativi (questionnement): un modo carino per far capire alla Chiesa francese che affermazioni e negazioni non sono gradite... Ed è proprio una lunga interessantissima serie di domande «forse impertinenti» che il vescovo di Bayonne intende porre pubblicamente, perché si tratta di quelle domande «che sento regolarmente attorno a me».
Tante domande. Precisi e puntuali. Anzitutto per capire se davvero il vaccino sia l’unico mezzo per fermare l’epidemia: «Ma che fine fanno i trattamenti che esistono e risultano efficaci, o gli altri mezzi di prevenzione raccomandati per rafforzare le nostre difese immunitarie naturali?» Che ne è dell’idrossiclorochina e dell’ivermectina, espressamente menzionati da Aillet? «Che ne è della libertà dei medici di prescrivere dei trattamenti contro la covid-19?».
Qual è la verità sulla gravità della malattia, sul tasso di letalità? «I vaccini proteggono contro le varianti? [...] I vaccini attualmente sul mercato in Francia sono propriamente vaccini o sono “terapie geniche” innovative?». E ancora: «perché l’Agenzia europea del farmaco [...] ha concesso solo un’autorizzazione all’immissione in commercio “condizionata” (CMA) e perché le case farmaceutiche sono state esentate dal risarcimento per gli effetti indesiderati?». E poi il rischio sulla sicurezza, posto che la fase 3 della sperimentazione si concluderà solo nel 2023; l’effettiva farmacovigilanza sugli effetti indesiderati; e poi, la domanda etica decisiva: «Perché non si invoca il “principio di precauzione” così tanto presente nel dibattito pubblico quando si tratta della protezione dell’ambiente?».
Mons. Aillet entra coraggiosamente anche nel problema dell’origine illecita di questi vaccini. Richiamando l’ultima Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede, ritiene una «questione etica ineludibile» quella della cooperazione al male di quanti utilizzano questi vaccini. Insomma, parliamone decentemente.
Numerose domande anche sulla reale utilità di un lasciapassare che si basa sull’assunto mai dimostrato (e smentito sia dalle case farmaceutiche che dai fatti) che la vaccinazione impedisca la trasmissione del virus. Aillet fa notare che, a riguardo, il Primo Ministro e il Ministro della Sanità francesi si sono contraddetti. Segno che tutto il mondo è paese.
Infine, le palesi contraddizioni tra la legislazione che sta prendendo piede in Francia, come in Italia, e le norme di rango superiore: «Come conciliare i testi legislativi, dopo il Codice di Norimberga, che proibiscono ogni obbligo vaccinale? Se l’8 aprile 2021, una sentenza della CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) ha autorizzato la vaccinazione obbligatoria a certe condizioni, una risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, votata il 27 gennaio 2021 [...] chiede “di assicurarsi che i cittadini e le cittadine siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno subisca pressioni politiche, sociali o altro per farsi vaccinare, se non desidera farlo personalmente” (7.3.1) e di “vigilare che nessuno sia vittima di discriminazioni per non essere stato vaccinato, a motivo di rischi potenziali per la salute o per il fatto di non volersi vaccinare” » (7.3.2). Cosa pensarne?».
Domande che da mesi molti ripetutamente si stanno facendo? Domande che spesso vengono eluse o a cui vengono date risposte false. Domande che si impedisce vengano sollevate non solo a livello dei media di regime, ma anche degli organi scientifici competenti.
Luisella Scrosati
https://lanuovabq.it/it/green-pass-e-controllo-sociale-ce-un-vescovo-in-francia
VACCINI E ADOLESCENTI
Autodeterminazione, solo quando serve a vaccinare
Il Comitato Nazionale di Bioetica ha licenziato il suo parere sui vaccini somministrati agli adolescenti dai 12 ai 17 anni. Prevale il principio di autodeterminazione del minore, se i genitori non vogliono che il figlio si vaccini. Ma per la campagna vaccinale, in generale, torna prevalente il principio della beneficialità: si segue il miglior interesse, al di là della volontà
Vaccinazione aperta ai giovani
Il 29 luglio scorso il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) ha licenziato un parere dal titolo “Vaccini e adolescenti”. Gli adolescenti di cui si tratta rientrano nella fascia di età 12-17 anni, indicati anche con l’espressione “grandi minori”.
In via preliminare annotiamo che per il CNB questi vaccini offrono un buono scudo contro l’infezione da coronavirus, sono efficaci, ossia i benefici superano di gran lunga gli effetti collaterali, rallentano il contagio dato che il vaccinato è meno contagioso rispetto al non vaccinato e costituiscono un valido baluardo contro la proliferazione di varianti. Ma, come abbiamo appuntato più volte da queste colonne, tali asserzioni solo imprudentemente possono essere accolte in modo così apodittico perché su ogni punto appena citato c’è ampia discussione scientifica.
Però non è su questi aspetti che vogliamo qui soffermarci, bensì sul principio di autonomia riferito all’adolescente. Il CNB scrive: “Se la volontà del grande minore di vaccinarsi fosse in contrasto con la volontà dei genitori contrari alla vaccinazione, il Comitato ritiene che l’adolescente debba essere ascoltato da personale medico e che la sua volontà debba prevalere nei confronti del dissenso dei genitori, in quanto la volontà del minore coincide - secondo le attuali indicazioni scientifiche e salvo situazioni di salute particolari che sconsigliano la vaccinazione - con il migliore interesse della sua salute psicofisica e della salute pubblica”. Quindi, se il minore vuole vaccinarsi e i genitori dissentono, prevale la volontà del minore. Questo è valido anche nel caso opposto: “Nel caso dell’adolescente che rifiuti la vaccinazione a fronte del consenso dei genitori […] appare comunque corretto, dal punto di vista bioetico, non procedere all’obbligo di vaccinare in mancanza di una legge”.
Quanto indicato dal CNB è in palese contraddizione con l’art. 3 della legge 219/17 (la legge che ha implementato l’accesso all’eutanasia), dunque è un parere contra legem. Questo articolo al comma 2 così recita: “Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità” (curiosamente il CNB menziona la parte dell’art. 3 relativa alle volontà espresse del minore, ma non cita invece la sezione dedicata alla decisione dei genitori che prevale su quella del figlio). Dunque obbligo di sentire il parere del minore, ma la parola definitiva spetta ai rappresentati legali, ossia, nella maggior parte dei casi, ai genitori. Il dovere nei confronti del minore è meramente consultivo, ma il parere del minore non è vincolante: decidono i genitori, non il figlio. Invece per il CNB a decidere è il minore. Per quale motivo?
Perché il moloch intoccabile della medicina contemporanea è il principio di autodeterminazione, tenuto in così alta considerazione che deve essere applicato anche a chi giuridicamente non è ancora capace di agire perché non ancora maggiorenne. Citiamo nuovamente un passaggio già menzionato: se il minore vuole vaccinarsi, occorre acconsentire a tale richiesta “in quanto la volontà del minore coincide - secondo le attuali indicazioni scientifiche e salvo situazioni di salute particolari che sconsigliano la vaccinazione - con il migliore interesse della sua salute psicofisica e della salute pubblica”. Tradotto: dobbiamo accogliere la volontà del minore in primis per il rispetto del principio di autonomia e in secondo luogo perché tale principio, in questo specifico caso che riguarda i vaccini, coincide con il principio di beneficialità (o beneficienza). Ossia voler vaccinarsi è oggettivamente la scelta migliore. Nel caso in cui, all’opposto, il minore rifiuti il vaccino, seppur non sia il suo bene oggettivo, dobbiamo comunque rispettare il principio di autonomia, cioè la volontà dell’adolescente, anche se confligge con il principio di beneficialità.
La storia della medicina ci insegna che ha sempre avuto un peso specifico maggiore il principio di beneficialità rispetto a quello di autonomia: la medicina è chiamata a curare, non ad acconsentire ad ogni richiesta del paziente. È il cliente ad aver sempre ragione, non il paziente. Nei tempi recenti invece la gerarchia si è invertita e il documento del CNB, firmato anche da membri cattolici, ne è una prova.
Se il parere del CNB mette l’accento sul principio di autonomia – seppur lo benedica quando ciò vuol dire vaccinarsi e lo tolleri nel caso opposto – l’attuale campagna di vaccinazione invece si basa sul principio di beneficialità. Oggi, e solo per il Coronavirus, il principio di autonomia è saltato e quello di beneficialità è tornato nuovamente in auge. Infatti l’obbligo de facto e non de iure alla vaccinazione si basa proprio su tale principio, seppur, come annotato, non ne esistano i presupposti dato che non siamo per nulla certi della efficacia del vaccino.
Insomma quando fa comodo ecco che rispunta il principio di beneficialità: costringiamo il popolo italico a vaccinarsi, anche contro il libero consenso, perché sappiamo che lo facciamo nel loro migliore interesse. Una schizofrenia lampante. Infatti, nel rispetto proprio della legge 219 appena citata, se una persona vuole morire e, ad esempio, non vuole più la nutrizione e idratazione assistita il medico è obbligato ad obbedire e ad ucciderlo. Di contro, il cittadino che non vuole il vaccino è obbligato alla vaccinazione se non vuole perdere l’esercizio di libertà costituzionalmente garantite. Nel primo caso la libertà è intoccabile, nel secondo caso vale come carta straccia. In breve, il sacro principio di autodeterminazione è andato in soffitta. E per chiudere: dove son finiti i difensori della libertà di cura senza se e senza ma che deve essere tutelata persino in caso di richiesta di eutanasia? Spariti.
Tommaso Scandroglio
https://lanuovabq.it/it/autodeterminazione-solo-quando-serve-a-vaccinare
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