ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 16 gennaio 2015

Un catechismo da bullo della fede.

Con Bergoglio meno Angelus e più Lasonil

Un catechismo da bullo della fede. Più che porgere l'altra guancia, mira alla mascella.

E così «Santa Madre Chiesa» non è solo un modo di dire, un'allusione alla vocazione materna, inclusiva, misericordiosa, amorevole e paziente della sposa di Cristo.
Per papa Bergoglio la Chiesa è come la mamma e la squadra del cuore, non si discute, si ama, stop.
E se qualcuno ne parla male, non si incassa l'offesa né ci si limita alle proteste verbali. Si reagisce come nei vecchi «arrables» di Buenos Aires, i vicoli e i cortili dei quartieri poveri popolati di recenti immigrati italiani: a cazzotti.

LA LIBERTÀ D'ESPRESSIONE? PER IL PAPA È UNA ZIA. La Chiesa è come la mamma e, per citare il tormentone di Alessandro Benvenuti in un vecchio sketch dei Giancattivi, «te la mia mamma te tu la lasci stare, hapito?».
«Se il mio amico Gasbarri dice una parolaccia sulla mia mamma, si aspetti un pugno», testuali parole del pontefice ai cronisti durante il viaggio in Estremo Oriente, poco dopo aver ribadito che la libertà d'espressione sì, ci vuole, ma con dei limiti. Non merita rispetto assoluto e incondizionato qualunque cosa faccia, come la mamma.
PER LA FEDE UN PUGNO, PER LA PAROLA MANI IN TASCA. La libertà di parola non coincide con la libertà cristiana (cioè, teologicamente, la libertà di fare il bene ovvero quel che vuole dio), attiene più al libero arbitrio, e per il cattolico non è una madre, al massimo è una zia, e nemmeno di sangue (perché in tal caso potrebbe essere sorella della mamma, e se la offendono uno sberlone bisognerebbe tirarlo anche per lei).
È una zia acquisita, una parente lontana aggiunta di recente all'albero genealogico, una collaterale cui si è legati da un vincolo lasco e formale, non intenso e viscerale.
Libertà e Chiesa hanno cognome diverso, non presentano tratti somatici somiglianti, quindi se l'amico Gasbarri svillaneggia la libertà d'espressione, papa Francesco non è tenuto a difenderne l'onore come un italiano vero fa con la mamma o la sorella.
Può certamente storcere il naso, disapprovare, intervenire con pacata fermezza, da gentiluomo che vede trattare rudemente una signora, ma alla fin fine terrà le mani in tasca.

Bergoglio il testosteronico, non porge la guancia: colpisce la mascella

E così dopo Wojtyla, il papa «atleta della fede», ecco Bergoglio, il «bullo della fede», non santo subito, ma simpatico subito.
Sì, perché al di là delle ovvie e giuste considerazioni sull'opportunità della sua dichiarazione, che in ultima analisi legittima, anzi, approva la violenza in nome della religione - un pugno difficilmente uccide, ma fa male, e Cristo invitava a porgere l'altra guancia, non a colpire l'altra mascella - un pontefice che vive la religione in modo così latino, «di pancia», poco spirituale e molto testosteronico, meno Angelus e più Lasonil, di questi tempi rischia di piacere ancora di più.
I CONFLITTI RELIGIOSI? SI RISOLVONO A MANI NUDE. Anche se fa sospettare che Francesco abbia sentito un gran prurito alle mani quando quei francesi impertinenti di Charlie Hebdo pubblicarono una vignetta in copertina in cui la santissima Trinità veniva raffigurata a mo' di trenino dell'amore.
E mentre fra Occidente e Medio Oriente viaggiano fiumi di armi micidiali per le guerre sante e le santissime rappresaglie, fa quasi tenerezza l'idea che per Bergoglio si possano risolvere i conflitti religiosi «da veri uomini», a viso aperto e a mani nude, come ragazzini che si menano fuori dall'oratorio.
Solo che quando succede lì, il parroco divide i contendenti prendendoli per la collottola e dice loro di vergognarsi. Ma se il parroco non solo non interviene, anzi, approva e giustifica la zuffa perché la mamma è sempre la mamma, le lezioni di catechismo diventano una faccenda pericolosa.
IL PAPA COME DON CAMILLO DI GUARESCHI. Ai più attempati tornerà in mente la scena in cui don Camillo sale sul ring della Casa del popolo e mette ko il campione provinciale Gorlini che ha appena steso Peppone, per poi sgridare il pubblico perché indulge a spettacoli «da cannibali»: la domenica successiva la chiesa di Brescello è gremita.
Chissà se anche il pontefice, come il prete di Guareschi, in qualche cappelletta del suo appartamento a Santa Marta, ha un crocefisso che gli parla con la vocetta impostata di Ruggero Ruggeri. Forse, al suo ritorno dalle Filippine, si sentirà apostrofare: «E così Francesco, la fede in me è una mamma per cui faresti a pugni? E credi davvero che questa mamma sarebbe contenta di te? Papa Francesco, papa Francesco...»
Lia Celi
SPIRITO ASPRO



Papa, spopola lo slang di Francesco: «Basta "giocattolizzare" con la religione»



dal nostro inviato Franca Giansoldati 
MANILA - “Se tu schiaffi la natura, lei ti schiaffa”. Lo slang di Papa Francesco si fa sempre più colorito, immediato ma soprattutto efficace. Quando improvvisa discorsi a braccio mescola con inventiva idiomi spagnoli e italiani, dando vita all'”itagnolo”.

Durante il volo che lo portava dallo Sri Lanka alle Filippine, mentre rispondeva alle domande dei giornalisti, ha di nuovo fatto uso di vocaboli inediti mentre parlava della crisi dei valori in Occidente, del positivismo illuminista, dell'emergenza ambientale che, in vista della conferenza di Parigi, richiede una strategia politica globale. Da qui la messa in guardia sulla potenza della natura: “se tu la schiaffi, lei ti schiaffa”. Come a dire che occorre rispetto, perché altrimenti non perdona.

Poi ha aggiunto che solo chi vive a contatto con la terra, come i contadini, la rispettano: loro sì che hanno imparato che dopo una lunga coltivazione il terreno ha bisogno di riposo, per essere “nitrogenizzato”. Che nello slang papale stava per “azotato”. Nel colloquio è anche spuntato il termine “giocattolizzare”. Altra parola di fresco conio che voleva dire: “ridicolizzare”.

La frase integrale riguardava la religione che in Occidente è sempre più derisa e presa a bersaglio, come se fosse una cosa di poco conto e non un diritto umano fondamentale da difendere. Tutta colpa della cultura della “illustracion”, la cultura illuminista, altra lemma spagnoleggiante che Bergoglio, mentre rispondeva alla richiesta di spiegazioni sulle vignette di Charlie Hebdo, non ha tradotto bene.

Durante il viaggio ha poi ringraziato il Paese che lo aveva appena ospitato, lo Sri Lanka, rendendo omaggio al calore degli “srilanchici”. Insomma, Papa Francesco sta rivoluzionando non solo la comunicazione della fede, ma anche il modo in cui annunciarla. Contano i concetti, l'immediatezza, la semplicità. E' la sua strategia per arrivare alle famose pecorelle scappate dall’ovile. Alla forma preferisce la sostanza. In passato ha fatto uso, durante discorsi e prediche, persino al “ lunfardo", il dialetto del porto di Buenos Aires. Incitando i giovani a non stare alla finestra a guardare la vita, ha introdotto il verbo “balconear” che in “lunfo” significa non stare al balcone, tipico di chi nutre curiosità ma senza volersi immischiare troppo.

Il messaggio pensato per teen ager ha spopolato sul web, creando interesse attorno ad un tema spirituale piuttosto sentito, la partecipazione alla vita cristiana, cosa non del tutto scontata di questi tempi segnati dalla secolarizzazione e dall’indifferenza. Naturalmente Francesco si è anche raccomandato coi ragazzi di «fare ruido», ovvero «fare casino».
IL PAPAGNO DI BERGOGLIO

Ferrara su Papa Francesco: "Le sue parole su Charlie non sono una gaffe. Sono molto peggio

Ferrara su Papa Francesco: "Le sue parole su Charlie non sono una gaffe. Sono molto peggio"




















"Se dici una parolaccia su mia mamma ti devi aspettare un pugno", ha detto ieri Papa Francesco a proposito della libertà di espressione e della blasfemia. "È aberrante uccidere in nome di Dio", ha detto il gesuita Bergoglio, ma è sbagliato anche "insultare le religioni". Parole molto forti pronunciate mentre era in aereo in volo verso le Filippine che hanno in qualche modo hanno stupito cattolici e non. E proprio a quelle parole Giuliano Ferrara dedica oggi il suo editoriale sul Fogliosottolineando che "il fantasma di Voltaire e della sua irrisione delle religioni, dai maomettani ai papisti agli ebrei, il fantasma di un Charlie del Settecento, è ancora troppo vivo, nonostante si faccia finta di averne cancellato anche il ricordo con il Concilio ecumenico vaticano II".
Perché quelle parole - "Perché il Papa ha parlato in modo da essere identificabile come il tutore dell' autodifesa della dignità delle religioni invece che come il custode della sacralità della vita umana e del diritto alla libertà d' espressione?", si chiede il direttore del Foglio. La risposta arriva un paragrafo più sotto: "Non credo sia una gaffe, modalità a parte, ché il magistero posta aerea è effettivamente un po' troppo colloquiale per valere erga omnes. Non ha perso la brocca, il Papa, il che sarebbe umano, possibile, riparabile. C' è dell'altro. C'è la convinzione, comune al Papa e a molta cultura irenista occidentale, che si debba convivere con l'orrore, che il distacco concettuale e spirituale dell'islam dalle pratiche violente del jihad è una conquista che spetta eventualmente all'islam di realizzare, che non esiste alternativa alla sottomissione o all'abbandono al dialogo interreligioso".
Non è una gaffe - Del resto, spiega Ferrara nell'articolo firmato con l'elefantino rosso, "per quanto si voglia essere Papa del secolo e nel secolo, per quanti omaggi si facciano, anche per i creduloni, alla libertà piena di coscienza come fondamento della fede, della possibilità della fede, alla fine quel che conta è non perdere il contatto con l'universo islamico, e la chiesa sa bene, ben più e meglio di altri, che il nemico violento non è il terrorismo ma l'idea coranica radicalizzata di cui il terrorismo è il frutto". "Parole e gesti del Papa, le risate risuonate nella carlinga del suo aereo, la metafora del pugno risanatore che colpisce e ripara l'offesa alla dignità, la declamazione tra pause teatrali del concetto "è normale, è normale", tutto questo non è gaffe", conclude Ferrara. "E' di più e peggio". "La piazza araba militante, gli imam che predicano nelle moschee e riluttano a un rigorosa condanna della decimazione con fucile a pompa di redazioni di giornale e negozi ebraici, da ieri si sentono meno isolati, meglio protetti dalla convergenza con il Papa di Roma".

Il tempo che fu del porgi l'altra guancia 



Il tempo che fu del porgi l'altra guancia E chi l'avrebbe mai pensato,un Papa per molti versi innovatore che aggiusta e rottama quel carrozzone inguardabile del Vaticano,e che se gli toccano la madre mostra i muscoli come un qualsiasi energumeno. E su ciò che afferma sulla satira anche su questo punto non sono d'accordo,c'è una certa differenza sostanziale tra deridere e offendere in modo volgare. Eh,eh,Francè!! Hai toppato su due argomenti stavolta!!! 

per eventuali notifiche - iserentha@yahoo.it 
http://freedomlibertadiparola.blogspot.it/2015/01/il-tempo-che-fu-del-porgi-laltra-guancia.html

1 commento:

  1. Per bergoglio, la mamma è la "sua" massoneria . Vedi bene che pugno ha dato ai poveri frati e suore dell'Immacolata, perchè non si sottoponevano al potere occulto massonico,presente nella setta conciliare vaticanosecondo fin dai tempi del povero Padre Pio da pietralcina... Don Luigi Villa aveva visto giusto.

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