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giovedì 12 maggio 2011

João Paulo II: o beato, o superhomem e o místico

Giovanni Paolo II,
il beato, il superuomo e il mistico

di
Padre João Batista de Almeida Prado Ferraz Costa

  
La grancassa pubblicitaria, il frastuono mediatico, il gran successo d’affari intorno alla beatificazione di Giovanni Paolo II non riescono a nascondere il fatto che una considerevole parte di cattolici (tra i pochi che ancora mantengono integra la fede e la sana dottrina) è sconcertata dalla elevazione alla gloria degli altari di un papa che nel corso del suo lungo pontificato non ha tenuto in debito conto la bimillenaria tradizione della Chiesa, cambiando completamente il modo d’agire della Chiesa, principalmente in ciò che riguarda il rapporto con le false religioni.
1).

Per finire, devo dire che scrivendo queste righe so di correre il rischio di essere tacciato da antipatico e presuntuoso, ma lo faccio per adempiere ad un dovere di coscienza, nella speranza che la Chiesa, riscoprendo il cammino della sua autentica tradizione, condanni l’ecumenismo filantropico massonico, combatta per il Regno Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, torni a fecondare la società civile con la costituzione di solide famiglie e si possa celebrare tutto quello che ha fatto di buono il Papa Giovanni Paolo II, mentre tutto quello che ha fatto di cattivo venga dimenticato e affidato alla misericordia divina, di cui tutti abbiamo somma necessità.

Annapolis (Brasile), 2 maggio 2011.
Solennità di San Giuseppe Artigiano


(
1) Bernard Bartmann, Teologia Dogmatica, v. 1, p. 68-70, Paulinas, 1962. – (In italiano: Manuale di teologia dogmatica, 3 voll., Alba, Ediz. Paoline, 1949, 1952, 1956, 1962).

Come ha bene osservato un giovane cattolico, la prima cosa che ci scandalizza nella beatificazione di Giovanni Paolo II è che nei corridoi del Vaticano la pressione della sinagoga contro la beatificazione del grande Papa Pio XII ha trovato più credito dei solidi argomenti teologici avanzati da tanti cattolici contro la beatificazione di Giovanni Paolo II, un papa che ha scioccato i fedeli con gesti come il bacio del Corano e il ricevimento del segno degli adoratori di Shiva per mano di una sacerdotessa indiana. Effettivamente questi due pesi e due misure adottati dall’alta burocrazia vaticana, erede della politica di Giovanni Paolo II, lasciano senza parole.

Oltre alle argomentazioni di ordine teologico contro la beatificazione di Giovanni Paolo II, vi sono state delle manifestazioni di grave disagio da parte di cattolici che si sono sentiti offesi da diversi comportamenti del neo beato. Non solo la reazione dei cubani, ma anche quella dei cattolici della Slesia che nel secolo scorso sono stati deportati, con la devastazione delle loro case e l’espropriazione dei loro beni, dai comunisti polacchi. Si è trattato di uno dei più grandi crimini della storia del XX secolo. In occasione della sua visita nella regione, Giovanni Paolo II, che amava i discorsi di pentimento per i “peccati storici”, non disse una parola a riguardo.

Tuttavia, bisogna riconoscere che Giovanni Paolo II dimostrava tanta disinvoltura, tanta sicurezza nei suoi atti, da rivelarsi come una personalità singolare che merita un accurato esame da parte di tutti coloro che si interessano alla vita dei grandi personaggi della storia.

Giovanni Paolo II mi ha sempre ricordato due ideali di uomini tratteggiati da due pensatori moderni: il superuomo di Nietzsche e il mistico dal cuore aperto di Bergson.

In realtà, contrariamente a quanto pensano in molti, Nietzsche, pur essendo un nemico del cristianesimo, non era un nichilista. Vero è che voleva distruggere il cristianesimo, responsabile secondo lui dell’ascesa delle mediocrità, per dar vita ad una nuova aristocrazia che tramite il superuomo realizzasse una cultura superiore, ma chiedeva una nuova scala di valori forgiata dall’uomo forte. Non propugnava la negazione dei valori come il disgustoso Jean-Paul Sartre. Per esempio, Nietzsche non era un difensore del libertinaggio, Sartre sì, come ha ben dimostrato con la sua orribile vita privata.

Ebbene, Giovanni Paolo II per un verso assomiglia molto al superuomo di Nietzsche, col suo promuovere la religione dell’uomo e con l’aver conseguito una sintesi tra l’umanesimo ateo moderno e la Chiesa riformata dal Vaticano II. Oggi la Chiesa, in dialogo con tutte le correnti ideologiche e religiose dell’umanità, ha come principale preoccupazione il bene dell’uomo, tanto che Giovanni Paolo II ha potuto dire che “l’uomo è la via della Chiesa”.

In realtà, solo un superuomo carismatico come Giovanni Paolo II poteva realizzare un tale mutamento di valori e di mentalità. Prima, i cattolici mantenevano fermo e senza compromessi il convincimento che la loro religione fosse l’unica vera e che l’osservanza del decalogo fosse necessaria per la salvezza delle anime. Oggi, la maggioranza dei cattolici pensa che ciò che conta è fraternizzare con le altre religioni per la difesa dei diritti umani e combattere l’omofobia; senza che si parli più dell’anima, concetto metafisico completamente dimenticato e ormai obsoleto.

Per altro verso, Giovanni Paolo II somiglia molto al mistico della teoria di Henri Bergson sulla morale aperta e la religione dinamica. Come sappiamo, Bergson diceva che i grandi mistici, non solo cattolici e giudei del Vecchio Testamento, ma anche pagani, sono stati i protagonisti delle grandi trasformazioni dell’umanità.

Infatti, quella religione statica e chiusa della Contro-Riforma, che anatemizzava con il Sillabo tutta la modernità, è stata soppiantata, grazie alla mistica di Giovanni Paolo II, da una religione aperta e dinamica a servizio dell’umanità. Il che fa sì che Giovanni Paolo II si possa comparare al mistico di Bergson.

Ma questo dinamismo della nuova religione aperta e in evoluzione non ricorda solo la filosofia dello slancio vitale di Bergson, essa contiene innegabilmente anche elementi del pensiero esoterico di Theilard de Chardin, autore apprezzato dal neo beato. Infatti oggi vediamo come la Chiesa, grazie all’ecumenismo e al dialogo interreligioso, stia promuovendo l’unità del genere umano in direzione di un più alto livello, del punto omega di de Chardin, dove tutto e tutti sarebbero uniti in una sintesi di puro amore!

Qualcuno potrebbe obiettare – ed io lo concederei volentieri – che il Papa Giovanni Paolo II era un uomo piissimo, sincero devoto della Madonna, araldo dei valori cattolici della famiglia e instancabile difensore della vita contro la cultura della morte e il fango dell’immoralità della società moderna. Tutto questo è vero e giustamente viene ricordato dal suo successore. Certo, tutto questo ha un merito al cospetto di Dio e per la storia della Chiesa, ma è necessario sapere qual è stato il suo lascito più importante. Sfortunatamente io sono convinto che non sarà questa la sua eredità. Se lo fosse, di certo la sua beatificazione non avrebbe una tale risonanza. Egli è più celebrato come un superuomo o come un mistico riformatore dell’umanità.

Ne consegue che di fronte ad una beatificazione così strepitosa e controversa e nella prospettiva di una molto probabile imminente canonizzazione di Giovanni Paolo II, si imponga ai cattolici il dovere di interrogarsi sul valore di tale giudizio della Chiesa.

Credo che il teologo Bernard Bartmann sia molto chiaro nella delucidazione di questo problema.
Trascrivo quindi dei passi della sua Teologia Dogmatica che trattano della questione.

«La questione dell’infallibilità della canonizzazione dei santi può considerarsi storica e teologica. I primi santi, oltre agli Apostoli e ai Profeti, furono i Martiri, i cui nomi venivano scritti dai vescovi nell’elenco ufficiale di quelli riconosciuti dalla Chiesa. L’inserimento veniva fatto dopo un ponderato giudizio sulla precedente vita del martire, senza il quale non si accettava nessuno. A proposito dei primi tre secoli, il protestante H. Achelis osserva che i vescovi esercitavano un controllo severo e ricusavano i falsi martiri. Più tardi, ai santi martiri si aggiunsero i santi “confessori”: Antonio, Paolo, Atanasio, Efrem, Martino di Tour. Era più facile constatare la realtà del martirio che la santità dei confessori: per questi ultimi, il popolo prendeva parte al giudizio, ma al vescovo spettava la decisione ultima per ammetterli negli elenchi.
(...)
«Dall’inizio dell’anno 1000, la Chiesa cercò a poco a poco di regolare il culto dei santi con formule fisse, ma l’obiettivo venne raggiunto definitivamente solo nel 1600. Nell’epoca post tridentina sorse la questione teologica. Al tempo del Concilio di Trento, Tommaso Badia (1483-1547), Maestro dei Sacri Palazzi, sostenne contro Ambrogio Catarino, che la Chiesa, nell’onorare i santi, poteva cadere in errore. Egli affermava che si deve credere nella gloria dei santi in generale e non nella gloria di ogni santo in particolare. Sosteneva poi che era corretto distinguere tra “credere ex pietate” e “credere ex necessitate fidei”.Nelle canonizzazioni, la Chiesa non può assumere per base la Rivelazione, ma solo le testimonianze umane relative alla vita e ai miracoli, testimonianze da esaminare sempre con gran rigore. Oggi, la quasi totalità dei teologi considera infallibile questo giudizio della Chiesa, ma la tesi dell’infallibilità della Chiesa, in questo caso, si valuta in maniera diversa. Pesch dice che alcuni la ritengono una “pia sentenza”, mentre altri, come Benedetto XIV, ritengono che sia “di fede”.
(…)
«Le difficoltà da risolvere sono le seguenti: prima di tutto non è assolutamente chiaro se la Chiesa voglia definire il fatto che il santo abbia raggiunto la visione di Dio. (…) Infine si deve aggiungere – ed è la principale difficoltà – che senza una rivelazione divina non è possibile arrivare ad una certezza di fede sullo stato di grazia di un’anima (Trid. S. 6 c. 12, Dz. 805). Al che si aggiunge che la Chiesa, dopo la morte dell’ultimo Apostolo, non riceve più alcuna Rivelazione pubblica. Certo, nella Rivelazione chiusa con gli Apostoli incontriamo la promessa generale della vita eterna per gli eletti: tuttavia non la si attribuisce in modo definitivo a nessuna persona particolare onorata come santa dalla Chiesa. La predestinazione è un mistero imperscrutabile. La Chiesa, nell’indagine sulla vita dei santi, non si appoggia sulla testimonianza divina, ma solo sulle informazioni umane e sugli elementi naturali che possono essere sempre soggettivi. Dio può testimoniare a favore dei santi per mezzo dei miracoli. Però anche questi, come la stessa canonizzazione, non hanno una relazione intima e diretta con le verità rivelate. Si aggiunga che questi miracoli possono essere riconosciuti solo da coloro che vi credono, per essi non è obbligatoria la fede. L’antica controversia se fosse possibile provare un dogma con un miracolo notorio nella Chiesa venne risolta negativamente. 
(…)
«Scheid, trattando dell’infallibilità del Papa nella canonizzazione dei santi, scrive: “La difficoltà del problema sta nel trovare una prova veramente soddisfacente di questa infallibilità di cui si afferma l’esistenza. La canonizzazione tocca il limite estremo del campo delle decisioni infallibili. Per questo non è facile stabilire, in maniera chiara e probatoria, se essa, in tutta la sua estensione, rientra nell’ambito dell’infallibilità della Chiesa”.
(…)
«In ogni caso, gli atti della canonizzazione possono essere accettati per fede generale ecclesiastica e non per fede divina. (…) Se nel numero dei santi incontriamo qualche “falso” santo, come Barlaam e Josafat, il culto che viene loro reso si dirige a Dio. Come si può onorare un re per mezzo di uno pseudo-ambasciatore, così si può onorare Dio per il tramite di uno pseudo-santo» (

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