«La politica è un campo minato per un cristiano» ma resta «la più alta forma di carità», come diceva Paolo VI. Per questo, «è necessario che i cristiani siano presenti nella politica con le loro convinzioni e con la loro testimonianza». In tal senso, «non esiste una politica cristiana, ma solo politici cristiani». 

Rilancio alcuni stralci di una intervista che monsignor Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare del Papa emerito, Benedetto XVI, ha rilasciato oggi a
Serena Sartini de Il Giornale.  

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Papa Benedetto XVI e il suo personale segretario l’allora Monsignor Georg Ganswein 

Il tema dei valori non negoziabili è stato un cavallo di battaglia del Papa emerito Benedetto XVI. Lei lo ha accompagnato in tutti questi anni. Quali sono i valori che esprimono l’identità di un autentico cristiano?

«Rispondo con una controdomanda: oggi si conosce ancora il significato più profondo dell’espressione valori non negoziabili? Si sa cosa essa significhi? Quali siano questi valori? Comunque sia, in fin dei conti, non dipende tanto dall’espressione in sé, che può cambiare o variare, piacere o non piacere, quanto invece dal suo contenuto: questo è ciò che conta. Vale a dire, certamente anche e anzitutto nella nostra epoca i valori cristiani sono da difendere e da vivere: ma vivere con e per i valori cristiani è il punto più importante, fondante. Essi restano parola morta se non vengono incarnati nella propria vita e nella propria realtà quotidiana. In termini concreti, i valori cristiani danno al nostro essere una dignità incancellabile, una grandezza unica e un senso profondo».

L’identità cristiana è oggi a rischio?

«Dalla domanda sul laicismo risulta chiaramente che l’identità cristiana è a rischio. Ma lamentarsi non serve, non cambia niente. Questa constatazione deve piuttosto dare un impulso, un incentivo forte a fare tutto il possibile perché il rischio trovi risposte adeguate, chiare, coraggiose e forti. È una sfida che va vissuta nella quotidianità, con coraggio: si deve combattere, ma soprattutto testimoniare pur nell’incontro e nel confronto dialogico con realtà differenti ed antitetiche».

Il tema delle radici cristiane in Europa è ancora attuale?

«Attualissimo, direi! Per sincerità e completezza dobbiamo però affermare che non sono solo le radici cristiane, ma le radici giudaico-cristiane che hanno formato il nostro continente e anche l’Italia. Senza il cristianesimo non esisterebbe la libertà, neanche il Liberalismo. Il cristianesimo ha in sé la premessa per i più importanti dei nostri valori: l’uomo come immagine di Dio è il fondamento per la dignità umana, la libertà, l’uguaglianza, la tolleranza, la solidarietà, il rispetto. Non dimentichiamo che il nostro corretto comportamento nei confronti degli altri, indipendente dallo stato personale, dall’origine, dalla razza, dalla pelle, dalla cultura, dalla religione, dalle idee politiche, dipende dalla rivoluzione cristiana. E non è mai utile né produttivo recidere le radici dalle quali siamo cresciuti».

Quale è la strategia per i cristiani in un mondo post-cristiano?

«Non è opportuno e neanche necessario creare in modo esplicito una strategia per i cristiani. Cadremmo in forme di integralismo. Sembra banale e semplicistico, ma non lo è: basta vivere e praticare la fede. Chi vive la fede in modo intelligente, convincente e con un senso dell’umorismo è un testimone silenzioso ma molto efficace. I contemporanei sono ipersensibili per questa forma di evangelizzazione silenziosa, afona, ma reale. Conta l’esempio personale senza grandi parole e gesti. Ci vuole poco, ci vogliono una formazione robusta ed una prassi abitudinaria e costante ispirata della fede. Sarà da esse che susciteremo negli altri domande e quesiti di carattere ontologico. L’esempio personale è la strategia, voglio usare il suo termine, da proporre e da applicare!».

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