ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 18 gennaio 2013

Il Vaticano «non può né vendere né comprare»


Da parecchi giorni gli 80 bancomat nella Città del Vaticano sono stati bloccati per ordine di


Bankitalia e di un sostituto procuratore italiano di nome Nello Rossi. Ciò provoca danni e perdite
gravissime: «Sono ­ spiegano i giornali ­ ottanta "punti vendita", dai Musei alla farmacia,
passando per decine di negozi e anche per lo spaccio. Per loro il colpo subito è gravissimo visto che dall'inizio dell'anno i pagamenti possono avvenire soltanto in contanti e ciò ­ tenendo conto dei milioni di turisti e visitatori che arrivano costantemente ­ sta causando serie difficoltà e anche perdite economiche».
Si noti che è una misura senza precedenti nel mondo intero, non presa contro nessun'altra banca
né entità finanziaria, nemmeno contro i più loschi paradisi fiscali. Bankitalia ha spiegato questo
atto inaudito con «carenze del sistema anti-riciclaggio dello IOR», ossia dell'Istituto per le Opere
di Religione, che è come tutti sanno la banca vaticana, con cui fra l'altro la Chiesa trasferisce fondi
alle missioni.
Lo IOR in passato è stato molto accusato di «riciclaggio» e di ogni genere di oscure trame.
Apparentemente, i problemi sarebbero due: i bancomat sarebbero stati installati in Vaticano dalla
Deutsche Bank senza «la dovuta autorizzazione». E sia. Inoltre, Bankitalia dichiara che «per
l'attività bancaria svolta dallo IOR con controparti italiane non è possibile applicare il regime di
controlli semplificati previsto per i rapporti con le banche comunitarie, che consente a queste
ultime di non comunicare i nomi dei clienti per conto dei quali sono effettuate le singole
operazioni».
Dunque è normale per le «altre» banche non comunicare i nomi dei clienti per i quali effettuano
operazioni, ma invece la banca vaticana deve dire di ogni operazione per chi la fa e a favore di chi.
Se ben capisco, il segreto bancario vale per tutti tranne che per il Vaticano. Si parla di «un altro
conto» IOR «su cui è stato verificato che affluivano ogni giorno decine di migliaia di euro, ma
poiché la maggior parte dei Pos (bancomat) sono intestati a società con sede in Vaticano non è
possibile sapere da dove arrivi effettivamente il denaro e soprattutto chi lo utilizzi poi in uscita».

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Il che ci sembra normalissimo, dato che le società di uno Stato estero non dovrebbero aver
l'obbligo di dire ai procuratori romani a chi pagano cosa.
Ma ammettiamo pure che il sospetto sia giustificato. Ammettiamo persino che si tratti di
riciclaggio. Per quale cifra? Dal Corriere: «Non si sa che fine abbiano fatto, nel 2011, i 30 milioni
di euro che risultano prelevati dal conto, né tantomeno chi abbia compiuto le operazioni di
prelievo».
Trenta milioni di euro: a questo punto, signori, consentiteci di sorridere amaramente. Solo a metà
dicembre abbiamo riportato come un colosso bancario americano multinazionale, la HSBC, sia
stata trovata colpevole dall'FBI di aver riciclato 7 miliardi di dollari (non milioni, miliardi) dei
narcos messicani, più altre imprecisate decine di miliardi in varie operazioni di riciclaggio a favore
di Stati nemici per gli USA, come Cuba e Iran ­ e non è stata nemmeno incriminata, per timore ­
così la scusa ufficiale ­ che «una imputazione penale potesse destabilizzare l'intero sistema
finanziario globale».
Nessun bancomat della HSBC è stato bloccato; nessuna autorità centrale ha preteso di sospendere
per la HSBC «il regime di controlli semplificati previsto per i rapporti con le banche comunitarie,
che consente a queste ultime di non comunicare i nomi dei clienti per conto dei quali sono
effettuate le operazioni». Un grande rispetto. Eppure, il volume del riciclaggio commesso dalla
HSBC per conto della criminalità messicana è quasi 200 volte più grosso di quello di cui sarebbe
sospettata (se poi è vero) la banca vaticana: 7 mila milioni contro 4.
Il che è persino logico. Perché lo IOR, nonostante la leggenda nera lo dipinga come un polipo con
tentacoli in tutti gli affari più oscuri del pianeta, è una banchetta in confronto ad HSBC. È una
pulce rispetto a Goldman Sachs che ha aggiustato i bilanci della Grecia e viene lasciata operare in
Europa. È una cimice in confronto a Barclays e UBS, che hanno manipolato criminalmente,
truffando miliardi, e non sono state costrette a rivelare il nome dei clienti per cui operano, e men
che meno si sono viste chiudere i bancomat. Basti pensare alle banche che hanno rifilato ai
Comuni italiani derivati che sono stati giudicati delinquenziali da sentenze della magistratura: da
Unicredit a Deutsche Bank, UBS, Jp Morgan e Depfa Bank, specializzata in finanziamenti alla
pubblica amministrazione. E vedete se a queste banche vengono bloccati i POS.
La verità è evidente: di tutti i «poteri forti» veri e immaginari, il Vaticano è il potere più debole. E
per questo viene colpito. In qualche modo raccoglie ciò che ha seminato, avendo applaudito tutte le
ideologie di mondializzazione e approvato tutte le organizzazioni sovrannazionali a-democratiche
che sequestrano la sovranità ai popoli europei, accettandone tutte le regole, senza denunciarne la
deriva anticristica. Persino la denuncia dell'evasione fiscale come «peccato», e l'esortazione a
limitare l'uso del contante...
Ed ecco il risultato. La Chiesa di Roma è la prima ad essere colpita dalla profezia di Apocalisse 13:
«... ed obbligò tutti, liberi e chiavi, ricchi e poveri, a portare il suo marchio, il marchio della bestìa,
senza il quale non si può né vendere né comprare». Le sue attività missionarie, e quelle
caritative, sono prossime alla paralisi finanziaria.
Non è forse una semplice coincidenza il fatto che il gruppo Femen, composto di modelle ucraine
assoldate come «militanti femministe», sia stato mandato a inscenare una delle sue manifestazioni
a seno nudo (con la scritta «In Gay We Trust») a San Pietro mentre il Papa parlava. Si sa che
queste specializzate in scenate anti-religiose (sono quelle che hanno segato a Kiev la croce eretta
per le vittime del comunismo) sono pagate da alcuni ricchi americani. Un migliaio di euro per una
trasferta come quella. A Kiev hanno un ufficio aperto per il quale qualcuno paga 2.500 dollari al
mese, cifra per nulla modesta in Ucraina; in più la fondatrice, Inna Shevcenko, ha aperto a Parigi
un «centro di addestramento per attiviste», Femen France. Come si finanziano? Vendendo t-shirts,
secondo la Schecvcenko, ma anche «Cerchiamo di farci invitare per ridurre le spese». Insomma,
sono arruolabili per manifestare qua e là in Europa. Da chi, a Roma?

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Ma la domanda, in fondo, è superflua. La derisione e il vilipendio della vittima colpita a terra è la
soddisfazione che non si fa mai mancare, il Princeps Huius Mundi.
Maurizio Blondet 15 Gennaio 2013
http://it.gloria.tv/?media=386591

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