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giovedì 19 dicembre 2013

Effetti della diarchia

Congregazione dei Vescovi, via Bagnasco. Affari conferma: adesso riforma della Cei

Sante Carriere/ Bagnasco rimosso dalla Congregazione dei Vescovi, confermati i rumors di Affaritaliani. Ecco come cambierà la CEI



di Antonino D'Anna
Lo avevamo scritto un mese fa, in questi giorni la conferma: Angelo Bagnasco, presidente della CEI, sarà rimosso. Le avvisaglie di questa sostituzione, dopo la promozione del suo numero due Mariano Crociata a vescovo di Latina (e non – come da prassi - in una diocesi con dignità cardinalizia, come ad esempio Palermo che al momento è scaduta), sono nella rimozione di Bagnasco dalla Congregazione dei Vescovi. Questo gesto – dicono Oltretevere - è stato segno del desiderio di Jorge Mario Bergoglio di rottamare una classe dirigente che evidentemente non è più adeguata ai tempi ed alle esigente – mutate – del Papato (sebbene molto rimanga ancora dello staff di Benedetto XVI, dando così vita ad una curiosa e inedita “diarchia” di fatto).
Un Papato che ha intenzione di puntare – dice chi conosce bene Francesco – sui temi sociali piuttosto che su quelli della bioetica un tempo cari alla gestione di Bagnasco e, prim'ancora, di Camillo Ruini. Del resto, nei giorni in cui il Papa a Cagliari pregava per il lavoro, la CEI alzava ancora una volta la voce sulla famiglia. Uno scollamento che già allora appariva evidente. E che, attraverso la “rottamazione” dell'attuale classe dirigente CEI, dovrà rientrare.
SCONTRO? NO, PICCOLI PASSI- Il punto è che qui non si tratta – dicono in Via Aurelia, sede della Conferenza Episcopale Italiana – di uno scontro fra i due o di una lotta per il potere simile a quella che ha contrapposto, sotto Benedetto XVI, la CEI alla Segreteria di Stato allora guidata da Tarcisio Bertone. Evidente la sproporzione dei poteri (il Papa, in quanto titolare della potestà suprema, può rimuovere o promuovere chiunque in un battito di ciglia): per cui più che parlare di scontro, si tratta di un graduale avvicendamento. Con delicatezza, con lo stile felpato dei Gesuiti, Francesco ha rimosso Bagnasco dalla Congregazione per i Vescovi, nominando al suo posto uno dei tre vicepresidenti CEI, l'arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti. È una strategia graduale che va di pari passo – come avevamo già detto un mese fa – nella direzione della riforma CEI. Per capirci: il Papa, dicono Oltretevere, non vuole più avere a che fare con la nomina del presidente dei vescovi italiani, privilegio sino ad oggi goduto dalla nostra Conferenza Episcopale. Proprio come toccato a Bergoglio in Argentina quand'era arcivescovo di Buenos Aires, i vescovi italiani in un futuro non lontano dovranno eleggere da soli il loro presidente, senza nomine imposte dall'alto in virtù di logiche esterne alla vita dei vescovi tricolore.
UNO DEL SUD? - Ripetiamo allora – e ci chiediamo di nuovo - da dove potrebbe venire il prossimo presidente dei vescovi italiani, il primo eletto dai confratelli? Molto probabilmente dal Centro-Sud Italia, dove ci sono più diocesi. E guardando un po' all'atlante della geografia ecclesiastica, alcuni nomi spuntano subito: Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto classe 1949; segue l'Arcivescovo di Bari-Bitonto Francesco Cacucci, che però è classe 1943 e tra un paio d'anni prossimo alla pensione; e infine proprio monsignor Pennisi, peraltro molto noto per il suo impegno antimafia. A meno che non spunti un outsider: che per il momento, a guardare specie nel Settentrione d'Italia, non sembrerebbe esserci. Sempreché non si parli di monsignor Giuseppe Zenti vescovo di Verona classe 1947 e salito alla ribalta qualche giorno fa per una presa di posizione contro la crisi, sottolineando come sia: “giusto ridurre le tasse a chi non ce la fa a pagarle” e chiedendo “alle aziende che non riescono a pagare” la riduzione delle imposte. Un bell'appello sociale che potrebbe piacere a Papa Francesco.
BERTONIANI IN DECLINO? FORSE- Infine un'ultima osservazione. Si inneggia in questi giorni alla caduta dei bertoniani. Facciamo osservare a chi “festeggia” che sono ancora al loro posto, Bertone incluso (Commissione Cardinalizia di Vigilanza dello IOR vi dice niente?), e con posti di responsabilità importanti. Un esempio: il bertoniano Domenico Calcagno è presidente dell'APSA (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica), quella che – come ha detto Bergoglio ad Andrea Tornielli nei giorni scorsi – dovrebbe essere “la banca centrale del Vaticano”. E Calcagno a sua volta fa parte della Commissione di vigilanza dello IOR presieduta da Bertone. E nel futuro, come abbiamo scritto proprio qui su Affaritaliani.it, il vero focus delle finanze papali si sposterà all'APSA, specie quando dopo la crisi economica dei nostri anni il patrimonio immobiliare vaticano riacquisterà il suo cospicuo valore. Altro che IOR.
Affari lo aveva detto un mese fa:

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