Dossetti a 100 anni dalla nascita. Visto da due testimoni d’eccezione
Avrei tanto voluto scrivere un bell’articolo su Dossetti, ma non ne sono all’altezza.
Allora ho fatto qualcosa di meglio. Sono andato a sbirciare tra due teste di ariete quali fossero i loro pareri sull’amico comune, e ho fatto scoperte interessanti. Le penne duellanti sono, udite udite: mons. Giacomo Biffi (d’ora in poi Monsignore) e il dott. Enzo Bianchi (d’ora in poi Fratelenzo). Il testo di Monsignore è la riedizione di un lavoro precedente, quello di Fratelenzo è un articolo apparso domenica scorsa, la malignità di Satiricus è che Fratelenzo volesse colpire proprio Monsignore. Ma forse ho torto, forse voleva colpire anche tanti altri.

Ora permettetemi di fare con voi un gioco, lascio a voi la lettura ragionata dei due testi, e mi limito a elencarvi i punti in comune. Nell’ordine, siccome sono cavaliere, darò prima la parola a Fratelenzo e poi a Monsignore. Questo rende l’articolo un po’ lungo, ma vi autorizza pure a saltare subito al finale…
Questioni di linguaggio
Fratelenzo imita Fazio e fa lo scandalizzato:
Purtroppo in questo dibattito, cosa inconsueta, proprio nell’ambito ecclesiale si registra un pesante silenzio nel quale si levano alcuni interventi accaniti, tesi a delegittimare la sua figura. Questo provoca in molti cristiani una grande sofferenza, fa emergere quanta ingratitudine possa annidarsi in spazi ecclesiali e quanta insensatezza possa ispirare alcuni ecclesiastici.
Ma Monsignore non si scompone, perché al j’accuse è stato svezzato da tempo:
C’è anche da dire che papa Montini, per il suo naturale temperamento e per la sua abitudine al rispetto dell’interlocutore e alla gentilezza del tratto, non doveva avere una grande simpatia per l’aggressività del linguaggio che talvolta manifestavano gli appartenenti all’ambiente dossettiano. Sono indicativi, a questo riguardo, i giudizi che si leggono nel diario della sua attività conciliare (!) di Angelina Nicora Alberigo al giorno 19 novembre 1963: “Uomini insignificanti come Carli, vescovo di Segni”, “uomini inintelligenti e teologicamente vuoti come Siri”, “uomini conservatori e reazionari come Ottaviani, Ruffini e alcuni nord-americani”. Così erano impietosamente squalificati dei legittimi successori degli Apostoli.
Il Teologo
Fratelenzo lamenta:
Si dice che Dossetti non era un teologo, che nel suo pensiero c’erano lacune perché la sua formazione era quella di un giurista.
Ed effettivamente Monsignore interrogava:
Giuseppe Dossetti è stato anche un vero teologo e un affidabile maestro nella “sacra doctrina”? La questione non è semplice.
Autodafé?
Fratelenzo incalza:
Si dice che Dossetti non era un teologo, che nel suo pensiero c’erano lacune perché la sua formazione era quella di un giurista e il suo curriculum era privo di studi di teologia in una facoltà cattolica, senza ricordare che tratti analoghi sono riscontrabili anche in grandi Padri della Chiesa, a cominciare da sant’Ambrogio.
Monsignore scalza:
Qualcuno domandò una volta a san Tommaso d’Aquino quale fosse il modo migliore di addentrarsi nella sacra doctrina e quindi di diventare un buon teologo. Egli rispose: andare alla scuola di un eccellente teologo.
Dagli ebrei la salvezza
Fratelenzo, scudo umano e uomo della memoria:
Si dice che avesse di Israele quale popolo di Dio e della sua salvezza una lettura non conforme alla dottrina cattolica
Monsignore curiosa nelle sue “Memorie e digressioni di un italiano cardinale”:
Purtroppo, qualcosa che non andava ho effettivamente trovato; ed era l’idea, presentata con favore, che, come Gesù è il Salvatore dei cristiani, la Torah (la Legge mosaica) è, anche attualmente, la strada alla salvezza per gli ebrei.
Semel cum Petro!
Fratelenzo cerca di difendere l’inclinazione giudaizzante del Nostro:
Giovanni Paolo II con audacia era giunto ad affermare [cose che, se sottoposte a raffinate ermeneutiche, sembrerebbero scusare alcune posizioni dubbie di Dossetti, nella fattispecie quelle de judaeis].
Monsignore, che ha costatato con mano l’indifendibile, ricorda altri pontificati
“Quello non è il posto di don Dossetti”, è il commento del papa. [Trattasi di Paolo VI, non certo uno stinco di reazionario. E senza bisogno di ulteriori ermeneutiche]
Temperamento e temperanza
Per Fratelenzo:
Vescovi e cardinali, semplici e poveri cristiani, personaggi importanti della vita sociale, giovani, non credenti, andavano a cercare una sua parola e lui sovente si sottraeva, quasi nascondendosi.
Sed contra:
Dossetti non era solito rinunciare a nessuno dei suoi convincimenti. Ma qui alla fine cedette davanti alla mia avvertenza
Ritorno al futuro
Fratelenzo:
Quando nelle lunghe veglie a Monteveglio, in Terrasanta, a Montesole commentava la parola di Dio contenuta nelle Sacre Scritture, sembrava di ascoltare un Padre della Chiesa.
Monsignore:
Questo “incidente” [l’ostinazione sul de judaeis] mi ha fatto molto riflettere e l’ho giudicato subito di un’estrema gravità, pur se non ne ho parlato allora con nessuno. Ogni alterazione della cristologia compromette fatalmente tutta la prospettiva nella “sacra doctrina”.
La più bella del mondo
Vi è anche chi critica il dossettismo come via politica… [Fratelenzo il mansueto lo accetta] purché non si finisca col mettere in contraddizione tra loro la fede cattolica di Dossetti e il suo impegno politico precedente la scelta presbiterale e monastica.
Monsignore ha la fissa del pastore e nota:
Qualche incresciosa confusione metodologica. Egli proponeva le sue intuizioni politiche con la stessa intransigenza del teologo. [nessun “purché”]
Dopo 50 anni
Fratelenzo celebra:
la sua preziosissima opera al Concilio, dove aveva fornito un apporto decisivo di studio, di consigli e di elaborazione di proposte, coadiuvando in particolare il suo vescovo.
Monsignore sgonfia:
don Dossetti si è lasciato andare a qualche considerazione che deve renderci avvertiti. Egli legge sorprendentemente il suo apporto al Vaticano II alla luce della sua partecipazione ai lavori della Costituente: «Nel momento decisivo proprio la mia esperienza assembleare ha capovolto le sorti del Concilio stesso».
Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico
Il buon samaritano?
Mentre don Giuseppe risiedeva a Gerico, sostai cento giorni a Gerusalemme e potei incontrarlo più volte, e anche p. Carlo Maria Martini, allora all’Istituto biblico di Gerusalemme, veniva ad ascoltare le sue omelie.
Un brigante [per solidarietà col CLN]?
Era ancora un “politico” nel 1974, quando noi sacerdoti milanesi ordinati nel 1950 siamo andati a trovarlo a Gerico. Ormai da diciotto anni egli aveva abbracciato la vita religiosa e da un anno si era dato alla meditazione e alla preghiera in Terra Santa. Eppure ci ha intrattenuti soltanto sulla “catastrofica” politica italiana.
Princeps monachorum
Come il primo dei monaci?!
Come per Antonio, il grande Padre del deserto, di lui si potrebbe dire: «Bastava vederlo».
Sì, magari!
Nei suoi ultimi giorni non esitò a uscire dal suo ritiro e a rompere il silenzio monastico per salvare la “sua” Costituzione.
*
È tutto. Prima di congedarvi, vi do la mia lettura definitiva del testo.
Io di Dossetti probabilmente non ci ho capito ancora nulla, ma mi è chiarissimo che Dossetti è uno dei grandi miti giovanili di Fratelenzo. Voglio dire, tutti hanno il loro idolo da ragazzini. Chi un calciatore, chi un musicista, per me è stato Alvaro Vitali. Fratelenzo ha Dossetti. E che? Vogliamo rimproverarlo per questo? Ci mancherebbe, avessimo tutti degli idoli di tal calibro.
Fratelenzo da Dossetti ha preso quasi tutto: una formazione non ecclesiale (questo giurista, quello economista); la formazione teologica da autodidatta (pur vantando maestri cartacei del calibro di Kung); la vita dimessa e nascosta; l’umile servizio di consigliere a vescovi e papi (questo il Concilio e quello i Sinodi); l’amore per la Bibbia, l’ebraismo e Martini; la tempra da Padre della Chiesa; l’attivismo politico anche a costo di violare la cella; la grafomania. Fratelenzo ha migliorato appena appena il linguaggio. Ha un po’ calcato col look. È davvero tutto.
Quindi, scusate, ma io non me la sento di dire altro su Dossetti, né di prendere posizione pro o contro. Fosse solo per non offendere ulteriormente Fratelenzo e la sua sensibilità sabauda. Anche perché temo si darebbe fuoco per protesta, visto che è pure favorevole alla cosa.
E non credete a Fratelenzo quando scrive:
Da parte mia, nei suoi confronti mi sento di osare una parola forte, con la libertà di chi non è stato suo discepolo ma, anzi, ha avuto sguardi diversi sul monachesimo nel mondo di oggi e sulle altre Chiese cristiane: era veramente un santo, un uomo di Dio e di nessun altro!
Fratelenzo infatti suo discepolo lo è stato, più di molti altri!
A conclusione basti il monito di Dossetti stesso:
Il tema… è quanto mai vivo, attuale, importante. Un punto da chiarire inizialmente è questo: non dobbiamo riguardare a questo tema con sguardo unilaterale.
Pubblicato lo scorso 13 febbraio su Campari e De Maistre
http://satiricus.wordpress.com/2013/04/13/in-memoriam-dossetti/