ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 22 ottobre 2014

Il fine (lieto?) e il danno (minore?)

Il lieto fine (provvisorio) del Sinodo

I novatori radicali al palo. Il documento finale su matrimonio e antropologia sessuale è una analisi interessante e appassionata sulla famiglia disarticolata. Una polemica del cardinale Schoenborn

Papa Francesco (foto LaPresse)
Che vi devo dire? Ho scritto ieri che il Sinodo si era concluso con un documento che è “un significativo nulla di fatto”. Sbagliavo. Quando scrivevo era sabato sera. Avevo in ora tarda notizie “giornalistiche”, un’infarinata di superficialità, un correre al dunque fuori del contesto (è anche comprensibile). Il nulla di fatto riguardava in effetti i paragrafi del documento finale dedicati alla questione del sacramento negato ai divorziati risposati (è ingiusto? bisogna cambiare? introduciamo l’accettazione del divorzio nella chiesa?) e quelli sugli omosessuali (vanno amati e rispettati com’è ovvio oppure la cultura indifferente al genere, la gay culture, deve insegnare qualcosa anche alla chiesa di Cristo?). E’ così. Nulla di fatto. O meglio. Le pretese novatrici in materia di pastorale e di dottrina avanzate dalla chiesa di Germania (Kasper, Marx) e gli eccessi teologico-filosofici di monsignor Bruno Forte sono rimasti al palo.
Bisogna approfondire, dice il documento, ed espunge espressioni hard di un certo buonismo modernista (anche il Papa ha parlato di tentazioni buoniste, progressiste e liberaliste) dal linguaggio sinodale, a parte le votazioni a maggioranza ristretta che rendono un po’ inerti quegli stessi paragrafi e di insufficiente legittimazione il loro contenuto. E allora in che cosa ho sbagliato? Bè, su questioni difficili, almeno in apparenza, ci si pensa ancora un anno, si rinvia al Sinodo ordinario e poi alla parola del vicario di Cristo e di Pietro, ma il documento è notevole, oserei dire che è in tutto cattolico oltre che cristiano, e letto anche con il complemento del bel discorso di chiusura di Francesco è un tentativo di rinnovare e spolverare gli aspetti invecchiati della predicazione sulla famiglia ma in continuità con la tradizione dottrinale e culturale del cattolicesimo, in aperta continuità con il beato Paolo VI, con san Giovanni Paolo II, con il Papa emerito Benedetto XVI. Mica male.

ARTICOLI CORRELATI “C’è il minor danno possibile” "La Relatio di Erdö l'ha scritta Bruno Forte", svela nel briefing il cardinale Assis L’omosessualità ha incendiato il Sinodo dei vescovi, ecco perché Nette divisioni nella chiesa, lo dice il novatore Marx Non è il sesso degli angeli, bellezzaIl sempre più simpatico ma troppo adulato Francesco, che ho visto e ascoltato in piazza mentre beatificava Paolo VI la domenica mattina, dice che la chiesa non è un castello di vetro dall’interno del quale si giudica il mondo. Bella espressione, piena di carità evangelica e di un senso missionario che, dopo un’abdicazione o renuntiatio papale, il pontefice regnante intende infondere alla sua chiesa, in piena legittimità, mi pare. La crisi c’è, qualcosa bisogna fare, non è che hanno scelto per la prima volta un gesuita per girarsi i pollici e ribadire principi non negoziabili. Subito dopo il Papa ha giudicato gli interlocutori, e oltre a castigare i buonisti, se l’è presa con gli zelanti, con i tradizionalisti, con gli intellettualisti. Il mio amico Alessandro Gnocchi, che pubblichiamo all’interno in una pagina d’invettiva pura e adamantina, è un tradizionalista, e sul suo zelo non ci piove (basta leggere). Nel mio piccolissimo appartato spazio di laico e incredulo, diciamo così, mi riconosco invece nella classificazione di intellettualista, come da sentenza della casa di vetro giudicante. E la mia considerazione per il cristianesimo, bagaglio eminente e giogo leggero ma significativo della civiltà in cui mi riconosco senza fanatismi razionalisti, illuministi, scientisti e postmoderni, ecco, la mia considerazione, che non è senza appassionata curiosità e anche un po’ di devozione, mi porta ad essere contento, e parecchio, della provvisoria conclusione.


Cum Petro e sub Petro, i padri sinodali hanno trovato il modo di confermare il deposito della fede, la continuità pre e postconciliare di grandi idee sulla vocazione unitiva, procreativa e sacramentale del matrimonio (non c’è bisogno dell’aggettivo tradizionale, sarebbe una concessione ai volteggi del sindaco di Roma, mai così lontano dal suo vescovo). Non è poco. C’è uno sguardo nuovo, premuroso e autentico in sentimento e analisi, all’altezza della sociologia e dell’antropologia del tempo nostro, sulla dissoluzione diffusa della famiglia e sullo svuotamento dei suoi valori di chiesa domestica, uno sforzo per trovare vie di missione nel mondo senza farsi inchiodare fuori dalla porta dell’esistenza umana, e non è poco nemmeno quello. Ora, per essere giusti, i plauditori di Francesco rivoluzionario dovrebbero lamentarsi di questo esito, giudicarlo infausto dal punto di vista Lgbt e da molti altri punti di vista ideologicamente corretti, un esito che non si inchina al secolo e ai suoi dogmi, visto che la chiesa di dogmi ha i suoi ed è segno di differenza e di contraddizione felice anche per questo. Qualcuno sarà sincero. Ma gli ipocriti continueranno a banalizzare le cose, come hanno già principiato a fare, e diranno che le aperture sono in stand by, che Francesco realizzerà i loro sogni di un cattolicesimo a scomparsa, di una trasformazione secolarista del Vaticano II (assemblea spericolata ma pur sempre intitolata alla chiesa “una santa cattolica apostolica”, e direi anche romana), in premessa riformatrice di tipo protestante. A scorno dei perfidi conservatori. Ma tra noi e i protestanti, fratelli in umanità ma diversi et pour cause, c’è la Baviera di Ratzinger, la Polonia di san Giovanni Paolo II, la Brescia del beato Paolo VI, e forse anche l’Argentina di Bergoglio. Vedremo come va a finire.

Ps. Il cardinale Schoenborn, nostro interlocutore e pupillo da sempre, uno che avrei visto bene Papa, ha le sue idee novatrici sulla questione antropologica, quando si parli di famiglia e gay culture. Va bene. Dovrebbe però evitare di mettere il Foglio nel novero dei giornali che guardano la chiesa dal buco della serratura e enfatizzano le sue divisioni o delegittimano l’autorità del pontefice (il riferimento esplicito è a questo giornale e, ma senza citarlo esplicitamente, al libro di Socci, che ha avuto qui una dura stroncatura in prima pagina e ha goduto su Panorama e sul Foglio rosa del lunedì di una lettura più misurata ma non di identificazione da parte del direttore della testata). Mettiamola così, Eminenza Reverendissima l’Arcivescovo di Vienna: lei riconosce che molti ecclesiastici sono entrati in forte ansia per il Sinodo sull’antropologia del sesso e della famiglia, poi se la prende con l’aggressività pettegola dei media. Difendere il Papa è cosa virtuosa da parte di un domenicano intelligente come lei è. Ma con validi argomenti, è meglio. Io ho le mie idee alle quali non rinuncio, ma abbiamo pubblicato tutto il rapporto Kasper in esclusiva e prima mondiale, decine di interventi in suo favore, commenti novatori importanti e lucidi al lavoro sinodale, oltre a voci critiche e tradizionaliste. I giornali liberi e seri fanno così. In nome delle sue maniere aristocratiche, che apprezziamo, elabori meglio la sua posizione e ci legga con maggiore sistematicità e attenzione, caro Schoenborn. Grazie.

“C’è il minor danno possibile”

Conservatori rassicurati. Novatori: rivincita nelle chiese locali


Papa Francesco (foto LaPresse)
Roma. “Abbiamo limitato i danni”. Il fronte conservatore tira un sospiro di sollievo il giorno dopo la conclusione del Sinodo. Anche l’ala più dura, quella che aveva chiesto che i temi più controversi – ostia ai divorziati risposati e questione omosessuale – non fossero neppure messi nell’agenda del confronto assembleare, si dice moderatamente soddisfatta per l’esito della prima tappa del dibattito sulla famiglia che Francesco ha voluto biennale.

ARTICOLI CORRELATI Il lieto fine (provvisorio) del Sinodo "La Relatio di Erdö l'ha scritta Bruno Forte", svela nel briefing il cardinale Assis L’omosessualità ha incendiato il Sinodo dei vescovi, ecco perchéLe tesi perorate da Walter Kasper nel concistoro dello scorso febbraio che fece da ouverture al dibattito, dopotutto, entrano nel documento finale in maniera debole, senza aver ottenuto la maggioranza richiesta dei due terzi. E questo nonostante contenessero richiami al catechismo della chiesa cattolica e ai pronunciamenti della congregazione per la Dottrina della fede a guida ratzingeriana. “Benché avessi sperato che una parte più consistente del materiale elaborato nel circolo minore da me moderato fosse incluso nella Relatio Synodi, questa è comunque un significativo miglioramento rispetto al testo della Relatio post disceptationem presentata ai padri una settimana fa”, dice il cardinale Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura apostolica e capofila dello schieramento contrario a ogni apertura ipotizzata da Kasper. Il fatto che i tre paragrafi su comunione ai divorziati risposati, omosessuali e differenza tra comunione spirituale e sacramentale non possano essere considerati “espressione del Sinodo”, segnala che l’onda aperturista ha incontrato ostacoli più alti di quanto gli stessi novatori immaginassero dopo i primi giorni di discussione in generale. Responsabili del ridimensionamento delle tesi riformiste, a giudizio dell’arcivescovo vienense Christoph Schönborn, sarebbero anche i mezzi di comunicazione che “hanno dato l’assalto al Papa”. Dopo la prima settimana di lavori e la lettura della relazione firmata dal cardinale primate d’Ungheria Péter Erdö – ma scritta da mons. Bruno Forte, come ha confermato sabato pomeriggio in Sala stampa vaticana uno dei tre presidenti delegati, il cardinale brasiliano Raymundo Damasceno Assis – il Sinodo sarebbe potuto approdare a qualcosa di ben più negativo per  i contrari a mutamenti nella prassi pastorale. 

Le premesse c’erano tutte, riconosce il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo sudafricano di Durban, tra i più decisi nell’opposizione dentro e fuori l’Aula a ogni mutamento della disciplina attuale sulla morale sessuale. “Abbiamo raggiunto un punto finale, una visione comune”, ha detto a Radio Vaticana, aggiungendo che ciò che la gente si aspettava dal Sinodo era nient’altro che “un forte e deciso aiuto per il matrimonio come condizione di vita”. Soddisfazione per quanto messo nero su bianco nel documento finale, dunque, emendato in gran parte rispetto al testo post disceptationem che Napier nel corso della conferenza stampa ufficiale in Vaticano aveva fatto a pezzi, definendolo “la relazione del cardinale Erdö, non del Sinodo”. Eppure, il solo fatto che i tre paragrafi passati a maggioranza non qualificata siano rimasti, per volontà del Papa, nella Relatio Synodi, segnala che il dibattito è tutt’altro che chiuso. Il terreno su cui si gioca la partita abbandona l’Aula nuova e si sposta nelle diocesi, dove gran voce in capitolo avranno quei pastori lodati da Francesco che stanno a contatto con le ferite del popolo fedele.  Il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco, sa che il destino del Sinodo si giocherà qui, e non a caso ha ricordato che le questioni rimaste in sospeso, quelle più delicate e controverse che hanno acceso gli animi tra i padri, già da tempo sono in testa all’agenda della chiesa tedesca – furono i vescovi Kasper, Lehmann e Saier a porle all’attenzione di Roma più di vent’anni fa, venendo respinte da Joseph Ratzinger e Giovanni Paolo II – e ora che la discussione è aperta, “ora che le porte sono aperte, mai più si potrà richiuderle”.
http://www.ilfoglio.it/articoli/v/122072/rubriche/papa-francesco/sinodo-c-il-minor-danno-possibile.htm

Tandem Triumphas, ovvero perché "Walter & Company" non prevarranno




di Francis Covenant

Nonostante le forti pressioni ricevute in proposito, non ero particolarmente ben disposto a scrivere qualcosina sul Sinodo che si è concluso questo week end. Non è per menefreghismo, ma è che quando è troppo è troppo. Cosa si può dire se non quello che si sa già? La tentazione di lasciare che tutto passasse era forte. Purtroppo, però, lo streaming di Radio Deejay non funziona o comunque eccede di molto le limitatissime capacità della rete internet domestica e, quindi, non avendo più scuse valide per perdere tempo inutilmente, ho ripiegato su un classico, estraendo dalla catasta di libri nei pressi del mio letto il primo volume di un’opera che è da sempre la mia preferita: “Tutto don Camillo” la raccolta di tutti i racconti di Mondo Piccolo a cura di Carlotta e Alberto Guareschi (Rizzoli, 2003).

Come faccio di solito, con don Camillo non mi premuro di andare con ordine ma apro a caso e inizio a leggere da dove capita. Se non che mi imbatto nel racconto nr. 118 “Quel gatto bianco e nero”. Embè? Cosa ha di tanto speciale questo racconto? Basta leggerne le prime righe per capire:
Entrò nella saletta della canonica Giorgino del Crocilone e pareva più ubriaco del solito. [...] “sono qui” borbottò Giorgino, mentre, a testa bassa, rigirava tra le mani il cappello unto e bisunto. Già” rispose don Camillo. “E’ un po’ che non ci vediamo. Neanche quando ti sei sposato hai voluto venire a trovare l’arciprete. E hai visto com’è finita? Dovete mettervi in mente che un sindaco, anche se è robusto come Peppone, non ce la fa, da solo, a legare assieme due cristiani per tutta la vita.”

Ecco perché non potevo più tergiversare. In poche parole Guareschi ha risolto un problema che sta angosciando la delicata e sensibilissima coscienza pastorale del Walter da decenni e che ha tenuto occupati 150 vescovi per due settimane, e che terrà la Chiesa sulle spine per i prossimi due anni: come si fa con i divorziati? Perchè è scontato che i divorziati ci sono e sono un problema. Normale amministrazione quando gli uomini vogliono “fare da soli”. Ma qui bisogna fare un passo indietro, infatti il cattolico medio che partecipa alla frazione del pane nella sua parrocchia saltuariamente durante l’anno non ha ben chiaro dove stia questo problema. Per lui il problema semplicemente non c’è. E’ ovvio, ci si sposa, ci si separa, ci si risposa. E’ normale. Infatti, chi va a Messa poi va a prendersi la comunione in mano dal ministr* straordinari* della comunione. Si va a messa per quello, no? Lo fa anche Matteo Renzi, lo ha fatto Valeria Marini e pure Berlusconi. Quindi? Quindi niente. Perché noi “stolti e tardi di cuore” non capiamo qual è la vera natura del problema che invece è cristallina alla coscienza del Walter che pur non crede alla natura.
Non è la Prassi con la “P” maiuscola a far problema, ma la chiesa con la “c” minuscola che deve adeguarsi anche formalmente a questa “Prassi”. Bisogna riconoscere “gli elementi di sacramentalità” presenti in ogni matrimonio. Contro quella che potrebbe sembrare la cosa più ovvia - e che a quanto pare non lo è - e cioè che chi vuole essere cattolico deve rispettare i dettami della Chiesa cattolica, deve essere sancito anche formalmente che la chiesa con la “c” minuscola deve adeguarsi al Mondo con la “M” maiuscola, con buona pace anche di quella parte (in verità maggioritaria) di mondo con la “m” minuscola che non ha ancora capito in che direzione bisogna procedere. Infatti, stando alle risposte del famoso questionario, la maggioranza dei cattolici non è che sia così favorevole a queste “aperture” sacrileghe, però, al Walter poco gliene cale. La Storia con la “S” maiuscola, le Sorti Magnifiche e Progressive dell’Umanità van in una ben precisa direzione - che conoscono solo loro - e il loro compito è quello di indicarci la via e di farvi entrare tutti il prima possibile. Proprio in nome della “Storia” e dello “Spirito” ben presto si rispolvererà l’evangelico “compelle intrare” (Lc 24,23) che fino a qualche anno fa veniva ricordato con disgusto come la sintesi di tutti gli orrori della chiesa costantiniana.

Il Nuovo Corso ha stabilito che al posto della Croce stanno le voglie e i pruriti degli uomini che bisogna assecondare sempre e comunque, perché la Chiesa - con la maiuscola, di cui quella cattolica è solo una parte - è al servizio dell’Uomo.
“Cosa aspetta la chiesa ad adeguarsi?!” dirà Walter.
“Mah - qualche impudente obietterà - e come la mettiamo col Vangelo?”
“Semplice, risponderà il Walter in ginocchio (teologico), è ovvio che “bisogna contestualizzare”: San Paolo dice che risposarsi è peccato? Sì, è vero, ma bisogna capire che ragionava nel contesto della Palestina del I° secolo dell’Era Volgare ... non vorrai mica tornare al primo secolo dell’Era Volgare, vero?! E poi anche san Matteo diceva che si poteva divorziare perché aveva capito che Gesù l’aveva sparata grossa.”
E così il nostro povero impudente, pieno di confusione, è messo a tacere perché, diciamolo francamente, se “era volgare” ci poteva anche stare [il galateo non ha mai fatto per lui], ma tornare proprio al primo secolo no! Dopo finisce che i colleghi al lavoro gli danno dell’integralista e in mensa nessuno si vuole più sedere di fianco a lui. Ci ha provato, di più cosa poteva fare?

E così il povero Arciprete della Bassa si ritroverà messo all’Indice per aver risposto alle angosce di Giorgino che sfinito dai rimorsi della coscienza diceva “andrò a costituirmi!”, nell’unico modo in cui sapeva farlo e cioè mettendolo di fronte alla Verità per quanto scomoda e dolorosa sia: “No: devi pagare il tuo enorme debito verso Dio. Questo è difficile. Pagare il debito con la giustizia degli uomini è facile. [...] Va, e mai la sofferenza ti abbandoni. Il tuo orrendo peccato è scritto dentro gli occhi di quella inconscia bestiola che Dio ha scelto per risvegliare la tua coscienza: che essi ti guardino sempre e ti ricordino il tuo delitto sì che sempre tu abbia a pentirtene. Vai, fratello.”
Parole molto dure e che paiono distanti anni luce ed estranee a molti di noi oggi abituati ad essere il miele della terra. Eppure, a ben vedere, prima che iniziassero a contestualizzarlo, anche a Gesù mentre insegnava a Cafarnao gli dissero: “Questa parola è dura, chi può ascoltarla?” (Gv 6,60) e la risposta di Gesù è chiara ed inequivocabile: “Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono.” Ed infatti “molti tornarono indietro”, tanto da far chiedere da parte di Gesù ai Dodici se volessero andarsene anche loro. Ma, nonostante la risposta rassicurante di S. Pietro “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio», Gesù fu chiaro: «Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!». Parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: costui infatti stava per tradirlo, ed era uno dei Dodici” (Gv 6,60-66). Consci di questa realtà allora non dovremmo scandalizzarci troppo se anche oggi e soprattutto oggi tra i successori dei “Dodici” c’è qualcuno che “ciurla nel manico” e a volte “i diavoli” sembrano essere divenuti la maggioranza.

Ci basti “permanere nella verità di Cristo”, per citare il card. Burke, consci che “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24,35). Alla fine vinceremo noi, o meglio, vincerà Lui perchè ha già vinto: “In mundo pressuram habetis, sed confidite, ego vici mundum” (Gv, 16,33). Ed è questa la fondamentale differenza tra il mondano “¡No pasarán! detto dalla Pasionaria Dolores Ibarruri il 19 luglio del 1936 a Madrid [“e noi siamo passati” chiosavano efficacemente i Gesta Bellicae il divino “non praevalebunt” (Mt 16,18) di Nostro Signore.
Allora don Camillo andò ad inginocchiarsi davanti al Cristo dell’altar maggiore e aveva la faccia piena di sudore e la testa vuota. “Gesù” balbettò “io non so … Io non so quel che ho fatto!”. “Lo so io” rispose il Cristo sorridendo.”. 
E allora se cercheremo sempre di fare ciò che “piace a Lui”, costi quel che costi, anche scontentando il povero Walter, potremmo alla fine dire come san Paolo “bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servavi” (II Tim 4,7).

3 commenti:

  1. babele..babele....babele....preghiamo....preghiamo...preghiamo.....date retta alla Parola di Dio. Non adiratevi contro la vostra medicina.......

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  2. Si tirerà ancora avanti per un po', ma entro l'ottobre prossimo otterranno quello che vogliono.

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  3. Scusate, non c'entra niente con l'argomento: ma cos'è 'sta storia che bisogna dimostrare a un computer di" non essere un robot"???

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