ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 24 giugno 2014

In gita col kapò

Il “partito” del Commissario Volpi in udienza dal Papa

Francescani dell'Immacolata(di Fabio Cancelli) L’incontro del Papa con i giovani studenti (e altri meno giovani) dei Francescani dell’Immacolata è avvenuto nella mattina del 10 giugno scorso, presso la Cappella di S. Marta, ma la notizia esce solo il 23 giugno, con un articolo di Tornielli e con qualche foto postata su Facebook, ma nella totale ignoranza dei media vaticani. Come mai solo dopo 13 giorni viene data la notizia? Già questo inizia ad essere fonte di numerosi dubbi, che si infittiscono esaminando il tutto.

I partecipanti all’udienza privata con il S. Padre vengono scelti accuratamente, quasi uno ad uno, ma senza sapere, fino al giorno stesso designato, e fino a quando non si erano già messi in cammino per raggiungere S. Pietro, dove stessero andando. Chi diceva che andavano in pellegrinaggio a S. Pietro, chi sapeva che c’era un incontro speciale con il Commissario. Ma quasi nessuno dei frati convocati (i novizi, i seminaristi rimasti, e alcuni professi, guidati dai Padri contestatori,) sapeva dove veramente andavano quel mattino.
Sorpresa: dopo pochi minuti di attesa si è dinanzi al S. Padre. Poco prima, fuori, il maestro della cerimonia e vero artefice dell’incontro, P. Angelo M. Gaeta con il Commissario dava disposizioni su come comportarsi alla presenza del Papa. Niente domande spontanee, ma devoto ascolto, e alla fine un veloce baciamano, senza soffermarsi troppo. Il Papa era impegnato. Il giorno prima, infatti, aveva anche cancellato le udienze.
All’appello però mancano tanti frati. Mancano i Fondatori dei Francescani dell’Immacolata, e il “partito” dei frati rimasti fedeli al Fondatore. Rimasti fedeli non per essere contro il Papa, ma per non vedersi distruggere in pochi mesi, e senza mai conoscere le vere motivazioni, quanto avevano cercato di costruire con l’approvazione dei Papi. Qualcuno dei nuovi superiori ha voluto giustificare davanti ai seminaristi questa assenza eclatante dicendo che erano stati convocati solo i frati obbedienti.
Non era quello un momento opportuno per far rinsavire i disobbedienti e costringerli, alla presenza del S. Padre, a convertirsi e a lasciare la loro ostinazione? Non sono i malati che hanno bisogno del medico? E perché invece proprio questi sono stati lasciati completamente all’oscuro? Poteva essere il vero momento della riconciliazione nella verità davanti al Papa. E invece? Non dovevano piuttosto essere convocati i frati e i sacerdoti che hanno chiesto di lasciare l’Istituto perché potessero fornire apertamente le ragioni di una scelta così grave? Questi sono semplicemente dei numeri? Dispiace constatarlo ma è proprio la mentalità di un’incipiente nuova setta che si profila: tenere stretti stretti i propri adepti squalificando con la menzogna e con la calunnia gli altri, cacciandoli via dal gruppo. L’udienza con il S. Padre non è stata voluta, dunque, per trovare una soluzione alla crisi dell’Istituto nella verità e nella carità, ma solo per arrestare l’emorragia interna, di molti, di tanti, i quali, convinti da questo modo di agire settario e partitico dei nuovi superiori, chiede di lasciare una siffatta vita religiosa.
Con il Papa i frati hanno parlato di molte cose. Tornielli ci informa di alcune, ma altre non sono state riportate e anche qui non si capisce proprio il perché.
Il Papa ha chiuso il Seminario e certamente ha il potere di farlo. Ma chi lo ha informato? I visitatori del seminario e il Commissario stesso hanno sempre negato che ci fossero problemi gravi tali da mettere a rischio la sua vita futura. Eresie dottrinali, scandali morali, omosessualità e pedofilia acclarate? Sembra di no. Allora cosa?
Si è parlato poi del carisma e del fondatore in relazione al Papa. Chi è il garante del carisma? Ovviamente il Papa. Ma quando, dove, il Fondatore ha voluto sostituirsi al Papa? Non è piuttosto vero che sempre il Papa ha approvato quanto i Fondatori hanno scelto e hanno insegnato ai loro frati?
Il Concilio Vaticano II è sì pastorale ma anche dottrinale e ne va fatta una lettura teologica non ideologica, sui passi di Benedetto XVI. Eppure il metodo usato dai nuovi superiori per denigrare quanto fatto prima è spaventoso: si sono allarmati, da robusti ignoranti, al solo sentire la parola “critica”. Il Concilio non si tocca, guai a dire qualche parola in più che non accarezzi gli orecchi sensibili della vulgata comune.
E poi il tema della povertà. Il S. Padre ha raccomandato al Commissario e ai frati di essere poveri, anzi di essere come «zingari» (S. Francesco avrebbe detto «pellegrini e forestieri in questo mondo»), ma il concetto è chiaro: non bisogna legarsi a sicurezze terrene come case o conventi. Di fatti da un bel po’ il Commissario non fa che accusare falsamente il P. Manelli di aver dato i beni dell’Istituto ai suoi familiari, beccandosi un bel po’ di denunce. I beni appartengono, come è sempre stato, ad alcune associazioni non-profit, proprio per permettere ai frati di essere veramente poveri, nell’ottica di Papa Francesco.
Infine, la S. Messa secondo il Vetus Ordo. Il Papa ha ristretto il diritto di celebrarla solo per verificare se effettivamente c’era stata una costrizione da parte dei precedenti superiori. Una volta appurata la libertà nel chiederla, il Commissario avrebbe dovuto concederla. Avrebbeperché di fatti, in un clima di dialogo lodato dal Papa, ma che non c’è mai stato, il Commissario non solo non ha mai ridato il permesso di celebrarla (se non a qualche parroco), ma non ha neppure risposto alle numerose richieste di celebrazione della liturgia antica. Addirittura, in alcuni casi, ha inventato la scusa che il permesso di celebrare era stato estorto ai vescovi con malizia e prepotenza.
L’udienza si è conclusa. Come speravano in molti, dopo un veloce saluto al Papa, finalmente il congedo. Ma un frate presente non è riuscito a trattenere lo sconcerto e la tristezza di aver assistito a un incontro senza la presenza dei Fondatori, chiamati in causa continuamente ma ahimè assenti. Così quel frate ha avuto il coraggio di dire al Papa: non è vero che P. Manelli è contro il Papa, contro la Chiesa, ma chiede umilmente e semplicemente di essere ascoltato, di poter dire anche la sua opinione in merito. Il Papa ha risposto che le porte di S. Marta sono aperte anche ai Fondatori. Uno dei nuovi superiori lì presente, non contento per questo sgarbo sfuggitogli di mano, si è accostato subito dopo all’orecchio del Papa e gli ha sussurrato di non credere alle cose dette da quel tale. Un vero omicidio spirituale contro un fratello. Quel superiore purtroppo, in modo così vistoso, non ha messo in pratica le ripetute prediche di Papa Francesco contro il giudizio, la calunnia, il parlare male e il presumere della cattiva coscienza degli altri. Basterebbe ciò per fare capire al Pontefice qual è il vero marcio spirituale che è dietro tutta questa faccenda. Gelosie, invidie, pettegolezzi, risentimenti, carrierismo. Cose umane, troppo umane.
P. Manelli, sin dall’inizio del commissariamento, è stato confinato in un convento del basso Lazio nei pressi di Cassino, e di fatti è stato costretto al domicilio coatto. Ogni suo spostamento fuori dei confini della diocesi nella quale si trova deve essere “autorizzato” dal Commissario. Autorizzazione che può anche non esserci, come è avvenuto di recente, negandogli di recarsi a Frigento (Avellino) per celebrare sulla tomba dei suoi genitori. Non si tratta praticamente di un arresto domiciliare senza però avergli inflitto una sanzione? Esilio certamente, con ogni cautela che non si muova per andare a incontrare il Papa.
Il frate che ha difeso P. Manelli davanti al Papa non ha chiesto di uscire perché rifiuta il Concilio Vaticano II. È un escamotage costruito ad arte per screditare ancora una volta i frati che chiedono di uscire, invece, a causa del comportamento scorretto e falso dei nuovi superiori (si veda la lettera aperta di un ex frate che denuncia pubblicamente il comportamento di P. Bruno;qui invece un dossier che dimostra la doppiezza dei nuovi superiori).
O Frati Francescani dell’Immacolata non sono entrati in convento perché si parlava male del Concilio, ma solo perché si conduceva un certo stile di vita conforme alla tradizione della vita religiosa. È questo che è venuto a mancare in pochi mesi e per questo i frati, sempre più numerosi, chiedono di andarsene. A meno che il Papa non conceda la grazia anche all’altro partito di essere ascoltato e di difendersi da tutte le accuse che gli vengono mosse. (Fabio Cancelli)

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