LE OPPOSIZIONI A PAPA FRANCESCO
Dopo
i goffi tentativi delle prime settimane, nessuno ormai osa dire che
nulla è veramente successo nella chiesa cattolica dopo il conclave
del marzo 2013. Bergoglio è papa da poco meno di sette mesi, e già
all’orizzonte si staglia una variegata geografia delle opposizioni
alle novità di papa
Francesco.
Come è noto, la chiesa non è una democrazia e tantomeno una
democrazia
dell’alternanza,
dove forze diverse si alternano al governo in una dinamica
maggioranza-opposizione. Ma l’inizio di Francesco ha rappresentato
un vento di novità, sia di stile sia di sostanza, e la resistenza
alle novità è percepibile, e sarebbe riduttivo catalogarle secondo
una dialettica tra riformatori e conservatori.
In
primo luogo vi sono i nostalgici di Benedetto XVI, coloro che il 19
aprile 2005 avevano festeggiato come una loro personale vittoria
l’elezione del papa teologo, ex prefetto dell’ex Sant’Uffizio:
dall’11 febbraio 2013 si sentono, molto più di altri, orfani
di Joseph
Ratzinger,
ora papa emerito. La nostalgia è per il papa da loro elevato ad
alfiere della tradizione tradizionalista, anti-progressista e
conservatrice, contraria agli eccessi del post-concilio (come la
“inculturazione” della teologia cattolica nelle culture non
europee) e fustigatrice del modernismo culturale nella chiesa. Tutti
questi motivi fanno di Benedetto XVI un papa incompreso, isolato ed
emarginato nella chiesa proprio per i suoi tentativi di far pulizia
della corruzione morale e culturale: l’organo semi-ufficiale è il
blog “Papa
Ratzinger”
. Altri gruppi, come Rorate
Caeli sono
diversamente “nostalgici”, nel senso che manifestano una reazione
anti-Bergoglio specialmente per la questione liturgica, a causa
dell’accoglienza senza mezzi termini riservata alla riforma
liturgica del Vaticano II dal nuovo papa – contrariamente a
Benedetto XVI che nel 2007 aveva riabilitato la messa preconciliare e
in latino. La nostalgia non è solo per il latino e il canto
gregoriano, ma anche per le cappe magne e gli ermellini, le cerimonie
barocche e il fasto d’atri tempi – in breve, per quegli aspetti
di “corte” che papa Francesco ha chiamato “la peste della
chiesa” nella sua intervista-dialogo con Eugenio Scalfari.
Vi
è poi un altro gruppo di sfavorevoli a papa Francesco in quanto
“cattolicisti” – cattolici per cultura di adozione presso la
quale si sono rifugiati, senza che siano stati mossi dal Vangelo di
Gesù Cristo. Questi apologeti di un cattolicesimo anti-liberale e
“maurrasiano”, raccolti sotto l’ombrello de Il
Foglio, sono
di estrazione varia: ex comunisti, intellettuali blasé, ciellini,
fini letterati, nobili di sangue (come Roberto de Mattei),
“inquisitori” dei nuovi movimenti religiosi (Massimo Introvigne),
affiliati del catto-fascismo di Alleanza Cattolica. Il direttore
de Il
Foglio,
Giuliano Ferrara, ha ufficialmente lanciato la campagna d’autunno
contro papa Francesco . Giornale piccolo ma assai influente, è la
versione mainstream e
intelligente degli altri organi su cui pubblicano i cattolici
crociati come de Mattei e Introvigne, come per esempio
“Corrispondenza
Romana”.
Il
collettore più raffinato e ricercato di queste nostalgie
ratzingeriane e sentimenti anti-bergogliani a matrice teologica è il
vaticanista de L’Espresso,
Sandro Magister, con il suo blog plurilingue Settimo
Cielo (che
ospita non solo pettegolezzi di curia, ma anche alcuni contributori
di riferimento, tra cui spicca per frequenza e veemenza Pietro de
Marco). Ma vi è anche un’opposizione politica al nuovo papato,
quella che nella stampa mainstream (e
quindi dalla sponda esattamente opposta a quella dei ratzingeriani
che si sentono da sempre emarginati dalla cultural mainstream)
si oppongono a papa Francesco perché parteggiano (dall’esterno,
s’intende) per un cattolicesimo naturaliter politicamente
centrista, moderato e acquiescente di fronte alla grande borghesia,
ai poteri forti e alle forze della globalizzazione. Esempio preclaro
di questo atteggiamento è Piero Ostellino sul “Corriere della
Sera” di domenica 6 ottobre 2013: per essi il radicalismo sociale
del papa non è altro che il populismo di un gesuita latinoamericano.
Sull’altra sponda dell’oceano Atlantico, vi sono altre
opposizioni conservatrici, teologiche e politiche al tempo stesso:
diverse ma non meno agguerrite, come è tipico di un cattolicesimo
fortemente polarizzato sulle questioni etiche come quello
nordamericano. Vi sono i militanti per la civiltà delNational
Catholic Register e
di First
Things,
convinti che le parole di papa Francesco su aborto, contraccezione e
omosessualità siano la sconfessione delle battaglie di una vita per
la causa pro-life,
e il cedimento del cattolicesimo alla cultura liberal.
Naturalmente,
papa Francesco non ha oppositori solo a destra, ma anche a sinistra,
ovvero tra quelli che non ne apprezzano la moderazione sulle riforme
fatte o annunciate finora. Tra questi, alcuni columnist del National
Catholic Reporter
(specialmente le teologhe femministe) e l’organo più importante
del dissenso cattolico in Italia, Adista .
Al fondo vi è un’attesa di riforme radicali (e per ora non
annunciate) da parte del papa: sulla disciplina dei sacramenti (per i
divorziati), il sacerdozio (anche per le donne), la chiesa e la pace,
e infine il “sistema Vaticano” come elemento di cui disfarsi, più
che da riformare.
La
lista è appena all’inizio. Queste sono alcune delle voci pubbliche
che nei primi mesi di papa Francesco hanno manifestato il proprio
dissenso, stupore, talvolta sconcerto e spavento di fronte alla
novità portate dal papa gesuita argentino. Molte altre voci non sono
pubbliche, e sono quelle più insidiose, assieme a quelle che si sono
convertite al francescanesimo di papa Bergoglio un minuto dopo la sua
elezione, spinti ad un moto di approvazione insincera. Il salto da
corista a solista non è da tutti.
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