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martedì 13 novembre 2012

L'ammissione di Bertone: io truffato sui Salesiani


L'ammissione di Bertone: io truffato sui Salesiani

I Salesiani rischiano il fallimento. Il blocco dei beni potrebbe 
scattare questa mattina, al termine dell'udienza fissata davanti
al tribunale di Roma. E proprio per scongiurare le conseguenze
di un sequestro da 130 milioni di euro che annienterebbe l'Ordine
religioso fondato da don Giovanni Bosco interviene in giudizio
il segretario di Stato del Vaticano Tarcisio Bertone. Lo fa con
un'iniziativa clamorosa: una lettera già depositata agli atti nella quale
il cardinale ammette di essere stato truffato e chiede al giudice
Adele Rando di tenere aperta l'indagine contro le persone che
«hanno provocato un danno ad una delle più grandi istituzioni
educative della Chiesa cattolica e si sono comportati nei miei confronti in un modo riprovevole».
La Santa Sede torna dunque al centro di una vicenda giudiziaria dai retroscena controversi e a tratti
incredibili. La questione va avanti da ben 22 anni e negli ultimi cinque è stata segnata da un negoziato
segreto che ha avuto tra i protagonisti principali proprio Bertone.
Quanto basta per riaccendere quello scontro interno al Vaticano già emerso in maniera eclatante
con l'inchiesta sui «corvi» e il processo contro il maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele.
L'eredità contesa
Si deve tornare al 5 giugno 1990 quando a Roma muore Alessandro Gerini, conosciuto come il
«marchese di Dio». Il suo immenso patrimonio fatto di immobili, terreni, denaro contante, preziose
opere d'arte viene lasciato in eredità alla «Fondazione Gerini» ente ecclesiastico riconosciuto dal
Pontefice Paolo VI nel 1967 e posto sotto il controllo della Congregazione Salesiana. I nipoti del
nobiluomo decidono però di impugnare il testamento e avviano cause in sede civile, amministrativa
e canonica che si trascinano per anni.
Sono svariati i mediatori che in questo lungo periodo si affacciano sulla scena e tra gli altri spicca
Carlo Moisè Silvera, faccendiere di 68 anni nato ad Aleppo in Siria e coinvolto in alcune inchieste
della magistratura italiana legate proprio a dissesti finanziari. L'uomo si accredita come emissario
degli eredi e propone una transazione alla Fondazione e all'economo dei Salesiani don Giovanni
Battista Mazzali. Sia pur tra mille difficoltà e ostacoli viene avviata una trattativa e nel 2007 il patto
tra le parti sembra essere vicino. Si ipotizza infatti la vendita di alcuni beni e arbitro della contesa
diventa l'avvocato milanese Renato Zanfagna, legale della società «Gbh spa» che ottiene l'opzione
di acquisto dei terreni.
I 16 milioni di euro
Ufficialmente il legale e il faccendiere non si conoscono, anzi rappresentano parti avverse. Ma in
alcune circostanze sembrano marciare di pari passo. Con il trascorrere dei mesi Zanfaglia diventa il
più ascoltato consigliere di don Mazzali. Assume un ruolo tanto predominante da riuscire ad
accedere persino alla segreteria di Stato e ottenere colloqui privati con il cardinal Bertone. E così
viene di fatto nominato mediatore unico del negoziato.
L'8 giugno 2007, esattamente 17 anni dopo l'apertura del testamento del marchese Gerini viene
siglato l'accordo in sede civile: per chiudere ogni controversia la Fondazione versa 16 milioni.
Cinque milioni vanno ai nipoti del nobiluomo, ben 11 milioni e mezzo a Silvera che li ha
rappresentati. E non è finita. Si stabilisce che la percentuale per il faccendiere debba essere
aumentata quando sarà effettuata la stima complessiva dell'intero patrimonio. La commissione di
periti — presieduta proprio dall'avvocato Zanfaglia — stabilisce che il patrimonio equivale a circa
658 milioni di euro, dunque la «provvigione» per Silvera sale fino a 99 milioni di euro.
La denuncia di truffa
La Fondazione non paga e nel 2009 Silvera chiede il sequestro dei beni. Lo ottiene il 18 marzo
2010. Il tribunale di Milano mette i «sigilli» a mobili e immobili per 130 milioni di euro, interessi
compresi. In particolare la sede della direzione generale dei Salesiani in via della Pisana a Roma e il
fondo Polaris aperto in Lussemburgo per il deposito dei contanti. La contesa questa volta mette a
rischio la stessa sopravvivenza della Congregazione. E così, l'1 febbraio 2012 la Fondazione,
assistita dall'avvocato Michele Gentiloni Silveri, denuncia per truffa Silveri, Zanfagna e altri
professionisti che si sono occupati della vicenda. L'atto è firmato dal presidente don Orlando Dalle
Pezze che specifica come il vero truffato sia l'economo don Mazzali.
«L'accordo — è scritto nell'esposto — è nullo perché alla Fondazione e ai Salesiani è stato taciuto
che la Corte di Cassazione aveva già dichiarato esclusi dall'eredità gli eredi. L'avvocato Zanfagna
ha raggirato gli ecclesiastici convincendoli a firmare un patto che favorisce soltanto lui e Silvera».
La procura di Roma avvia l'indagine, mette sotto accusa i protagonisti, li interroga. Ma l'11 giugno
scorso chiede che il fascicolo sia archiviato. «Non c'è stato alcun raggiro, la transazione è valida»,
sostiene il pubblico ministero.
La lettera di Bertone
Due mesi fa il Segretario di Stato tenta l'ultima e disperata mossa. Affida all'avvocato Gentiloni
Silveri una lettera da consegnare al giudice. Scrive Bertone: «Ho dato il consenso alla soluzione
negoziale, ma ho scoperto soltanto dopo che il valore del patrimonio era stato gonfiato a dismisura
per aumentare la somma destinata a Silvera, depauperando e umiliando l'attività benefica della 
Congregazione».
Il verdetto del giudice arriverà questa mattina. Se l'inchiesta sarà archiviato, il sequestro dei beni
diventerà operativo. E per i Salesiani si aprirà la strada del fallimento.

L'ammissione di Bertone: io truffato sui Salesiani
di Fiorenza Sarzanini
in “Corriere della Sera” del 13 novembre 2012

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