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sabato 19 gennaio 2013

Vaticaneide

Emanuela Orlandi: Pietro contro Bonarelli, ex sicurezza del Vaticano



Mistero Emanuela Orlandi, 30 anni dopo. Anche perPietro Orlandi, fratello di Emanuela, qualcosa non va con Raul Bonarelli, vicecapo della Vigilanza vaticana ai tempi della scomparsa di Emanuela Orlandi.
Non che il nome di Bonarelli sia una novità per la famiglia Orlandi. Oltre dieci anni fa Ercole Orlandi, padre di Emanuela e di Pietro, mi confidò che, insieme con l’avvocato Gennaro Egidio, legale degli Orlandi, tenne d’occhio per un pezzo l’auto, compreso il portabagaglio, proprio dell’allora vice capo della Vigilanza vaticana, ingegner Raoul Bonarelli.

Ma poi il nome di Bonarelli, uscito dalle varie inchieste sulla fine di Emanuela Orlandi per problemi legati al cambio della procedura penale proprio in quel periodo, uscì anche dal vocabolario degli Orlandi, soprattutto di Pietro, che in tutti questi anni ha fatto della scomparsa della sorella un full time job.
La svolta di Pietro Orlandi è avvenuta nella puntata di “Chi l’ha visto?” del 9 gennaio, quando Pietro Orlandi s’è deciso a pronunciare il nome di Bonarelli e a riferire dell’intercettazione telefonica – avvenuta per la precisione il 12 novembre 1993 – nel corso della quale l’allora vicecapo della Vigilanza vaticana ricevette l’ordine dai piani alti del Vaticano di mentire al giudice istruttore Adele Rando che lo aveva convocato per interrogarlo come testimone.
La voce al telefono era quella di monsignor Bertani, “cappellano di Sua Santità”, affiancato dal diretto superiore di Bonarelli, il capo della Vigilanza, Camillo Cibin. Per Bonarelli, l’ordine era quello di mentire agli inquirenti:
“Non dire che la Segreteria di Stato ha indagato. Di’ che siccome la ragazza è scomparsa in territorio italiano, la competenza delle indagini è della magistratura italiana e non del Vaticano”.
I magistrati inquirenti avevano convocato Bonarelli per interrogarlo come testimone, partendo da tutt’altra faccenda, quella della scomparsa, quasi contemporanea a Emanuela, di Mirella Gregori, e così hanno scoperto che Bonarelli, da loro convocato come testimone, aveva ricevuto dal Vaticano l’ordine di tacere e di tacere proprio riguardo la Orlandi.
In quella occasione, incalzato dai magistrati che gli chiedevano spiegazioni, Bonarelli non ne seppe dare, motivo per cui venne indiziato del reato di concorso in sequestro di persona dal giudice istruttore Adele Rando. Poi la cosa cadde, come detto, per problemi legati al cambio della procedura penale proprio in quel periodo.
Resta difficile capire perché intercettazione e nome di Bonarelli, che ho reso pubblici più volte nell’arco di vari anni e ho citato in molte interviste, siano stati sempre stranamente ignorati, in tutto questo tempo da Pietro Orlandi, il quale ha preferito varie, improbabili, inconcludenti piste.
Pietro Orlandi ha iniziato, ma senza mai fare il nome di Bonarelli, solo l’anno scorso, quando ha organizzato le manifestazioni, con pochi partecipanti, davanti alla basilica di S. Apollinare per fare sua la nuova pista, in realtà l’ennesimo depistaggio, che vuole Emanuela scomparsa o per mano di Enrico De Pedis, defunto asserito boss della banda della Magliana sepolto in quella chiesa fino allo scorso giugno, o per responsabilità di don Piero Vergari, l’allora rettore della basilica, asserito organizzatore di orge e/o affini con minorenni.
Peccato solo che Pietro Orlandi abbia taciuto il fatto che la vicenda Bonarelli è già stata resa nota da una vita. Peccato anche che non abbia fatto e non faccia pure il nome di mons. Bertani, chiamato rispettosamente “eccellenza” dall’interlocutore telefonico Bonarelli. Mons. Bertani aveva l’interessante titolo di “cappellano di Sua Santità”.
In questo appare un po’ in ritardo, anche rispetto all’invito che gli era stato rivolto un anno fa, all’inizio della svolta rivelazionista di Pietro Orlandi, quando lanciò il suo primo “appello contro l’omertà del Vaticano“. Appello che sta raccogliendo ampie adesioni, essendo arrivato a 100 mila firme.
nicotri-opinioni
di Pino Nicotri

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