ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 21 maggio 2013

IL PAPA “POVERO” SNOBBA LA NOBILTÀ ROMANA:


NON LI RICEVE, NON CAPISCE I LORO RITI, NON SE LI FILA

Colonna, Borghese, Torlonia, Odescalchi, Orsini, Chigi, Ruspoli: l’aristocrazia “nera” (nel senso di papalina) soffre il gesuita Bergoglio - Quando c’era Padre Georg, i principi alzavano la cornetta e ammorbavano con messe, riti e triti - Francesco si è anche lamentato dei “cattolici educati che prendono il tè”…

Matteo Matzuzzi per "Il Foglio"
E' finita un'epoca, tutto è cambiato. La vecchia aristocrazia romana "trincea rocciosa del Papa dai tempi di Carlo Magno", è in crisi. Francesco, il gesuita Bergoglio, è troppo distante da quel mondo che da sempre ruota attorno a San Pietro. Prima, con gli elmi della guardia nobile che scortò Pio VII in Francia per l'incoronazione di Napoleone nel 1805, e poi con le grandi cene che riunivano attorno allo stesso tavolo il gotha della nobiltà e le alte gerarchie ecclesiastiche.
PAPA FRANCESCO - JORGE BERGOGLIOPAPA FRANCESCO - JORGE BERGOGLIO
Qualcuno, poi, c'è anche rimasto male per quell'accenno fatto dal Pontefice (tra un'omelia a Santa Marta e una predica dall'ambone sul sagrato di San Pietro) ai cattolici solo per moda, "inamidati, da salotto, quelli educati che discutono di teologia bevendo il tè".

Maria Pia e Lilio RuspoliMARIA PIA E LILIO RUSPOLI
Ma quando mai!, si era inalberato poco tempo fa il principe Lillio Sforza Ruspoli, ricordando che dopo "l'aggressione armata alla Città Santa" da parte dei piemontesi, i portoni dei grandi palazzi nobiliari erano stati chiusi in segno di lutto, ripetendo il gesto compiuto qualche decennio prima - e immortalato nel "Marchese del Grillo" -, quando Pio VII fu fatto prigioniero e portato in Francia, proprio come il suo predecessore poi morto a Valence.
Nicoletta OdescalchiNICOLETTA ODESCALCHI
Di fare polemica, però, non c'è alcuna voglia: "I papi si servono sempre, fin da bambini", dice Ruspoli. Anche se sul Soglio di Pietro siede uno che ben poco ha a che fare con i riti mondani, le feste, le cene e la pompa. Il fatto è che prima, mormorano nella nobiltà nera, bastava alzare il telefono e si entrava in contatto direttamente con l'appartamento papale, o quantomeno con la segreteria di stato.
C'era padre Georg, il segretario del Papa e ora prefetto della Casa pontificia, che quel mondo non lo disdegnava affatto. Ma adesso che il Pontefice abita in un residence austero che della reggia principesca non ha nulla, tutto è più complicato. Non ha neanche un segretario fisso, gliel'hanno dovuto assegnare, confessano tristi principi e principesse che alla rinuncia di Ratzinger hanno ubbidito ma faticato a comprenderne fino in fondo le ragioni.
Alessandra BorgheseALESSANDRA BORGHESE
Con Benedetto XVI c'era intesa: lui, nato nella Baviera per secoli retta dalla dinastia dei Wittelsbach, capiva l'importanza di avere al proprio fianco le grandi famiglie che alla chiesa hanno dato nei secoli cardinali, papi e perfino santi. Colonna, Borghese, Torlonia, Odescalchi, Orsini, Chigi, Ruspoli. Per farsi un'idea del ruolo che avevano, basta andare su YouTube a guardarsi qualche immagine del passato, quando a sorvegliare sulle elezioni papali era il maresciallo di Santa romana chiesa e custode del Conclave.
Figura di assoluto prestigio, che sovrintendeva a tutto e teneva nelle proprie tasche le chiavi dei portoni che nascondevano al mondo i cardinali durante l'elezione del Pontefice. L'ultimo maresciallo fu Sigismondo Chigi III, morto trent'anni fa, dieci dopo la decisione di Paolo VI di abolire per sempre la guardia nobile.
Lelio Orsini - Copyright PizziLELIO ORSINI - COPYRIGHT PIZZI
Un colpo durissimo, allora: non si trattava solo di abbandonare la sciabola da cavalleria e la giubba rossa con bandoliera, ma di rinunciare a uno status, a un privilegio riservato a pochi eletti; un incarico "non solo di fida custodia, ma ancora di decoro e di ornamento", diceva Gregorio XVI nella prima metà dell'Ottocento. D'altronde, da un secolo il Papa non era più re, e dopo il Concilio Vaticano II il vescovo di Roma rinunciò anche ai flabelli, alla tiara e alle altre insegne tipiche del potere temporale. Logico, quindi, che anche i corazzieri del vicario di Cristo, con i loro elmi piumati, fossero consegnati al libro dei ricordi. Ma la nobiltà nera è sopravvissuta, continuando a frequentare il Vaticano e intessendo relazioni d'alto livello con gli uomini più in vista della curia. Ricevimenti eleganti, cene, ritrovi che puntualmente finivano sulle riviste patinate e sui siti di gossip.
JANNE E PROSPERO COLONNAJANNE E PROSPERO COLONNA
Gallerie di foto di volti sorridenti, lauti banchetti, baciamano e inchini. Poi, in una fredda mattina di febbraio, quel quadro è caduto. Francesco non dà corda a quel mondo rimasto fedele, nonostante tutto, al Papa re. Un mondo che non ha intenzione di perdere la propria identità.
Bergoglio non ha ancora ricevuto i membri della nobiltà nera né ha dato segnali sull'intenzione di fissare al più presto un'udienza loro riservata. D'altronde, da un Papa che a Buenos Aires girava in metropolitana e a Roma fin dal primo giorno ha chiesto di viaggiare solo su una modesta berlina senza stemmi, insegne e bandierine bianco-gialle, c'era da aspettarselo.
Al tè dei salotti, Francesco preferisce il buon mate argentino; alle stanze affrescate del palazzo sistino, i bianchi e spogli muri di Santa Marta; ai gentiluomini in frac e collare d'oro, i giardinieri e i postini che lavorano entro le mura leonine. Perfino sul menu, Bergoglio ha stupito gli stessi cardinali, resistendo alle verdure bollite un po' scipite del residence che avevano fatto auspicare a qualche illustre porporato una rapida conclusione dell'ultimo Conclave.

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