Il nuovo Imperatore Cristianissimo? Putin: è stato lui l’uomo del 2013, per i cristiani

 ZAR VLADIMIR:
ex oriente Dux?

C’è chi ha pensato a lui come l’uomo dell’anno appena passato. Se riconosciamo il primato alla politica rispetto ad altri campi, anche Papalepapale concorda. Perché Putin ha mostrato di avere i numeri per opporsi all’incofessato – ma sempre vivo – desiderio statunitense di fare del mondo una colonia U.S.A., di saper controllare l’opposizione interna, scadente e corrotta, di porsi come faro per coloro che si ribellano alla deriva morale, vestita a festa dal politicamente corretto, di un Occidente sempre più disinteressato a tutelare i valori cristiani. Vi sembra poco? A noi no.

di Andrea Virga

VirgaSe dovessimo guardare a una persona che si è distinta particolarmente in questo 2013, appena terminato, la scelta potrebbe variare in base ai criteri. Nonostante però sia ormai in uso pescare il proprio candidato nei campi dell’economia o del sociale o della cultura o della religione o addirittura dello sport, noi intendiamo riaffermare non solo l’importanza, ma il primato della politica nella sfera pubblica delle relazioni tra persone, rispetto agli interessi economici o alla “società civile”. Nel nostro mondo occidentale, l’attività politica è declassata a mera amministrazione, in base a quanto deciso altrove, e la stessa classe politica, ancorché indegna, è spesso additata a capro espiatorio per un cancro sociale, le cui metastasi e responsabilità sono ben più articolate. Pertanto, auspichiamo che il Politico, considerato da Aristotele connaturato all’essere umano, torni ad essere al centro della vita pubblica, nel suo significato schmittiano di distinzione tra amico e nemico e di decisione. A questo punto, il nostro uomo s’impone da sé: Vladimir Vladimirovic Putin, Presidente della Federazione Russa, recentemente definito dalla rivista Forbes come il più potente al mondo.

Una carriera dentro e oltre il comunismo sovietico

Ritratto di famiglia con un giovane Putin. Nel 2013 si è però separato dalla moglie.
Ritratto di famiglia con un giovane Putin. Nel 2013 si è però separato dalla moglie.
Ha poco più di sessant’anni, essendo nato a San Pietroburgo (allora Leningrado) il 7 ottobre 1952. Il padre, Vladimir Spiridonovic, era figlio del cuoco della dacia di Lenin e aveva assolto il servizio militare, prima in marina, come sommergibilista, poi nella polizia militare NKVD, durante la Guerra. Anche nella vita civile, era un comunista convinto, membro del Partito e ateo militante. La madre, invece, Maria Ivanovna Shelomova, era una devota cristiana ortodossa, che provvide a battezzare il piccolo Vova e portarlo in chiesa da bambino. Era un ragazzo irrequieto, che faceva arti marziali, col sogno di diventare uno degli eroi dei servizi segreti rappresentati alla televisione sovietica.
Dopo gli studi universitari, l’iscrizione al PCUS e la laurea in diritto internazionale, entra nel KGB, dove lavora inizialmente nel controspionaggio, in particolare alla sorveglianza degli stranieri. Nel 1983, sposa Lyudmila Shkrebneva, dalla quale ha due figlie. Due anni dopo, è trasferito a Dresden, nella Repubblica Democratica Tedesca, dove è rimasto fino al 1990, assistendo alla caduta del Muro e al crollo del mondo in cui era nato e cresciuto. Tornato a San Pietroburgo, si dimette dai servizi, in occasione del tentato putsch contro Gorbaciov, in modo da mettere in chiaro la sua distanza dai vecchi apparati. Al tempo stesso, riallaccia i contatti all’Università di Stato, in particolare con il suo ex-docente Anatoly Sobchak, ora sindaco della città, di cui diventa consigliere per gli affari internazionali.

Tre lustri di potere

Putin da ragazzo. Lo sguardo distaccato è lo stesso di ora.
Putin da ragazzo. Lo sguardo distaccato è lo stesso di ora.
In questo periodo, svolge mansioni dirigenziali prima nell’ufficio del Comune di S. Pietroburgo (fino al 1996), e poi a Mosca, nell’ufficio della Presidenza, facendo rapidamente carriera. Nel 1998, è nominato a capo del FSB, erede del KGB, e l’anno successivo diviene Segretario del Consiglio di Sicurezza e Primo Ministro della Federazione Russa. Pertanto, alle dimissioni anticipate di Boris Eltsin, come da questi previsto, lo sostituisce in qualità di Presidente ad interim, in attesa delle elezioni presidenziali del marzo 2000, che vince con il 53% dei voti. A questo punto, inizia lentamente a consolidare il proprio potere e ad avviare una politica autonoma, con una serie di riforme sociali ed economiche, e una maggiore intraprendenza in ambito estero. Nonostante gravi crisi politiche, come il caso del sottomarino Kursk e degli ostaggi al Teatro di Mosca, il suo operato è premiato dall’aumento rilevante dei consensi.
Nel 2004, è così rieletto con il 71% dei voti. Nel corso del secondo mandato, la pressione da parte dell’opposizione aumenta, ma il sostegno della popolazione russa resta forte, grazie anche agli effetti positivi delle sue politiche. Non potendo ricandidarsi per la terza volta consecutiva, cede temporaneamente lo scettro a Dmitry Medvedev, un esponente moderato del suo stesso partito, Russia Unita, acquisendo però la carica di Primo Ministro, che mantiene per tutta la durata del mandato presidenziale. Dopo aver affrontato con successo sia la crisi economica sia il conflitto militare con la Georgia, si ricandida alle presidenziali del 2012, venendo eletto col 64% dei voti.

L’uomo forte del Cremlino

Putin, il delfino di Eltsin.
Putin, il delfino di Eltsin.
Vediamo ora quale politica abbia condotto in questo periodo di potere. Sul piano interno, il delfino di Eltsin sfodera presto i denti da squalo e ingaggia una lotta serrata per imporre nuovamente ordine ad un Paese allo sbando dopo il collasso del 1991 e la crisi economica del 1998, squassato dal separatismo etnico (come in Cecenia) e dominato dai grandi oligarchi, ex-burocrati della nomenklatura o dei servizi divenuti miliardari ma virtualmente indistinguibili dal crimine organizzato. Alcuni di essi, come Mikhail Khodorkovsky (l’uomo più ricco della Russia), Boris Berezovsky o Vladimir Gusinsky, sono arrestati o costretti all’esilio. Solo la propaganda occidentale poteva trasformare questi autentici mafiosi in paladini della libertà! Altri, invece, non meno loschi, come Roman Abramovic e Arkady Rotenberg, decidono di piegare la testa davanti al nuovo Zar. In particolare, il maggiore sostegno a Putin viene proprio dai suoi ex-colleghi del KGB, vicini al Presidente, che emergono come nuova élite.
A livello amministrativo, c’è una stretta in senso centralista, con il Presidente acquisisce il potere di nominare direttamente i governatori degli 89 soggetti federali, e la divisione di questi in sette distretti economici, diretti da plenipotenziari di nomina presidenziale. In questo modo, lo Stato acquisisce un maggiore controllo sulle periferie, essenziale per combattere la criminalità. Allo stesso scopo mirano le riforme della polizia e delle forze armate, nonché la pubblicazione di nuovi codici legali. I risultati, pur con tutti i limiti dovuti al fatto che la corruzione e il potere degli oligarchi – e quindi delle mafie – restano rilevanti, sono comunque positivi. I delitti diminuiscono statisticamente e la popolazione russa si sente più sicura.

Si vis pacem, para bellum

Vittime della strage di Beslan. Contro i Ceceni Putin usò il pugno di ferro.
Vittime della strage di Beslan. Contro i Ceceni Putin usò il pugno di ferro.
Anche sul piano militare, Putin non si è tirato indietro. Nei primi anni, ha concluso il conflitto in Cecenia, sconfiggendo gli islamisti e mantenendo il controllo della regione. Allo stesso modo, ha usato il pugno di ferro contro il terrorismo di matrice islamista, anche in casi critici come quello della scuola di Beslan. Nel frattempo, l’industria bellica ha ripreso a crescere, ponendo le basi per una riforma delle forze armate nel 2008. È stato ridotto il numero degli effettivi e delle unità, in favore di una struttura più solida e centralizzata e una maggiore preparazione degli ufficiali e dei sottufficiali. Il riarmo ha visto il ritorno di esercitazioni militari nell’Artico, nel Mediterraneo e financo nell’Atlantico, oltre al dispiegamento di sistemi d’arma offensivi come portaerei e bombardieri a lungo raggio. La Russia è tornata ad essere una potenza a tutti gli effetti anche in questo campo, anche se a un livello d’investimenti inferiore rispetto agli Stati Uniti e alla Cina.

Putinomics: il mercato al servizio della nazione

Alcune scelte putiniane in economia hanno favorito la crescita della Russia.
Alcune scelte putiniane in economia hanno favorito la crescita della Russia.
Anche in economia, in soli otto anni, il Paese ha riguadagnato una posizione di primo piano. Il prodotto interno lordo è sestuplicato, salendo dal 22° al 10° posto a livello mondiale, ovvero cresciuto del 72% a parità di potere d’acquisto (7° economia al mondo). I redditi sono aumentati di due volte e mezzo, i salari triplicati, povertà e disoccupazione dimezzate. Il debito sovietico è stato ripagato entro il 2005. Questi risultati significativi non sono stati certo ottenuti attraverso la formula del “più mercato”, ma attraverso un’economia mista, in cui lo Stato ha un ruolo centrale. Da una parte, la tassazione interna è stata ridotta in maniera rilevante, introducendo una flat tax del 13%, e riducendo la pressione fiscale a livelli inferiori rispetto alla maggior parte dei Paesi Europei. Dall’altra, misure protezioniste hanno scoraggiato le importazioni e tutelato le industrie nazionali, penalizzando le delocalizzazioni e attirando gli investimenti stranieri.
Inoltre, lo Stato, oltre a nazionalizzare le proprietà degli oligarchi più riottosi, ha promosso la creazione di grandi conglomerati industriali per risollevare settori importanti dell’economia, come l’aeronautica, la cantieristica, l’industria nucleare e quella nanotecnologica. Certo, un ruolo importante è tuttora svolto dal settore energetico e delle materie prime, per cui la Russia è uno dei primi produttori mondiali. Certo, è grazie alle risorse del suo immenso territorio che è potuta tornare a svolgere il ruolo di grande potenza, che le è stato proprio dai tempi di Pietro il Grande. Tuttavia, con Putin, è cambiato il modo di gestire queste risorse rispetto alla cleptocrazia degli anni ’90, avallata dall’alcolista Eltsin e dalle potenze occidentali, storici rivali della Russia.

Il campione del multipolarismo…

L'egemonia americana sul pianeta ora è a rischio. E Obama se ne è reso conto.
L’egemonia americana sul pianeta ora è a rischio. E Obama se ne è reso conto.
Lo stesso è avvenuto in politica estera, dove la Russia di Putin rappresenta uno dei capisaldi del cosiddetto multipolarismo, ossia la concezione geopolitica per cui all’egemonia unilaterale degli Stati Uniti e della NATO (unipolarismo) si deve sostituire un rapporto paritario tra i principali blocchi continentali e subcontinentali, a partire dai c.d. BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), che ormai competono con le vecchie potenze occidentali (Stati Uniti, Germania, Giappone, Francia, Regno Unito). Il nuovo zar ha subito stretto alleanza con gli altri BRIC, costituendo la Shanghai Cooperation Organization (SCO) con la Cina e altri Paesi centroasiatici, e allacciando rapporti di cooperazione strategica anche con l’India, nonché Paesi più lontani come l’Indonesia, il Brasile, il Venezuela e Cuba. Nel Medio Oriente, i suoi partner privilegiati restano l’Iran e la Siria, ma non mancano rapporti positivi tra la Russia e Israele, tramite il partito nazionalista laico Yisrael Beiteinu, composto da Ebrei russi di recente immigrazione.
Questo ha portato ad un antagonismo nei confronti delle iniziative statunitensi e atlantiche, temperato solo dal fatto che la Russia è rimasta a lungo tempo in una posizione d’inferiorità rispetto alla superpotenza a stelle e strisce. In particolare, ha dovuto difendersi dai tentativi occidentali di strangolare la nazione eurasiatica stabilendo basi militari e regimi amici nei Paesi ex-sovietici. In quest’ottica si deve vedere l’allargamento ad est dell’Unione Europea e della NATO. A questo hanno mirato, essenzialmente, le Rivoluzioni Colorate finanziate e promosse dal gangster finanziario George Soros. I casi più eclatanti sono quelli dell’Ucraina, con Yushchenko e la bionda “pasionaria” Yuliya Timoshenko che hanno fatto leva sulla russofobia delle regioni occidentali, e della Georgia di Saakashvili. Contro quest’ultima, le forze russe sono intervenute militarmente, a tutela delle minoranze etniche abcasa e osseta, le quali avevano dichiarato unilateralmente la loro indipendenza nel 1993.

… e l’amico di Silvio

Putin e Berlusconi.
Putin e Berlusconi.
Viceversa, con il Kazakistan di Nursultan Nazarbayev e la Bielorussia di Aleksandr Lukashenko sono stati mantenuti ottimi rapporti d’alleanza. E anche l’Europa resta comunque un valido partner commerciale della Federazione Russa, specie come acquirente per il gas e il petrolio. Non a caso, i due Paesi europei con il maggior flusso commerciale con la Russia sono la Germania e l’Italia. In particolare, il nostro Paese aveva intensificato questi rapporti durante il governo di Silvio Berlusconi, il quale ha sempre intrattenuto rapporti amichevoli con Vladimir Putin sul piano personale. Questa amicizia – come pure quella con Gheddafi – ha contribuito a rendere Berlusconi sgradito all’opinione pubblica liberale e progressista in Italia e in Europa, e quindi alla sua caduta. D’altra parte, anche Putin ama i piaceri della vita come il suo sodale italiano, benché con maggiore discrezione.

Tra Mussolini e Chuck Norris: il mito di Putin

La sua figura assume ogni giorno che passa un'importanza fondamentale. E cresce il suo mito.
La sua figura assume ogni giorno che passa un’importanza fondamentale. E cresce il mito di Putin.
Anche nel suo rapporto con le masse, Putin ha sicuramente dei punti in comune con Berlusconi, per quanto il suo forte protagonismo assuma i tratti cesaristici dell’uomo forte asiatico, più che quelli dell’imbonitore brianzolo, arrivando a ricordare il Duce della “Battaglia del Grano”. Non c’è posa virile in cui non sia stato ritratto: ha pilotato auto da corsa, aerei militari e perfino un canadair per spegnere un incendio boschivo; praticato arti marziali (è cintura nera di sambo, judo e karate), motociclismo, equitazione, canottaggio, pesca e nuoto nei fiumi siberiani (rigorosamente a torso nudo), si è immerso in un sottomarino e da subacqueo ha visitato un sito archeologico; ha addormentato tigri, tranquillizzato orsi polari, tracciato balene, pescato storioni e salvato aironi in pericolo. Non ha neanche disdegnato attività più culturali, come cantare accompagnandosi al pianoforte e dipingere a scopo di beneficienza.
Ciò ha avuto un impatto notevole sulla cultura popolare russa: gli sono state dedicate numerose canzoni e perfino fumetti e libri per bambini, per tacere del merchandising con la sua immagine: dalla vodka e il caviale alle magliette e al cibo in scatola. Addirittura, alcune studentesse dell’Università di Mosca avevano posato per un calendario come dono per il suo 60° compleanno. Si sprecano ovviamente le barzellette su di lui. Pure nel resto del mondo, non mancano i suoi ammiratori sul piano politico e non, tanto da dar vita ad un culto semiserio della personalità, analogo a quello tributato su internet all’attore texano Chuck Norris. Una leggenda metropolitana racconta:
Quando l'ironia cresce, vuol dire che è cresciuto anche il personaggio.
Quando l’ironia cresce, vuol dire che è cresciuto anche il personaggio.
«La notte della caduta del Muro a Dresda qualche centinaio di tedeschi ubriachi ha prima distrutto un edificio della STASI e poi si sono apprestati a fare lo stesso con un edificio contiguo del KGB. Nell’edificio c’erano alcuni agenti russi tra i quali un tenente colonnello, costui è uscito dicendo che quello era un edificio appartenente all’URSS e che se avessero toccato qualcosa, nella sua pistola c’erano 12 colpi, dei quali 11 erano per loro, e il dodicesimo lo avrebbe riservato per se. I tedeschi si sono dispersi. Quell’ufficiale era Vladimir Putin.»
Non c’è quindi dubbio che egli goda effettivamente del consenso della maggioranza della popolazione russa, più ancora che non il suo partito, Russia Unita.

La vera opposizione russa è ancora più estremista

Vladimir Zhirinovsky, uno degli oppositori di Putin.
Vladimir Zhirinovsky, uno degli oppositori di Putin.
Ovviamente esiste anche un’opposizione in Russia, che descriveremo in maniera sommaria. L’opposizione parlamentare è quella maggioritaria e, in realtà, condivide a grandi linee la stessa impostazione patriottica di Putin. Russia Giusta, vicina a Medvedev, rappresenta una versione di Russia Unita un po’ più moderata in politica estera e socialdemocratica. Alle ali estreme, ci sono due ampie formazioni che accusano Putin di essere troppo liberale e occidentalizzato. Una è il Partito Liberal Democratico (sic!) di Vladimir Zhirinovsky, un ultranazionalista russo di origini ebraiche al cui confronto Borghezio è un’opinionista di Repubblica, tanto da essere persona non grata in numerosi Paesi. L’altra è il Partito Comunista della Federazione Russa di Gennady Zjuganov, che ha abbandonato l’ateismo e l’internazionalismo, per una ripresa del nazionalcomunismo stalinista. Il PCFR critica il capitalismo russo e propone un più ampio programma sociale e la nazionalizzazione delle proprietà degli oligarchi.

Dittatore fascista all’estero, statista democristiano in Patria

Lui dittatore? Ne siamo certi?
Lui dittatore? Ne siamo certi?
Se qui in Italia avevamo un centrodestra liberista e filoatlantico accusato dal centrosinistra di non esserlo abbastanza, in Russia hanno un centrodestra nazionalista ed antiamericano, accusato dalla sinistra di non esserlo a sufficienza. Putin ha sempre assunto una politica centrista nello scacchiere interno, mediando tra le diverse sensibilità politiche. Ad esempio, pur ammonendo che gli immigrati devono parlare il russo e rispettare le leggi, ha ribadito che la Federazione Russa è un Paese plurietnico e tollerante, rintuzzando gli ultranazionalisti. Allo stesso modo, pur appoggiando e promuovendo le leggi che impediscono la propaganda omosessualista verso i minori, ha predicato tolleranza e accettazione verso le persone omosessuali. I media occidentali lo ritraggono come un feroce dittatore fascista, dimenticando che la Russia ha recentemente proposto una risoluzione ONU contro il nazismo, approvata nonostante il voto contrario degli Stati Uniti.

Tagliatori di teste e bombaroli benedetti dal mondo libero

Manifestazione neonazista in Russia.
Manifestazione neonazista in Russia.
In effetti, a parte il fatto che l’invasione del 1941, costata all’URSS circa 26,5 milioni di morti, non ha lasciato un bel ricordo della svastica, i neonazisti russi (quelli veri), non di rado decapitano gli immigrati e poi ne postano il video su internet. In realtà, la risoluzione è mirata a contrastare quei gruppi ultranazionalisti e russofobi nei Paesi ex-sovietici che si rifanno alla lotta di quei combattenti o quei popoli che si allearono con Hitler contro l’oppressione staliniana. Ancora oggi, l’Occidente non si fa scrupoli di benedire l’estrema destra – la stessa che ipocritamente demonizza in casa propria – pur di contrastare Putin. È il caso di Svoboda in Ucraina, amici di Forza Nuova, o dei Nazional-Bolscevichi in Russia, pienamente integrati nell’opposizione liberale.
D’altra parte, per i lavori sporchi, ci sono sempre i fondamentalisti islamici. Si tratta della stessa compagine di jihadisti salafiti reclutati da Al-Qaeda per conto CIA che ha iniziato la sua carriera proprio contro l’Armata Rossa in Afghanistan, e ha proseguito contro i Serbi in Bosnia, salvo diventare terroristi nel 2001, quando hanno dato il pretesto per invadere Iraq e Afghanistan e intervenire coi droni in Pakistan, Yemen e Somalia. Recentemente, sono tornati ad essere “combattenti per la libertà” in Libia, Egitto e Siria, ma hanno sempre preso di mira la Russia, fin dalle due guerre in Cecenia, epicentro dell’insorgenza islamista volta ad instaurare un emirato fondamentalista nel Caucaso. In questi anni, si sono contraddistinti per l’efferatezza delle loro gesta nei confronti dei civili – a Beslan nel 2004 così come nei giorni scorsi a Volgograd. È un caso che quest’ultima serie di attentati segua il rifiuto di Putin di accordarsi con i sauditi sulla questione siriana?

Pochi e confusi nei numeri e nelle idee

Una protesta delle Femen.
Una protesta delle Femen.
E a proposito dell’opposizione di piazza, essa raccoglie formalmente un ombrello di forze sovversive di tutto “rispetto”: anarchici, femministe, ecologisti, trotzkisti, sindacati, liberali, omosessualisti, libertari, neonazisti, radicali, non manca nessuno al serraglio colorato su libro paga di Soros e delle altre ONG targate Washington o Bruxelles. Anche tra i leader, c’è grande varietà: si va dallo scrittore punk nazionalbolscevico Eduard Limonov, allo scacchista Garry Kasparov, all’oligarca mafioso Khodorkovsky, all’ex-ministro corrotto di Putin Mikhail Kasyanov. Riesce difficile, in effetti, pensare ad un programma comune concreto per un eventuale dopo-Putin. Ad un sì gran numero di sigle, non corrisponde però altrettanta partecipazione popolare: le proteste negli ultimi anni hanno portato in piazza non più di 160.000 persone a Mosca (a voler prendere per buone le cifre degli organizzatori). È un po’ poco per una metropoli di 11 milioni e mezzo di abitanti!

Il pugno di velluto dello Zar

Le Pussy Riot, liberate di recente.
Le Pussy Riot, liberate di recente.
Tuttavia, checché ne dicano i nostri media, la Russia è ben lungi dall’essere una dittatura. Certo, è ancora travagliata da una situazione sociale difficile e da una corruzione rampante che danneggia la vita politica e le libertà personali, ma questo è una conseguenza del traumatico passaggio dal comunismo sovietico al capitalismo selvaggio, favorito dallo stesso Gorbaciov, burocrate sovietico che è invece osannato in Occidente. Naturalmente, la “democrazia sovrana” di Putin si difende da coloro che intendono sovvertire e rovesciare la sovranità del popolo russo. E si sa che la polizia locale non va molto per il sottile, come ha potuto costatare di persona un altro Vladimir, in arte Luxuria. Tuttavia, il nostro Vladimir sa anche essere misericordioso, come testimonia la recente amnistia, di cui hanno beneficiato, tra gli altri, le Pussy Riot. Si spera che la boccata d’aria siberiana abbia rinfrescato le idee a quelle sciagurate.
Anna Politovskaja con il suo amato cane. Il suo omicidio rimane un'ombra nella vita di Putin. Ma fu lui il mandante?
Anna Politovskaja con il suo amato cane. Il suo omicidio rimane un’ombra nella vita di Putin. Ma fu lui il mandante?
Anche il caso Politkovskaja, spesso tirato in ballo al riguardo, andrebbe considerato più attentamente. Come ricordato dallo stesso Putin ai manifestanti che gli rinfacciavano l’assassinio della giornalista: la sua morte ha aumentato la sua fama e la sua popolarità, specie all’estero, per cui è stata controproducente per il governo russo. È molto più probabile che il mandante sia stato un’oligarca – probabilmente il governatore della Cecenia Ramzan Kadyrov – che pensava di fare un regalo al Presidente (o di eliminare un nemico, gettando la responsabilità su di lui). Se poi si vuole credere che un ex-agente del KGB sia così poco furbo da far assassinare un dissidente il giorno del proprio compleanno, creando un martire…

La voce di Mosca: Dio, Patria, Famiglia

Manifestazione pubblica del proprio credo. Difficile che oggi un politico compia un gesto del genere.
Manifestazione pubblica del proprio credo. Difficile che oggi un politico compia un gesto del genere.
Veniamo, infine, al rapporto tra Putin e la religione. Proseguendo la linea intrapresa fin dall’inizio della nuova Russia postcomunista, egli ha sempre tutelato la libertà religiosa, in particolare delle quattro religioni considerate storiche: il cristianesimo ortodosso, il giudaismo, l’islam e il buddismo. Egli stesso nel 2007 ha promosso la riunificazione tra la Chiesa Russa Ortodossa sopravvissuta all’URSS e quella fondata in esilio. I suoi rapporti col Patriarcato di Mosca sono sempre stati cordiali e molti stretti. Allo stesso modo, a fianco della lotta contro i fondamentalisti islamici, non è mancato il rispetto verso altre correnti islamiche, come il sufismo e lo sciismo, tanto che egli gode di buona stampa presso varie minoranze musulmane, quali i Tartari. E pure la comunità ebraica russa ha un ottimo parere di Putin.
In un contesto in cui milioni di russi sono tornati a credere in Dio, il Presidente, si è, infatti, sempre adoperato per assicurare buoni rapporti tra lo Stato e le varie religioni, compresa quella cattolica, di “importazione” piuttosto recente, ma ormai ben presente, nonostante la diffidenza degli ortodossi. Putin ha sempre guardato positivamente il dialogo tra cattolici e ortodossi, ritenendo giustamente che uno Stato plurietnico come quello russo debba fondarsi sulla concordia tra i vari gruppi etnici e religiosi. Per questo, ha deciso di tutelare la famiglia naturale, limitando la propaganda dei gruppi omosessualisti e impedendo l’adozione dei bambini russi da parte di coppie omosessuali. E allo stesso modo, sensibile alle tematiche famigliari, ha varato riforme sociali atte a combattere la gravissima crisi demografica in cui versava il Paese, riuscendo ad arginare l’emorragia di popolazione causata dalla bassa natalità e dall’alta mortalità.

Credente ma non esibizionista

Putin con il Patriarca Kirill
Putin con il Patriarca Kirill
Al tempo stesso, egli non ha mai insistito più di tanto sulla propria religiosità personale, diversamente da altri politici: «Ci sono cose cui credo che non dovrebbero essere, almeno nella mia posizione, date in pasto al pubblico, poiché suonerebbe come un’autopromozione o uno striptease politico». Del resto, la sua vita privata, pure molto discreta, non manca di scappatelle extraconiugali, che potrebbero aver contribuito alla recente separazione dalla moglie. Tuttavia è assodato che egli sia un cristiano ortodosso. Battezzato da piccolo, come abbiamo accennato, avrebbe ritrovato la fede dopo esser scampato ad un incidente d’auto (1993) e a un incendio nella sua dacia (1996). Legge la Bibbia e porta sempre al collo una croce che sua madre gli diede da far benedire in occasione di un suo viaggio ufficiale in Terrasanta, e in occasione del recente incontro con il Santo Padre Francesco ha baciato un’icona della Madonna, in segno di rispetto e devozione.

Il calvario dei cristiani del Medio Oriente

Cristiani perseguitati in Medio Oriente. Li ha ricordati Putin.
Cristiani perseguitati in Medio Oriente. Li ha ricordati Putin.
Proprio questo incontro è importante per comprendere meglio la nostra scelta di proporre Putin come personaggio del 2013. Oltre ad aver parlato dei rapporti tra cattolici e ortodossi in Russia, ma soprattutto Ucraina (dove al conflitto tra eurofili e russofili si sovrappone quello tra uniati greco-cattolici e russo ortodossi), la conversazione si è concentrata sul Medio Oriente, dove l’avanzata dell’islam radicale minaccia le comunità cristiane che vivono da duemila anni in quei Paesi.
Ancora cent’anni fa, nonostante secoli e secoli di dominio islamico, i cristiani rappresentavano una minoranza consistente ed economicamente influente in tutto il Levante, dall’Egitto alla Turchia, dall’Iraq alla Palestina. Poi, a causa dell’aumento demografico dei musulmani e dell’emigrazione, avevano perso man mano questa preminenza. Le rivolte arabe del 2011 hanno segnato la fine di molti regimi laici e nazionalisti che costituivano una barriera contro le forze islamiste. Oltre al caso dell’Egitto, dove i militari hanno reagito estromettendo dal potere i Fratelli Musulmani, è soprattutto importante il caso siriano.

Solo Dio, Siria e Bashar!

Sostegno concreto e non solo strette di mano ad Assad.
Sostegno concreto e non solo strette di mano ad Assad.
In Siria, da due anni, si combatte contro il Presidente Bashar al-Assad, nonostante le riforme varate in risposta alle proteste di piazza. La patina di presentabilità degli insorti data da una manciata di intellettuali democratici è ormai svanita mostrando la realtà di gruppi islamisti (non di rado in contrasto violento tra loro) che insanguinano il Paese. Con il pretesto di opporsi al laico alauita Assad, questi tagliagole fanno pulizia etnica delle minoranze religiose (alauiti, sciiti, cristiani). Migliaia di nostri confratelli hanno conosciuto il martirio ad opera di queste orde di assassini. Non c’è da stupirsi dunque se il legittimo governo reagisce con la forza. Ovviamente, gli Stati Uniti hanno visto subito l’occasione di intervenire, come in Libia, a sostegno dei ribelli, in modo da eliminare un Paese scomodo, alleato con l’Iran e ostile ad Israele. Soprattutto, la Siria ospita una base navale russa a Tartus, l’unica nel Mediterraneo. Questo fattore però ha fatto sì che questa volta Putin abbia deciso di puntare i piedi, armando il suo alleato ed imponendo il veto, nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ad ogni intervento militare nel Paese.
A scorno della retorica teocon, i cristiani arabi non sono mai stati difesi dagli interventi occidentali, bensì dai dittatori nazionalisti e socialisti, che hanno sempre tutelato la libertà religiosa. Si è visto in Iraq a cosa abbia portato la caduta di Saddam per le comunità cristiane: persecuzioni, terrore, morte, esilio. Ora in Siria è Bashar al-Assad a difendere concretamente le millenarie comunità latine, melchite, ortodosse, armene dalle stragi e dai massacri dei tagliatori di teste salafiti, finanziati dagli sceicchi del Golfo. Tuttavia, anche lui non avrebbe potuto resistere alla pressione internazionale senza il sostegno concreto di Vladimir Putin.

Defensor Fidei

Putin: avanti così.
Putin: avanti così.
Al Presidente Putin, che è intervenuto fattivamente per difendere i nostri fratelli cristiani della Siria, mentre i vari politici democristiani o conservatori europei nicchiavano o flirtavano coi terroristi; allo “Zar” Putin, che ha riportato la Russia alla sua vocazione imperiale, facendone un freno nei confronti dell’imperialismo a stelle e strisce; a Vladimir Putin, che ha difeso la famiglia naturale, contro gli strilli delle scrofe allevate nei porcili euroamericani, non può quindi, al di là delle umane imperfezioni, che andare il nostro sostegno e il nostro elogio.