ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 9 gennaio 2012

Cosa deve sapere un cristiano sul Rastafarianesimo


« [2]Il mio compito è di tenere vivo e diffondere nel mondo il messaggio di Marcus Garvey, il padre spirituale di Giamaica … Voglio muovere il cuore di ogni uomo nero perché tutti gli uomini neri sparsi nel mondo si rendano conto che il tempo è arrivato, ora, adesso, oggi, per liberare l’Africa e gli africani. Uomini neri di tutto il mondo, unitevi come in un corpo solo e ribellatevi: l’Africa è nostra, è la vostra terra, la nostra patria … Ribellatevi al mondo corrotto di Babilonia, emancipate la vostra razza, riconquistate la vostra terra» (Bob Marley).
Il Rastafarianesimo, o Rastafar-I (pronuncia: , nel linguaggio delle I-words), è una fede religiosa di origine ebraico-cristiana.
 Il nome deriva da Ras Tafari, l’Imperatore che salì al trono d’Etiopia nel 1930 con il nome di Haile Selassie I e con i titoli di Re dei Re (Negus Negasta), Eletto di Dio, Luce del Mondo, Leone Conquistatore della tribù di Giuda: in seguito alla sua incoronazione, alcuni credenti delle “Chiese Etiopi” riconobbero in lui il Cristo nella Sua Seconda Venuta in Maestà, Gloria e Potenza, come profeticamente annunciato dalle Sacre Scritture, essendo diretto discendente della Tribù di Giuda che affonda le sue Radici nell’incontro tra Re Salomone (figlio di Davide) e la regina di Saba, episodio appassionatamente narrato nell’antico libro sacro Kebra Nagast.

Il rastafarianesimo nasce infatti come nazionalismo, o meglio, come versione religiosa del movimento politico nazionalista conosciuto come Etiopismo, e si è ispirato alla predicazione del leader Marcus Mosiah Garvey. Altri elementi di spicco, che hanno avuto un ruolo primario nella nascita di questo credo sono stati Leonard Howell, H. Archibald Dunkley, e Joseph Nathaniel Hibbert.
A partire dagli anni Ottanta la cultura Rasta si è diffusa nel resto del mondo, soprattutto grazie a Bob Marley e alla musica reggae, che ne veicola i contenuti. I Rastafariani accettano gli insegnamenti teologici e morali di Gesù, custoditi dall’antichissima tradizione etiopica ortodossa, e credono che Haile Selassie I li attualizzi e compia profeticamente in quanto Cristo “Nero”, tornato secondo le esigenze dell’uomo moderno. Perciò, essi credono nella Divinità di Cristo, nella Trinità, nella resurrezione dei corpi, nell’immortalità dell’anima, nella verginità di Maria ed in tutti gli altri dogmi della cristianità Ortodossa.
Credono però nel millenarismo, ovvero nell’idea che il Cristo debba instaurare un regno terreno prima della fine del mondo e del giudizio universale, secondo i dettami dell’apostolo Giovanni (Apocalisse 20): Haile Selassie I giunge dunque a realizzare questa profezia, e regna sui suoi eletti, i Rastafariani, sino al termine della storia. Il loro Testo Sacro è costituito dal canone biblico etiopico, stabilito da Haile Selassie I, composto dell’Antico e del Nuovo Testamento, e dai testi ufficiali che contengono la testimonianza storica del Re.
In accordo con la tradizione Etiopica, raccolta nel Kebra Nagast, i Rastafariani credono che l’Etiopia sia il Nuovo Israele, la Nazione eletta alla custodia della Cristianità nei tempi della frammentazione e della falsificazione, sino all’avvento secondo di Cristo, compiutosi in Haile Selassie I. In questo libro è riportato l’incontro tra Re Salomone e la Regina di Saba, descritto anche dalla Bibbia (1 Re 10; 2 Cronache 9); ella, curiosa di conoscere la straordinaria saggezza del Re, si reca a Gerusalemme, e dalla relazione amorosa sorta tra i due nasce Menelik, capostipite della dinastia regale etiopica. L’Etiopia riceve la missione di preservare la purezza della Cristianità dopo il rifiuto di Israele e di custodire il carisma del trono Davidico sino all’avvento regale del Cristo, a cui è destinato sin dall’inizio del mondo. A riprova della sua elezione, l’Etiopia riceve l’Arca dell’Alleanza, oggi conservata in un santuario di Axum. Haile Selassie I fu l’ultimo regnante ad occupare il seggio di Davide, prima della dissoluzione della monarchia, e questo incoraggia i Rastafariani a riconoscere in Lui il compimento delle promesse divine.
Essi osservano la morale cristiana, ubbidendo ai dieci comandamenti del Sinai ed alle regole d’amore dettate da Cristo: “Ama il Signore Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente” e “Ama il prossimo tuo come te stesso” (Luca 12, 28-31). Istruiti dalla tradizione etiopica e dalla decisiva predicazione di Haile Selassie I, i rastafariani nutrono un particolare rispetto per le altre culture religiose, e parlano di “parentela spirituale” dei mistici di tutte le culture storiche, utilizzando un’espressione del Re stesso. Pur difendendo il primato della propria identità, i rastafariani sostengono che si pervenga alla salvezza mediante la Fede nel Divino e l’osservanza della morale naturale, aldilà delle posizioni teologiche e metafisiche: da questo procede il loro vivo interesse per gli altri culti, considerati, sempre in riferimento ad una frase di Haile Selassie I, “vie del Dio vivente”, che non è possibile giudicare. Sono quindi dottrinalmente contrari al settarismo religioso, come si evince anche dalla lettura del testo sacro di riferimento, il Kebra Nagast.
Per giunta, essi professano i precetti politici che il Re ha trasmesso loro, completando, a loro avviso, la rivelazione storica. Credono dunque in una moralità internazionale retta dal principio della sicurezza collettiva, dell’autodeterminazione dei popoli, dell’uguaglianza dei diritti, della non-interferenza, e nel riconoscimento di un ordine sovra-nazionale che ripudi la guerra, per la ricomposizione pacifica delle dispute e per la risoluzione dei problemi comuni, istituzionalmente governato dall’ONU, di cui Haile Selassie I fu Padre Fondatore. Credono nella necessità di costruire sistemi politici liberali e democratici, fondati sull’osservanza della Dichiarazione dei Diritti Umani e difensori della libertà civile, economica, spirituale e culturale, rifiutando dunque ogni ideologia e statolatria totalitaristica, di destra e sinistra, che assorba l’anima umana, possesso esclusivo di Dio; credono inoltre nella necessità di uno Stato socialmente impegnato, che non si limiti a garantire negativamente la libertà, ma che guidi e educhi l’uomo, pur laicamente, al rispetto del prossimo e di Dio. Inoltre, i rastafariani sostengono che sia necessario affrontare con particolare attenzione, per il benessere dell’intero globo, il problema del continente africano, il più povero ed afflitto del pianeta in virtù di secoli di sfruttamento e aggressioni, eticamente meritevole di una riparazione storica. Forti dell’esempio di Haile Selassie I, considerato comunemente il Padre dell’Africa Unita e principale fondatore dell’Organizzazione dell’Unità Africana, chiedono che l’Africa realizzi l’unione continentale, liberandosi dalla dipendenza dai poteri stranieri, recuperando la propria identità, e sviluppandosi secondo modelli politici e culturali propri, che tali poteri hanno cercato e cercano di strapparle. Gli africani deportati, in particolare, per raggiungere la pienezza di sé e fronteggiare il proprio disagio storico, devono ricordare le proprie origini e onorarle, e lavorare attivamente per questa causa: è in tale ottica che l’idea di rimpatrio, a cui Haile Selassie I dedicò parte delle sue energie e per cui mise a disposizione un ampio territorio etiopico, acquisisce un significato vitale.
I Rastafariani credono che Haile Selassie I sia Cristo per varie ragioni. Credono Egli esprima una santità assoluta, e che abbia compiuto opere miracolose, principalmente di natura politica, in Etiopia e nel Mondo; credono che Egli, come Gesù, compia le profezie della Scrittura Sacra, sia in termini espliciti che allegorici, ponendo particolare attenzione sull’Apocalisse di Giovanni, finalizzata alla descrizione della Venuta Seconda di Cristo; credono nella veridicità dei Suoi titoli e nella Sua testimonianza, che tendono a proiettarlo nella trascendenza e nel mistico: molti tuttavia negano che il Re abbia mai avanzato tali pretese, sostenendo invece che le abbia rifiutate espressamente.
Pensano che tali posizioni ignorino il contenuto della Rivelazione, e che l’atteggiamento “restìo” di Haile Selassie I compia perfettamente le linee della Cristologia cristiana.
I rastafariani rifiutano l’idea del decesso fisico o spirituale di Haile Selassie I, credendo nel suo occultamento volontario agli occhi degli uomini. Secondo la teologia cristiana, infatti, Gesù Cristo muore una sola volta e risorge definitivamente, espiando il peccato umano (Lettera agli Ebrei 9, 26-28); la Sua seconda venuta rappresenta il tempo del Regno glorioso, non della passione e del sacrificio. I misteri che ancora oggi avvolgono la scomparsa di Haile Selassie I (la mancanza di foto, video, la negazione dei funerali, la scelta di non mostrare il suo corpo, la provata falsità delle cause fisiche addotte per giustificare il decesso) sono per loro la dimostrazione della veridicità della propria fede. Credono dunque che Haile Selassie I sia ancora corporalmente vivo e presente sul trono d’Etiopia, e che essi costituiscano il Suo Regno.
L’idea che il Rastafarianesimo sia riservato agli africani e che escluda la partecipazione dei “bianchi” è assolutamente falsa e priva di fondamenti teologici. Haile Selassie I, secondo lo spirito del Vangelo, ha insegnato l’assoluta uguaglianza delle razze ed ha predicato il proprio messaggio a tutte la nazioni. Sono presenti tra gli occidentali forti comunità rastafariane e personalità importanti per la storia del movimento, che vivono in piena comunione religiosa con i propri confratelli di stirpe africana. Forme di possibile diffidenza e razzismo devono essere associate a comprensibili tensioni storiche, e non alla cultura spirituale.
I rastafariani, in accordo con i precetti di Haile Selassie I e con i contenuti del Kebra Nagast, predicano il rispetto del proprio corpo attraverso una corretta e sana alimentazione, l’esercizio fisico e l’astensione dalle droghe, ovvero ciò che loro chiamano “pratica dell’Ital”, un modo “vitale” di intendere il proprio rapporto con la Creazione..
I rastafariani sono comunemente conosciuti per i cosiddetti dreadlocks, delle lunghe e dure trecce che caratterizzano la chioma di alcuni fedeli. Si tratta di una pratica facoltativa, e molti rastafariani non sono Nazirei.
Queste costituiscono la realizzazione materiale di un voto biblico, il Nazireato, descritto nella Legge Mosaica (Numeri 6) e custodito nella Cristianità dalla sola tradizione etiopica. Questa pratica ascetica comporta la consacrazione del proprio capo e dunque l’astensione dalla tonsura e dalla pettinatura, generando naturalmente le celebri trecce (Giudici16:13-19); implica inoltre l’astensione da alcolici, uva e derivati, e una dieta vegetariana. Queste tuttavia sono pratiche assolutamente facoltative e pertanto non vietate, sebbene sia predicata l’astensione dalle forme di ubriachezza.
Il Kebra Nagast racconta di come un Angelo apparve alla madre di Sansone, ammonendola di non tagliargli i capelli e farlo crescere puro, illibato e nazireo. La figura di Sansone pelato, cieco, incatenato, è un esempio di ciò che può accadere a chi usa il metallo di Babilonia, a chi si fida di donne cattive e disubbidisce i comandi divini.
Bisogna conservare la propria integrità fisica e morale, e i capelli sono un simbolo, da custodire gelosamente.
«Conservate la vostra cultura, non abbiate paura dell’avvoltoio, fatevi crescere i riccioli» (Bob Marley).
Cappello caratteristico di molti rastafariani è il tam, classico cappello con i colori della bandiera etiope, spesso con visiera. Seppur venga riconosciuto in genere che il reggae sia la musica dei rastafari per definizione, questa cominciò ad essere associata definitivamente alla religione alcuni anni dopo la sua nascita. Effettivamente la religione si sviluppò molto prima della nascita del reggae stesso. Prima di ciò la musica reggae era propria del movimento britannico degli skinhead, oltre che dei rude boy giamaicani, tanto che la prima forma di reggae è conosciuta spesso con il termine skinhead reggae. La musica giocò un ruolo fondamentale nella cultura rastafari, che venne portata alla luce tramite il reggae nei primi anni 70 da artisti di fama internazionale come Bob Marley e Peter Tosh.
I Rasta utilizzano la marijuana come erba medicinale, ma anche come erba meditativa, apportatrice di saggezza, ausilio alla preghiera. Viene sostenuto che l’erba Ganja sia cresciuta sulla tomba del re Salomone, chiamato il Re Saggio, e da esso ne tragga forza. La marijuana è anche associata all’Albero della Vita e della Saggezza che era presente nell’Eden a fianco dell’Albero della conoscenza del bene e del male.
«Non puoi cambiare la natura umana, ma puoi cambiare te stesso mediante l’uso dell’Erba … In tal modo tu permetti che la tua luce risplenda, e quando ognuno di noi lascia risplendere la sua luce, ciò significa che stiamo creando una cultura divina».
I rastafariani, comunque, predicano la disciplina morale ed il controllo di sé, e sono avversi ad ogni forma di ubriachezza. Nel 2008 la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 28270 della Sesta sezione penale, accogliendo il ricorso di un imputato rastafariano, ha dato per la prima volta rilievo all’appartenenza a tale religione. L’imputato era stato trovato in possesso di una quantità pari a venti volte il limite, indicato dalle legge, oltre il quale si rischia l’incriminazione per spaccio di sostanze stupefacenti. La Cassazione ha annullato la sentenza di condanna, avendo ritenuto non sufficientemente motivata la decisione di merito che aveva affermato la finalità di spaccio esclusivamente in base alla quantità di stupefacente detenuta, senza tenere in alcun conto le affermazioni dell’imputato, per cui la dose detenuta era “giustificata” dai precetti del rastafarianesimo; tuttavia l’imputato ha dovuto pagare una sanzione amministrativa come la legge prevede per l’uso personale di sostanze illecite.
I rastafariani giustificano diversi punti del loro credo appoggiandosi sul testo biblico. Su un sito dedicato alla religione Rastafarian si legge:
“I concetti fondamentali del credo Rastafari sono l’odio verso la società corrotta della leadership mondiale bianca e capitalista, il mondo occidentale bianco, la società oppressiva, la cultura imposta dal regime. … I Rasta sono convinti che la Marijuana sia in grado di accrescere la propria autocoscienza per entrare in contatto con la verità di Jah e del mondo, infatti viene considerata il seme della saggezza. … A difendere l’utilizzo dell’erba, inoltre, ci ha pensato la Sacra Bibbia, la quale sostiene che essa è un dono di Dio Padre (potete controllare a tale proposito Genesi 3:18; Esodo 10:12; Proverbi 15:17). Tipico dell’aspetto fisico dei Rasta sono i dreadlocks, lunghe ciocche di capelli annodati, la capigliatura e modellata sulla criniera del leone, simbolo della Tribù di Giuda. Essi portano i capelli così lunghi perchè secondo le loro leggi non possono tagliarli. Questo dovuto al fatto che la Bibbia riporta un passo che dice testualmente: “Nessuna lama toccherà il capo dei fedeli”. I rasta si considerano la 13° tribù d’Israele e come le altre dodici seguono le dieci leggi di mosè e la Sacra Bibbia in maniera scrupolosa”.
Possiamo notare qui come la Bibbia venga rigirata in modo arbitrario per avallare idee ad essa estranee:
1. I versi biblici citati non parlano di allucinogeni, ma di vegetali. Il verso in Genesi dice: “mangerai l’erba dei campi”; quello in Esodo parla di cavallette che distrussero l’erba dei campi in Egitto; e quello in Proverbi dice, allegoricamente: “meglio un piatto d’erbe, dov’è l’amore, che un bue ingrassato, dov’è l’odio”. L’uso di sostanze allucinogene di origine vegetale per “entrare in contatto con il divino” ed “espandere la propria autoconsapevolezza” è, in realtà, un insegnamento sciamanico, e new-age, in aperta antitesi con l’invito delle Sacre Scritture che ci presentano un Dio che brama il ritorno a sè delle sue creature e che per esse dà loro il suo stesso Figlio, Gesù.
2. La Bibbia non dice affatto che nessuna lama deve toccare il capo dei fedeli. Piuttosto, esisteva sotto la legge dell’Antico Testamento il “nazireato”, un libero voto di consacrazione personale; l’uomo o la donna Israelita che faceva questo voto non doveva radersi i capelli per tutto il tempo dello stesso e doveva astenersi da qualunque tipo di bevanda alcolica.
3. In tutta la Bibbia si parla sempre e soltanto di 12 tribù d’Israele, mai di una presunta tredicesima tribù, passata o futura.
Sul sito rastafariano citato prima si legge ancora:
“Essere Rasta significa essere totalmente libero, tuttavia esistono regole morali e scritte che, in aggiunta alle dieci precedenti, aiutano a mantenere sano il corpo e la mente:
1) I Rasta rifiutano ogni tipo di deturpazione del corpo, come: radersi, tatuarsi, tagliarsi i capelli.  2) E’ sconsigliato mangiare carne, mentre il maiale e i molluschi sono fortemente proibiti.  3) JAH RASTAFARI è l’unico Dio supremo. … 7) Un unico desiderio è di riunire tutto il mondo sotto le regole di Selassie, con seguaci che costituiscono un unica fratellanza. … 9) Devono essere rispettate le antiche leggi di Israele. …”
In definitiva, il credo rastafariano si fonda essenzialmente su un’interpretazione arbitraria dell’Antico Testamento. Questa interpretazione include:
1. la sostituzione di Gesù con un altro presunto messia (Selassié, che mai pretese di esserlo) e  si legga a proposito Matteo 24:23-28;
2. il divieto di mangiare certi alimenti (la Sacra Bibbia definisce “bugiardi” quelli che “ordineranno di astenersi dai cibi che Dio ha creati”, cf. 1 Tim. 4:3,4);
3. l’obbligo di seguire la legge mosaica, il che ò implica il rifiuto dell’opera e della persona di Gesù (si leggano ad esempio Galati 2:21, 3:11-14).
Le Sacre Scritture ci ricordano che la legge mosaica non fu data perché l’uomo potesse rendersi giusto tramite essa ma, anzi, che essa è servita per aprirci gli occhi sulla nostra condizione di esseri caduti e ingiusti: “la legge è stata come un precettore per condurci a Cristo, affinché noi fossimo giustificati per fede” (Galati 3:24).
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