ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 14 marzo 2013

RIVOLUZIONE A SAN PIETRO



- 1. HABEMUS PAPAM (CON SCHELETRI): DURANTE LA DITTATURA ARGENTINA BERGOGLIO AVREBBE LAVORATO ALL’INTERNO DELLA CONGREGAZIONE DEI GESUITI PER ALLONTANARE QUELLI CHE ERANO PIÙ CRITICI CON I MILITARI E CHE DENUNCIAVANO LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI. SAREBBE STATO IL RESPONSABILE DELLA “SPARIZIONE” DI DUE GESUITI - 2. BERGOGLIO CHIESE PERDONO E SPINSE LA CHIESA A FARE MEA CULPA, NEL TRENTESIMO ANNIVERSARIO DEL COLPO DI STATO, PER GLI “ERRORI COMMESSI” IN QUEGLI ANNI - 3. PER CRISTINA KIRCHNER È UN BRUTTO COLPO. LEI E SUO MARITO NON HANNO MAI AMATO BERGOGLIO. COME, PER LE ACCUSE DI AVER FATTO POCO CONTRO I GENERALI DELLA DITTATURA, NON LO AMANO ‘LAS MADRES DE PLAZA DE MAYO’ E TUTTI COLORO CHE SI SONO BATTUTI PER LA RICOSTRUZIONE DELLA VERITÀ SUI CRIMINI DEI MILITARI -

1 - BUENOS AIRES FESTEGGIA IL SUO PAPA E LA KIRCHNER SI RICONCILIA CON L'AVVERSARIO
Omero Ciai per "la Repubblica"
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Prima immagine: nella cattedrale di Buenos Aires migliaia di fedeli acclamano l'elezione del cardinale Bergoglio. Seconda immagine: il Parlamento. Quando arriva la notizia che l'arcivescovo di Buenos Aires è il primo latino-americano a salire sul trono di Pietro nell'aula è in corso un omaggio postumo al presidente venezuelano Hugo Chávez.

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L'opposizione chiede di interrompere l'atto per acclamare il nuovo Papa, ma la maggioranza peronista si rifiuta e nell'aula volano insulti finché dai banchi dell'opposizione i deputati non iniziano ad applaudire. Basterebbero questi due flash per raccontare in che modo l'Argentina ha accolto l'elezione di un suo figlio alla massima carica della Chiesa cattolica. Per Cristina Kirchner è un brutto colpo. Lei e suo marito non hanno mai amato Bergoglio. Come, per le accuse di aver fatto poco contro i generali della dittatura, non lo amano las madres de Plaza de Mayo e tutti coloro che si sono battuti per la ricostruzione della verità sui crimini dei militari.
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Per Nestor l'arcivescovo di Buenos Aires era "il capo dell'opposizione al suo governo", con Cristina, che divenne presidente poco prima della morte del marito, il momento più difficile fu quando Bergoglio si oppose con fermezza alla legge sui matrimoni gay. All'epoca, due anni fa, l'arcivescovo guidò la marcia convocata contro la legge e ordinò a tutti i sacerdoti del paese di ricordare nelle loro messe l'ostilità della Chiesa alle unioni omosessuali.
Ora, le dichiarazioni ufficiali, stemperano i difficili rapporti del passato e la "presidenta" d'Argentina nel suo comunicato di saluto - ma su Twitter ha tardato un'ora per pronunciarsi - esprime il desiderio che il pontificato di Jorge Mario Bergoglio dia buoni frutti per «la giustizia, l'uguaglianza, la fraternità e la pace nel mondo».
Cristina ha anche detto che sarà a Roma per la messa inaugurale del Papa argentino. Un segno di riconciliazione con il nemico. Ma come dimenticare gli sgarbi reciproci di questi anni? In Argentina il 25 maggio è festa nazionale e la Chiesa locale ricorda gli avvenimenti che diedero inizio all'indipendenza dalla Corona spagnola nel 1810 con un Tedeum. I Kirchner, Nestor e Cristina, hanno spesso evitato di partecipare alle messe di Bergoglio presenziando agli atti in altre chiese del paese.
Però, bisogna anche aggiungere, che in tempi recenti, dalla parte del governo e da quella della Chiesa, sono stati fatti appelli e sforzi per superare le differenze. Un esempio su tutti è la polemica sulla nuova legge dell'aborto messa nel cassetto da Cristina proprio per evitare nuovi scontri con i vescovi.
L'altro aspetto polemico dell'esperienza pastorale del nuovo Papa in Argentina riguarda gli anni dell'ultima dittatura militare (1976-83). L'arcivescovo ha sempre respinto tutte le accuse e da presidente della Conferenza episcopale chiese perdono e spinse la Chiesa a rendere pubblico un Mea culpa, nel trentesimo anniversario del colpo di Stato, per gli «errori commessi» in quegli anni. Ma l'addebito è pesante.
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Durante la dittatura Bergoglio avrebbe lavorato all'interno della congregazione dei gesuiti per allontanare quelli che erano più critici con i militari e che denunciavano le violazioni dei diritti umani. Secondo un'inchiesta giornalistica sarebbe stato il responsabile della "sparizione" di due gesuiti.
Figlio di immigrati italiani, Papa Francesco, il primo pontefice gesuita nella storia della Chiesa, è conosciuto come un conservatore ed un uomo molto riservato con una grande attenzione ai poveri e all'impegno sociale. Famose restano le sue posizioni
molto critiche sul Fondo monetario internazionale e sul liberismo. Vive modestamente in un piccolo appartamento, ha rinunciato ai lussi del suo rango, prende i mezzi pubblici per spostarsi in città e visita spesso le zone più povere del Gran Buenos Aires.
Di più: prendeva sempre un posto in classe economy sugli aerei quando viaggiava. Festeggia Maradona e con lui Macri. «Allegria e orgoglio», sono state le prime parole del sindaco di Buenos Aires, Mauricio Macri (oppositore dei Kirchner), all'annuncio della notizia mentre la città era in festa. «Per tutto il popolo di Buenos Aires è una fonte di ispirazione e un modello di vita cristiana».
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2 - IL SUO GRANDE ACCUSATORE VERBITSKY "MOLTE LE TESTIMONIANZE CONTRO DI LUI"
Omero Ciai per "la Repubblica"
«Papa Francesco è un uomo molto abile», dice il giornalista Horacio Verbitsky, un'autorità in fatto di diritti umani in Argentina, grande accusatore in passato dell'arcivescovo Bergoglio e presidente del Cels, il gruppo di avvocati che difende le vittime della dittatura. «Per anni ho cercato una foto che lo accusasse e non la ho mai trovata».
Che foto?
«Durante la dittatura la congregazione di cui faceva parte organizzò una cerimonia in omaggio all'ammiraglio Massera, uno dei capi della giunta militare, ma quel giorno Bergoglio non c'era».
Dunque quali ombre ha raccolto sul suo passato?
«Ho scritto due libri raccogliendo testimonianze di padri gesuiti che narrano le ambiguità di quel periodo e, in particolare, la vicenda di due preti che finirono tra i "desaparecidos". Non ci sono prove schiaccianti ma quello che raccontarono a me fu l'operazione di pulizia condotta fra i gesuiti contro coloro che si opponevano ai militari e volevano denunciare le violazioni dei diritti umani ».
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In generale l'atteggiamento della Chiesa argentina in quegli anni fu molto tiepido verso la dittatura...
«Non di tutti. C'erano i sacerdoti che collaboravano con la dittatura e andavano sui "voli della morte" per dare l'estrema unzione agli oppositori che venivano gettati nel Mar della Plata. Ma ci furono anche tanti che aiutarono le vittime di quegli anni».
Papa Francesco ha fatto "mea culpa" per la Chiesa...
«Certo anche questo fu un gesto importante. Io però rimango fra quelli che hanno combattuto affinché non diventasse Papa e ho perso la mia piccola battaglia».
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ARTICLE A A E DC Xhttp://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-habemus-papam-con-scheletri-durante-la-dittatura-argentina-bergoglio-avrebbe-lavorato-allinterno-della-52405.htm
IL PAPA ARGENTINO. FRANCESCO I, IL CONSERVATORE POPOLARE NEI TORBIDI DELLA DITTATURA


DI GENNARO CAROTENUTO
gennarocarotenuto.it

Jorge Bergoglio, Papa Francesco I, è quello che in Argentina si definisce un “conservatore popolare”, un esponente tipico –e dichiarato- della destra peronista. Sinceramente attento alla povertà, umile a sua volta, ha già rinnovato con successo la chiesa argentina senza modificarne il segno politico conservatore. Per i cardinali che lo hanno eletto in conclave deve essere apparso una scelta perfetta su tutti i fronti.

Infatti può essere davvero l’uomo in grado di metter fine ai veleni curiali che secondo lo Spiegel hanno portato al “fallimento” Benedetto XVI. È quello che i giornali stanno indicando come esponente del partito della trasparenza. Lo ha fatto, e bene, in alcuni contesti.



Allo stesso tempo rilancia il cattolicesimo in un continente letteralmente assalito dalle chiese protestanti conservatrici. La percezione europea di una chiesa cattolica egemone in America latina è gravemente viziata dalla mancanza di notizie su di un fenomeno che sfiora il 50% dei fedeli in alcuni paesi e figlio della guerra senza quartiere alla teologia della liberazione che ha portato i poveri a cercare una spiegazione altra in un dio meno lontano. Inoltre Bergoglio può rappresentare allo stesso tempo un’alternativa conservatrice ai governi progressisti e integrazionisti latinoamericani dei quali in molti si aspettano che possa diventare un leader alternativo continentale. Per qualcuno –chi scrive non ne è convinto anche se l’idea ha un suo fascino- Bergoglio può stare all’America latina integrazionista come Wojtyla stava all’Europa dell’Est del socialismo reale. Nonostante abbia spesso puntato il dito contro la politica, la corruzione di questa e la disattenzione ai problemi delle periferie, Bergoglio si è scontrato ripetutamente anche coi governi della sinistra peronista di Néstor Kirchner e Cristina Fernández. Gli scontri più duri, ma questo non può sorprendere, sono stati sull’aborto e sul matrimonio egualitario. Le nozze gay per papa Francesco sono «la distruzione del piano di dio».



Infine Francesco I ha la sua missione ed ha la solidità ed esperienza per portarla avanti ma è sufficientemente anziano -77 anni- per rappresentare un nuovo papato di transizione in termini di durata. Tuttavia Bergoglio viene da lontano e, nonostante non abbia avuto un ruolo apicale nella chiesa argentina complice della dittatura, emerge da quella storia con un passato che potrebbe fiaccarne l’autorità e che è corretto conoscere fuor da demonizzazioni e santificazioni. Per iniziare dalle demonizzazioni: la foto che gira da ore in Internet e che è al momento in apertura sul sito del settimanale messicano Proceso, dove si vede un prelato dare la comunione al dittatore Videla, è un falso: non è Bergoglio. Inoltre, tra le accuse che esamineremo, al contrario di quanto si trova ripetutamente affermato, non ve ne sono che abbiano condotto alla morte di alcuno.

È difficile essere stati un prelato importante in Argentina negli anni ’70 essendo estraneo ad una storia di lacerazioni, drammi, crimini, persecuzioni quale quella della chiesa argentina. Questa, al contrario di quella cilena e quella brasiliana, che poterono vantare più luci che ombre, fu sicuramente la peggiore, complice e spesso perfino mandante tra tutte le chiese cattoliche, delle dittature militari che devastarono l’America latina negli anni ’60 e ‘70. Appena un mese fa fu messa nero su bianco in una sentenza della magistratura la piena complicità della chiesa cattolica, incluso il primate dell’epoca, Cardinal Raúl Primatesta e del nunzio apostolico Pio Laghi, nell’assassinio del vescovo Enrique Angelelli e dei sacerdoti Carlos de Dios Murias e Gabriel Longueville. La sentenza confermava quanto si sapeva da mille testimonianze e documenti. All’interno del genocidio la chiesa cattolica argentina non fu solo complice ma i suoi vertici operarono una sorta di sterminio interno facendo eliminare preti e suore vicini all’opzione preferenziale per i poveri decisa nella Conferenza Eucaristica di Medellin del 1968 o semplicemente scomodi. Furono almeno 125 i sacerdoti impegnati a fianco degli ultimi a morire o essere fatti sparire. Molti di quelli che persero la vita furono indicati ai carnefici dalle stesse gerarchie cattoliche, Tortolo, Primatesta, Aramburu, che collaborarono attivamente sia ai crimini che al successivo occultamento. Stiamo parlando di un crinale difficile tra la complicità e la morte ed è in quest’ambito che azioni ed omissioni vanno misurate. L’ordine di appartenenza di Papa Francesco I, quello gesuita, resta al margine della complicità con la dittatura dei 30.000 desaparecidos e della guerra intestina nella stessa chiesa. Tuttavia non sono poche le accuse che colpiscono l’oggi papa argentino per quei sei anni da provinciale gesuita dal 1973 al 1979. Quella più grave e circostanziata che viene mossa a Jorge Bergoglio, in particolare da Horacio Verbitsky, l’autore di “El Vuelo”, il primo libro che denunciava i voli della morte, sempre scrupoloso nelle sue denunce, e oggi presidente del CELS, la più importante istituzione in difesa dei diritti umani del paese, è quella di aver privato di protezione alcuni giovani parroci del suo ordine, troppo esposti nel lavoro sociale con i più poveri. Due furono sequestrati per cinque mesi. Uno di questi, Orlando Yorio, denunciò a Verbitsky di essere stato consegnato da Bergoglio allo stesso Massera e sono molte le testimonianze sull’amicizia con l’Ammiraglio piduista: «Bergoglio se ne lavò le mani. Non pensava che uscissi vivo». Per Emilio Bignone, una delle più cristalline figure di difensore dei diritti umani in Argentina, che conferma i dettagli della denuncia di Verbitsky, e autore di uno dei testi tuttora fondamentali su chiesa e dittatura, Bergoglio «è uno di quei pastori che hanno consegnato le loro pecorelle». Le accuse di Verbitsky sono confermate anche da Olga Wornat.

Dopo la dittatura, anche negli ultimi anni, Bergoglio fu chiamato a testimoniare in molteplici circostanze in inchieste e processi per violazioni di diritti umani. Non ha mai parlato. Chi scrive ha personalmente verificato in queste ore il suo silenzio con il PM che indagava sul sequestro di una giovane incinta. Se quelli indicati sono precedenti che ne fanno un complice pieno della dittatura sta al lettore deciderlo. A chi scrive il puntare il dito sembra troppo e l’assoluzione troppo poco. Bergoglio non fu né un Aramburu né un Von Wernich ma neanche un padre Mujíca, uno dei sacerdoti assassinati. Sta in una zona grigia, un quarantenne in ascesa, con un ruolo importante ma non ancora di spicco, in una chiesa argentina dove si mandava ad uccidere o si rischiava di essere uccisi.

Bergoglio era dal 1973 provinciale dei gesuiti. In un ordine tradizionalmente progressista, e condotto da Padre Arrupe, il papa nero che nei primi anni ‘80 si scontrava e veniva ridotto all’impotenza da Giovanni Paolo II, è Bergoglio ad essere emarginato dai suoi. Per Luís “Perico” Pérez Aguirre, prestigioso gesuita uruguayano, fondatore del SERPAJ e consigliere dell’ONU in materia di diritti umani, che chi scrive ha avuto occasione di conoscere prima della morte nel 2000, in una testimonianza raccolta da Olga Wornat: «Bergoglio [che si era già incontrato con Wojtyla promettendogli obbedienza assoluta] stravolse completamente il segno della Compagnia da progressista in conservatrice e retrograda. Ho rotto ogni rapporto con lui, soprattutto rispetto al suo agire durante la dittatura».

Solo al di fuori del suo ordine saprà tornare in pista. Formalmente ancora gesuita, dal 1979 in avanti si muoverà al di fuori. Della sua carriera Bergoglio deve molto al successore di Primatesta, Antonio Quarracino. Differente da Primatesta, e con un lontano passato progressista concluso già alla fine degli anni ’60, Quarracino era tutt’altro che un santo. L’ostentazione della ricchezza, basta pensare ad Aramburu, è un altro tratto delle gerarchie argentine dal quale il nuovo papa è completamente esente. Scegliere come ausiliare Bergoglio, quel vescovo semplice e irreprensibile, era per Quarracino una maniera di coprirsi il fianco da tante critiche.

Non si comprometteva Bergoglio con le feste che frequentava il Cardinal Quarracino nella casa di Olivos e dove s’intratteneva come un Apicella qualsiasi suonando la chitarra per Carlos Menem. Erano altri anni oscuri per l’Argentina, quelli del menemismo. Molte cose distanziavano i due prelati. Il primate aveva interessi mondani, l’ausiliare faceva il vescovo, centrando la propria missione nella formazione del clero e nell’attenzione al popolo delle villa miseria che circondano tutt’ora il gran Buenos Aires. Bergoglio seppe mantenere con Quarracino relazioni cordiali ma distanti. Forse era l’unica maniera di tener fede sia ai voti di castità e povertà che a quello di obbedienza.

Fu in questa relazione tra due prelati così diversi che Bergoglio si costruì un ruolo di punto di riferimento per una nuova generazione di sacerdoti argentini anche quando, primo gesuita della storia, succederà a questo nel 1998. Sulle sue spalle cadrà di nuovo il peso di riscattare una chiesa cattolica dal passato tenebroso. Emergeranno però anche le caratteristiche che oggi lo portano al soglio pontificio: la mano di ferro con la quale ha condotto la chiesa argentina (e che ne fa uno spauracchio ora per la curia romana), la marcata preoccupazione sociale, la critica alla politica. Soprattutto Bergoglio –ed è un punto di forza rilevante- risulta straordinariamente interessato alla vita del suo clero. Si preoccupa per le necessità materiali, è presente, è vicino e accessibile. Perfino Clelia Luro (testimonianza a chi scrive), la terribile compagna del vescovo Jerónimo Podestá, salva solo Bergoglio di tutto il clero argentino che aveva isolato il prelato che aveva deciso di combattere la battaglia per la fine del celibato. Bergoglio, nonostante non lo condividesse, gli rimase vicino umanamente fino alla fine.

Il passato ritorna però e il profilo di Bergoglio resta basso. Tenta di difendere se stesso e la chiesa argentina. In particolare per quest’ultima c’è poco da difendere. Primatesta e Aramburu avevano eretto un muro di inaccessibilità ai familiari delle vittime che neanche in chiesa –al contrario di quanto era successo con la Vicaría della Solidaridad a Santiago del Cile- avevano trovato sicurezza. Quando nel 2007 fu chiamato a prendere provvedimenti nei  confronti di Christian Von Wernich, il sacerdote condannato all’ergastolo per avere sequestrato personalmente 42 persone, assassinate 7 e torturate 32, semplicemente non ne prese. Von Wernich sta scontando l’ergastolo ma è a tutti gli effetti un sacerdote e nessun provvedimento disciplinare è stato preso nei confronti del carnefice che le vittime descrivono come un vero demonio.

Ma chi è davvero Jorge Bergoglio, Papa Francesco I che comincia il suo cammino di Vescovo di Roma con un passato così pesante? Integralista di destra mette i poveri al centro del suo apostolato. Vicino alla dittatura militare rende omaggio ai sacerdoti assassinati da questi ultimi. Ha fatto una carriera tutta controcorrente, conservatore in un ordine considerato progressista, primo gesuita primate argentino, primo gesuita papa, primo papa latinoamericano. Nemico dei progressisti e di tutti i politici (li detesta e non lo manda a dire, quasi grillino in questo) e lontano dagli organismi per i diritti umani pretende educazione cattolica ed è contrario ai contraccettivi ma nessuno può accusarlo di non onorare i propri voti, in particolare quello di povertà. A Buenos Aires, dicono gli amici ma senza che alcun detrattore lo contesti, sparisce ogni volta che può per infilarsi in orfanotrofi, carceri, ospedali a compiere il suo apostolato. Chissà se potrà farlo anche a Roma.

Gennaro Carotenuto
Fonte: www.gennarocarotenuto.it
Link: http://www.gennarocarotenuto.it/22713-il-papa-argentino-francesco-i-il-conservatore-popolare-nei-torbidi-della-dittatura/
14.03.2013



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Papa Francesco: Un Gesuita a Capo del Vaticano!

L'avanzata della Compagnia di Gesù continua. Il nuovo papa è Jorge Mario Bergoglio, un GESUITA!! Il PRIMO GESUITA DELLA STORIA ELETTO PONTEFICE! UN UOMO COLLUSO CON LA DITTATURA ARGENTINA!



Il Papa è il gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio

Unico gesuita Conclave, contendente di Ratzinger nel 2005


Città del Vaticano, 13 mar. (TMNews) - Il Papa è Jorge Mario Bergoglio, argentino, unico gesuita del Conclave, contendente di Joseph Ratzinger al Conclave del 2005.
Guardate la folla dei rimbecilliti festanti



Questo video è l'esempio più lampante di un'umanità bambina tenuta in stato di ignoranza, spiritualmente docile ed emozionalmente sottomessa, bisognosa di un leader spirituale che la guidi, chiunqueesso sia.

Se siete capitati qui per caso leggete qualche post del nostro blog per capire chi sono i Gesuiti!

Di seguito alcune notizie sul nuovo papa tratte da Polisblog:

La figura di Jorge BergoglioPapa Francesco, è quantomeno controversa. Nel 2005, quando si aprì il Conclave che portò all’elezione di Benedetto XVI, Adnkronos batté la notizia del fatto che Bergoglio era stato denunciato per presunta complicità nel sequestro di due missionari gesuiti. I fatti si sarebbero svolti il 23 maggio del 1976. Adnkronos spiegava:
«La denuncia e’ stata presentata dall’avvocato e portavoce delle organizzazioni di difesa dei diritti umani in Argentina, Marcelo Parilli, che ha chiesto al giudice Norberto Oyarbide di indagare sul ruolo di Bergoglio nella sparizione dei due religiosi a opera della marina militare».
Nel libro di Horacio VerbitskyL’isola del silenziosi denunciano appunto questi fatti, con un’ampia esposizione che riguarda anche le complicità della Chiesa cattolica nei confronti della dittatura di Videla.
Sul sito Nunca Mas si legge:
«Nel 1986 Emilio Mignone nel suo libro Chiesa e Dittatura , descrive Bergoglio come esempio della “sinistra complicità ecclesiastica con i militari che si incaricarono di compiere lo sporco compito di lavare il cortile interno della Chiesa con la accondiscendenza dei prelati.”.
E ancora:
«Nel 1976 furono sequestrati i gesuiti Luis Dourrón, Enrique Rastellini e Francisco Jalics . Erano stati ammoniti dal loro superiore Jorge Bergoglio ad abbandonare le favelas in cui operavano e di fronte ad un loro netto rifiuto fu lo stesso Bergoglio a dare il semaforo verde ai militari per il loro sequestro. Furono poi liberati e dovettero nascondersi fino alla fine della dittatura aiutati da altri sacerdoti e vescovi che si distinsero nella loro difesa per i diritti umani come Miguel Hesayne e Jorge Novak. Secondo la testimonianza di un gesuita ex-detenuto desaparecido Orlando Yorio, Bergoglio, in qualità di superiore gesuita, aveva relazioni costanti con il dittatore Emilio Masera che lo informò di come Yorio fosse un comandante della guerriglia. Ciò bastò a Bergoglio per disinteressarsi completamente della sorte del gesuita la cui grande colpa era quella di lavorare con i poveri in un umile quartiere di Buenos Aires. Yorio fu sequestrato e rimase desaparecido per cinque mesi.
Bergoglio rappresenta quello che nella politica argentina si conosce come conservatore – popolare: conservatore estremo in materia dogmatica ma con una marcata sensibilità verso le fasce povere»

Altre notizie

IL RUOLO DEL VATICANO NEL GOLPE MILITARE IN ARGENTINA


Gli oscuri legami tra i militari e la «chiesa nera» di Bergoglio
HORACIO VERBITSKY*
Il Manifesto, 24 marzo 2006

La prima edizione di questo libro, alla quale ho lavorato per oltre quindici anni, è andata in stampa a Buenos Aires nel febbraio del 2005, quando a Roma era ricoverato in ospedale papa Giovanni Paolo II, che poi morì il 2 aprile. Secondo i quotidiani italiani, il cardinale argentino Jorge Bergoglio fu l'unico serio avversario del tedesco Joseph Ratzinger, che venne eletto il 19 aprile e assunse il nome di Benedetto XVI. In quegli stessi giorni, il vescovo castrense di Buenos Aires disse che il ministro argentino della salute meritava di essere gettato in mare con una pietra da mulino al collo per aver distribuito preservativi ed essersi espresso a favore della depenalizzazione dell'aborto.(...) Quando il vescovo Baseotto appese la biblica pietra da mulino al collo ministeriale, il presidente Néstor Kirchner invitò il Vaticano a designare un nuovo titolare della diocesi militare. Quando il Nunzio apostolico comunicò che non ve n'era motivo, il governo revocò l'assenso prestato alla nomina di Baseotto e lo privò del suo emolumento da segretario di Stato per aver rivendicato i metodi della dittatura. Il Vaticano disconosce sia «l'interpretazione che si è voluto dare alla citazione evangelica» sia l'autorità presidenziale di revocare la designazione del vescovo castrense.
Di motivi per dubitare che Baseotto abbia scelto ingenuamente una citazione biblica riguardante persone gettate in mare, ve ne sono in abbondanza. Il suo primo atto da Vicario fu la visita alla Corte suprema di Giustizia nella quale sostenne la necessità di chiudere i processi relativi alla guerra sporca dei militari contro la società argentina. Il suo segretario generale nell'Episcopato castrense (lo stesso incarico che nel 1976 rivestiva Emilio Grasselli) è il sacerdote Alberto Angel Zanchetta, che fu cappellano della Esma negli anni della dittatura e del quale è comprovata la conoscenza dettagliata di quanto vi accadeva. (...) Dopo aver acceso la polemica pubblica con le sue parole, Baseotto si riferì ai voli come a uno dei «fatti avvenuti, a quanto si dice, durante la famosa dittatura militare». Nessun membro dell'Episcopato ebbe da eccepire su quella frase provocatoria, perché tutta la Chiesa argentina continua a trincerarsi nell'isola del suo silenzio.
Bergoglio rispose al libro attraverso il suo portavoce ufficiale, padre Guillermo Marco. Disse che aveva salvato la vita dei sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics e che qualsiasi affermazione in senso contrario costituiva un'infamia. (...) Per screditare la mia inchiesta disse che Yorio non poteva confutare quanto sostenuto nel libro perché era morto, che la mia fonte relativa a Jalics era anonima e che esisteva una foto di un incontro amichevole del sacerdote ungherese con Bergoglio durante una visita di Jalics a Buenos Aires. (...) Né Bergoglio né i suoi intimi hanno detto una parola sulla prova inconfutabile della doppiezza di cui lo accusano Yorio e Jalics. Yorio era ancora vivo quando pubblicai la prima intervista in cui accusa Bergoglio, nel 1999. Lungi dallo smentirmi, mi inviò poche righe intitolate «Grazie» e ci mantenemmo in contatto fino alla sua morte. (...) Figlio di un proprietario terriero e ufficiale dell'esercito ungherese, Jalics sostiene in Ejercicios de Contemplacion che il padre morì avvelenato nella sede della polizia politica comunista, ma che la madre gli insegnò a non odiare, sicché «imparai cosa significa la riconciliazione». Nel raccontare il suo sequestro dice: «Molta gente che aveva convinzioni politiche di estrema destra no vedeva di buon occhio la nostra presenza nelle baraccopoli. Interpretavano il fatto che no vivevamo lì come un appoggio alla guerriglia e si proposero di denunciarci come terroristi. Noi conoscevamo la provenienza e il responsabile di quelle calunnie. Sicché andai a parlare con la persona in questione e gli spiegai che stava giocando con le nostre vite. L'uomo mi promise che avrebbe fatto sapere ai militari che non eravamo terroristi. Da dichiarazioni rese successivamente da un ufficiale e da trenta documenti ai quali riuscii ad accedere in seguito, potremmo appurare senza ombra di dubbio che quell'uomo non aveva mantenuto la sua promessa e che, al contrario, aveva presentato una falsa denuncia ai militari». Durante i cinque mesi del sequestro, la sua ira era diretta più che ai suoi carcerieri «all'uomo che aveva fatto la falsa denuncia contro di noi».
Quell'uomo è Bergoglio. La sua identità è svelata in una lettera che Yorio scrisse da Roma il 24 novembre 1977 all'assistente generale della Compagnia di Gesù, padre Moura. I fratelli e i nipoti di Yorio me ne diedero copia in segno di gratitudine per la pubblicazione del libro.«Dato il proseguire delle voci su una mia partecipazione alla guerriglia, padre Jalics ha nuovamente affrontato la questione con padre Bergoglio. Padre Bergoglio ha riconosciuto la gravità del fatto e si è impegnato a mettere un freno alle voci nella Compagnia e ad affrettarsi a parlare con persone delle Forze Armate per testimoniare la nostra innocenza», dice. Ma siccome «il Provinciale non faceva nulla per difenderci, abbiamo cominciato a dubitare della sua onestà».(...) Nel nostro scambio epistolare, Yorio mi fornì una descrizione della doppiezza del suo ex Provinciale che coincide con quella che emerge dai documenti che anni più tardi scoprii nell'archivio del ministero degli Esteri argentino. Nel clima di paura e delazione instaurato all'interno della Chiesa e della società, i sacerdoti che lavoravano con i poveri «erano demonizzati, guardati con sospetto all'interno delle nostre stesse istituzioni e accusati di sovvertire l'ordine sociale». In quel contesto, «potevano concederci in segreto l'autorizzazione a celebrar messa in privato, ma non ci liberavano dalla proibizione e dall'infamia pubblica di non poter esercitare il sacerdozio, dando così alle forze della repressione il pretesto per farci sparire». (...)Riacquistata la libertà, Jalics viaggiò negli Stati uniti e poi in Germania. Nonostante la distanza, «menzogne, calunnie e azioni ingiuste non cessavano». (...) Molte persone legate alla Chiesa e alla Compagnia di Gesù mi fecero avere dati aggiuntivi e confermativi. Uno di loro è il sacerdote irlandese Patrick Rice, che nel 1976 era il superiore della comunità dei piccoli frati del Vangelo in Argentina. Sequestrato sul finire di quell'anno a Buenos Aires, lo incappucciarono e lo interrogarono senza tregua, gli bruciarono il viso e le mani con sigarette e gli fecero ingerire acqua e pressione fino al limite della sua resistenza. Altri sacerdoti della sua confraternita sono ancora desaparecidos ma Rice riuscì a scappare con l'aiuto del governo irlandese e viaggiò in tutto il mondo per denunciare la situazione argentina. Nel 1979 venne a sapere che Massera, ormai dimessosi dalla Marina e impegnato nella sua attività politica, avrebbe partecipato a un seminario organizzato presso l'Università di Georgetown, a Washington, da due accademici che in seguito svolsero ruoli di primo piano nel futuro governo statunitense di Ronald Reagan: Jean Kirckpatrick e Eliot Abrahmas. Mentre Massera teneva la sua lectio magistralis, Rice e un sacerdote nordamericano lo interruppero con domande sulla repressione di vescovi, suore, sacerdoti e laici cristiani. Massera non poté continuare e lasciò l'aula furibondo. Anche l'Università di Georgetown appartiene ai gesuiti. Patrick Rice sostiene che «tenuto conto della struttura della Chiesa, è impensabile che quell'invito potesse essere partito senza l'iniziativa o almeno l'assenso del Provincialato argentino della Compagnia di Gesù». Come il giorno dell'omaggio a Massera nell'Università del Salvatore, anche in quel caso, il Provinciale gesuita era l'allora sacerdote Jorge Mario Bergoglio.

*Questo testo è «l'epilogo» del libro di Horacio Verbitsky, L'isola del silenzio, pubblicato in Italia dalla Fandango libri, in libreria dal prossimo 30 marzo.

ARGENTINA: CRONOLOGIA DEL GOLPE 
1976 , 24 MARZO Golpe delle forze armate contro il governo di Isabelita Peron.

1982, 2 APRILE Fuga in avanti dei militari: il generale-presidente Galtieri attacca le isole Malvinas occupate dagli inglesi nel 1841. La Thatcher reagisce mandando una flotta che sconfigge gli argentini. E' la fine del regime militare. Che cerca di salvarsi promulgando una legge di auto-amnistia per i crimini commessi fra il '76 e l'83.

1983, 30 OTTOBRE Nelle prime elezioni democratiche dopo la dittatura, vince Raul Alfonsin, della Union Civica Radical. S'insedia la Conadep, la Commissione sulla desapareción de personas che nel suo rapporto finale fissa in 8960 il numero dei desaparecidos. Ma il numero definitivo ascenderà ai 30mila.

1985, 22 APRILE Si apre il processo contro i capi delle tre giunte militari che si sono succedute al potere. E' un compromesso ma un fatto storico. I generali Videla e Viola, gli ammiragli Massera e Lambruschini, il brigadiere Agosti sono condannati all'ergastolo.

1986, 23 DICEMBRE Alfonsin, di fronte all'insubordinazione militare, manda al Congresso la legge del «Punto final» che estingue la responsabilità penale per i militari colpevoli di atrocità. Pochi mesi dopo, è votata la legge della «Obediencia debida», che esenta da colpe tutti i militari di grado inferiore.

1989, 14 MAGGIO Tornano i peronisti: alle elezioni vince Carlos Menem. Che, in nome della «riconciliazione nazionale», indulta Videla, Viola, Galtieri e altri 220 militari. 1991 All'inizio dell'anno il ministro dell'economia Cavallo vara il Plan de convertibilidad: un peso=un dollaro. Stronca l'inflazione, ma con conseguenze sociali drammatiche.

1995, 14 MAGGIO Menem viene rieletto presidente dopo aver fatto cambiare la costituzione. Scandali, sanguinosi attentati (contro l'ambasciata israeliana e un centro mutualistico ebraico) disoccupazione, marcheranno il secondo mandato.

1999, 24 OTTOBRE Il radicale Fernando de La Rua vince le elezioni sul peronista Duhalde. Aveva promesso cambi nella politica economico-sociale ma il continuismo è la nota dominante del suo governo. Di fronte a una situazione sempre più critica, richiama addirittura il ministro Cavallo. Ma il suo Plan de compettividad è un fiasco. L'Fmi di cui l'Argentina era l'allievo modello, la lascia affondare.

2001, DICEMBRE Cavallo impone il «corallito», ossia il blocco generalizzato dei conti e dei risparmi. Scoppiano i cacerolazos. De la Rua impone lo stato d'assedio. Gli scontri sotto la Casa rosada provocano 29 morti. De La Rua si dimette. In due settimane si succedono tre presidenti effimeri. Ma uno di loro, il peronista Rodriguez Saa fa in tempo a proclamare la sospensione del pagamento del debito.

2002, 2 GENNAIO Il Congresso nomina presidente a interim il peronista Duhalde. Il 6 gennaio il ministro dell'economia Lavagna pone fine alla Ley de convertibilidad: un dollaro vale 3 pesos.

2003, 25 MAGGIO Assume la presidenza il peronista Nestor Kirchner, governatore di Santa Cruz. In tre anni, l'Argentina rinasce dal punto di vista economico e politico: no ai diktat dell'Fmi, crescita dell'8%, dimezzamento della disoccupazione, annullamento delle leggi di Punto final e Obediencia debida, via libera ai processi contro i militari.


Il lato oscuro di Jorge Mario Bergoglio: "Colluso con la dittatura argentina"


Jorge Bergoglio e il suo passato vicino alla dittatura argentina.Il nuovo Papa in una scheda fortemente critica sul suo passato. Era il 2006 quando il sito di Don Vitaliano della Sala, 'prete no global', ricostruì le macchie di chi oggi è chiamato a guidare la Chiesa Cattolica.

Jorge Bergoglio e il suo passato vicino alla dittatura argentina

"Il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, presidente dei vescovi argentini, nonché tra i più votati, nel 2005, nel conclave Vaticano che ha scelto il successore di Giovanni Paolo II, è accusato di collusione con la dittatura argentina che sterminò novemila persone".
Inizia così un lungo articolo pubblicato sul sito del prete 'no global' Don Vitaliano della Sala, la scheda sul "passato oscuro" di chi, a distanza di 8 anni, è il nuovo Papa.
"Le prove del ruolo giocato da Bergoglio a partire dal 24 marzo 1976, sono racchiuse nel libro L’isola del Silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, del giornalista argentino Horacio Verbitsky, che da anni studia e indaga sul periodo più tragico del Paese sudamericano, lavorando sulla ricostruzione degli eventi attraverso ricerche serie e attente".
"I fatti riferiti da Verbitsky. Nei primi anni Settanta Bergoglio, 36 anni, gesuita, divenne il più giovane Superiore provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina. Entrando a capo della congregazione, ereditò molta influenza e molto potere, dato che in quel periodo l’istituzione religiosa ricopriva un ruolo determinante in tutte le comunità ecclesiastiche di base, attive nelle baraccopoli di Buenos Aires. Tutti i sacerdoti gesuiti che operavano nell’area erano sotto le sue dipendenze. Fu così che nel febbraio del ’76, un mese prima del colpo di stato, Bergoglio chiese a due dei gesuiti impegnati nelle comunità di abbandonare il loro lavoro nelle baraccopoli e di andarsene. Erano Orlando Yorio e Francisco Jalics, che si rifiutarono di andarsene. Non se la sentirono di abbandonare tutta quella gente povera che faceva affidamento su di loro".
Jorge Bergoglio e il suo passato vicino alla dittatura argentina

"Verbitsky racconta come Bergoglio reagì con due provvedimenti immediati. Innanzitutto li escluse dalla Compagnia di Gesù senza nemmeno informarli, poi fece pressioni all’allora arcivescovo di Buenos Aires per toglier loro l’autorizzazione a dir messa. Pochi giorni dopo il golpe, furono rapiti. Secondo quanto sostenuto dai due sacerdoti, quella revoca fu il segnale per i militari, il via libera ad agire: la protezione della Chiesa era ormai venuta meno. E la colpa fu proprio di Bergoglio, accusato di aver segnalato i due padri alla dittatura come sovversivi. Con l’accezione “sovversivo”, nell’Argentina di quegli anni, venivano qualificate persone di ogni ordine e grado: dai professori universitari simpatizzanti del peronismo a chi cantava canzoni di protesta, dalle donne che osavano indossare le minigonne a chi viaggiava armato fino ai denti, fino ad arrivare a chi era impegnato nel sociale ed educava la gente umile a prendere coscienza di diritti e libertà. Dopo sei mesi di sevizie nella famigerata Scuola di meccanica della marina (Esma), i due religiosi furono rilasciati, grazie alle pressioni del Vaticano".
"Alle accuse dei padri gesuiti di averli traditi e denunciati, il cardinal Bergoglio si difende spiegando che la richiesta di lasciare la baraccopoli era un modo per metterli in guardia di fronte a un imminente pericolo. Un botta e risposta che è andato avanti per anni e che Verbitsky ha sempre riportato fedelmente, fiutando che la verità fosse nel mezzo. Poi la luce: dagli archivi del ministero degli Esteri sono emersi documenti che confermano la versione dei due sacerdoti, mettendo fine a ogni diatriba. In particolare Verbitsky fa riferimento a un episodio specifico: nel 1979 padre Francisco Jalics si era rifugiato in Germania, da dove chiese il rinnovo del passaporto per evitare di rimetter piede nell’Argentina delle torture. Bergoglio si offrì di fare da intermediario, fingendo di perorare la causa del padre: invece l’istanza fu respinta. Nella nota apposta sulla documentazione dal direttore dell’Ufficio del culto cattolico, allora organismo del ministero degli Esteri, c’è scritto: “Questo prete è un sovversivo. Ha avuto problemi con i suoi superiori ed è stato detenuto nell’Esma”. Poi termina dicendo che la fonte di queste informazioni su Jalics è proprio il Superiore provinciale dei gesuiti padre Bergoglio, che raccomanda che non si dia corso all’istanza. E non finisce qui. Un altro documento evidenzia ancora più chiaramente il ruolo di Bergoglio: “Nonostante la buona volontà di padre Bergoglio, la Compagnia Argentina non ha fatto pulizia al suo interno. I gesuiti furbi per qualche tempo sono rimasti in disparte, ma adesso con gran sostegno dall’esterno di certi vescovi terzomondisti hanno cominciato una nuova fase”. È il documento classificato Direzione del culto, raccoglitore 9, schedario B2B, Arcivescovado di Buenos Aires, documento 9. Nel libro di Verbitsky sono pubblicati anche i resoconti dell’incontro fra il giornalista argentino e il cardinale, durante i quali quest’ultimo ha cercato di presentare le prove che ridimensionassero il suo ruolo. “Non ebbi mai modo di etichettarli come guerriglieri o comunisti – affermò l’arcivescovo – tra l’altro perché non ho mai creduto che lo fossero"".
"Ad inchiodarlo c’è anche la testimonianza di padre Orlando Yorio, morto nel 2000 in Uruguay e mai ripresosi pienamente dalle torture, dalla terribile esperienza vissuta chiuso nell’Esma. In un’intervista rilasciata a Verbistky nel 1999 racconta il suo arrivo a Roma dopo la partenza dall’Argentina: “Padre Gavigna, segretario generale dei gesuiti, mi aprì gli occhi – raccontò in quell’occasione – Era un colombiano che aveva vissuto in Argentina e mi conosceva bene. Mi riferì che l’ambasciatore argentino presso la Santa Sede lo aveva informato che secondo il governo eravamo stati catturati dalle Forze armate perché i nostri superiori ecclesiastici lo avevano informato che almeno uno di noi era un guerrigliero. Chiesi a Gavigna di mettermelo per iscritto e lo fece”. Nel libro, inoltre, Verbistky spiega come Bergoglio, durante la dittatura militare, abbia svolto attività politica nella Guardia di ferro, un’organizzazione della destra peronista, che ha lo stesso nome di una formazione rumena sviluppatasi fra gli anni Venti e i Trenta del Novecento, legata al nazionalsocialismo. Secondo il giornalista, l’attuale arcivescovo di Buenos Aires, quando ricoprì il ruolo di Provinciale della Compagnia di Gesù, decise che l’Università gestita dai gesuiti fosse collegata a un’associazione privata controllata dalla Guardia di ferro. Controllo che terminò proprio quando Bergoglio fu trasferito di ruolo. “Io non conosco casi moderni di vescovi che abbiano avuto una partecipazione politica così esplicita come è stata quella di Bergoglio”, incalza Verbitsky. “Lui agisce con il tipico stile di un politico. È in relazione costante con il mondo politico, ha persino incontri costanti con ministri del governo".


Il cardinale che voleva sostituire Ratzinger

  • 13 marzo 2013
Un articolo del 2010 di Horacio Verbitsky su Página 12:
Mentre in Europa sono sempre di più quelli che mettono sotto accusa Benedetto XVI per la sua gestione di alcuni casi di pedofilia e gli chiedono di fare un passo indietro, il cardinale argentino Jorge Bergoglio si sta dando da fare per costruirsi un’immagine credibile come suo successore. Cercando di cancellare dalla sua biografia alcuni fatti controversi, scrive Horacio Verbitsky suPágina 12.
“L’arcivescovo di Buenos Aires ha da poco pubblicato la sua autobiografia, Il gesuita. L’obiettivo di Bergoglio è soprattutto respingere le accuse di aver collaborato con la dittatura quando ricopriva l’incarico di superiore provinciale della Compagnia di Gesù. I sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics lo accusano di averli consegnati ai militari”.
Yorio e Jalics restarono sequestrati per cinque mesi a partire dal maggio del 1976. Nella stessa operazione l’esercito arrestò anche quattro catechiste e i mariti di due di loro. Non sono mai stati ritrovati. Tra loro c’era Mónica Candelaria Mignone, figlia di Emilio Mignone, che nel 1979 ha fondato il Center of legal and social studies, un’organizzazione non governativa impegnata a proteggere e a rafforzare i diritti umani e la democrazia in Argentina.
Nel libro Bergoglio dice di aver fatto il possibile per liberare i due sacerdoti. Ma ci sono vari documenti che dimostrano il contrario. In ogni caso, conclude Página 12, le polemiche che hanno colpito il papa nelle ultime settimane potrebbero causare sviluppi inattesi nei vertici della chiesa. E Bergoglio ha bisogno di uno stato di servizio immacolato per poter aspirare al pontificato.


Desaparecidos, il Vaticano sapeva

da il Fatto Quotidiano 

di Horacio Verbitsky | 11 maggio 2012

La politica dei “desaparecidos” che il dittatore Jorge Videla ha finito per ammettere con diverse dichiarazioni e in tribunale, era nota fin dal 10 aprile 1978 alla Commissione esecutiva della Chiesa cattolica che, però, si guardò bene dall’informare l’opinione pubblica. Tutto questo risulta da un documento rinvenuto nell’archivio della Conferenza episcopale.
Il documento porta il numero 10.949 e già il numero dà un’idea della quantità di informazioni sulle quali la Chiesa continua a mantenere il segreto. Il documento fu redatto a cura del Vaticano al termine di un pranzo con Videla ed è conservato nel fascicolo 24-II. Sono riuscito a visionare il documento in maniera surrettizia dopo che a una formale richiesta le autorità ecclesiastiche avevano risposto con la sorprendente affermazione secondo cui l’Episcopato non avrebbe archivi.
Quando incontrava esponenti della Chiesa cattolica, Videla parlava con la franchezza in uso tra amici. L’allora presidente dell’Episcopato, il cardinale Raul Francisco Primatesta, comunicò all’Assemblea Plenaria che lui e i suoi due vicepresidenti, l’arcivescovo Vicente Zazpe e il cardinale Juan Aramburu, avevano parlato a Videla dei casi di prigionieri apparentemente rimessi in libertà, ma in realtà assassinati, si erano interessati dei sacerdoti desaparecidos, quali Pablo Gazzarri, Carlos Bustos e Mauricio Silva, e di altre persone scomparse nei giorni precedenti all’incontro con Videla. Secondo il documento episcopale “il presidente ha risposto che apparentemente sarebbe ovvio affermare che sono già morti; si tratterebbe di varcare una linea di demarcazione: questi sono scomparsi, non ci sono più. Questo sarebbe il più chiaro, comunque ci porta a una serie di considerazioni in ordine a dove sono stati sepolti: in una fossa comune? E in tal caso chi li avrebbe sepolti in questa fossa? Una serie di domande alle quali le autorità di governo non possono rispondere sinceramente in quanto la cosa coinvolge diverse persone”, un eufemismo per alludere a coloro che avevano svolto il lavoro sporco di sequestrarli, torturarli, ucciderli e fare sparire le spoglie. L’atteggiamento del clero aveva sfumature sottili. Zazpe chiese: “Cosa rispondiamo alla gente visto che c’è un fondamento di verità in quanto sospettano?”. E Videla “ammise che era vero”. Aramburu spiegò che “il problema è di rispondere in modo che la gente non continui a chiedere spiegazioni”.
Primatesta spiegò che “la Chiesa vuole capire, collaborare, è consapevole che il Paese versava in uno stato di caos” e che ha misurato le parole perché sapeva benissimo “il danno che poteva arrecare al governo”. Anche Primatesta ha insistito sulla necessità di arrivare a una qualche soluzione in quanto prevedeva che alla lunga il metodo consistente nel far sparire le persone avrebbe prodotto “effetti negativi” considerata “l’amarezza che affligge molte famiglie”. Questo dialogo di straordinaria franchezza mostra che sia Videla sia la Chiesa conoscevano benissimo i fatti e sottolinea la complicità con cui valutavano e decidevano in che modo rispondere alle denunce della gente avvertite da entrambe le parti come una minaccia comune.
Nello scegliere questa politica di omicidi clandestini, che Videla ora definisce “comoda” perché sollevava dal fornire spiegazioni, la giunta militare gettò un’ombra di sospetto su tutti i quadri delle Forze armate e delle forze di sicurezza, ombra che cominciò a dissiparsi con la riapertura dei processi che hanno consentito di accertare le responsabilità individuali che la giunta aveva coperto. Fino ad oggi ci sono state 253 sentenze di condanna e 20 di assoluzione, la qual cosa dimostra che in democrazia nessuno viene condannato pregiudizialmente e senza poter esercitare il suo diritto alla difesa. Fino ad oggi solo un cappellano militare, Christian von Wernich, è stato condannato per complicità in casi di tortura e omicidio.
Zazpe è morto nel 1984, Aramburu nel 2004 e Primatesta nel 2006. Nel 2011 ha rinunciato per sopraggiunti limiti di età, Jorge Casaretto, l’ultimo vescovo di quei tempi ancora in attività. Tuttavia la Chiesa continua a mantenere un ostinato silenzio che talvolta sottolinea la sua crescente irrilevanza nel panorama della società argentina. La scarsa influenza della Chiesa si è vista con chiarezza l’anno scorso quando, malgrado la sua mobilitazione, il Congresso ha modificato il codice civile per consentire il matrimonio a tutte le persone indipendentemente dal sesso dei contraenti.
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
Il Fatto Quotidiano, 11 maggio 2012

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