ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 14 settembre 2014

Novità terrificante ?

Il Papa: “Fermare la guerra”. L'analisi del filosofo Scarcella

Il Papa: la guerra distrugge, è follia. E il filosofo Cosimo Scarcella sceglie Affaritaliani.it per

commentare le parole del pontefice: "La novità terrificante dell’ultimo intervento è stata la sua aperta e chiara accusa che la guerra è scelta e decisa dalla libera volontà di alcuni uomini. Le guerre sono possibili – ha detto – “perché oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere". La storia del passato e le esperienze del presente documentano, infatti, che le guerre sono generate o dal fondamentalismo religioso o dalla brama di potere economico e politico, ma..."

La pace sembra essere la chimera degli ottimisti utopici; la guerra la realtà tragica, ma necessaria e inevitabile. “Fermare la guerra” aveva già gridato il papa qualche giorno fa; e, con lo sguardo rivolto sulle tombe dei caduti in guerra, ha ripetuto: “Dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale si si può parlare di una terza guerra combattuta ‘a pezzi’, con crimini, massacri, distruzioni”. La novità terrificante dell’ultimo intervento è stata la sua aperta e Chiara accusa che la guerra è scelta e decisa dalla libera volontà di alcuni uomini: le guerre sono possibili – ha detto – “perché oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!”.
La storia del passato e le esperienze del presente documentano, infatti, che le guerre sono generate o dal fondamentalismo religioso o dalla brama di potere economico e politico. Negli ultimi tempi in campo religioso abbiamo assistito a numerose concrete iniziative di dialogo e di riavvicinamento. Non si può dire la medesima cosa nel campo politico, in cui indubbiamente anche i “grandi” si riuniscono, ma per trovare equilibri di dominio e di ricchezza, Il loro dialogo si fonda sul compromesso politico e sul ricatto economico; unico argomento da discutere è sempre quale profitto si possa trarre dal diniego o dall’accettazione di una proposta. Ed è terrificante leggere che si è giunti persino alla conclusione (condivisa) di promuovere delle guerre per spegnerne delle altre e addirittura dell’opportunità di “inviare armi per vendicare stragi”.
Non a caso lo stesso pontefice alcuni giorni prima aveva dovuto sottolineare: “Ho detto ‘fermare’ e non "bombardare’ la guerra!”. Sono gli uomini a decidere la guerra e la pace: quindi possono scegliere di perseverare o cambiare rotta. Molto significativo è stato l’aver puntato il dito sulla “industria delle armi, che sembra essere tanto importante!”. Affermazione questa, che ci rimanda a circa settanta anni fa, quando Pio XII, sfidando la “follia” del nazismo e del fascismo, leggeva e trasmetteva i radiomessaggi natalizi degli anni 1940-1942, che rappresentarono – secondo il giudizio dell’ambasciatore tedesco di allora, Von Weizsäcker, "un manuale completo per il ritorno alla ragione internazionale".Rivolgendosi direttamente ai responsabili della guerra, il pontefice, elenca i principi su cui doveva nascere dalle macerie della guerra il nuovo ordine: vincere l’odio serpeggiante tra i popoli, ridare dignità al diritto internazionale, eliminare la priorità dell’utilitarismo, controllando le divergenze in economia mondiale, eliminare lo squilibrio tra un esagerato armamento degli Stati potenti e il deficiente armamento dei deboli, scendere a un ampio e proporzionato limite nella fabbricazione e nel possesso di armi offensive; nel messaggio del 1942, infine, il papa si spinse oltre, concentrandosi soprattutto sui principi sociali e morali che dovevano essere "il sostrato e il fondamento di norme e leggi immutabili per costruzioni sociali di interna solida consistenza". 
Quei messaggi allora non furono accolti benevolmente da parte di tutti. Il sacerdote modernista Ernesto Bonaiuti, per esempio, notò che il Natale, occasione propizia per riflettere sui lutti dell’umanità, serviva al papa per “ammannire dalla radio vaticana una lezione di diritto internazionale”; il cattolico fascista Giovanni Papini giunse a scrivere: “Il papa somiglia a uno che dinanzi a una metropoli in fiamme faccia saggi discorsi, per dimostrare che ai bambini non vanno affidate le scatole di fiammiferi".
Ed è risaputo il sarcasmo di Benito Mussolini: “Il Vicario di Dio – disse - non dovrebbe mai parlare: dovrebbe restare tra le nuvole".Oggi gli tutti si augurano che I responsabili del governo dei popoli e delle nazioni diano ascolto al dolore del papa, che avverte: “E’ proprio dei saggi riconoscere gli errori, provarne dolore, pentirsi, chiedere perdono e piangere”. Sperano che a questo Papa, che si appresta a parlare nell’aula dell’Unione Europea, non accada ciò che accadde con papa Giovanni XXIII, che nella crisi di Cuba, grazie anche a queste precedenti posizioni della chiesa cattolica, poté rivolgersi alle due massime potenze, che minacciavano di far precipitare il mondo nel baratro di un conflitto nucleare: “Noi supplichiamo – disse - tutti i governanti a non restare sordi a questo grido dell'umanità. Che facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace”. Fu ascoltato. Ma fa riflettere ciò che il russo Anatoly Krasikov riferisce nella biografia di Giovanni XXIII: "Resta curioso il fatto che negli Stati cattolici non si riesca a trovare traccia di una reazione ufficiale positiva, all'appello papale alla pace, mentre l'ateo Kruscev non ebbe il più piccolo momento di esitazione per ringraziare il papa e per sottolineare il suo ruolo primario per la risoluzione di questa crisi che aveva portato il mondo sull'orlo dell’abisso".
di Cosimo Scarcella
Schönborn: "Non dimentichiamo le lezioni della storia: Napoleone, Hitler..." Il cardinale: Europa e Russia cerchino il dialogo   
Corriere della Sera

(Gian Guido Vecchi, intervista al cardinale Christoph Schönborn) Eminenza, il Papa torna a parlare di una Terza guerra mondiale «combattuta a pezzi", che ne dice?
«Ciò che sta accadendo adesso in Ucraina è pericolosissimo. Già nella Prima guerra mondiale i più ragionevoli in Europa dicevano: non fare la guerra con la Russia».
Il cardinale Christoph von Sch
önborn, 69 anni, finissimo teologo domenicano con studi di psicologia e teologia tra la sua Vienna, la Sorbona e Ratisbona, rampollo di un'antichissima famiglia dell'aristocrazia boema, esce da un'auto qualsiasi fuori dal Sacrario, apre l'ombrello e passa tranquillo tra i fedeli per raggiungere il suo posto. Prima di arrivare qui, nel cimitero di centomila italiani, Francesco ha pregato sulle tombe dei nemici di allora, nel cimitero austroungarico. Un gesto significativo anche per l'oggi, come la presenza dell'arcivescovo di Vienna. "Per me è importante essere qui, con il Santo Padre, a pregare per i morti delle due parti. La guerra è folle».
Eminenza, la Prima guerra mondiale fu una catastrofe politica, prima che umana... 
«Non dobbiamo dimenticare, mai, la lezione della storia. Napoleone, Hitler....il pericolo è enorme. Europa e Russia devono stare assieme, cercare il dialogo. Certo, in Russia non sono dei santi, ma neanche noi lo siamo. Anche le condizioni in Medio Oriente richederebbero che le grandi potenze, dagli Stati Uniti alla Russia, per così dire "obligassero" alla pace».
Che cosa dice la presenza di Francesco, oggi, davanti a questi centomila morti?
 
«Dice la follia della guerra. Non dobbiamo mai dimenticare ciò che hanno detto i Papi. Le parole di Benedetto XV che esortava i capi delle nazioni a fermare l''inutile strage" della Grande Guerra. O quelle di Giovanni Paolo II, alla vigilia della prima e della seconda Guerra del Golfo. Abbiamo visto che cosa è succeso. Fino al messaggio fantastico che Francesco pronunciò il primo settembre dell'anno scorso...».
L'Angelus che disse mentre si annunciava un intervento militare imminente in Siria?
 
«Sì. Le parole del Santo Padre cambiarono in modo decisivo la situazione che si era creata tra Stati Uniti e Russia sulla Siria. Gli americani stavano per intervenire, era previsto martedì. Ricordo bene quella domenica, ero in piazza San Pietro. È stato commovente sentire il Santo Padre invitare al digiuno e alla preghiera per la pace in Siria, parlare del "grido che sale da ogni parte della Terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall'unica grande famiglia che è l'umanità" ed esclamare: "Mai più la guerra! Mai più!"» 
In Iraq si può parlare di una guerra di religione? 
«No non lo è. Nella regione mediorientale i cristiani sono in grandissimo pericolo, ma non sono i soli. C'è anche una guerra fratricida all'interno dell'Islam stesso. Come sempre, le cose sono molto complesse. E tra le cause delle guerre, sempre e di nuovo, ci sono le situazioni di ingiustizia, di miseria, di mancanza di libertà e di educazione. Il gesto del Pap oggi è importante perché Francesco ci dà un messaggio dipace, ancora, ma non una pace a basso costo: la pace che costa, a prezzo della giustizia, della verità della libertà, della solidarietà».
Parlava della lezione della storia. Che cosa ci dice, oggi?
 
«C'è sempre l'idea che le armi siano il modo privilegiato di fare la pace. La lezione della storia ci insegna il contrario. Certo, il Papa stesso lo ha detto, esistono delle situazioni nelle quali le armi possono essere necessarie per fermare il male, l'aggressore ingiusto. Ma quello non significa guerra, è piuttosto necessaria e legittima difesa. Bisogna stare attenti, però: guardiamo alla Prima guerra mondiale». 
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