ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 17 novembre 2014

Don Abbondio cardinale studia da papa?

«Nessuna scusa alla lobby gay» Inviamo email alla Curia di Milano

Mail alla Curia di Milano 
Il caso delle scuse della Curia di Milano - per la lettera ai professori di religione in cui si chiedeva di far sapere in quali scuole si svolgono programmi finalizzati a diffondere l’ideologia gender – non cessa di provocare reazioni. Al punto che sabato Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio, ha invitato a inviare mail alla Curia di Milano (irc@diocesi.milano.it) con un semplice messaggio: «Noi non ci scusiamo. Vogliamo sapere». Anche noi invitiamo a scrivere allo stesso indirizzo, ma con un messaggio un po’ diverso, di cui parleremo più avanti.

Il punto di partenza è infatti il notare una novità in quanto sta accadendo. Nelle ultime settimane infatti, a piegare la testa davanti alla pressione omosessualista sono vescovi che pure anche recentemente hanno tenuto posizioni chiare, sostenendo pubblicamente l’unicità della famiglia naturale contro attacchi fuori e dentro la Chiesa. Così si rimane spiazzati nel vedere monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, e il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, scusarsi per colpe non commesse, solo cedendo davanti all’aggressione verbale di giornali laicisti e organizzazioni omosessualiste.

E non ci si può non chiedere il perché questo accada. Certo, la pressione esterna è forte e - nel caso di Milano – non deve essere piacevole scoprire che i primi a tradire la missione educativa sono alcuni insegnanti di religione, talmente vigliacchi da passare documenti riservati a Repubblica invece che affrontare a viso aperto il responsabile della Curia e casomai contestare la lettera inviata. Del resto ce lo si poteva aspettare visto che molti insegnanti di religione sono stati formati alla scuola del cardinale Carlo Maria Martini, che conRepubblica flirtava e secondo cui su questi temi «la Chiesa è in ritardo di duecento anni».

Forse, anche nei vescovi meglio intenzionati subentra un senso di solitudine quando ci si vede circondati da ogni parte e traditi all’interno. E si cede. Forse è per questo. In ogni caso è giusto far sentire a questi pastori che – sebbene i media facciano credere il contrario – c’è ancora un popolo cristiano che segue fedelmente il magistero della Chiesa, è impegnato nello sforzo educativo, e chiede ai suoi pastori una guida sicura e decisa. Per questo è utile anche inviare mail, non tanto per condannare o per insegnare all’arcivescovo il suo mestiere, ma per fare sentire che c’è un popolo che lo sostiene nel resistere alla violenza del mondo e che vive in prima persona la responsabilità educativa, in famiglia e nella scuola. Per questo anche io personalmente ho inviato una mail all’indirizzo irc@diocesi.milano.it con questo testo: «Nessuna scusa a chi vuole manipolare i nostri figli. La Chiesa non può abdicare al compito educativo». E invito tutti a fare altrettanto.
La questione educativa appunto. È proprio su questo punto che si è consumato il pasticcio della diocesi milanese. L’ufficio della Curia che si occupa dell’insegnamento della religione cattolica si è scusato per avere usato un linguaggio inappropriato. Ma rileggiamo la lettera incriminata, quella che ha fatto parlare di “schedatura” delle scuole da parte della Chiesa milanese: 
«Cari colleghi, come sapete in tempi recenti gli alunni di alcune scuole italiane sono stati destinatari di una vasta campagna tesa a delegittimare la differenza sessuale affermando un'idea di libertà che abilita a scegliere indifferentemente il proprio genere e il proprio orientamento sessuale. Per valutare in modo più preciso la situazione e l'effettiva diffusione dell'ideologia del "gender", vorremmo avere una percezione più precisa del numero delle scuole coinvolte, sia di quelle in cui sono state effettivamente attuate iniziative in questo senso, sia di quelle in cui sono state solo proposte».
Cosa c’è di inappropriato in questo testo? Assolutamente nulla, né nella descrizione del fenomeno – assolutamente oggettiva – né nella volontà di capire quanto sia esteso. Per comprendere l’assurdità della canea scatenata da Repubblica e soci basti pensare cosa sarebbe successo se la lettera avesse avuto questo contenuto: «Cari colleghi, come sapete in tempi recenti alcuni alunni di scuole italiane sono state vittima del bullismo omofobico. Per valutare in modo più preciso…». Applausi a scena aperta, «la Chiesa è più avanti del governo», proposta del Nobel per la Pace per l’arcivescovo e via di questo passo.
Pensiamo invece a cosa ha detto recentemente papa Francesco: «Vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del “pensiero unico”. Mi diceva, poco più di una settimana fa, un grande educatore: “A volte, non si sa se con questi progetti - riferendosi a progetti concreti di educazione - si mandi un bambino a scuola o in un campo di rieducazione”» (Alla Delegazione dell'Ufficio Internazionale Cattolico dell'Infanzia, BICE, 11 aprile 2014). 
E di fronte alla chiarezza di queste parole si può ragionevolmente chiedere scusa solo per aver cercato di capire quanto siano vere? Di essersi mobilitati - con molta discrezione e senza fretta - per porre riparo a questi moderni campi di rieducazione?
L’educazione dei nostri figli non spetta allo Stato e tantomeno all’Arcigay. Spetta anzitutto alle famiglie; e la Chiesa ha tutto il diritto di formare i suoi insegnanti e prepararli a riconoscere e affrontare la gravità dell’ideologia che sta penetrando nella scuola. Ci sono tanti insegnanti che già sono seriamente impegnati in questa decisiva missione educativa. Come potranno affrontare l’ostilità e le imboscate del mondo se appare evidente che al primo baubau saranno mollati da curie e vescovi?
È bene dunque che la Curia di Milano riprenda chiaramente in mano la situazione e magari chiarisca anche cosa ci sarebbe di inappropriato nel linguaggio usato.
E a proposito di chiarimenti, oggi se ne impone uno anche al cardinale Scola. Sabato, a margine di un dibattito su tutt’altro tema, è tornato sulla vicenda della lettera ai prof di religione rivendicando da una parte il diritto a impostare certi problemi secondo la prospettiva cattolica, ma anche facendo questa affermazione: «La Chiesa è stata lenta sulla questione omosessuale». È la seconda volta in poche settimane che esprime questo concetto, almeno a quanto riportato dai giornali. Un mese fa, in un’intervista aRepubblica aveva infatti affermato: «È fuori dubbio che siamo stati lenti nell'assumere uno sguardo pienamente rispettoso della dignità e dell'uguaglianza delle persone omosessuali».

Allora il direttore di Culturacattolica.it, don Gabriele Mangiarotti, aveva reagito così: «Sono sacerdote da 40 anni, e ho incontrato, nel dialogo e nella confessione, tante persone omosessuali. In questo ministero mi ha aiutato l’atteggiamento della Chiesa, del Catechismo, e mi è sempre sembrato un sostegno che, nella verità e nella misericordia, ha aiutato le persone a un cammino umano e cristiano. E in questo non mi sono trovato né lento né poco rispettoso. E con me tanti altri confratelli. Non capisco proprio questo continuo mea culpa per colpe che non ho commesso!».

Allora, per uscire dall’ambiguità è bene che il cardinale Scola chiarisca cosa intenda per “lentezza” della Chiesa. Se leggo il Catechismo, non ci sono spazi per equivoci riguardo al rispetto e alla dignità delle persone con tendenze omosessuali. Né ci sono documenti che incitino alla discriminazione o siano accondiscendenti con eventuali violenze. Piuttosto, se guardiamo la situazione di tanti seminari, la realtà di alcune diocesi e settori della Chiesa, dovremmo piuttosto dire che c’è un colpevole ritardo nel rendersi conto della pericolosità di una certa acquiescenza nei confronti dell’omosessualità praticata e teorizzata. A maggior ragione, certe affermazioni stonano considerando l’omosessualizzazione forzata in atto nella nostra società.
Per cui chiediamo ancora una volta al cardinale Scola di parlare con chiarezza: cosa intende concretamente per «lentezza della Chiesa sulla questione omosessuale»?
di Riccardo Cascioli
17-11-2014


http://www.lanuovabq.it/it/articoli-nessuna-scusa-alla-lobby-gayinviamo-email-alla-curia-di-milano-10964.htm
È arrivata la normalizzazione forzata

  
Qua e là è stata riportata la notizia che i genitori di una bambina sono stati condannati al carcere per non aver mandato la figlia a scuola.
È accaduto in Germania e non si è trattato di un caso isolato, ma di un episodio che rientra in una prassi ordinaria. Non volendo far sottostare la loro figlia alla propaganda sessuale, che comprende lo spettacolo di ogni genere di atto sessuale, normale e anormale, e l’istigazione ad accettare come cosa ordinaria il rifiuto del genere sessuale naturale a favore della libera scelta dello stesso (!?), il padre e la madre sono stati condannati al carcere per non aver adempiuto all’obbligo dell’istruzione obbligatoria dei figli.Per quanto la cosa possa apparire grottesca, c’è un elemento di base che sfugge a tanti commentatori.
L’attenzione infatti si sofferma sull’aspetto della cosiddetta “educazione sessuale”, che di primo acchito appare evidentemente una forzatura ed un’abominevole stortura; ma a questo punto un certo rifiuto genitoriale è tardivo.
Il male non sta nell’obbligatorietà dell’educazione sessuale, ma semplicemente nell’obbligatorietà in sé, disposta da uno Stato, non solo il tedesco, che intende sottoporre i bambini e i ragazzi ad un’inculturazione partigiana: coerente col pensiero moderno, ma decisamente e violentemente volta a trasformare i giovani in adepti della guerra contro Dio, che è la cifra caratteristica di questo mondo anomalo e votato all’autodistruzione.

Già l’idea dell’istruzione scolastica vista come fattore indispensabile di crescita, è una stortura macroscopica che sottrae i figli all’educazione dei genitori e li consegna all’educazione di massa, come fossero polli in batteria. Ma questo non è un caso, perché così si ottiene un risultato importante che, unito all’uso della moderna tecnologia – giornali, radio, televisione, computer e internet – riesce a monopolizzare il pensiero e il sentire dei giovani, facendone dei perfetti esecutori del piano di sovversione che guida il mondo moderno.
Ovviamente, tutto questo passa attraverso una parola d’ordine che, pur essendo una totale contraddizione, serve a far credere all’uomo moderno di essere “libero”: l’istruzione statale di massa è fattore di crescita e di libertà.

Se noi uomini moderni non fossimo accecati dalla martellante pubblicità, ci accorgeremmo che non c’è mai stato un tempo e una civiltà nelle quali l’uomo sia mai stato così totalmente asservito al pensiero unico dominante. Nessuna meraviglia, dunque, se questo stesso mondo ricorra ai mezzi coercitivi per impedire che qualcuno pensi di potersi “liberare” di tale schiavitù.
La coerenza del mondo e degli Stati è a suo modo più che legittima e fondata, è l’incoerenza dei singoli che non presenta alcuna giustificazione e determina dei cortocircuiti tali da far perdere il minimo di raziocinio rimasto.

Lo stesso insegnamento cattolico, per quel poco che è rimasto di esso, si esime dal rifiutare l’educazione di Stato e di sostenere l’educazione familiare. Si battaglia per l’istruzione privata, che non è accessibile a tutti per i suoi costi ingiustificati, e ci si dimentica di sostenere l’istruzione familiare, che potrebbe essere condotta dagli stessi genitori o da persone disponibili e di loro fiducia.
Che razza di libertà è mai questa che vieta ai genitori di educare i proprii figli?

A nulla vale l’obiezione che tanti genitori non sarebbero in grado di assolvere questo compito, sia per mancanza di preparazione, sia per mancanza di tempo, perché si tratta solo di una scappatoia, visto che i cattolici potrebbero organizzarsi in modo da provvedere a questa necessità. La struttura organizzativa della Chiesa potrebbe benissimo sostenere un impegno del genere, sempre che si volesse farlo. Il problema vero è, invece, che nessuno intende educare i giovani cattolici al cattolicesimo, e meno che mai la nuova gerarchia ecclesiastica, ormai appiattita sulle direttive di questo mondo senza Dio.

Ci rendiamo conto che questo nostro argomentare ha più connotazioni ideali che ancoraggi pratici, ma come si può pretendere minimamente di criticare l’imposizione di Stato e la suggestione di massa, senza prima aver delineato un quadro ideale di riferimento nel quale far rientrare la critica e, se necessario, il rifiuto e la lotta?

Il caso dei genitori incarcerati in Germania è decisamente aberrante, ma non si può denunciarlo e combatterlo sulla base del “principio di libertà”, poiché è proprio sulla base di questo principio che il mondo moderno impone le aberrazioni e il divieto di rifiutarle.
Non è la coercizione volta a fare accettare ogni porcheria che va combattuta, ma i cattolici possono e debbono combattere questo mondo fin dai suoi presupposti, perché è su di essi che si fonda la coercizione lamentata.

Ed è ozioso richiamarsi alla immaginaria possibilità di discutere la problematica, il metodo della discussione e del confronto serve solo a questo mondo per imporre a tutti, più o meno subdolamente, i suoi principii e le sue direttive: i nostri padri non si misero a discutere se fosse più o meno possibile e corretto adorare gli idoli, si rifiutarono semplicemente di farlo.
Ma questo comporta una sorta di istigazione al martirio!
Di grazia, cosa è possibile praticare in questo mondo alla rovescia se non il rifiuto di esso con tutte le conseguenze relative?
E se poi si conclude che non si può predicare il martirio, anche perché quasi più nessuno è disposto a perseguirlo e tanto meno a subirlo, allora non si perda tempo, ipocritamente, a far finta di ribellarsi di fronte alla galera ammannita ai genitori tedeschi: chi pecora si fa il lupo se la mangia.
di Belvecchio

1 commento:

  1. ormai a furia di nascondere la testa sotto la sabbia...non dire chiaramente quale è il bene e il male.....i cattolici sono un impasto di sacro e profano..la domenica a messa il lunedì dal mago.poi naturalmente favorevoli a tutto dall'aborto alle convivenze al divorzio....votano personaggi che portano avanti queste "aperture" in agenda....ma dei politici chi è veramente cattolico?evidentemente la mentalità è altamente infettiva..oltre ai politici ha contagiato il clero !Signore salvaci!

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.