ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 9 marzo 2013

I ministri della malavita vaticana.


 Re, Sodano, Bertone e la sinistra candidatura papale di Scherer

I “MINISTRI DELLA MALAVITA” VATICANA

Re, Sodano-Sandri e Bertone

E la sinistra candidatura del cardinale Scherer al papato

 RITAGLI

Peggio: meditano di ritornare a pié pari, come se un pontificato ratzingeriano non ci fosse mai stato, alla malavita curiale imperante sotto Giovanni Paolo II, specie negli ultimi anni della sua malattia, quando di fatto non governava più; ai suoi bengodi e pantagruel di potere e affari, alle passioni insane e sediziose fra clan famelici, cordate proterve, squali capi-cordate, delfini spregiudicati, raccomandati arraffoni, amici degli amici poco raccomandabili. Che imperversavano nella curia, ci bivaccavano, ci avevano fatto il nido come cuccioli di avvoltoi. Dove incarichi e ordini sacramentali erano distribuiti non in virtù della degnità, non in vista del bene della Chiesa, ma in base a un manuale Cencelli di casta, che era al di là del bene e del male. E dove talora la manifesta indegnità, morale specialmente, lungi dall’essere un handicap era più spesso un  – come fu definita da qualcuno – “giavellotto”, per essere lanciati lontani, in una carriera clericale senza più limiti, ancora un volta… al di là del bene e del male.  Indegnità e mediocrità, mescolate alla cupidigia di servilismo, alla smania di gloria carrieristica, al “familismo” amorale, all’indifferenza per il fatto religioso (quando non a un evidente agnosticismo): una miscela esplosiva con detonatore da scassinare tutti i portoni di bronzo e per ottenere l’una e l’altra chiave del regno di Pietro. Una sorta di malavita curiale che è principalmente una prassi amorale di selezione e promozione del suo “personale”, che assomiglia piuttosto a una simbolica tratta delle bianche. Il perpetuarsi di una razza padrona clericale, autoreferenziale e impermeabile e che passa illesa attraverso tutti i fuochi come una salamandra, da piazzare al “comando” nella stanza dei bottoni vaticana;  più questo che non scelta di umili servitori nella vigna del Signore. Non che Cristo fosse un ingenuo: non a caso raccomandò ai suoi di essere sì “puri come colombe” ma anche “astuti come serpenti”… cuore e intelletto. Ma questi qui hanno ucciso da piccoli la colomba dandola in pasto al serpente che è in loro. E per giunta non sono neppure intelligenti: sono solo ambiziosi. In questo jato nasce e cresce la sinistra candidatura al papato della creatura del Re: il cardinale Scherer…


di Antonio Margheriti Mastino

LE NIDIATE CURIALI DI CUCCIOLI D’AVVOLTOIO

Massì, con un sorriso, ma diciamolo: non passeranno, non praevalebunt! Sto osservando da Roma, ma a debita distanza, le faccende del preconclave, ascoltando gente qualificata, ma per davvero. E appare ormai chiaro: ha cominciato a lavorare a pieno ritmo la retroguardia. Quelli che non solo vorrebbero mantenere lo statu quo di questa disastrata curia – che è una delle ragioni dello sfinimento e del martirio quotidiano di Benedetto XVI –, ma che addirittura pretenderebbero di perpetuarla vita natural durante dei suoi maggiorenti.

Peggio: meditano di ritornare a pié pari, come se un pontificato ratzingeriano non ci fosse mai stato, alla malavita curiale imperante sotto Giovanni Paolo II specie negli ultimi anni della sua malattia, quando di fatto non governava più; ai suoi bengodi e pantagruel di potere e affari, alle passioni insane e sediziose fra clan famelici, cordate proterve, squali capi-cordate, delfini spregiudicati, raccomandati arraffoni, amici degli amici poco raccomandabili. Che imperversavano nella curia, ci bivaccavano, ci avevano fatto il nido come cuccioli di avvoltoi. Dove incarichi e ordini sacramentali erano distribuiti non in  virtù della degnità, non in vista del bene della Chiesa, ma in base a un manuale Cencelli di casta, che era al di là del bene e del male. E dove talora la manifesta indegnità, morale specialmente, lungi dall’essere un handicap era più spesso un  – come fu definita da qualcuno – “giavellotto”, per essere lanciati lontani, in una carriera clericale senza più limiti, ancora un volta… al di là del bene e del male.

Indegnità e mediocrità, mescolate alla cupidigia di servilismo, alla smania di gloria carrieristica, al “familismo” amorale, all’indifferenza per il fatto religioso (quando non a un evidente agnosticismo): una miscela esplosiva con detonatore da scassinare tutti i portoni di bronzo e per ottenere l’una e l’altra chiave del regno di Pietro. Una sorta di malavita curiale che è principalmente una prassi amorale di selezione e promozione del “personale” che assomiglia piuttosto a una simbolica tratta delle bianche. Il perpetuarsi di una razza padrona clericale, autoreferenziale e impermeabile e che passa illesa attraverso tutti i fuochi come una salamandra, da piazzare al “comando” nella stanza dei bottoni vaticana;  più questo che non scelta di umili servitori nella vigna del Signore. Non che Cristo fosse un ingenuo: non a caso raccomandò ai suoi di essere sì “puri come colombe” ma anche astuti come serpenti… cuore e intelletto. Ma questi qui hanno ucciso da piccoli la colomba e l’hanno data in pasto al serpente che è in loro. E per giunta non sono neppure intelligenti: sono solo ambiziosi.

Con questa stessa prassi amorale si sceglievano le “priorità” della Santa Sede, si maneggiavano i suoi stessi affari. I risultati sono tutt’oggi, e da anni, sotto gli occhi di tutti. È questa malavita clericale con la sua fabbrica di vescovi ed establishment vaticano, forgiati a sua immagine e somiglianza, che ha prodotto, moltiplicato come pani e pesci velenosi e infine protetto, ogni sorta di corruzione, facendola migrare in ogni sede la più delicata ovunque dispersa, a dispetto dei moniti dei papi. È questa malavita curiale la sola vera coltivatrice di laboratorio dell’humus umano e morale in cui hanno proliferato non solo sediziosi e apostati, ma veri e propri sporcaccioni che si sono serviti del sacerdozio e dell’episcopato, dei seminari per assecondare sotto copertura le loro voglie immonde, vere volpi nel pollaio, onde il moltiplicarsi degli scandali sessuali: omosessualità, abbordaggio, concubinaggio, abusi sessuali, e ogni sorta di licenze ributtanti.

I MINISTRI DELLA MALAVITA CURIALE

Sono loro, questi ministri della malavita curiale, che sotto papa Wojtyla – che era sempre altrove, e nel suo pontificato itinerante sommamente disinteressato agli affari di curia – hanno fatto il bello e cattivo tempo, gestito le istituzioni della Santa Sede come bene immobile di una proprietà privata. Sono gli stessi che, sebbene decimati, hanno infangato e disonorato con la loro spregiudicatezza vischiosa e pasticciona il pontificato di un papa che sin dall’inizio ha fatto intendere di non essere uomo di governo, sebbene abbia tentato di “andare a vedere” fra le loro secrete cose, provando a mettere ordine. Rifilandogli da subito una busta con bombacarta nel primo faldone aperto: dissuadendolo così dall’andare “a vedere” oltre in futuro… e di mettere  mani su nodi gordiani che da trent’anni reggono equilibri di potere consolidati, patti scellerati, riserve auree a loro disposizione, nidiate di gregari e figlioli “spirituali” infidi di curiali di oggi, pronti a diventare la casta dominante e impunita della Curia di domani (vedi il caso mons. Balestrero, il giovane rampante monsignorino di curia che con imbrogli barocchi ha silurato Gotti Tedeschi) e di sempre, quali legittimi eredi di quella di ieri. “Paternità” clericali bastarde, ma che sono la piovra che avvinghia tutti i sacri palazzi, sino a lambire le Sacre Stanze, in una stretta viscida, untuosa, asfissiante e mortale. Della quale la prima vittima è stata proprio l’anziano ex pontefice, che non potendoli più mandare tutti quanti a casa… ha tagliato la testa al toro e si è tolto di mezzo lui, nella speranza che muoia Sansone con tutti i filistei e chi resta perisca sotto un più giovane ed energico successore, che sia anche uomo di governo.

Ecco, perché la trinità o la quaternità dei ministri della malavita proprio questo vuole evitare: un uomo di governo sul Soglio, e per giunta energico, e come non bastasse pure estraneo alla loro Famiglia. Affinché tutto cambi restando uguale a prima. Anzi, peggio di “prima”: che ritorni con un triplo salto mortale all’indietro ai “tempi d’oro” del pontificato polacco. Quando erano davvero i padroni del vapore; di quell’anarchia ordinata e autoritaria gestita come da una giunta militare di pretoriani senza pelo sullo stomaco. E che tutto potevano ciò che volevano sul cuor di Federico… dosandone, alterandone o tacendone le verità da propinargli.

LE TRE FIERE: RE, SODANO-SANDRI, BERTONE

Sono loro, ancora una volta. Li credevamo precipitati nella morte avvinti da un lustro… e invece no: sono tornati come le “tre fiere” dantesche e ciascuna “mai non empie la bramosa voglia, e dopo ‘l pasto ha più fame che pria”. Rieccola la profanissima “trinità”, come zombie ecclesiastici: più invecchiati ma non più stanchi, affatto indeboliti, semmai molto più avvelenati di un tempo. E decisi alla soluzione finale, con un balzo da giaguari. Redivivi, a turbare questo conclave. Per fini non tanto di politica ecclesiastica, affatto per il bene dei credenti, tantomeno per garantire il pontefice più adatto alla Chiesa di domani, men che meno per assecondare lo Spirito Santo. No. Il contrario semmai. Per assecondare lo spirito del loro piccolo mondo antico. A salvaguardare e ripristinare, con un pontefice fantoccio o connivente, posti chiave, posizioni di potere, miniere d’oro da sfamare i rispettivi famuli, tenere saldi nelle loro mani i cordoni di un affarismo sgangherato. Pro domo loro. O meglio, per ricavarne una torta da dividere in tre: un pezzo da divorare a queste fameliche ottuagenarie vecchie volpi di curia, un pezzo ai loro giovani e rampanti  apprendisti stregoni riconosciuti figli legittimi per via del comune dna cinico e baro, l’ultimo pezzo per gli amici degli amici di questi ultimi. Al futuro papa resterebbe l’Angelus alla finestra ogni mezzogiorno, una volta la settimana. Nelle loro menti che vivono di calcoli, nei cuori che vivono di nebbie, questo è il conclave.

Le tre fiere, la trimurti della curia di ieri di oggi di sempre, sono loro: Leonardo Sandri alias Angelo Sodano, Giovanni Battista Re; e come appendice di questa Famiglia, Tarcisio Bertone, parente acquisito di recente, che dalla scissione si è creato la sua di Famiglia, sebbene di lignaggio infimo rispetto alla prima. Ma l’una e l’altra, per motivi eguali e contrari, restano un castigo divino per ogni pontefice e una piaga aperta nel Corpo Mistico di Cristo. E una disgrazia per la Santa Sede e il conclave.

Questi personaggi qui sembrano essersi messi d’accordo, come dicevamo, per cambiare tutto affinché nulla cambi. Anzi, più precisamente: sono decisi a non cambiare proprio niente affinché tutto resti come prima. E hanno davanti due scelte: o un papa completamente alieno dalle faccende di governo, relegate ancora una volta solo nelle loro mani, e continuare all’infinito con torbidi e scandali; oppure un uomo che benché si finga sopra le parti, benché sia al fondo uomo anche di governo all’occorrenza, di fatto è uno di loro e con loro è d’accordo su tutto… e il solito carrozzone tira avanti come prima, peggio di prima: perché le corruzioni e gli appetiti a lungo andare non si affievoliscono, degenerano.

IL CAVALLO DI TROIA DELLA CURIA: PEDRO ODILO SCHERER

Pedro Odilo Scherer

Un candidato siffatto, su misura per i loro disegni, pare l’abbiano trovato (al momento in cui scrivo): nell’oltremodo ambiguo e discutibile cardinale Pedro Odilo Scherer. Uno di loro, appunto, nonostante l’indiscutibile maggiore contegno. E ci stanno lavorando alacremente intorno per rinserrare le fila dei curiali d’ogni sorta, che spesso altro non sono che yes-man e alter ego della Trimurti, in una strana alleanza con progressisti e latinoamericani di quelli che non guardano con disdegno la Teologia della Liberazione. Come non bastasse, lo truccano da giorni come “ratzingeriano”, per ammiccare a quei moderati che tali lo sono per davvero. Un vero cavallo di troia da far trottare il prima possibile entro le Sacre Stanze: una volta giunto a destinazione, aperta la sua pancia, ne discenderebbero nella stanza dei bottoni, i soliti: Re, Sandri-Sodano e Bertone, di nuovo padroni incontrastati della situazione. Ed ecco spiegata la strana congiunzione astrale tra i blocchi di Bertone e Re-Sandri.

Soprattutto, questo a loro congeniale e così ambiguo personaggio di Scherer, un tedesco di Brasile, spacciato per “continuità” con Ratzinger (e in realtà è sì in “continuità”, ma con la sua Curia e quella degli ultimi trent’anni) serve per esorcizzare e allontanare il pericolo più grosso, incombente per questi signorotti curiali, una minaccia alla quale guardano con terrore e panico: l’ascesa al Soglio del cardinale Dolan, esuberante arcivescovo di New York. Uomo energico, risoluto, carismatico, specialmente uomo di governo… dal pugno d’acciaio. Che – i loro nasi sopraffini da “fiere” lo subodorano a distanza spazio temporale – sanno con certezza sinistra, gli strapperebbe dalle mani ambo le chiavi dell’uno e dell’altro regno, e li spazzerebbe via per sempre tutti, cancellieri, ciambellani e valletti di corte; dando il via a una nuova, moderna e più pulita storia della Santa Sede. Più adatta a questi tempi mediatici, lontana anni luce dall’untuosa e tenebrosa corte dei veleni bizantina e rinascimentale cui è ridotta… e sic transit gloria mundi!

IL NEMICO PUBBLICO N°1 DI QUESTA RINASCIMENTALE CORTE DEI VELENI: DOLAN
L’impagabile primate d’America card. Dolan

Ecco: Dolan è il pericolo e il nemico pubblico numero uno dei ministri della malavita curiale. E glielo ha fatto capire in questi giorni, e loro gli han fatto capire che han capito… e si regoleranno di conseguenza. Per questo sono pronti a tutto, qualora non funzionasse il detonatore Scherer; pronti persino a sostenere il “timido”, onestissimo ma tutto sommato plasmabile Ouellet. Tutti meno che Dolan. Tutti meno che gli statunitensi, che stavolta se la sono messa brutta e vogliono farla finita una volta per tutte con questi intrallazzatori di corte.

Ma è proprio questo che noi credenti, fedeli al papa, qualsiasi papa, noi cattolici ortodossi vogliamo: che questi ministri della malavita curiale, che non troveranno spazio nella storia luminosa della Chiesa ma resteranno confinati nell’oblio della cronaca… nera, vengano definitivamente mandati a casa!

Sodano-Sandri, Re, Bertone, la prima coppia e il secondo specialmente, sono questi qui i nostri eroi negativi, costoro in questo conclave occorre neutralizzare, insieme alle loro pedine. Loro, i responsabili di ogni male che dall’alto è disceso sino all’estrema periferia della Chiesa. Loro e solo loro, i colpevoli. Loro, i fabbricatori di vescovi e diplomatici vaticani, i padri spirituali dei carrieristi.

IL CARDINAL “MONGOLFIERA”. E IL SUO DUE, SUO DOPPIO

Sodano

Sodano. Lo chiamavano “cardinal mongolfiera”, oltre che per la stazza, per le larghe spalle e il petto enfio di sussiego, per un sospetto di voluminoso vuoto ricolmato d’aria. Che si levava dal letto sotto mezzogiorno, si ricarburava passando direttamente alla tavola imbandita, di lì alla poltrona per le pause-lavoro, mentre si immergeva in coltri di grassi fumi di sigarette alternate a sigari. E ricominciava daccapo: letto, tavola, poltrona, letto, tavola… Senza che ne risentisse la salute. E tutt’oggi, avere 85 anni e non sentirli, tanto che a piene mani si è dato a nuovi e futuribili scenari cortigiani, di potere e di gloria, per sé e per i suoi.

Con la stessa leggerezza lenta e tetragona da dirigibile anni ’20 con cui passava da un letto a una tavola tra coltri di fumo, con questo stesso spirito immoto, brutalmente proibì al prefetto Ratzinger, che avrebbe voluto punirlo, di occuparsi della faccenda di Maciel Degollado, avocandola a sé e insabbiandola, nonostante avesse tutti i dettagli del curriculum vomitevole di quel personaggio suo protetto. Ed ebbe pure il coraggio di dare del “calunniatore” a chi queste cose, prove alle mani, le denunciava. E così fece il suo alter ego, oggi cardinale, Sandri, che al posto di Sodano entra in conclave, chiaramente come sua longa manus. Poi, va da sé, il caso Maciel esplose sui media in faccia alla Chiesa e persino a Benedetto XVI, macchiando l’onore dell’una e dell’altro e scandalizzando milioni di fedeli. Risultato? Che Sodano è tornato a dettar legge, e persino da Decano questa volta che presiederà la Messa Pro Eligendo Romano Pontifice, permettendosi anche il lusso di dettare pubblicamente le linee guida del conclave e della Chiesa che ne uscirà fuori. E osando persino di indicare il futuro papa. Prenotando finanche la poltronissima di segretario di Stato per il suo due, suo doppio: Leonardo Sandri.

Il card.Leonardo Sandri

Sandri, a proposito del quale le uniche cose che si dovrebbero dire, sono proprio quelle che non si possono scrivere: fia laudabile tacerci. Ma una cosa è certa: se non si può impedire a costui di fare in conclave le veci di Sodano, certamente gli deve essere impedito qualsiasi tentativo di voto di scambio: il papato a uno Scherer per riaverne lui (e di fatto il suo maestro, Sodano) la segreteria di Stato. Per mantenere lo statu quo. Che non è esattamente quello che si sarebbe aspettato Benedetto XVI, anche dalla sua abdicazione. Dopodiché ci ritroveremmo non solo nello stesso pantano curiale ma in uno peggiore. Non dovrà esserci questo voto di scambio, non dovrà mai sussistere l’eventualità di una sua segreteria di Stato, ché sarebbe una contraddizione in termini, qualora si volesse, come si vuole, fare “pulizia” nella Curia.

IL PAPA PASSA. IL RE RESTA

Giovanni Battista Re

Re. Sul bresciano Giovanni Battista Re, l’aneddotica si spreca. Basta guardalo in faccia, con quella sua aria da suora cattiva, e conferma tutti i migliori e dunque peggiori luoghi comuni anticlericali. Lo chiamano (alle spalle) “Sua Isteria”. Un personaggio pubblicamente untuoso e privatamente insopportabile, parziale e partigiano come il giro che lo partorì: quello montiniano e bresciano. È stato il prefetto dei vescovi che ha sfornato a rotta di collo i presuli più ambigui e mediocri della storia della Chiesa, preferibilmente che avessero come unico requisito il servilismo nei suoi confronti e la vicinanza psicologia al suo giro. Soggetto stizzoso e irascibile come pochi, sino ai toni alterati, incline a cambi di umore improvvisi quasi da ciclotimia femminile, con conseguenti sfanculamenti apertis verbis che non badano troppo agli infiocchettamenti, Sua Isteria dà anche nella fisiognomica l’idea esatta del “cattivo”. Mi racconta un seminarista, che dopo i convenevoli con un vescovo africano, appena andato che se n’era quest’ultimo, Re lo apostrofò al seminarista come “quel pezzo di merda! sicuramente è soldi che vuole…”. È la mano che continuò a controfirmare nomine vescovili “firmate” da Giovanni Paolo II… anche se quel papa era morto già da diverse ore. Regnava, regna e vuol regnare ancora: benché sia alle soglie degli 80 anni. Costi quel che costi. E pazienza se ultimamente è costata un’abdicazione. Il Papa passa, il Re resta.

Se qualcuno dice, come hanno fatto i cardinali americani, che per loro natura sono chiari e onesti, che “il re è nudo”, che le cose non vanno, che è proprio la curia che va riformata come strutture e come personale, ecco che Sodano-Sandri, Re e Bertone si sentono schiacciare la coda. E impongono il silenzio precipuamente ai cardinali americani. Prima di tutto perché dicono una verità che ormai è palese a tutto il mondo, e suscita reazioni ovunque a metà fra l’indignazione e l’ilarità; poi perché proprio tra loro c’è il nemico giurato e più pericoloso per questa corte di satrapi viziati e pasticcioni: il primate americano Timothy Dolan. E temono come la morte che, al paragone con loro, agli occhi di sin troppi cardinali, cadute le spesse fette di salame foderate di porpora che i loro facitori curiali (i succitati) gli hanno applicato insieme alla berretta rossa, vedano la differenza. Umana, morale, religiosa. E si regolino di conseguenza: votando Dolan.

“IL PAPA CHE PIACE A CURIALI E PROGRESSISTI: GRIGIO E DEBOLE”. COME SCHERER

Sandro Magister

Ed ecco spiegato il loro affaccendarsi come api sull’alveare del potere, sulla candidatura civetta di Scherer, primate di Brasile.

Su questa situazione e su Scherer, così hanno scritto poche ore fa diversi osservatori informatissimi. A cominciare dall’irraggiungibile Sandro Magister (qui articolo integrale):

Da una parte i feudatari di curia, in strenua difesa dei rispettivi centri di potere. Dall’altra l’ecumene di una Chiesa che non tollera più che l’annuncio del Vangelo nel mondo e il luminoso magistero di papa Benedetto siano oscurati dalle tristi narrazioni della Babilonia romana.  È la stessa frattura che caratterizza l’imminente conclave. Dolan è il candidato tipo che rappresenta la svolta purificatrice. Non l’unico ma certamente il più rappresentativo e audace.
Sul fronte avverso, però, i magnati di curia fanno muro e contrattaccano. Non spingono avanti qualcuno di loro, sanno che così la partita sarebbe persa in partenza. Fiutano l’aria che tira nel collegio cardinalizio e puntano anch’essi lontano da Roma, al di là dell’Atlantico, non al nord ma al sud dell’America. Guardano a San Paolo del Brasile, dove c’è un cardinale nato da emigrati tedeschi, Odilo Pedro Scherer, 64 anni, che in curia conoscono bene, che è stato per anni a Roma a servizio del cardinale Giovanni Battista Re, quando questi era prefetto della congregazione per i vescovi, e che oggi fa parte del consiglio cardinalizio di vigilanza sullo IOR, la “banca” vaticana, riconfermato pochi giorni fa, con Bertone suo presidente.
Scherer è il candidato perfetto di questa manovra tutta romana e curiale. Non importa che in Brasile non sia popolare, nemmeno tra i vescovi, che chiamati ad eleggere il presidente della loro conferenza, due anni fa, lo bocciarono senza appello. Né che non brilli come arcivescovo della grande San Paolo, capitale economica del paese.
L’importante, per i magnati curiali, è che sia docile e grigio. L’aureola progressista che ammanta la sua candidatura è di derivazione puramente geografica, ma giova anch’essa per accendere in qualche ingenuo porporato il vanto di eleggere il “primo papa latinoamericano”.
Come nel conclave del 2005 i voti dei curiali e dei sostenitori del cardinale Carlo Maria Martini si riversarono assieme sull’argentino Jorge Bergoglio, nel tentativo fallito di bloccare l’elezione di Ratzinger, anche questa volta potrebbe avvenire un analogo connubio. Curiali e progressisti uniti sul nome di Scherer, con quel pochissimo che resta degli ex martiniani, da Roger Mahony a Godfried Danneels, entrambi oggi sotto tiro per la cedevole loro condotta nello scandalo dei preti pedofili.
Il papa che piace ai curiali e ai progressisti è per definizione debole. Piace ai primi perché li lascia fare. E ai secondi perché dà spazio al loro sogno di una Chiesa “democratica”, governata “dal basso”.
Non deve stupire che un esponente di grido del cattolicesimo progressista mondiale, lo storico Alberto Melloni, abbia auspicato sul “Corriere della Sera” del 25 febbraio che dal prossimo conclave esca non un “papa sceriffo” ma “un papa pastore”, abbia deriso il cardinale Dolan e abbia indicato proprio in quattro magnati di curia i cardinali a suo giudizio più “capaci di comprendere la realtà” e di determinare “l’esito effettivo del conclave”: gli italiani Giovanni Battista Re, Giuseppe Bertello, Ferdinando Filoni “e ovviamente Tarcisio Bertone”.
Cioè esattamente quelli che stanno orchestrando l’operazione Scherer. Ai quattro andrebbe aggiunto l’argentino di curia Leonardo Sandri, del quale si fa correre voce che sarà il futuro segretario di Stato.
Per una curia siffatta, la sola ipotesi dell’elezione di Dolan è foriera di terrore. Ma Dolan papa imprimerebbe una scossa anche a quella Chiesa fatta di vescovi, di preti, di fedeli che non hanno mai accettato il magistero di Benedetto XVI, il suo ritorno energico agli articoli del “Credo”, ai fondamentali della fede cristiana, al senso del mistero nella liturgia.

Così Magister.

IL CIAMBELLANO DEL RE: SCHERER. CAMBIARE TUTTO AFFINCHÈ NULLA CAMBI

Un altro osservatore attento, così parla della parabola di Scherer, ne riporto alcuni passi:

La vecchia guardia della Curia, messa da parte da Benedetto XVI, ha svelato – forse troppo presto – le sue batterie: il Cardinal Decano ed ex Segretario di Stato, Sodano, e il cardinale Re, che è stato prefetto della Congregazione dei vescovi fino al 2010 e che presiederà l’assemblea alla Sistina, spingono una delle loro creature come candidato : il cardinale Scherer. Lo si sapeva da diversi giorni. La novità, che rende la manovra particolarmente inquietante, è che si fa girare la voce, forse fondata, che il Cardinale Bertone, che era considerato un nemico giurato degli altri due, sarebbe stato acquisito alla manovra, la quale gli consentirebbe di mantenere parecchi dei privilegi attuali. Un certo numero di prelati romani preoccupati ha parlato ieri del treppiede.
In ogni caso, il colpo è di per sé geniale. Quei vecchi arnesi della Curia di Giovanni Paolo II (i primi due), aiutati (se la voce è fondata) da colui che ha attirato su di lui tutte le critiche durante il pontificato di Benedetto XVI (Bertone), si danno così l’aria di ‘purificatori’ della Curia! La trama è forse un po’ troppo sottile. Accarezzando nel senso della seta la tonaca di cardinali che arrivano da altri continenti e che desiderano un ‘cambiamento’, gliene offrono uno… che non cambia niente. In ogni caso non per loro: ecco il più presentabile dei papabili del Sud America, che hanno ‘costruito’ da tempo, che è del tutto devoto a loro, e che potrebbe seriamente ostacolare i ratzingeriani nel 2013 molto meglio del cardinale argentino Bergoglio durante il conclave del 2005.
Odilo Scherer è nato nel 1949 e ha 63 anni di età. Questo brasiliano, discendente da immigrati tedeschi della Saar  ha insegnato in varie università ed è diventato un uomo di apparato dell’enorme macchina episcopale brasiliana. Molto opportunamente, ha completato il suo curriculum facendo una parte della sua carriera a Roma, dove la sua abilità è stata subito notata nella gestione dei complessi meccaniscmi delle Congregazioni.
Di fatto, è diventato soprattutto un uomo del cardinale Re. L’allora cardinale Prefetto della Congregazione per i vescovi, “Il padrone”, aveva una clientela impressionante, con più cerchi concentrici. Odilo Scherer è diventato dal 1994 al 2001, alla Congregazione dei vescovi, uno di quelli che venivano chiamati i chierici di Re, i suoi chierichetti, che Re si compiaceva di far arrivare ai più alti incarichi. Quanto a Odilo Scherer, che aveva una reputazione consolidata di cauto liberale, gli fece lasciare Roma con l’assicurazione di essere il successore di Hummes. Così, dal 2001 al 2007, in 6 anni, questo semplice ufficiale di Curia divenne cardinale arcivescovo di una delle sedi principali del Brasile! Le braccia di Sodano e Re erano davvero onnipotenti.
Odilo Scherer è stato a lungo segretario della Conferenza episcopale brasiliana (una conferenza episcopale la cui maggioranza si divide tra chi è molto favorevole e chi è alquanto favorevole alla teologia della liberazione, nella sua versione ‘ricentrata’), di modo che la sua ascensione a San Paolo come ausiliario (novembre 2001) e poi arcivescovo (marzo 2007) e presto cardinale (novembre 2007), è stato un susseguirsi tipico di nomine d’apparato. E un “lancio in orbita” ben riuscito.
La rivista Golias, al tempo in cui pubblicava articoli bene informati sulle cose romane, aveva visto venire da lontano, e con piacere, questa manovra; scriveva nel 2009: “egli [Joseph Ratzinger] ha messo a dura prova la Chiesa in Brasile, senza tuttavia riuscirvi, in buona parte a causa della vastità e diversità del paese. Qualche volta, si è sbagliato e ha puntato su uomini che hanno rifiutato di seguire il suo gioco: come il cardinale Agnelo, o, più recentemente, il cardinale Pedro Odilio Scherer, il quale avanza le sue pedine in vista di un Conclave e si posiziona risolutamente come centrista. Gli specialisti sanno che è legato ai cardinali Sodano e Re e vuole tracciare una linea mediana tra la teologia della Liberazione e la restaurazione attuale. Anche a costo di limare le posizioni scomode di Benedetto XVI”.
Sì, il Brasile. E’ là che il dente batte di più: il Brasile. Certo, Scherer è un uomo che ha l’immagine di moderato necessaria per entrare in questo conclave con delle chance, ma i suoi padrini dovranno comunque far dimenticare i suoi peccati originali brasiliani. Perché il Brasile è la teologia della liberazione (con un nuovo look, come si suol dire). Scherer, curiosamente, si è mischiato con quella più di quanto abbia fatto Hummes. Il che non impedisce a quest’uomo che ama le élite di avere amici nel liberalismo alla moda dell’alta finanza. Ma, come dice il proverbio: è possibile lasciare la teologia della liberazione, ma la teologia della liberazione non lascerà voi. La verità è che l’episcopato di questo paese conta una piccola frangia molto conservatrice (tra cui i tradizionalisti dell’amministrazione apostolica di Campos, visti come una riserva indiana) e un’immensa massa episcopale liberale. È forse necessario precisare che Odilo Scherer è molto ostile verso il Motu Proprio Summorum Pontificum, fino al punto di perseguitare i sacerdoti e fedeli legati alla Messa tradizionale?
Il Brasile, è anche lo stato catastrofico delle diocesi (San Paolo è in questa media, mentre ai tempi di Hummes era meglio amministrata). Il cattolicesimo popolare, rosicchiato dalle sette, è totalmente insensibile alla retorica teologica ‘centrista’, tipica del tempo di Giovanni Paolo II, di cui i prelati tipo Scherer sono specialisti. Scherer è per contro assai meno buon specialista in catechismo elementare: in un articolo dello scorso agosto, il cardinale di San Paolo commentava il quinto comandamento, che secondo lui richiede di… ‘non rubare’. In altri tempi, il Cardinale Arcivescovo sarebbe stato rimandato all’esame per la prima comunione.
Naturalmente, se Scherer ottenesse due terzi dei voti della Cappella Sistina (più probabilmente potrebbe servire a sbarrare un candidato troppo ratzingeriano, ma…), gli si affiancherebbe un Segretario di Stato italiano tirato fuori dal vivaio dei suoi padrini. In breve, tutto il ‘cambiamento’ che offrono questi vecchi arnesi della politica curiale consisterebbe nel voltare la pagina della Curia del tempo di Benedetto XVI, per tornare alle delizie della Curia dell’epoca di Giovanni Paolo II. Tutto il ‘rinnovamento’ sarebbe quello di importare il Brasile di oggi a Roma. Una ‘purificazione’, ci raccontano!

***

Che aggiungere allo spettacolo desolante della genesi di questa sinistra candidatura di Odilo Scherer? Che Bertone, Re, Sandri, in una Chiesa normale, dovrebbero entrare in conclave da Grandi Accusati, non da Grandi Elettori: da colpevoli da processare a porte chiuse, non da magnati che giudicano e decidono il futuro della Chiesa.

Che dire a ancora? Che i cardinali perbene, dopo l’extra omnes, fra le mura michelangiolesche  della Sistina, si tappino le orecchie. E nel silenzio e nella preghiera, soli dinanzi a Dio e alla propria coscienza, ascoltino col cuore laddove soffia gentile lo Spirito che la malavita curiale dei Re, dei Bertone e dei Sodano vorrebbe imbavagliare. E anzi, giacché ci sono: imbavaglino loro quella Trimurti curiale e la chiudano a chiave dentro lo sgabuzzino della Sistina fino all’Habemus Papam.  Ascoltate il soffio dello Spirito Santo, Eminenze, non il sibilo velenoso di questi faccendieri di curia segugi dello spirito del mondo. Che del Vaticano han fatto Babilonia.


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