ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 16 aprile 2012

IMBRUTTIMENTO DELLA LITURGIA E LUCE PASQUALE~

Exultet



Il Venerdì santo, in una chiesa di Roma, a Monteverde, nella canonica ora nona, nel momento supremo, «et inclinato capite tradidit spiritum», due o tre fiammelle sospese in un ‘sepolcro’ che sembra un quadro astratto; dall’altro lato, nella cappella analoga un presepio ultrarealistico con tanto di rumorosissimo scroscio d’acqua sembra uno scherzo sinistro, forse è soltanto disprezzo della liturgia. La notte scorsa il canto del preconio pasquale, che è una pagina eccezionale della cultura occidentale – pare che Mozart abbia detto: «rinuncerei a tutta la mia musica pur di aver composto l’Exultet» – era ridotto in molte chiese a una melodia canzonettistica, tradotto in italiano approssimativo, eseguito ancor peggio (si veda sul canale «you tube» gli imbarazzanti esempi di come viene trattato l’annuncio più importante della storia, e si è lieti per la grazia di averlo ascoltato alla Trinità dei Pellegrini, secondo il rito romano tradizionale, nella sua sonorità senza microfoni, nella massima solennità, scandito, irruento, davvero gioioso). D’altronde anche la Cappella Sistina strepita da tempo e nubi si addensano sull’istituto pontificio che dovrebbe salvare la musica sacra. Questa mattina poi, nella piazza berniniana, sull’altare papale, faceva la sua comparsa ancora una volta quella atroce pensilina bianca che neppure un concerto rock ammetterebbe. La desolazione attuale della civiltà cattolica immalinconisce anche il giorno di Pasqua. Viene però in soccorso la parola di Paolo letta nella Missa in Coena Domini: succedeva di peggio all’epoca delle origini – tanto idolatrata dai cultori della filologia –, anche nei riti catacombali se ne vedevano di tutti i colori. «Fratelli, nelle nostre riunioni non si commemora più la Cena del Signore. Infatti ciascuno pretende mangiare i suoi cibi: così, mentre c’è chi patisce la fame un altro è ubriaco. Ma non avete casa vostra per mangiare e per bere, o volete mortificare la santa assemblea e far arrossire i poveri? Che devo dirvi? Lodarvi? Niente affatto» (I Cor, 11, 18-22). Ci vollero secoli per far risplendere la liturgia romana, per limitare la «mortificazione della santa assemblea». Che in un sol colpo si siano rinnegati i secoli non è certo da lodare, direbbe con franchezza l’apostolo, ma l’epistola paolina ci informa così che la Chiesa di Roma è sopravvissuta a ben altre disgrazie. «Si allieti pure la madre Chiesa ornata dal trionfo di tanta luce», recita appunto l’Exultet della notte di Pasqua.

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