San Marino, votazione legalizzazione aborto 26 09 2021
San Marino, votazione legalizzazione aborto 26 09 2021 

Domenica 26 settembre non si vota solo in Svizzera (sulle ‘nozze gay’) ma anche a San Marino sul tema dell’aborto. Il quesito referendario, riportato qui sotto, chiede la legalizzazione dell’aborto fino alla dodicesima settimana e in diversi casi anche successivamente, senza specificare un limite di tempo:

“Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?”

Il riferimento alle possibili ripercussioni sulla salute psicologica della donna a causa di anomalie (come la sindrome di Down) o malformazioni[1] consentirebbero di fatto l’ingresso dell’aborto eugenetico anche piccola Repubblica di S. Marino.

Come ha spiegato in un’intervista don Gabriele Mangiarotti, parroco a San Marino, riferendosi ai cartelloni – affissi a questo proposito nella minuscola Repubblica:

“Nei fatti il termine “anomalia” comprende i casi di sindrome di Down. La parola è contenuta nel quesito referendario. E nei manifesti è stata utilizzata per far capire la differenza tra discorsi astratti e la realtà nuda e cruda. Il nostro cartellone permetteva di vedere, di constatare tale realtà. L’immagine – che parla al cuore e alla mente dell’uomo – è stata ritenuta scandalosa dal mondo politicamente corretto, ma ha reso evidente la gravità di quanto sta accadendo: si sta andando verso l’aborto eugenetico”[2].

L’immagine è stata ritenuta scandalosa: quando si discute di aborto, i suoi fautori tendono invariabilmente ad occultare la realtà di ciò che accade. Eppure, come può essere libera la scelta di una donna, quando viene presa senza piena consapevolezza? Perché la sola proposta di far ascoltare il battito del cuoricino del nascituro alla madre, tentata ad abortire, provoca reazioni scomposte? Come mai per ogni procedura medica ci si sente in obbligo di informare su tutte le possibili conseguenze negative (si chiama consenso informato) e nessuno parla alle donne delle possibili ripercussioni psicologiche di un aborto? Eppure molte, negli anni successivi, dovranno fare i conti con crisi depressive e stress post traumatico. Al riguardo ci sono fiumi di letteratura scientifica[3].

Chi sostiene la vita ed è quindi contrario alla cultura della morte e dello scarto spesso viene tacciato di essere un oscurantista che nega la libertà di scelta della donna. In realtà chi è contrario all’aborto, come lo è stato il legislatore sammarinese che ha confermato nel 1974 la punibilità di chi provoca l’aborto (inserendolo tra i reati contro la persona)[4] ha a cuore la vita del concepito, quanto il destino della madre. Verità, questa, ribadita nella sua intervista anche da Don Mangiarotti:

“Siamo dalla parte della mamma e del futuro papà; in particolare non vogliamo che la donna sia lasciata sola né prima, né dopo la nascita del suo bimbo … L’interruzione volontaria della gravidanza non è mai senza conseguenze per la donna, a motivo del legame unico e sublime con la creatura che porta in grembo. Crediamo che nessuna donna affronti l’aborto a cuor leggero; è sempre un dramma: non vogliamo lasciare nulla di intentato per trovare alternative. Dobbiamo far sì che mai più una vita non sbocci per insicurezza, sfiducia, solitudine, mancanza di custodia e di tutele o per motivi economici”[5].

I promotori del referendum si ispirano alla legge 194 – che ha legalizzato nel 1978 in Italia l’interruzione di gravidanza – senza considerare le scoperte scientifiche degli ultimi 40 anni sulla vita umana intrauterina e gli effetti deleteri, anche sul piano economico, che questa legge ha provocato (gli oltre 6 milioni di aborti degli ultimi decenni hanno infatti generato un pauroso squilibrio tra la popolazione attiva e quella in quiescenza, rendendo sempre più insostenibili i costi della previdenza sociale).

Il referendum di domenica a San Marinoche ha visto fortemente impegnata la Chiesa (dal vescovo, monsignor Andrea Turazzi ai volontari del Comitato di laici Uno di noiha interpellato le coscienze delle persone, tanto che la vittoria del ‘sì’ non è più data per scontataA noi credenti[6], grati per la coraggiosa testimonianza di questi fratelli, rimane la possibilità di una preghiera.

 

Riferimenti

[1] In Europa accade già, ad esempio in Inghilterra, che alcune donne abortiscano, anche a gravidanza inoltrata, a causa di malformazioni del feto anche leggere e curabili dopo la nascita, come il labbro leporino e il piede ritorto. In caso di disabilità del bambino, inoltre, la legge consente alla madre di abortire fino al momento della nascita.

[2] GIUSEPPE RUSCONI, Aborto/ San Marino al voto: perla don Mangiarotti, in – www.rossoporpora.org – 23 settembre 2021. Don Gabriele Mangiarotti – settantatreenne sacerdote sanmarinese, responsabile dell’Ufficio di pastorale scolastica e della cultura della diocesi di San Marino-Montefeltro, ha fondato il battagliero sito www.culturacattolica.it .

[3] https://www.silvanademaricommunity.it/2021/09/23/la-terra-dei-liberi-sia-la-terra-dei-vivi/  

“Assistere ad un aborto è un’esperienza straziante, si è di fronte ad un vero ed autentico massacro, dove il concepito lotta strenuamente sino alla fine contro il corpo estraneo che all’improvviso piomba in quel luogo sino a quel momento così ospitale e vitale, trasformandolo nel teatro dove si consumerà la sua morte, venendo risucchiato mentre il suo corpicino viene smembrato in tanti piccoli pezzi, molto spesso però ben riconoscibili, come manine e piedini. Questo è l’aborto!”. Ivi. Non a caso nei giorni scorsi si è proiettato il film Unplanned, storia vera di Abby Johnson, direttrice in seno alla Planned Parentood (multinazionale statunitense degli aborti), che un giorno, assistendo a un aborto alla tredicesima settimana, nota dapprima un piedino che si muove nel feto che doveva essere abortito e di seguito le sofferenze evidenti che palesava mentre veniva ucciso.  L’esperienza la segnò per la vita. Quando si vede, si comprende subito che l’aborto non può essere un diritto.

 [4] Naturalmente, ai sensi dell’art. 42 del codice penale, la madre non è punibile se l’aborto è effettuato per la necessità di salvare la sua vita. Da notare che – dall’entrata in vigore del Codice penale del 1974 – nessuna donna è mai stata processata per aborto e tantomeno condannata a San Marino. Le sanmarinesi che hanno abortito non sono mai state perseguite perché l’hanno fatto fuori del territorio della Repubblica, in gran parte in Italia.

[5] RUSCONI, Aborto/ San Marino… In realtà la legge 194 (Tutela sociale della maternità ed interruzione volontaria della gravidanza) non sanciva teoricamente un vero e proprio diritto per la donna all’aborto, come poi è risultato invece nella prassi, vuoi per l’indeterminatezza del concetto di ‘serio pericolo per la sua salute psichica’(art. IV), vuoi per il diffondersi di uno sfavore nichilista alla vita, ma lo considerava – in determinate circostanze – come un male minore: infatti l’art. I recita “Lo Stato … riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza … non è mezzo per il controllo delle nascite”. Per evitare che lo diventi, lo Stato, le regioni e gli enti locali ‘promuovono i servizi socio-sanitari’ (come i consultori) affidando loro il compito, specie “quando la richiesta dell’interruzione della gravidanza … sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari della gestante” di esaminare con il suo consenso “le possibili soluzioni dei problemi proposti, aiutandola a rimuovere le cause che porterebbero all’aborto e mettendola così in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre”, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza che dopo il parto (art. V). La parte della legge a tutela della maternità è rimasta disattesa: di fatto finanziamo come collettività ogni aborto richiesto, anche quando più volte ripetuto, ma non sosteniamo concretamente le gestanti in difficoltà. 

di Lucia Comelli