Un altro caso di opposizione di Bergoglio a Benedetto XVI
Nel riferirsi a quanto riporta Sandro Magister [qui],
Antonio Socci sottolinea l'ennesimo scostamento di disobbedienza e
opposizione di Bergoglio nei confronti di Benedetto XVI. Ricordo che un
altro precedente [qui] si riferisce alla famosa Lectio magistralis di Ratisbona [qui].
E non possiamo neppure ignorare gli opposti atteggiamenti nei confronti
del Rito Romano Antiquior, che hanno visto l'effetto più doloroso nel
divieto della celebrazione della stesso ai FI, ignorando i diritti di
frati e fedeli sanciti da una legge universale della Chiesa come il Summorum Pontificum vanificata per mezzo di un artificio1 che rende il provvedimento (decreto 11 luglio 2013) inappellabile.
Si tratta di questioni effettivamente attribuibili a due stili diversi di pontificato, anche se il substrato modernista, compreso il dialogo, è l'eredità conciliare di entrambi. In Benedetto XVI contemperata da un residuo di "romanità" che in parte ha tenuto, ma non è stata sufficiente, tuttavia, a porre argini consistenti ad una vera e propria "rivoluzione" travestita da "aggiornamento", come numerose analisi dimostrano.
Stralcio di seguito affermazioni significative da Sandro Magister, ricordando peraltro come l'Anglicanorum coetibus [qui], sia stato un vero e proprio blitz di Benedetto XVI contrastante con la simil-bergogliana posizione contraria di Walter Kasper, allora Presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, il quale, fin dall’inizio delle trattative, promise agli anglicani ogni possibile aiuto cattolico, purché essi non abbandonassero la loro religione :
Si tratta di questioni effettivamente attribuibili a due stili diversi di pontificato, anche se il substrato modernista, compreso il dialogo, è l'eredità conciliare di entrambi. In Benedetto XVI contemperata da un residuo di "romanità" che in parte ha tenuto, ma non è stata sufficiente, tuttavia, a porre argini consistenti ad una vera e propria "rivoluzione" travestita da "aggiornamento", come numerose analisi dimostrano.
Stralcio di seguito affermazioni significative da Sandro Magister, ricordando peraltro come l'Anglicanorum coetibus [qui], sia stato un vero e proprio blitz di Benedetto XVI contrastante con la simil-bergogliana posizione contraria di Walter Kasper, allora Presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, il quale, fin dall’inizio delle trattative, promise agli anglicani ogni possibile aiuto cattolico, purché essi non abbandonassero la loro religione :
Il passaggio dall’anglicanesimo al cattolicesimo non solo di singoli individui ma di intere comunità con preti e vescovi è stato facilitato e regolato nel 2009 da Benedetto XVI con la costituzione apostolica “Anglicanorum cœtibus”. (…) Ebbene, ecco le testimonianze degli anglicani Venables e Palmer raccolte dal vaticanista inglese Austen Ivereigh nell’eccellente biografia di Bergoglio da lui pubblicata alla fine del 2014: “Nel 2009, quando papa Benedetto XVI creò una nuova struttura giuridica, l’ordinariato personale, per gli anglicani che diventano cattolici, Bergoglio chiamò il vescovo Gregory Venables, primate anglicano del Cono Sud (in comunione con Canterbury), che risiedeva a Buenos Aires. A colazione, ha ricordato Venables, ‘mi disse molto chiaramente che l’ordinariato era assolutamente superfluo e che la Chiesa ha bisogno di noi come anglicani’. Fu il messaggio di Bergoglio anche a Tony Palmer, che stava considerando l’ordinariato e si chiedeva se andasse bene per lui. ‘Mi disse che abbiamo bisogno di intermediari. Mi consigliò di non fare quel passo, perché sarebbe sembrato che avessi scelto una sponda precisa e in quel caso avrei smesso di essere un intermediario’. Bergoglio era convinto che Palmer dovesse restare anglicano ‘per amore della missione, questa missione di unità’, e gli consigliò di ‘abbandonare l’idea’ di diventare cattolico”.
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1. Da prendere nella dovuta considerazione:
1. Da prendere nella dovuta considerazione:
- L'art.2 del Motu proprio Summorum Pontificum prevede il diritto di ogni sacerdote di rito latino (sia secolare che religioso) di celebrare il VO senza obbligo di alcuna autorizzazione previa (di fatto equiparando l'uso dei due messali). Celebrazioni alle quali, ai sensi dell'art.4 sono ammessi anche i fedeli, come di fatto ormai avviene per prassi consolidata dal 2007
- l'art. 3, cui molti hanno fatto riferimento a giustificazione del decreto, riguarda la celebrazione conventuale o “comunitaria” nei propri oratori"
Ne consegue che la disposizione avallata dal Papa nel decreto 11 luglio
2013 (che è un atto amministrativo) non potrebbe di fatto cancellare una
disposizione papale diramata dal suo predecessore con motu proprio
(art.2/4). "...il Santo Padre Francesco ha disposto che ogni
religioso della Congregazione dei Frati Francescani dell'Immacolata è
tenuto a celebrare la liturgia secondo il rito ordinario e che,
eventualmente, l'uso della forma straordinaria (Vetus Ordo) dovrà essere
esplicitamente autorizzata dalle competenti autorità per ogni religioso
e/o comunità che ne farà richiesta".
Ciò non appare canonicamente valido, per effetto della gerarchia delle norme. E, di fatto, è e resta grave e scorretto. Anche se è stato capziosamente sottolineato che si tratta di un praeceptum, cioè di un comando particolare, che se viene dal Papa può andare oltre le leggi canoniche e dunque in questo caso non è stata promulgata alcuna legge generale. Ma non sono sicura - e andrebbe dimostrato - che esso, se può andare oltre le leggi canoniche, non violi una legge naturale o divina, che costituisce uno dei limiti al potere per altri versi assoluto del papa. E, purtroppo, il fatto che non si sia alzata la voce di alcun vescovo o cardinale che abbia osato dire mezza parola sulla sorte dei numerosi frati fedeli al carìsma originario, non lascia ben sperare che si alzi una voce autorevole anche a questo riguardo, ignorando le esigenze spirituali di molti fedeli, peraltro espresse ma rimaste inascoltate. Tenendo altresì conto che il provvedimento ha avuto ricadute negative, accentuando la strana avversione, che diventa ostracismo attraverso gli espedienti più capziosi, da parte di vescovi e anche di sacerdoti nei confronti del Rito Romano Antiquior "mai abrogato".
Sta di fatto inoltre che la disposizione, formulata senz'alcuna motivazione, può essere inquadrata tra gli aspetti della ormai imperante "prassi ateoretica senza spiegazioni", che non si può concepire da parte di un pontefice. Egli deve esprimere la sua attività di governo oltre che il suo munus docendi attraverso pronunciamenti adeguatamente ponderati. Cosa che sembra definitivamente tramontata, mentre invece l'alta dignità conferitagli per mistero di grazia lo esige. Infatti le forme espressive dei pronunciamenti papali sono sempre state di prassi ponderate. In esse, ogni parola è stata sempre misurata, ogni concetto esplicitato e sviluppato, proprio per non lasciare spazio a equivoci e interpretazioni errate, come invece sta accadendo da due anni con la complice ridondanza dei media.
Ciò non appare canonicamente valido, per effetto della gerarchia delle norme. E, di fatto, è e resta grave e scorretto. Anche se è stato capziosamente sottolineato che si tratta di un praeceptum, cioè di un comando particolare, che se viene dal Papa può andare oltre le leggi canoniche e dunque in questo caso non è stata promulgata alcuna legge generale. Ma non sono sicura - e andrebbe dimostrato - che esso, se può andare oltre le leggi canoniche, non violi una legge naturale o divina, che costituisce uno dei limiti al potere per altri versi assoluto del papa. E, purtroppo, il fatto che non si sia alzata la voce di alcun vescovo o cardinale che abbia osato dire mezza parola sulla sorte dei numerosi frati fedeli al carìsma originario, non lascia ben sperare che si alzi una voce autorevole anche a questo riguardo, ignorando le esigenze spirituali di molti fedeli, peraltro espresse ma rimaste inascoltate. Tenendo altresì conto che il provvedimento ha avuto ricadute negative, accentuando la strana avversione, che diventa ostracismo attraverso gli espedienti più capziosi, da parte di vescovi e anche di sacerdoti nei confronti del Rito Romano Antiquior "mai abrogato".
Sta di fatto inoltre che la disposizione, formulata senz'alcuna motivazione, può essere inquadrata tra gli aspetti della ormai imperante "prassi ateoretica senza spiegazioni", che non si può concepire da parte di un pontefice. Egli deve esprimere la sua attività di governo oltre che il suo munus docendi attraverso pronunciamenti adeguatamente ponderati. Cosa che sembra definitivamente tramontata, mentre invece l'alta dignità conferitagli per mistero di grazia lo esige. Infatti le forme espressive dei pronunciamenti papali sono sempre state di prassi ponderate. In esse, ogni parola è stata sempre misurata, ogni concetto esplicitato e sviluppato, proprio per non lasciare spazio a equivoci e interpretazioni errate, come invece sta accadendo da due anni con la complice ridondanza dei media.
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