di P. Giovanni Cavalcoli, OP
L’Osservatore Romano del 30 maggio scorso
pubblica un articolo di Riccardo Burigana “La versione di Schillebeeckx”, per
presentare la recente pubblicazione di un “Diario” del teologo olandese da lui
redatto quando lavorò come perito del Concilio Vaticano II. La recensione ha un
tono molto distaccato, meramente informativo, senza entrare nel merito dei temi
e delle questioni trattati dall’Autore. Si limita solo a dire che egli lavorò
per la revisione dello schema preparatorio esprimendo la posizione di “teologi
del centro-nord Europa”.
Credo che l’idea di pubblicare tale articolo su l’Osservatore sia
stata senz’altro buona, data la notorietà di Schillebeeckx. Tuttavia
l’operazione, secondo me, è tale da destare qualche perplessità o qualche punto
interrogativo.
Si sa come il teologo domenicano olandese più volte negli anni
’80 fu confutato da Roma su punti della fede senza che poi egli abbia dato
alcun segno di ravvedimento. Il fatto che Roma non abbia ulteriormente
insistito nelle critiche ha dato a molti la falsa impressione di poter
liberamente assumere le sue dottrine. E forse questo è stato un segno di
debolezza pastorale da parte di Roma.
Certamente Roma non prese provvedimenti disciplinari nei
suoi confronti, ma resta sempre il giudizio negativo. In tal senso
è vero che Schillebeeckx “non è stato condannato”. Ma il fatto che Roma non
prende provvedimenti disciplinari contro un teologo ribelle, non vuol dire che
il giudizio negativo che dà su quel teologo circa le sue dottrine non sia vincolanteper
la coscienza del credente. Altrimenti che cosa ci stanno a fare le sentenze
della Congregazione per la Dottrina della Fede? Per esprimere le opinioni
private del Card. Ratzinger?
In realtà, ad un attento esame non è troppo difficile
elencare tutti i punti dove il pensiero dello Schillebeeckx si trova in
contrasto con la dottrina della Chiesa e lo stesso dogma cattolico: nel
concetto di teologia, di dogma e di Rivelazione, nella sacramentaria, in
cristologia, nella liturgia, in ecclesiologia, in escatologia, nella stessa
concezione del cristianesimo[1].
Nessuno negherà i meriti teologici dello Schillebeeckx,
evidenti soprattutto nel periodo giovanile: e questo è certamente stato uno dei
motivi che gli hanno meritato la chiamata ad essere perito del Concilio. Lo
Schillebeeckx eterodosso si è rivelato successivamente.
Oggi che ferve il dibattito sull’interpretazione del
Concilio e che sempre più appaiono evidenti gravi difficoltà nelle quali si
trova la Chiesa sia in campo dottrinale, che morale e pastorale, citare
Schillebeeckx certo può essere interessante e importante. Ma il limitarsi ad
una specie di annotazione bibliografica come ha fatto Burigana non può portarci
a chiederci se questo atteggiamento anodino non voglia in qualche modo
nascondere una segreta approvazione per la teologia di Schillebeeckx? Vorremmo
non pensarlo, data l’autorevolezza del Quotidiano nel quale scrive.
Tuttavia, non era questa l’occasione buona per ricordare,
con tutta delicatezza e discrezione ma anche con franchezza e chiarezza, i
gravi errori del teologo, oggi in cui appaiono evidenti le false
interpretazioni del Concilio che tanto danno hanno fatto e stanno facendo da
cinquant’anni a questa parte nel Popolo di Dio?
E Schillebeeckx non è per nulla esente da responsabilità in
questo campo, a cominciare dalla sua stessa gnoseologia, di impronta kantiana
ed empiristica, per la quale, secondo le sue stesse parole, il concetto “non
coglie la realtà”, ma la “indica soltanto” come “interpretazione” mutevole,
simbolica e metaforica della originaria “esperienza atematica della realtà”, nella
quale soltanto sarebbe contenuta la verità, che però nel momento in cui viene
tradotta nel concetto, perde la sua oggettività, immutabilità ed universalità,
per trasformarsi in una veduta soggettiva, relativa e storicamente mutevole. Si
capisce bene che cosa diventano il dogma e la dottrina della Chiesa, espresse
in concetti, in una visione del genere.
Schillebeeckx è uno di quei teologi che hanno frainteso
l’aggiornamento conciliare. Giovanni XXIII aveva voluto un mutamento nel linguaggio della
Chiesa perché il messaggio evangelico fosse più comprensibile agli uomini del
nostro tempo, ma non certo un mutamento nei contenuti della
fede. Schillebeeckx, invece, col pretesto dell’aggiornamento del linguaggio, ha
cambiato anche i contenuti e ciò per una falsa teoria del concetto, il quale,
secondo lui, non può essere una fedele rappresentazione del reale, ma è una
specie di “modello interpretativo” contingente, mutevole e relativo di una
precedente “esperienza atematica” della realtà in se stessa ineffabile, secondo
quanto ho già detto sopra.
E’ evidente a cosa porta una simile teoria della conoscenza:
il progresso dottrinale nella Chiesa non suppone alcuna continuità perché
i dogmi mutano, ed anzi Schillebeeckx parla esplicitamente di “discontinuità”
della dottrina odierna della Chiesa con quella dei secoli passati, portando
esempi che, per la verità, ad un attento esame, non tengono assolutamente.
Il Papa, dal canto suo, come sappiamo bene, sul solco dei
Papi che lo hanno preceduto, insiste nell’affermare che le dottrine del
Vaticano II non sono in “rottura”, ma in “continuità”con quelle del
Magistero precedente, benchè indubbiamente si tratti di dottrine nuove che ci
fanno conoscere meglio il perenne patrimonio della fede.
Ebbene uno Schillebeeckx ci presenta invece, come ho detto,
una gnoseologia fatta apposta per affermare la rottura e negare la continuità.
E non sarebbe bene ricordarle queste cose? Altrimenti il Papa non sembra forse
parlare al vento? Vogliamo liberarci una buona volta dei gravi equivoci dei
quali stiamo soffrendo da cinquant’anni, equivoci i quali tra l’altro hanno
condotto alcuni, benchè ingiustamente ma comprensibilmente, ad incolpare il
Concilio di un “modernismo” che in realtà è quello dei suoi falsi interpreti
come Schillebeeckx?
Finchè soggetti come Schillebeeckx saranno presentati come i
grandi protagonisti del Concilio e modelli di teologo, speriamo forse di far
chiarezza e di rispondere adeguatamente alle obiezioni dei lefevriani? Speriamo
che le trattative con loro possano aver successo?
E che cosa all’Osservatore Romano dovrebbe stare
a cuore maggiormente che sostenere gli insegnamenti del Santo Padre contrastando
e confutando ciò che ad essi si oppone, non importa se di teologi di fama
mondiale che passano per essere le punte avanzate della Chiesa?
Bologna, 30 maggio 2012
[1] Studi
critici su Schillebeeckx: Luigi Iammarrone, La cristologia di
E.Schillebeeckx, Edizioni Quadrivium, Genova 1985; Giovanni Cavalcoli, IL
CRITERIO DELLA VERITA’ SECONDO SCHILLEBEECKX, Sacra Doctrina, 2,
1984,pp.188-205; LA CRISTOLOGIA DI SCHILLEBEECKX, Sacra Doctrina,
1, 1987, pp.65-80.
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